Tariq Ali: è venuto il momento di una Rivoluzione di palazzo
- Dettagli
- Visite: 5899
Information Clearing House, 6 marzo 2015 (trad. ossin)
Tariq Ali: è venuto il momento di una Rivoluzione di palazzo
Chris Hedges
Tariq Ali appartiene all’aristocrazia della sinistra. I suoi venti e più saggi di politica e di storia, i suoi sette romanzi, le sceneggiature e le pièce teatrali e i suoi articoli sul Black Dwarf e la New Left Review, e ancora altre pubblicazioni, fanno di lui uno dei critici più virulenti del capitalismo di mercato. Tariq lancia i suoi fulmini retorici e le sue torride critiche contro gli speculatori ossequiosi e gli oligarchi delle multinazionali che manipolano la finanza mondiale, e gli utili idioti nella stampa, il sistema politico e l’università che li sostengono. La storia della fine del XX° secolo e dell’inizio del XXI° ha dimostrato che Ali, un intellettuale formatosi a Oxford e da tempo considerato un ficcanaso fastidioso, già candidato troskista al Parlamento britannico, è superbamente profetico.
Ali, nato in Pakistan, dalla doppia nazionalità pakistana e britannica, era già una icona della sinistra durante le convulsioni degli anni 1960. Mike Jagger avrebbe scritto “Street Fighting Man” dopo avere partecipato, il 17 marzo 1968, ad una manifestazione contro la guerra a Grosvenor Square, guidata da Ali, Vanessa Redgrave e altri, davanti all’ambasciata statunitense a Londra. Circa 8.000 manifestanti lanciarono fango, pietre e bombe fumogene contro la polizia antisommossa. La polizia a cavallo caricò i manifestanti. Più di 200 persone furono arrestate.
Ali, quando l’abbiamo incontrato la settimana scorsa, poco prima della sua conferenza in memoria di Edward W. Said all’università di Princeton, ha esaltato gli scontri di piazza e le manifestazioni contro la guerra del Vietnam. Ha lamentato la perdita del radicalismo nutrito di contro-cultura degli anni 1960, affermando che era “senza precedenti nella storia imperialista” e che esso ha dato luogo al “periodo più gravido di speranze” negli Stati Uniti, “dal punto di vista intellettuale, culturale e politico”.
“Non so fare l’esempio di un’altra guerra imperialista nella storia, e non solo nella storia dell’Impero USA, ma anche in quella degli imperi britannico e francese, dove si sono viste decine di ex soldati statunitensi, e talvolta anche soldati ancora in servizio, sfilare davanti al Pentagono e gridare che volevano la vittoria dei Vietnamiti – afferma – E’ un avvenimento unico negli annali dell’Impero. E’ questo che, alla fine, ha spaventato e terrorizzato i detentori del potere. Se perfino il cuore del nostro apparato comincia a infettarsi, si sono chiesti, che cosa potremo più fare?”
Questa sfiducia si è espressa nelle stesse stanze dell’establishment. Alcune audizioni del comitato del Senato per le Relazioni estere sulla guerra del Vietnam hanno apertamente contestato e sfidato quelli che orchestravano lo spargimento di sangue. “Il modo in cui venivano poste le domande ha formato una gran parte della popolazione”, afferma Ali a proposito delle audizioni condotte da liberal come J. William Fulbright. Aggiunge tristemente che “simili audizioni non potranno più avere luogo”.
“L’élite dirigente ha dovuto contrastare questo spirito di contestazione e lo ha fatto con grande successo. Il riflusso è stato completato dall’implosione dell’Unione Sovietica. L’élite si è accomodata e ha detto: ‘Formidabile, adesso possiamo fare quello che vogliamo. Non c’è nulla all’estero e quel che abbiamo in casa – dei ragazzacci che protestano per l’America del Sud, il Nicaragua o i Contras – sono bazzecole’. Poco a poco la dissidenza si è esaurita”.
All’inizio della guerra in Iraq, le manifestazioni, per quanto massicce, sono state per lo più effimere. “Era un tentativo di fermare la guerra. Quando è scoppiata, le manifestazioni sono finite. Era un soprassalto. Quelle (le autorità) hanno fatto sentire alla gente che non poteva fare niente; qualsiasi cosa faccia il popolo, quelli al potere faranno quel che vogliono. E’ stata la prima presa di coscienza del fatto che la stessa democrazia era indebolita ed era in pericolo”.
