Trouthout, 11 settembre 2014 (trad. ossin)


John Perkins spiega che la Grecia è stata vittima degli assassini finanziari


Parla un assassino finanziario

 

Michael Nevradakis

 


Questo articolo, del settembre 2014, è stato ripubblicato il 2 luglio da ZeroHedge, poi ripreso da Le Saker. Mantiene intatta tutta la sua attualità, anche all’indomani del NO al referendum greco del 5 luglio 2015, In esso John Perkins, autore di “Confessions of an Economic Hit Man” (Confessioni di un assassino finanziario), spiega come la Grecia ed altri paesi dell’Eurozona siano diventati le nuove vittime degli assassini finanziari

 


John Perkins  è un habitué delle confessioni. Il suo famoso libro, “Confessions of an Economic Hit Man”, ha rivelato come le organizzazioni internazionali, quali ad esempio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, pur pretendendo pubblicamente di salvare i paesi e le economie in sofferenza, in realtà illudono soltanto i loro governi, adescandoli con la promessa di una crescita sorprendente, di superbe infrastrutture ed un futuro di prosperità economica – se soltanto accettino di prendere a prestito somme enormi da queste organizzazioni. Poi, invece di ottenere una crescita economica galoppante e il successo, questi paesi al contrario affondano sotto il peso di un debito schiacciante e insostenibile.

 

E’ a questo punto che entrano in scena gli assassini finanziari: uomini apparentemente ordinari, che vivono una vita ordinaria, si recano in questi paesi ed impongono le severe politiche di austerità prescritte dal FMI e dalla Banca Mondiale, come soluzione alle difficoltà economiche nelle quali si trovano. Gli uomini come Perkins sono addestrati a spremere ogni residua goccia di ricchezza e di risorse da queste economie malate, e continuano tuttora a farlo. In questa intervista, trasmessa da Dialogos Radio, Perkins spiega come la Grecia e l’Eurozona siano diventate le nuove vittime di questi assassini economici.

 

Michael Nevradakis: Nel suo libro, racconta come lei sia stato per molti anni quel che si definisce un assassino finanziario. Chi sono questi killer economici e cosa fanno?

 

John Perkins: in sostanza il mio lavoro consisteva nell’individuare i paesi possessori di risorse che interessano le nostre multinazionali - cose come il petrolio o un mercato promettente o i sistemi di trasporto, possono essere tante cose – Una volta identificati questi paesi, organizziamo per essi dei prestiti enormi, ma il denaro non arriverà mai davvero nelle loro mani; esso andrà piuttosto alle nostre multinazionali per realizzare in questi paesi delle infrastrutture, cose come delle centrali elettriche e delle autostrade che porteranno benefici ad una piccola élite di gente ricca, oltre che alle nostre imprese, Non alla maggioranza della gente che non si può permettere di accedere a questi servizi, e tuttavia saranno proprio loro che dovranno piegarsi sotto il giogo di un debito enorme, molto simile a quello della Grecia attuale, un debito fenomenale.

 

E quando sono finalmente stretti da questo debito, ecco che noi ritorniamo, questa volta con la faccia del FMI – e nel caso della Grecia di oggi, sono il FMI e l’Unione Europea – e imponiamo condizioni straordinarie: aumentare le imposte, ridurre le spese, vendere i servizi pubblici alle imprese private – cose come le compagnie di elettricità e i sistemi di distribuzione dell’acqua, i trasporti – privatizzarli e diventare alla fine uno schiavo che lavora per noi, per le società, per il FMI, nel vostro caso per l’Unione Europea. Fondamentalmente, organismi come la Banca Mondiale, il FMI, l’UE sono gli strumenti delle grandi società multinazionali, quello che io definisco la Corporatocrazia.

 

M.N. – Prima di esaminare il caso specifico della Grecia, parliamo un po’ di come operano questi killer economici e questi organismi, come il FMI. Lei ha spiegato già come riescano ad entrare in questi paesi e lavorino per farli indebitare enormemente con dei soldi che entrano e poi subito se ne vanno. Lei ha anche ricordato nel suoi libro le prospettive di crescita ottimistiche, che vengono vendute agi uomini politici di questi paesi, ma che non hanno alcun rapporto vero con la realtà.

