La furia dei coloni israeliani
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Intervento, 8 maggio 2021 - Quando il governo è comprato e la libertà di espressione limitata dagli oligarchi che controllano i media, cosa possiamo fare? Effettivamente, questo è il dilemma (nella foto, coloni israeliani gridano "Morte agli Arabi" ad Al Qods)
Unz Review, 27 aprile 2021 (trad.ossin)
La furia dei coloni israeliani
Philip Giraldi
La scorsa settimana si sono registrati avvenimenti degni di interesse, che sono stati però decisamente trascurati, in parte perché i media mainstream erano alle prese con l’arma di distrazione di massa della beatificazione di George Floyd. E’ passato quasi sotto silenzio, per esempio, il fatto che una folla di centinaia di ebrei israeliani, composta per lo più da coloni e cosiddetti kahanisti estremisti, si sia scatenata nelle strade di Gerusalemme gridando "morte agli Arabi". Il parlamentare israeliano di destra Itamar Ben-Gvir ha inviato un messaggio ai coloni, incoraggiandoli ad "impiccare gli Arabi". Un manifestante, a chi lo consigliava di portare con sé delle armi da fuoco, ha risposto: "No, oggi gli Arabi li bruceremo, le molotov sono già nel bagagliaio".
Nonostante l’estrema violenza e il razzismo che caratterizzano simili manifestazioni, la cosa non sembra affatto suscitare l’interesse del numero sproporzionato di sionisti che si annidano tra i redattori capo e i giornalisti statunitensi [o occidentali in generale]. Lungo la strada, gli Ebrei incolleriti hanno pestato alcuni Palestinesi ed hanno dato l’assalto alle loro case e ai loro negozi in uno degli ultimi quartieri arabi della città vecchia, Sheikh Jarrah.
Gli attacchi contro i Palestinesi, le loro case e i loro mezzi di sussistenza, si sono moltiplicati ad Al-Quds (Gerusalemme) e in Cisgiordania nel corso degli ultimi mesi, senza alcun intervento della polizia israeliana. Secondo quanto riferito, i coloni sarebbero militanti di un gruppo israeliano di destra, chiamato Lehava, che ha organizzato la violenza manifestazione per « ristabilire la dignità ebraica », « rompendo la faccia agli Arabi ». Lehava ha sostenuto che la loro era una reazione ad alcune presunte aggressioni di ebrei da parte di Palestinesi ad Al-Quds e dintorni, ma tutti i rapporti riferiscono che le recenti violenze sono state piuttosto provocate da adolescenti ebrei in cerca di guai.
Nel corso dei disordini, i soldati e la polizia israeliani hanno effettuato alcuni arresti, ma hanno attaccato principalmente i civili palestinesi, compresi i bambini, e alcuni contro-manifestanti ebrei, con "acqua fetida" spruzzata da camion, cannoni ad acqua, gas lacrimogeni e proiettili d'acciaio rivestiti di gomma. 105 Palestinesi sono rimasti feriti e 22 sono ancora ricoverati in ospedale. Un Palestinese è stato colpito alla testa da una guardia di frontiera armata che ha sparato sui contro-manifestanti, e disponiamo di informazioni non confermate che stimano che almeno 4 Arabi siano rimasti uccisi.
In un mondo normale, e se gli Stati Uniti (o i paesi dell’UE) avessero un governo normale che si facesse guidare da una qualche specie di bussola morale, vi sarebbe stata qualche protesta da parte dell’amministrazione del presidente Joe Biden o del Congresso, che è la « casa del popolo », ma non si è sentito nemmeno un mormorio di protesta. Al contrario, il Congresso si è occupato di Israele, ma in termini del tutto diversi, contro quelli che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato essere i nemici del suo paese. Le aggressioni dei coloni israeliani sono cominciate il 22 aprile, paradossalmente il giorno stesso in cui i parlamentari Ted Deutch e Michael McCaul hanno pubblicato una lettera aperta di cui erano i primi firmatari. Questa lettera mira evitare che gli Stati Uniti possano condizionare gli aiuti per miliardi di dollari forniti ogni anno allo Stato ebraico a una maggiore moderazione nei comportamenti di Netanyahu e della sua banda di criminali di guerra.
