La “solitudine” delle buone cause
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Le Grand Soir, 19 aprile 2014 (trad.ossin)
Se ne è andato Gabriel Garcia Marquez
La “solitudine” delle buone cause
Chems Eddine Chitour
“Tutti vogliono vivere in cima alla montagna, e non sospettano nemmeno che la vera felicità sta nel modo in cui si sale la china… il segreto di una buona vecchiaia è nient’altro che la conclusione di un onorevole patto con la solitudine” – Gabriel Garcia Marquez (Cento anni di solitudine)
Un lampo nel cielo sereno. Gabriel Garcia Marquez se ne è andato in punta di piedi. "Presidenti, scrittori e celebrità", si legge in un dispaccio dell'AFP, hanno reso un omaggio corale al Premio Nobel per la letteratura, Gabriel Garcia Marquez, gigante delle lettere latino-americane. Il presidente colombiano ha sostenuto che "i giganti non muoiono mai. Il presidente statunitense: Ho avuto il privilegio di incontrarlo una volta in Messico, nell'occasione mi ha regalato una copia con dedica del libro che ancora oggi venero". Il presidente messicano ha ritenuto che, "con la sua opera, Garcia Marquez ha reso universale il realismo magico latino-americano, segnando la cultura del nostro tempo". Per il presidente del Venezuela: "Gabo ha lasciato la sua impronta spirituale impressa nella nuova era della nostra America". La romanziera cilena Isabel Allende ha detto che Garcia Marquez "è stata la voce che ha raccontato al mondo che cosa siamo e ha mostrato a noi Latino-Americani che cosa siamo, lasciandoci specchiare nelle sue pagine". "La sola consolazione è che la sua opera è immortale" (1).
Chi è Gabriel Garcia Marquez?
Primogenito di undici figli, Gabriel Garcia Marquez è nato il 6 marzo 1927 a Aracataca, un villaggio sperduto tra le lanche e le pianure polverose della costa caraibica colombiana. Nell'opera di Gabo, Aracataca diventerà Macondo, un luogo mitico ma reale. Lo Spagnolo sud-americano ha fatto di "macondiano" un aggettivo per descrivere l'irrazionale quoitidiano in queste latitudini. Gerald Martin spiega l'importanza che ebbe per il futuro scrittore il suo villaggio e in particolare la sua casa: "piena di gente - nonni, ospiti di passaggio, servi, indiani - ma anche piena di fantasmi". Il ragazzo sarà allevato dai nonni. La sua formazione intellettuale, come un certo senso della smisuratezza, gli verranno dal colonnello Marquez, suo nonno, libero pensatore che, per riempire la noia di un tempo immobile, gli ripeteva continuamente i suoi ricordi della guerra dei Mille Giorni: una guerra civile devastante che, tra il 1899 e il 1902..." (2).
Gabriel Garcia è stato certamente segnato dalla potenza simbolica della Rivoluzione algerina, che è stata forse per lui una fonte di ispirazione nella comune lotta anti-imperialista e anti-coloniale. Leggiamo: "Nel 1957 arriva a Parigi in piena guerra di Algeria, frequenta gli ambienti del FLN e, per delitto di rassomiglianza, è esposto anche alle "ratonnade" (spedizioni puntive contro i maghrebini, ndt), allora praticate dalla polizia francese (...) Nel frattempo Garcia Marquez è tornato in America Latina. Nel 1961, Garcia Marquez, che lavora per l'agenzia di stampa cubana, Prensa Latina, effettua da giornalista e da amico del nuovo regime castrista una prima visita a Cuba (...)" (2).
"L'autore latino-americano più letto nel mondo ha voltato - si legge in un dispaccio dell'AFP - pagina: Gabriel Garcia Marquez, morto giovedì all'età di 87 anni, ha incarnato l'anima del 'realismo magico', una corrente letteraria testimone di un continente agitato. E' stato immerso durante tutta la sua infanzia in una cultura tropicale fatta da indigeni, schiavi africani e coloni spagnoli. Queste leggende dal profumo esotico hanno ispirato un'opera immensa di racconti, novelle e romanzi. Il suo capolavoro, Cent'anni di solitudine, tradotto in 35 lingue è stato venduto in più di 30 milioni di copie. Nel 1982, data della consacrazione, egli ha ottenuto il Premio Nobel per la letteratura. La celebre accademia ha salutato un'opera "dove si legano il fantastico e il reale nella complessità ricca di un universo poetico che riflette la vita e i conflitti di un continente".
Nel suo discorso, lo scrittore, venuto a ricevere il premio a Stoccolma simbolicamente vestito con un liqui-liqui, l'abito tradizionale della sua regione, ha sottolineato la volontà di descrivere una "realtà che non è di carta (...). descrivendo il giornalismo come 'il più bel mestiere del mondo', ha dichiarato di essere un ammiratore della Rivoluzione cubana e difensore delle vittime delle dittature militari dell'America del Sud. Corrispondente dell'agenzia di stampa cubana Prensa Latina a Bogotà, è stato amico personale di Fidel Castro, al quale ha spesso reso visita a La Havana. "Io sono soprattutto uno scrittore, un giornalista, non un politico", aveva replicato un giorno, assicurando che preferiva agire nell'ombra. Secondo lui, ciò avrebbe permesso la liberazione discreta di diversi prigionieri politici cubani (3).