La subalternità del sistema politico all’oligarchia del Big Business, manifestatasi con la corruzione, le riforme legislative per sopprimere il controllo sulle società, la confisca della stampa, soprattutto quella on line, da parte di un pugno di società allo scopo di mettere a tacere la dissidenza, e la crescita dello Stato securitario e della sorveglianza sistematica hanno portato alla morte del sistema dei partiti e all’emergere di quel che Ali chiama l’estremo centro. I lavoratori vengono impietosamente sacrificati sull’altare del profitto delle imprese – uno scenario radicalmente realizzato in Grecia. E non resta alcun meccanismo o istituzione all’interno del sistema capitalista per fermare o attenuare la riconfigurazione dell’economia mondiale nella direzione di un neo-feudalesimo senza pietà, un mondo fatto di signori e di servi.
“Questo estremo centro, a prescindere dal nome dei partiti, agisce efficacemente in collusione con multinazionali ipertrofiche, organizza i loro interessi e fa guerre in tutto il mondo, dice Ali. Questo centro estremo si estende dappertutto nel mondo occidentale. E’ per questo che un numero sempre maggiore di giovani se ne frega del sistema democratico come è. Questo è il risultato di quello che è stato detto alla gente dopo il crollo dell’Unione sovietica: non c’è alternativa”.
La lotta tra la volontà popolare e le esigenze degli oligarchi delle multinazionali, che gettano un numero sempre maggiore di persone in tutta la terra nella povertà e la disperazione, diventa sempre più inafferrabile. Ali rileva che perfino dei leader che capiscono la forza distruttrice del capitalismo senza limiti – come il nuovo Primo Ministro di sinistra in Grecia, Alexis Tsipras – continuano a essere intimiditi dal potere economico e militare dei grandi dirigenti di impresa. E’ in gran parte per questo che Tsipras e il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, hanno ceduto alle richieste delle banche europee, per ottenere una proroga di quattro mesi dell’attuale piano di salvataggio della Grecia di 272 miliardi di dollari. I leader greci sono stati costretti a promettere il varo di più riforme economiche di austerità e la rinuncia alla promessa pre-elettorale di cancellare una gran parte del debito sovrano della Grecia. Questo debito ammonta al 175% del PIL. Questo accordo di quattro mesi, Ali lo sottolinea, è una tattica dilatoria, che minaccia di ridurre l’ampio consenso dei Greci verso Syriza. La Grecia non può rimborsare questo debito. La Grecia e le autorità europee entreranno dunque in rotta di collisione. E questa collisione potrebbe scatenare un crollo finanziario della Grecia, perfino la sua uscita dalla zona euro, e provocare delle sollevazioni popolari in Spagna, Portogallo e Italia.
Il prezzo da pagare a questa ribellione che, sottolinea Ali, è l’unica strada che abbiamo a disposizione per sottrarci al dominio delle multinazionali, sarà dolorosamente alto, almeno in un primo momento. I nostri oligarchi non hanno alcuna intenzione di farsi condannare a morte senza difendersi selvaggiamente.
Ali ricorda che perfino il suo defunto amico Hugo Chavez, il focoso presidente socialista del Venezuela, non era insensibile all’intimidazione delle forze dell’establishment. “Ricordo di aver parlato molte volte con Chavez, e di avergli domandato: Comandante, perché si ferma? Lui mi rispondeva che non era realista farlo in quel momento, che si possono trovare degli accomodamenti, rendere la vita dura al capitalismo, usare i soldi del petrolio per i poveri, ma che non si può rovesciare il sistema”. E aggiunge: “I Greci e gli Spagnoli dicono la stessa cosa”.
“Io non so quale sia il piano di Syriza, prosegue. Se pensa che si possano dividere le élite europee, che si possa avviare una grande campagna di propaganda per costringere a fare concessioni, è una cosa stupida. Le élite europee, guidate dai tedeschi, non si dividono facilmente. Esse hanno calpestato i Greci. I leader greci avrebbero detto al loro popolo: Cercheremo di ottenere le migliori condizioni, e poi vi riferiremo che cosa è successo e cosa dobbiamo fare. In effetti sono caduti nella trappola europea. Gli Europei non hanno praticamente fatto alcuna concessione importante”.
