Pensioni: i francesi si battono per l'avvenire dell'Europa
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The Guardian, 20 ottobre 2010 (estratto)
Pensioni: i francesi si battono per l’avvenire dell’Europa
di Mark Weisbrot
Dal 1983 “il Pil individuale è aumentato del 45%. A paragone l’aumento della speranza di vita è stato molto meno imponente. Il numero dei lavoratori in pensione è passato dal 4,4 del 1983 al 3,5 del 2010, ma la crescita del reddito nazionale è stata più che sufficiente a compensare la crescita demografica, ivi compreso l’aumento della speranza di vita". L’economista Mark Weisbrot, che dirige con Dean Baker il Centre for Economic and Policy Research, pone in evidenza un aspetto trascurato dal dibattito pubblico e apprezza la mobilitazione francese contro il regresso sociale
Ancora una volta la maggior parte dei media dicono che i francesi sono irrealistici e dovrebbero accettare la riforma come hanno fatto tutti gli altri. A causa della crescita della speranza di vita, dovremmo tutti lavorare di più. Ma dire questo è come dar conto solo della metà del punteggio di una partita di baseball (o di football, se preferite). L’altra metà è che la produttività e il PIL sono anch’essi cresciuti nel corso del tempo, e che per questo è del tutto possibile per i Francesi decidere di beneficiare di una pensione più lunga e di finanziarla.
L’età della pensione in Francia è stata modificata l’ultima volta nel 1983. Da allora il PIL individuale è cresciuto del 45%. A paragone l’aumento della speranza di vita è stato molto meno imponente. Il numero dei lavoratori in pensione è passato dal 4,4 del 1983 al 3,5 del 2010, ma la crescita del reddito nazionale è stata più che sufficiente a compensare la crescita demografica, ivi compreso l’aumento della speranza di vita.
La situazione è simile per quanto riguarda le prospettive: la crescita del reddito nazionale nei prossimi 30 o 40 anni sarà più che sufficiente a finanziare l’aumento della spesa pensionistica dovuta alla evoluzione demografica, cosa che permetterà senz’altro alle future generazioni di beneficiare di un livello di vita molto più elevato di quello odierno. Si tratta di fare delle scelte sociali, di decidere di quanti anni di pensione la gente vuole beneficiare e di come finanziare la spesa relativa.
Se i Francesi vogliono mantenere inalterata l’attuale età pensionistica, vi sono molti mezzi per finanziare i costi futuri delle pensioni, senza che vi sia per forza la necessità di aumentare l’età della pensione. Uno di questi, che gode del sostegno della sinistra francese (e che Sarkozy promette a livello internazionale), consisterebbe in una tassa sulle transazioni finanziarie. Una simile “tassa sulla speculazione” potrebbe garantire entrate per miliardi di dollari – come avviene attualmente nel Regno unito – scoraggiando in tal modo le transazioni speculative sugli attivi finanziari e i prodotti derivati. I sindacati francesi e i manifestanti pretendono che il governo prenda in esame qualcuna di queste soluzioni alternative progressiste.
E’ dunque del tutto ragionevole aspettarsi che, con l’aumento della speranza di vita, i lavoratori possano beneficiare di un periodo di pensione più lungo. Ed è quello che la maggioranza dei cittadini francesi si aspetta. Essi probabilmente non sono in grado di analizzare le cifre in dettaglio, ma capiscono intuitivamente che, quando un paese si arricchisce anno dopo anno, essi non dovrebbero lavorare di più.
L’aumento dell’età della pensione è una misura molto regressiva, che colpisce le persone che lavorano più duramente. I lavoratori più poveri hanno una speranza di vita più corta e perderebbero una parte più elevata dei loro anni di pensione. I lavoratori che hanno diritto ad una pensione anticipata a causa della disoccupazione o di altre difficoltà si vedrebbero ridurre la pensione a causa di questa decisione. E, ben inteso, questa riduzione non riguarda i più ricchi, che non fanno certo affidamento sul sistema pubblico per garantirsi la maggior parte del loro reddito quando sono in pensione.
La Francia ha il più basso livello di ineguaglianza tra la maggior parte dei paesi dell’OCDE ed uno dei soli cinque paesi – su 30 – che ne ha registrato una riduzione tra gli anni 1980 e gli anni 2000. Essa ha anche conosciuto la più forte diminuzione dell’ineguaglianza tra i decenni 1980 e 1990.
Fino ad oggi la Francia ha resistito almeno a qualcuno dei cambiamenti che hanno peggiorato la situazione dei lavoratori, e soprattutto dei cittadini a basso reddito, nei paesi ricchi. Le Autorità Europee (ivi compresa la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale) danno impulso a queste misure regressive nelle economie più deboli della zona euro (come la Grecia, la Spagna e l’Irlanda). Queste istituzioni, al pari di numerosi politici, tentato di usare dei problemi economici attuali dell’Europa come un pretesto per far passare delle riforme di destra.
I sondaggi dicono che più del 70% degli interpellati sostengono gli scioperanti, nonostante i disagi dovuti alla penuria di carburante e ad altre perturbazioni. I Francesi sono stanchi del loro governo di destra, e anche questo spiega le proteste. Nonostante la debolezza del partito socialista, stando ai risultati delle ultime elezioni, la sinistra è più forte in Francia che in molti altri paesi, ed essa ha la capacità e la volontà di organizzare delle manifestazioni di massa, degli scioperi e campagne di sensibilizzazione.
Di fatto, i Francesi si battono per l’avvenire dell’Europa – e costituiscono un buon esempio per gli altri paesi. Qui negli Stati Uniti noi possiamo solo sperare di essere capaci di respingere tutte le misure contro il nostro sistema di sicurezza sociale – molto meno generoso – nel corso degli attacchi che si profilano all’orizzonte.