 

J.P.: Esattamente. Gli assassini dicono loro che, se si fanno investimenti in settori come il sistema di energia elettrica per esempio, l’economia registrerebbe una crescita di proporzioni fenomenali. Il nocciolo della questione però è che, quando si investe in queste grandi infrastrutture, la crescita economica che ne consegue riflette solo la maggiore ricchezza che va ai più ricchi; non riflette la situazione della maggioranza del popolo, e lo vediamo negli Stati Uniti oggi.

 

Per esempio, dove si registra una crescita economica, la crescita del PIL, la disoccupazione può allo stesso tempo aumentare o restare stabile. Le cifre della crescita tendono a riflettere la situazione dei più ricchi, in quanto essi posseggono una enorme percentuale dell’economia, statisticamente parlando. Ciononostante noi dovevamo dimostrare che gli investimenti nelle infrastrutture avrebbero determinato uno sviluppo dell’economia e volevamo anche provare che questa crescita sarebbe stata molto più rapida del previsto, e tutto ciò serviva solo a giustificare questi prestiti spaventosi e incredibilmente penalizzanti.

 

M.N.: Vi sono dei punti in comune tra i paesi che vengono generalmente presi di mira? Sono ricchi di risorse, per esempio, o hanno una qualche altra importanza strategica?

 

J. P. : Sì, tutti. Le risorse possono essere di vario tipo; possono essere materiali, come i minerali e il petrolio; ma può essere anche una posizione geografica strategica o il fatto che si tratti di un grande mercato, o ancora un costo del lavoro basso. Ogni paese ha obbligazioni di tipo diverso. Io penso che quello cui assistiamo oggi in Europa non sia diverso, ivi compresa la situazione della Grecia.

 

M.N.: Che succede una volta che i paesi presi di mira si sono indebitati? In che modo queste grandi potenze, questi assassini economici, questi organismi internazionali tornano e riescono ad ottenere quanto spetta loro da paesi che si sono così fortemente indebitati?

 

J.P.: Insistendo perché questi paesi adottino politiche che prevedano la vendita delle  loro imprese statali di servizi alle grandi società. L’acqua e i sistemi di depurazione, forse il servizio scolastico, i trasporti, perfino le prigioni. Privatizzare, privatizzare. Consentiteci di costruire delle basi militari sul vostro territorio. Molte cose possono essere fatte, ma alla base, essi diventano servi di quello che io chiamo la Corporatocrazia. Bisogna ricordare che oggi esiste un Impero mondiale, e non è un Impero statunitense. Non è un Impero nazionale. Non persegue gli interessi del popolo statunitense. E’ un Impero industriale e sono le grandi imprese che governano. Esse controllano la politica degli Stati Uniti e, in larga misura, esse controllano una gran parte delle politiche di paesi come la Cina, dovunque nel mondo.

 

M.N.: John, prendiamo adesso in esame il caso specifico della Grecia; lei ha detto di ritenere che questo paese sia diventato la vittima degli assassini economici e di queste organizzazioni internazionali… Quale è stata la sua reazione quando ha inteso parlare per la prima volta della crisi in Grecia e delle misure da adottare?

 

J.P.: Seguo la situazione greca da molto tempo. Sono stato alla televisione greca. Una società di produzione greca ha realizzato un documentario intitolato: Apology of an Economic Hit Man (Apologia di un killer economico) e ho anche trascorso molto tempo in Irlanda e in Islanda, Venni invitato in Islanda per partecipare alla campagna referendaria contro il pagamento del debito. Io l’ho fatto e ho invitato la gente a fare così e il risultato è che l’Islanda si trova in una condizione economica piuttosto buona, paragonata al resto d’Europa. Anche in Irlanda ho fatto questo, ma gli Irlandesi hanno votato contro al referendum, nonostante risultasse che il debito fosse conseguenza anche di una grande corruzione.