Lo scontro tra i Greci e le élite economiche che dominano l’Europa “non è economico”, sostiene Ali. L’Unione Europea “è pronta a spendere miliardi per combattere i Russi in Ucraina. Non è una questione di soldi. Può sperperare la sua fottuta moneta, come si prepara a fare e fa in Ucraina. Coi Greci pretende che sia per questioni economiche, ma in realtà lo scontro è politico. Essa teme che, se i Greci ce la facessero, la malattia si propaghi. A dicembre ci sono le elezioni in Spagna. Se vince Podemos (il partito della sinistra in Spagna), con la Grecia che avesse preso una via sia pur timidamente differente, gli Spagnoli direbbero che i Greci l’hanno fatto. Poi ci sono gli Irlandesi, che attendono pazientemente coi loro partiti progressisti e che dicono: “Perché non facciamo come Syriza? Perché non dare l’assalto anche al nostro estremo centro?”
Yanis Varoufakis
Ali si dice “scioccato e irritato per tutte le speranze che la sinistra ha riposto in Obama”. E ha criticato quella che definisce “l’ossessione statunitense per l’identità”. Barack Obama, secondo lui, “è un presidente imperialista e si comporta come tale, indipendentemente dal colore della sua pelle”. Ali non ha fiducia nella politica di genere, che potrebbe favorire una eventuale corsa alla presidenza di Hillary Clinton, che potrebbe diventare la prima donna presidente.
“La mia risposta è: che ce ne fotte? Se bombarda dei paesi e lancia droni su interi continenti, che differenza fa il suo sesso se la politica è la stessa? E’ questo ciò che conta. La politica è svalutata e avvilita col neoliberalismo. La gente ripiega sulla religione o l’identità. E’ disastroso. Io mi chiedo se sia addirittura possibile creare qualcosa a livello nazionale negli Stati Uniti. Mi chiedo se non sarebbe meglio concentrarsi sulle grandi città e gli Stati per sviluppare dei movimenti nei quali si possa avere qualche influenza, a Los Angeles, a New York, o in Stati come il Vermont. E’ forse più saggio concentrarsi su tre o quattro cose, per dimostrare che è possibile. Io non credo che il vecchio modo di costruire un partito, sul modello dei democratici e repubblicani, possa funzionare. Questa gente lavora solo per denaro, con la gente ordinaria non parlano nemmeno. E’ la democrazia della carta di credito! La sinistra non deve imitarli. Gli Stati Uniti sono la noce più dura da rompere, ma finché non la si rompe, siamo destinati al fallimento”.
Ali teme che, se gli Statunitensi prendessero coscienza e cominciassero a lottare, lo Stato profondo risponderebbe con la repressione militarizzata. La reazione del governo alle bombe che sono esplose nel 2013 durante la maratona di Boston lo ha stupefatto. “Le autorità hanno chiuso una intera città, con l’appoggio della popolazione”. Afferma che la proclamazione della legge marziale a Boston è stata una prova generale.
“Se possono farlo a Boston, possono farlo anche altrove. Avevano bisogno di sperimentarlo a Boston per vedere se funzionava. La cosa mi ha terrificato”.
“La produzione di minacce produce paura. E questo crea dei cittadini sonnambuli. L’apparato dello Stato non aveva mai tentato di farlo a questo livello quando combatteva contro l’Unione Sovietica e il nemico comunista, che si riteneva fosse la peggiore minaccia e la più pericolosa. Lo fanno adesso con la scusa di lottare contro un pugno di terroristi sanguinari”. Ma gruppi come Black Lives Matter danno speranza.
“I partiti della sinistra tradizionali sono stati annientati, e lo stesso vale per i segmenti radicali della popolazione afro-americana e le loro organizzazioni, spiega. Sono stati fisicamente eliminati. Martin Luther King e Malcom X, tra i leader migliori, sono stati assassinati. Le zone dove vivono i Neri sulla costa Ovest sono state inondate di droga. E’ stato un attacco accuratamente pianificato. Ma i giovani che aderiscono a Black Lives Matter hanno ritrovato il vecchio spirito. Quando Jesse Jackson è andato a Ferguson e si è affidato alla demagogia, è stato contestato. La stessa cosa è accaduta nella costa Est con (Al) Sharpton. Questi leader neri comprati, vengono riconosciuti per quello che sono.
