Italia, settembre 2008 - L'accordo con la Libia per la riparazione dei danni provocati nel periodo coloniale, e le scuse offerte ai Libici da Silvio Berlusconi a nome del popolo italiano, costituiscono un precedente, per ora unico, nei rapporti tra ex-colonie ed ex-potenze occupanti. Proponiamo un punto di vista che viene da un'ex-colonia, l'Algeria, nell'editoriale del quotidiano di Algeri, La Liberté, pubblicato il 2 settembre 2008. Tradotto in italiano a cura di Ossin.

 


(Nella foto, Berlusconi e Kadhafi)

 


 

La Liberté – 2 settembre 2008


Libia-Italia: la strada giusta?

 


di  Mustapha Hammouche


Quello che è un accordo tra la Libia e l’Italia viene presentato come “il gesto dell’Italia”. Non sarà certo il pagamento spalmato su venticinque anni di cinque miliardi di dollari che porterà l’Italia alla rovina o ricostruirà la Libia, ma il gesto costituisce un precedente che lascerà una traccia nella prosecuzione del dibattito sul post-colonialismo.


E’ per questo che probabilmente l’accordo non deve essere ridotto al solo aspetto finanziario, ma occorre valorizzare il fatto che ha stabilito il principio di riparazione e, dunque, il principio di dannosità della colonizzazione.
La Gran Bretagna, il Portogallo, la Francia e la Spagna, soprattutto, che hanno a lungo occupato territori in Africa ed in Oriente, non potranno ignorare il precedente italo-libico quando si riproporranno le questioni del pentimento e della riparazione.
Silvio Berlusconi, nel firmare con Mouammar Al-Kadhafi  un “accordo di amicizia, partenariato e cooperazione”, ha inaugurato il primo atto di riconciliazione tra una colonia ed una ex potenza coloniale; e proclamando che”in qualità di Capo del Governo”, “ho il dovere di esprimervi a nome del popolo italiano il nostro rincrescimento e le nostre scuse per le profonde ferite che vi abbiamo provocato”, esprime la prima dichiarazione di pentimento da parte del capo di una ex metropoli.
Se pure le relazioni tra i due Stati sono passate attraverso momenti di crisi acuta prima di raggiungere questo risultato, sembra però che l’accordo abbia consentito di aprire nuove prospettive di cooperazione tra i due paesi. C’è stato bisogno di una certa costanza da parte del dirigente libico nel rivendicare la riparazione per i crimini della colonizzazione italiana. C’è voluta, da parte italiana, la volontà profonda di garantirsi una cooperazione energetica durevole e consolidata. C’è stato soprattutto bisogno di un maremoto migratorio ed il bisogno di assicurarsi la cooperazione dei paesi di partenza nella lotta contro le reti della immigrazione clandestina.
Il tema della riparazione è una costante della diplomazia libica, anche quando Al-Kadhafi ha ricevuto il suo “amico Silvio”. Niente a che vedere con il tragitto caotico percorso dall’Algeria e la Francia, altalenante tra l’omissione compiacente nei momenti di euforia mediatico-sentimentale alla crisi polemica nei momenti di fragorosa divergenza. Tra il 2003 ed il 2007, abbiamo pazientemente atteso la firma di un “trattato di amicizia” solennemente annunciato e che prendeva misteriosamente forma nei Gabinetti presidenziali, prima che si sapesse che vi mancava il preambolo del pentimento. D’altra parte si è atteso che all’ordine del giorno vi fosse la rifondazione delle relazioni algero-francesi, per avviare una legge che obbliga all’insegnamento degli “effetti positivi della colonizzazione”.  L’incostanza algerina ha reso indecifrabile l’importanza della questione del pentimento nel suo rapporto con l’ex potenza coloniale e l’incoerenza francese ha ridotto ad uno statuto aneddotico gli sforzi meritori dei due ambasciatori accreditati ad Algeri.
La Libia e l’Italia mostreranno loro la strada giusta?

 


 
 

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