 

Nel caso della Grecia, la mia reazione è stata: “Ora tocca alla Grecia”. Non vi sono dubbi in proposito. Certamente la Grecia ha commesso degli errori, i vostri governanti hanno commesso degli errori, ma non è stato il popolo a commetterli, eppure adesso si chiede al popolo di pagare per gli errori dei governanti, spesso in combutta con le grandi banche. Dunque qualcuno guadagna moltissimi soldi da questi pretesi errori, e adesso si chiede al popolo che non ne ha ricavato alcun vantaggio di pagarne lui il prezzo. E’ una costante in tutto il mondo: l’abbiamo visto in America Latina. L’abbiamo visto in Asia. L’abbiamo visto in moltissimo posti nel mondo.

 

M.N.: Questo ci porta direttamente alla domanda successiva; secondo quanto ho potuto osservare, almeno in Grecia, la crisi si accompagna ad una crescita di autocritica e di sfiducia in se stessi; molti in Grecia provano questo sentimento, che il paese è fallito, che la gente ha fallito… Non vi sono quasi più proteste in Grecia e con evidenza assistiamo ad una grande fuga di cervelli – moltissimi lasciano il paese. Ciò le sembra familiare quando lo si paragoni ad altri paese dei quali ha avuto una esperienza personale?

 

J.P.: Certamente, questo fa parte del gioco: convincere la gente che ha torto, che sono inferiori. La corporatocrazia sa fare questo molto bene, per esempio durante la guerra del Vietnam, per convincere che i Nord-Vietnamiti erano cattivi; oggi sono i mussulmani. E’ una politica di antagonismi: noi siamo i buoni. Noi abbiamo ragione. Tutto quello che noi facciamo è giusto. Voi avete torto. E in questo caso tutta questa energia è stata diretta contro il popolo greco per dire: “Voi siete pigri, voi non avete fatto quello che era giusto, voi non avete fatto le buone politiche”, mentre in realtà è contro la comunità finanziaria che ha incoraggiato la Grecia a prendere questa strada, che bisognerebbe rivolgere una montagna di accuse. E vorrei dire che qualcosa di molto simile accade negli Stati Uniti, dove la gente è indotta a credere di essere stupida perché la loro case sono state espropriate, viene convinta che hanno comprato delle case non buone, che hanno speso oltre le loro possibilità.

 

Il fatto è che sono stati i loro banchieri a consigliarli, e in tutto il mondo noi ci siamo fidati troppo dei banchieri. Negli Stati Uniti non abbiamo mai creduto che un banchiere ci avrebbe consigliato di comprare una casa di 300.000 dollari. Pensavamo che fosse interesse della banca di non espropriarla. Ma la situazione è cambiata da qualche anno e i banchieri hanno suggerito alla gente che sapeva di potersi permettere una casa di non più di 300.00 dollari, di comprarne una di 500.000 dollari.

 

“Stringete la cinghia, tra qualche anno questa casa varrà più di un milione di dollari e guadagnerete un mucchio di soldi”… Di fatto i valori immobiliari sono calati e il mercato è crollato, le banche hanno espropriato queste case, le hanno trasformate e rivendute. Doppio colpo duro. Hanno detto alla gente: “Siete stati stupidi, siete stati avidi, perché avete comprati una casa così cara?”. Ma in realtà sono stati i banchieri a dire loro di farlo, e noi siamo stati educati a credere di poterci fidare dei banchieri. Qualche cosa di assai simile su larga scala è successo in molti paesi nel mondo, compresa la Grecia.

 

M.N.: In Grecia i grandi partiti tradizionali sono in grande maggioranza a favore delle dure misure di austerità che sono state imposte, ma notiamo che esse sono sostenute anche dai grandi interessi economici e dai media. Questo la sorprende almeno un po’?

 

J.P.: No, non mi sorprende affatto, anche se la cosa appare ridicola, visto che l’austerità non funziona. L’abbiamo sperimentata ancora e ancora, e forse la prova maggiore è il contrario, negli Stati Uniti durante la Grande depressione, quando il presidente Roosevelt ha avviato una serie di politiche per mettere la gente al lavoro, per iniettare danaro nell’economia. E’ questo che funziona. Noi sappiamo che l’austerità non va bene in questa situazione.