Le buone cause di Gabo
Si dice - riporta l'enciclopedia Wikipedia - che le opinioni politiche e idologiche di Garcia Marquez siano state influenzate dalle storie del nonno Nicolas Marquez. Questa influenza ha investito il suo punto di vista politico e anche la sua tecnica letteraria, in modo tale che "così come la sua carriera di scrittore è cominciata con una opposizione piena allo statu quo letterario colombiano, le opinioni socialiste e anti-imperialiste di Garcia Marquez si sono formate in opposizione allo statu quo globale dominato dagli Stati Uniti". Grazie al riconoscimento internazionale, Garcia Marquez, lo scrittor colombiano, ha potuto giocare il ruolo di mediatore tra il governo colombiano e la guerriglia, quella del M-19, delle FARC e dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN)" (4).
Ha anche accettato di far parte del Secondo Tribunale Russel che indaga sui crimini di guerra internazionali e li giudica. Negli anni 1970, lo scrittore colombiano ha pubblicato 3 articoli sulla Rivoluzione dei Garofani in Portogallo, alla quale ha offerto il suo appoggio. (...) Peraltro, a causa della sua notorietà e delle opinioni tranchant sull'imperialismo statunitense, Garcia Marquez è stato etichettato come elemento sovversivo e, per diversi anni, gli è stato rifiutato il visto di ingresso dalle autorità di immigrazione USA" (4). Amico di Fidel Castro, non ha mai fatto mistero delle sue convinzioni di sinistra. Lascia dietro di sè un'opera prolifica. I suoi romanzi sono stati venduti in decine di milioni di copie, ciò che ha fatto di lui uno degli autori più conosciuti, se non il più conosciuto, dell'America Latina. Garcia Marquez, straziato e indignato dalla dittatura instaurata in Cile dopo il colpo di Stato del generale Pinochet nel settembre 1973, si è rifiutato, per qualche tempo, di scrivere nuovi romanzi, preferendo impegnarsi in quello che chiama "la guerra della informazione". Ha contribuito, nel suo paese, alla nascita di una rivista indipendente, Alternativas, ha fustigato il capitalismo e l'imperialismo, ha ssunto la difesa del terzo mondo e ha sostenuto pubblicamente, senza imbarazzo, il regime di Fidel Castro" (4).
Il romanzo sud-americano e il contributo di Gabriel Garcia Marquez
La vocazione per la letteratura risale agli inizi degli anni 1960, quando si stabilisce in Messico e dopo un incontro col suo grande amico, lo scrittore messicano Carlos Fuentes. "Un pomeriggio ci siamo seduti davanti a casa mia e ci siamo chiesti: 'Che facciamo?' E abbiamo deciso di scrivere dei romanzi, il sortilegio era fatto", ha confidato l'autore colombiano.
"Scrivo perché i miei amici mi amino", piaceva ripetere a questo piccolo uomo coi baffi, soprannominato affettuosamente Gabo dagli amici. Garcia Marquez non è sciocco: "Sono un romanziere -diceva - e noi romanzieri non siamo degli intellettuali, ma dei sentimentali, delle persone emotive. E a noi Latini è capitato un grande guaio. Nei nostri paesi, siamo diventati in qualche modo la coscienza della nostra società. E guardate i disastri che combiniamo. Questo non accade negli Stati Uniti ed è una fortuna. Io non riesco a immaginare un incontro in cui Dante parli di economia di mercato" (3).
Giustamente, su Le Monde Diplomatique, si scopre il ruolo di Carlos Fuentes, un altro Premio Nobel. "Quando Fuentes ha cominciato a scrivere, i giovani scrittori latino-americani erano, per così dire, costretti a scegliere il loro campo: si doveva scegliere tra il realismo e l'immaginario, il fantastico; radicarsi nella realtà nazionale o nell'apertura cosmopolita; per la letteratura impegnata o per pure ricerche formali. Alcuni intorno a lui (il Colombiano Gabriel Garcia Marquez, l'Argentino Julio Cortazar, il Peruviano Mario Vargas Llosa, il Cubano José Lezama Lima) scelsero di non scegliere e di superare queste antinomie cristallizzate, e riconciliare ciò che l'opinione prevalente si ostinava a contrapporre. Si è chiamato questo il boom del romanzo latino-americano, in realtà il più prodigioso rinnovamento dell'arte del romanzo, probabilmente, che si sia visto nella seconda metà del XX°é secolo" (5).