Le lettera polemizza con una iniziativa dei senatori Elizabeth Warren e Bernie Sanders, e un pugno di altri deputati coraggiosi, che avevano espresso la preoccupazione che Israele si senta autorizzata ad agire in modo estremo, perché sa che comunque il denaro di Washington continuerà a scorrere a fiumi. In particolare, Israele sta facendo attualmente pressione sul Congresso e utilizza la propria influenza mediatica per opporsi a qualsiasi ritorno degli Stati Uniti nell’accordo multilaterale sul nucleare iraniano, cosa che Biden sembrerebbe avere intenzione di fare. L’accordo precedente, che era strettamente rispettato dall’Iran, è diventato in gran parte lettera morta quando il presidente Donald Trump, agendo in nome e per conto dei principali donatori ebrei del GOP e dei suoi consiglieri neocon, si è ritirato dallo JCPOA, nel 2017.
La lettera è stata firmata da 330 membri del Congresso, più o meno metà repubblicani e metà democratici, vale a dire quasi due terzi della Camera e del Senato. Essa esordisce con queste parole « Mentre gli Stati Uniti fanno fronte a pressanti sfide mondiali, noi crediamo fermamente che un solido programma di aiuti statunitensi esteri sia vitale per garantire i nostri interessi di sicurezza nazionale. Un programma che gode di un sostegno bipartisan particolarmente forte e che noi, Democratici e Repubblicani, chiediamo con forza che si continui a mantenere è il finanziamento integrale degli aiuti per la sicurezza di Israele». Poi le consuete sciocchezze sul modo in cui « Israele continua a dover fronteggiare le minacce dirette dell’Iran e dei suoi satelliti terroristi… Il nostro aiuto a Israele è una spesa vitale e produttiva che tutela importanti interessi di sicurezza nazionale statunitense in una regione difficilissima ».
E’ proprio così! Basta chiedere alle vittime dell’attacco israeliano alla nave statunitense USS Liberty nel giugno 1967, che ha ucciso 34 Marines e ne ha feriti altri 171. Ma poco importa. L’unica cosa che manca nella lettera è la solita litania su Israele che è il migliore amico al mondo degli Stati uniti, che è obbligatoria in questo tipo di documenti, probabilmente perché tutti al Congresso l’avevano già accettata. Bisogna anche chiedersi come mai gli altri 205 deputati non hanno firmato, dal momento che anche la firma in questi casi è obbligatoria. C’è da credere che abbiano avuto un lutto in famiglia o qualcosa di simile.
La lettera ricorda anche che « il Presidente Biden ha dichiarato : ‘Non porrò condizioni agli aiuti per la sicurezza, dato che Israele deve vedersela con gravi minacce e, dunque, sarebbe irresponsabile’ » aggiungendo che « Ridurre il finanziamento o porre delle condizioni agli aiuti per la sicurezza pregiudicherebbe la capacità di israele di difendersi contro tutte le minacce ».
Il Comitato statunitense degli affari pubblici israeliani (AIPAC), considerato la punta di diamante della lobby israeliana, ha espresso grande soddisfazione per la lettera. Il portavoce, Marshall Wittmann, ha dichiarato al sito web Jewish Insider che la lettera è « una dichiarazione bipartisan molto forte che afferma che una completa assistenza alla sicurezza di Israele – senza ulteriori condizioni – è conforme agli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti ».
Per una volta, ci piacerebbe vedere qualcuno al Congresso o alla Casa Bianca ammettere che legare la propria sicurezza nazionale ad una nazione che la maggior parte dei Paesi in tutto il mondo considera come uno « Stato canaglia » non è esattamente la cosa più intelligente da fare, ma tutto dipenda da cosa si intende per « intelligente ». E’ intelligente per un deputato appena eletto stare dalla parte dei media controllati dagli ebrei e dell’invincibile lobby israeliana. E’ intelligente ricevere un’affettuosa pacca sulla spalla dall’AIPAC. Va notato, ovviamente, che la lettera e i commenti che l’hanno accompagnata non fanno alcun riferimento ai comportamenti delle folle ebraiche scatenate ad Al-Quds, che erano assetate di sangue proprio mentre il documento veniva diffuso ai media.
