Il documento segreto che dimostra come la “primavera araba” sia stata provocata dagli USA
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Al Manar, 14 giugno 2014 (trad. ossin)
Il documento segreto che dimostra come la “primavera araba” sia stata
provocata dagli USA
Sonia Baker
Un documento reso pubblico da un think tank statunitense rivela che la “primavera araba” non è stata affatto un movimento spontaneo di popolazioni avide di cambiamenti politici, ma davvero una riconfigurazione a lungo valutata e orchestrata dall’amministrazione statunitense.
L’organizzazione Middle East Briefing (MEB), che si basa su un rapporto ufficiale del Dipartimento di Stato USA, conferma il coinvolgimento della Casa Bianca nelle “rivoluzioni” che hanno scosso tanti paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord.
Il documento in questione, che data 22 ottobre 2010 e ha per titolo “Middle East Partnership Initiative: Overview”, è confidenziale e il MEB è riuscito a consultarlo solo grazie alla legge Freedom of information Act.
Il paese dello zio Sam ha elaborato diverse strategie per riuscire a sconfiggere i regimi dei paesi presi di mira, utilizzando la “società civile” che riesce a controllare dopo avere svolto un lavoro di fondo sulle organizzazioni non governative (ONG).
La strategia USA consiste nel manipolare queste ONG affinché esse si allineino con la sua politica estera e coi suoi obiettivi in materia di sicurezza interna, nota MEB. “The Middle East Partnership Initiative” (MEPI) è un programma regionale di rafforzamento delle società civili del Medio Oriente e dell’Africa del Nord per sviluppare delle società plurali, partecipative e prospere. Come dimostrano le cifre fornite in questo studio, MEPI è cresciuto dalla sua nascita nel 2002 ed è diventato uno strumento flessibile nella regione per un sostegno diretto alle società civili autoctone, sostegno che fa parte integrante della diplomazia del governo USA nella regione”, si può leggere nel rapporto del Dipartimento di Stato, che usa e abusa del linguaggio diplomatico per mascherare la natura egemonica di questa iniziativa.
Nella sezione intitolata “come funziona il MEPI”, si spiega con chiarezza che i principali obiettivi del MEPI sono di costituire “delle reti di riformatori che scambino le conoscenze e si aiutino reciprocamente, e di catalizzare il cambiamento nella regione”.
La sovversione finanziata dalle ambasciate statunitensi
L’amministrazione Obama non lesina mezzi per ingerirsi efficacemente negli affari interni dei paesi presi di mira. Le sovvenzioni locali “forniscono un sostegno diretto a gruppi di cittadini autoctoni, e rappresentano oramai più della metà dei progetti del MEPI”, nota il rapporto.
“Agenti designati nelle ambasciate statunitensi gestiscono i finanziamenti e sono in rapporti diretti con le diverse ONG e i gruppi che compongono le società civili” che beneficiano di questi aiuti economici.
“Gli specifici progetti per ciascun paese intendono rispondere ai bisogni locali in materia di sviluppo, quali vengono individuati dalle ambasciate, dai riformatori locali e dalle nostre analisi sul campo. Gli sviluppi politici in un paese possono comportare nuove opportunità e nuove sfide per la realizzazione degli obiettivi della politica del governo USA, e MEPI trasferisce i fondi necessari per rispondere a questi bisogni”, sottolinea ancora. E’ inutile dire che gli iniziatori di questo programma saltano le istituzioni locali e i governi. Si dice infatti che MEPI ha come unici interlocutori gli attori della società civile attraverso le ONG, per la maggior parte aventi sede negli Stati Uniti e nella regione di cui si tratta.
“MEPI non fornisce fondi ai governi esteri e non negozia accordi di assistenza bilaterali”, rileva il rapporto.
Secondo MEB, il documento enumera una lista di paesi presi di mira, secondo priorità collegate ai disegni inconfessati dell’establishment statunitense. Si tratta dello Yemen, dell’Arabia Saudita, della Tunisia, dell’Egitto e del Bahrein. Libia e Siria sono state aggiunte un anno dopo l’elaborazione di questo rapporto dal Dipartimento di Stato. Per quanto concerne l’Egitto, si apprende che l’amministrazione USA scommetteva sul movimento dei Fratelli Mussulmani, considerato compatibile con la politica estera del governo statunitense.
L’Amministrazione Obama assicura anche il servizio “post vendita” di “queste rivoluzioni” che concorrono a rimodellare il “Grande Medio Oriente”, secondo la visione statunitense.
Un ufficio di coordinamento speciale delle transizioni nel Medio Oriente è stato istituito nel settembre 2011.
William B. Taylor ne è stato posto al vertice. E’ un diplomatico esperto in rivoluzione, essendo stato ambasciatore USA in Ucraina durante la “rivoluzione arancione” del 2006/2009.
Secondo il rapporto del Dipartimento di Stato, l’ufficio di coordinamento speciale delle transizioni nel Medio oriente coordina l’assistenza del governo statunitense “alle democrazie nascenti” nella regione del Medio Oriente e in Africa del Nord, tra cui Egitto, Tunisia e Libia.