A ben comprendere la "strategia" della loro risposta con le armi dello spirito, questi prolifici autori hanno fatto del loro patrimonio spogliato dalle invasioni coloniali una quinta colonna nella letteratura occidentale. Leggiamo: "La conquista spagnola del Nuovo Mondo fu sanguinosa, distruttrice? Sì, ma ne è nata una civiltà ibrida, viva, ricca della sua diversità. Le società pre-colombiane sono state annientate? Sì, ma l'immaginario indiano è passato nella lingua dei vincitori, come in certe chiese messicane, dove il paradiso degli indigeni emerge nell'iconografia cattolica imposta. Gli intellettuali più radicali, in America Latina, gli hanno talvolta rimproverato le sue posizioni un po' troppo saggiamente social-democratiche... Da notare però che Fuentes, comunque, non ha mai smesso di denunciare l'imperialismo degli Stati Uniti, la dominazione imposta all'America Latina. Non è stato tra coloro, numerosi, che sono scivolati dalla legittima critica anti-totalitaria all'accettazione dell'ordine mondiale stabilito; fu questo peraltro il senso profondo della sua rottura con Vargas Llosa o della sua leggendaria querelle con Octavio Paz" (5).
Cent'anni di solitudine
E' il romanzo che ha dato fama e gloria a Gabo, è stato tradotto in 35 lingue. "Fin dalla sua pubblicazione nel 1967 a Buoens Aires, l'entusiamo suscitato da Cent'anni di solitudine è stato straordinario. Insieme epopea familiare, romanzo politico e racconto fantastico, è 'il più grande romanzo scritto in lingua spagnola dopo Don Chisciotte', secondo il poeta cileno Pablo Neruda. Lo scrittore vi spiega, senza incertezze né tentennamenti, il suo potente linguaggio, insieme esuberante e perfettamente controllato. Poi la fondazione del finto villaggio di Macondo si svolge lungo sei generazioni. Tutta l'America Latina si riconoscerà presto in questa saga eroica e barocca. Cinque anni dopo la sua pubblicazione" (4).
Cento anni di solitudine (titolo originale: Cien anos de soledad), spesso citato come testo più significativo del realismo magico, in quanto fa convivere diversi generi letterari e contrappone un contesto storico reale a riferimenti culturali che assomigliano a elementi soprannaturali o irrazionali. Narra la storia della famiglia Buendia lungo sei generazioni, nel villaggio immaginario di Macondo, costretta a vivere cento anni di solitudine dalla profezia del gitano Melquiades. Attraversa anche le guerre e i conflitti della storia colombiana. Lungo tutto il romanzo, tutti i personaggi sembrano predestinati a soffrire la solitudine come una caratteristica innata della famiglia Buendia. Lo stesso villaggio vive isolato dalla modernità, sempre in attesa dell'arrivo dei gitani che portano nuove invenzioni(...) (4)
Cosa ci resta di Gabo?
Forse questo inno all'amore in forma di testamento:
"Se per un momento Dio dimenticasse che io sono una marionetta di pezza e mi offrisse un tratto di vita, approfitteri di questo tempo più che posso (...) Attribuirei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quallo che significano. Dormirei poco, sognerei di più, sentirei che per ogni minuto in cui chiudiamo gli occhi, perdiamo sessanta secondi di luce (...) Se Dio mi regalasse un tratto di vita, mi vestirei semplicemente, mi stenderei al sole, lasciando scoperto non solo il mio corpo, ma anche la mia anima (...) Non lascerei terminare un sol giorno senza dire alla gente che io l'amo, che io l'amo" (7)
"Agli uomini dimostrerei quanto sono in errore pensando che quando si invecchia non ci si innamori più, e non sanno che si invecchia innamorandosi di più. Ai vecchi insegnerei che la morte non viene con la vecchiaia, ma con l'oblio. Io ho appreso talmente tante cose da voi altri, gli umani (...) Ho appreso che quando un neonato stringe col suo piccolo pugno, per la prima volta, le dita di suo padre, lo cattura per sempre. Ho appreso che un uomo ha il diritto di guardare un altro dall'alto, solo quando lo aiuta a rialzarsi. Dici sempre quello che senti e fai quel che pensi (...) Se sapessi che sono gli ultimi momenti che ti vedo, io direi 'ti amo' e non supporrei, stupidmente, che tu lo sappia già (...) Il domani non è garantito per nessuno, vecchio o giovane. Oggi potrebbe essere l'ultima volta che vedi quello che ami. Allora non aspettare, fallo oggi (...) Ci sono talmente tante cose che ho appreso da voi altri... ma in effetti esse non serviranno granché, perché quando bisognerà sistemarmi in questa piccola valigia, purtroppo sarò morto" (7)
Tutto è detto. Gabriel Garcia Marquez è morto, ma continua a vivere attraverso le sue opere. Tra mille anni si leggerà con piacere Cento anni di solitudine, quando i principi che oggi governano il mondo non saranno più che degli sgradevoli ricordi.
Note:
1. Présidents et célébrités rendent hommage à Garcia Marquez AFP 18.04.14
3. Biographie de Gabriel Garcia Marquez : AFP jeudi 17 avril 2014
4. Gabriel Garcia Marquez : Encyclopédie Wikipédia
5. Guy Scarpetta : http://www.monde-diplomatique.fr/2013/07/SCARPETTA/49350
6. Pierre Maury http://www.lesoir.be/523808/ article/culture/livres/2014-04-17/cent-ans-solitude-chef-d-oeuvre-gabriel-garcia-
marquez
7. Gabriel Garcia Marquez : lettre d’adieux à ses amis