Oltre alla « minaccia » posta da legislatori come Sanders e Warren, la lettera era chiaramente intesa a raccogliere la sfida proveniente da un deputato, Betty McCollum, che ha presentato due volte una proposta di legge per vietare a Israele di utilizzare l’aiuto finanziario statunitense per torturare gli Arabi e, in particolare, picchiare e arrestare i bambini palestinesi. La sua proposta di legge sulla Promozione dei diritti dell’uomo per i bambini palestinesi che vivono sotto l’occupazione militare israeliana, H.R. 2407, modifica una disposizione della legge sull’assistenza all’estero conosciuta come « legge Leahy » e vieta il finanziamento della detenzione militare dei bambini in tutti i paesi, compreso Israele. McCollum ricorda che, dal 2000, circa 10 000 bambini palestinesi sono stati arrestati dalle forze di sicurezza israeliane e processati davanti a un tribunale militare israeliano. Questi bambini, dagli 11 ai 15 anni, sono stati talvolta torturati con tecniche di strangolamento, botte e interrogatori coercitivi.
La lettera di Deutch-McCaul è comparsa come per caso meno di una settimana dopo che McCollum, insieme a 15 co-firmatari democratici progressisti, ha depositato questo progetto di legge che, ne siamo certi, non supererà mai il filtro del Comitato e sottoposto al voto. A settembre 2020, circa 157 bambini erano ancora detenuti nelle prigioni israeliane e, sebbene sarebbe difficile ripartire il denaro che viene dato forfettariamente a Israele, l’obiettivo della legge potrebbe essere considerato ammirevole da tutti, tranne che dalla potente lobby israeliana sempre all’erta.
L’impegno assunto dal Congresso, e il messaggio chiaro in tal modo inviato, che ci sono abbastanza voti per annullare qualsiasi tentativo della Casa Bianca di ridurre gli aiuti incondizionati a Israele, vuole anche dare un avvertimento a quella che viene percepita da Israele come un’altra minaccia, quella del crescente e non violento boicottaggio del Movimento Boycott, Divestments and Sanction (BDS). Il movimento, particolarmente forte nei campus universitari, è de facto criminalizzato negli Stati di tutto il paese, almeno 26 fino ad ora, e in aumento. Ci sono progetti di legge al Congresso che mirano a considerare il boicottaggio di Israele un crimine punito con pesanti pene detentive e forti multe
Il messaggio principale è che gli amici di Israele negli Stati Uniti, e anche in paesi come la Gran Bretagna, la Francia e il Canada, sono troppo forti perché ci si possa scontrare con loro. In questo caso, l’evidente razzismo e il ricorso alla violenza omicida da parte di un’ampia componente della popolazione israeliana dovrebbero avere qualche eco nel Congresso e nei media, non fosse altro per le grandi convulsioni che stiamo vivendo qui da noi. Gran parte degli opinionisti, infatti, sono saltati sul treno di Black Lives Matter (BLM). E un visibile appoggio per BLM vi è anche nelle iniziative assunte dai principali gruppi di difesa israeliani, come l’AIPAC e l’Anti-Defamation League (ADL), ma non c’è altrettanta empatia verso le difficili condizioni vissute dai Palestinesi. La verità è che l’appoggio a BLM da parte della lobby ebraica serve solo a guadagnarsi la simpatia dei Neri e contrastare ogni eventuale sentimento filo-arabo.
Una risposta umana alle sofferenze dei Palestinesi non si vedrà facilmente negli Stati Uniti in quanto, francamente, Israele e i suoi sostenitori hanno acquisito il controllo totale dei media statunitensi, nonché della Casa Bianca e del Congresso, al punto che possono ottenere quel che vogliono, senza mai subire alcuna contestazione. E’ qualcosa cui occorre porre termine, ma il vero problema è capire come, dal momento che noi, il popolo, siamo effettivamente privati di ogni diritto su questa questione. Quando il governo è comprato e la libertà di espressione limitata dagli oligarchi che controllano i media, cosa possiamo fare? Effettivamente, questo è il dilemma.
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