Quello che più preoccupa Ali è che le organizzazioni come Black Lives Matter si accontentano troppo spesso di reagire agli avvenimenti e “non capiscono del tutto che occuparsi di questa continua violenza dello Stato contro i cittadini richiede dei movimenti politici”. Si inquieta del fatto che gli Statunitensi non abbiano una completa comprensione della loro storia e difettino di formazione in teoria rivoluzionaria di base, da Karl Marx a Rosa Luxembourg. Questo analfabetismo, dice, significa che i movimenti di opposizione sono spesso incapaci di analizzare efficacemente le strutture e i meccanismi del potere capitalista e non sanno formulare risposte politiche sofisticate.
“Perché la classe operaia statunitense non ha creato un buon partito laburista o un buon partito comunista? La repressione. Se analizzate quel che è accaduto negli Stati Uniti nei primi decenni del XX° secolo, vedrete che mercenari privati sono stati assoldati per fermare l’organizzazione politica. E’ una storia poco conosciuta. Questo miserabile neoliberalismo ha svalutato l’insegnamento della Storia. Si tratta di una materia che odiano profondamente. E’ una politica che possono riprodurre, perché utilizzano l’anticomunismo. Ma la Storia è un enorme problema. Non si può capire la nascita di Syriza se non si conosce la Seconda Guerra Mondiale, il ruolo svolto dai partigiani, il ruolo svolto dal partito comunista che quei partigiani organizzava e come, a un certo punto, controllavano il 75% del paese. Poi è arrivato l’Ovest e ha cominciato un’altra guerra, Churchill l’ha fatta con l’aiuto di Truman”.
“Ho apprezzato il movimento Occupy, ma non ho condiviso l’idea di non avere un elenco di rivendicazioni. Avrebbero dovuto avere una carta di rivendicazioni, che contemplasse l’istituzione del servizio sanitario gratuito, la fine del controllo delle imprese farmaceutiche e delle compagnie di assicurazione sul servizio sanitario, l’educazione gratuita a tutti i livelli per tutti gli Statunitensi. L’idea, sostenuta da anarchici come John Holloway, che si può cambiare il mondo senza prendere il potere, non ha futuro. Io rispetto molto gli anarchici che si mobilitano e lottano per i diritti degli immigrati. Ma critico quelli che teorizzano una politica che non è politica. Occorre avere un programma politico. Gli anarchici di una volta, in Spagna per esempio, avevano un vero programma politico. Questo tipo di anarchismo non porta a niente. Ed è probabile che la metà di questi gruppi siano infiltrati. Abbiamo oggi le cifre di una quantità di agenti dello FBI che erano nel partito comunista e tra i loro discendenti troskisti. Era un numero enorme. Erano quelli dello FBI che prendevano le decisioni importanti”.
Occupay Wall Street
Ali sostiene che l’incapacità dei cittadini a costruire dei movimenti di massa per contrastare la sorveglianza generalizzata, sull’onda delle rivelazioni di Edward Snowden, è un esempio della nostra cecità e di complicità nella nostra stessa oppressione. Il culto dell’IO, un effetto della propaganda dell’industria neoliberale, infesta ogni aspetto della società e della cultura e la condanna alla paralisi.
“Hollywood ha dato l’Oscar a Citizenfour e questo è stato il massimo che si è ottenuto. Come se contasse qualcosa. E’ spaventoso. Nessun movimento civile è insorto, costruendo una unità dei cittadini contro la sorveglianza di massa. Il neoliberalismo ha efficacemente distrutto la solidarietà e l’empatia, con l’aiuto delle nuove tecnologie. E’ una cultura del narcisismo”.
Ali prevede che l’attuale speculazione mondiale possa approdare ad un altro catastrofico crash finanziario. Questo nuovo crash farà sorgere “dei movimenti e gruppi che diranno. Basta!” Se questi movimenti costruiranno dei programmi politici radicali con una visione socialista alternativa per la società, il nostro capitalismo autoritario potrà essere battuto, ma se non vi sarà una tale visione, se la rivolta resterà solo reattiva, le cose si aggraveranno. L’epicentro di questa lotta, sostiene, saranno gli Stati Uniti.
“Se non succede niente negli Stati Uniti, se nulla sarà creato per sfidare gli eccessi del sistema e dell’impero, la situazione sarà pessima per tutti noi. Se non succede niente negli Stati Uniti, siamo tutti condannati”.