 

Dobbiamo anche capire che, per esempio negli Stati Uniti, nel corso degli ultimi 40 anni, il potere d’acquisto reale della classe media è calato, mentre aumentava la crescita economica. Ed è quanto accaduto in tutto il mondo. Su scala mondiale, la classe media è in declino. Le grandi imprese devono riconoscere - non lo hanno ancora fatto, ma dovranno farlo – che questo non va bene per nessuno a lungo termine, perché la classe media è il mercato. E se la classe media continua a declinare, che sia in Grecia o negli Stati Unii, o in tutto il mondo, sono le imprese che ne pagheranno il prezzo alla fine; non avranno più consumatori. Henry Ford ha detto un giorno: “Voglio pagare tutti i miei operai in modo sufficiente a consentire loro di uscire e di comprare un’auto Ford”. E’ un’ottima politica. E’ saggio. Questi programmi di austerità vanno in direzione contraria e sono una politica stupida.

 

M.N.: Nel suo libro, scritto nel 2004, lei ha espresso la speranza che l’euro sarebbe servito da contrappeso all’egemonia statunitense mondiale, all’egemonia del dollaro USA. Si sarebbe mai aspettato di vedere nell’Unione Europea quello che vediamo oggi, con l’austerità che non colpisce solo la Grecia, ma anche la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda l’Italia e diversi altri paesi?

 

J.P.: Quello che non avevo capito è fino a qual punto la Corporatocrazia non vuole una Europa unita. Dobbiamo rendercene conto. Possono essere abbastanza soddisfatti dell’euro, soddisfatti fino a un certo punto che sia una moneta unica – in quanto questo fatto apre i mercati – ma non vogliono regole o regolamentazione standardizzate. Diciamolo, le grandi società, la corporatocrazia traggono vantaggi dal fatto che alcuni paesi in Europa abbiano leggi fiscali molto più clementi, alcuni hanno una legislazione ambientale e del lavoro molto più indulgente, ed è possibile metterli gli uni contro gli altri.

 

Cosa succederebbe alle grandi società se non disponessero più dei loro paradisi fiscali in luoghi come Malta o altri? Io penso che la corporatocrazia ha prima apprezzato un euro solido, una Unione Europea che sembrava un’ottima cosa; ma quando le cose sono andate avanti, si è resa conto che quello che sarebbe venuto sarebbero state le leggi sociali e sull’ambiente e delle regolamentazioni standardizzate. E non volevano. Quanto accaduto in Europa, in una certa misura, è dovuto al fatto che la corporatocrazia vuole che l’Europa fallisca, almeno a un certo livello.

 

M.N.: Lei ha scritto dei casi dell’Equador e di altri paesi che, dopo la caduta del prezzo del petrolio alla fine degli anni 1980, si sono trovati ad avere un debito enorme, ciò che ha ovviamente comportato misure di austerità massicce… Tutto ciò sembra molto simile a quello che accade oggi in Grecia. Coma hanno resistito il popolo dell’Equador e di altri paesi che si sono trovati in situazioni simili?

 

J.P.: L’Equador ha eletto un presidente piuttosto prestigioso, Rafel Correa, che ha preso un dottorato in economia in una università statunitense. Comprende il sistema e ha capito che l’Equador aveva accettato di rimborsare il debito quando io ero un assassino economico e il paese era governato da una giunta militare controllata dalla CIA e dagli Stati Uniti. Ha capito che, riconoscendo questo debito immenso, la giunta aveva indebitato terribilmente il paese. Quando Rafael Correa è stato democraticamente eletto, ha detto subito: “Non pagheremo questi debiti, che il popolo non ha approvato; forse dovrà pagarli il FMI, o forse la giunta, che era ovviamente sparita da tempo – in fuga verso Miami o altre località – forse John Perkins e gli altri killer finanziari dovranno pagare loro questi debiti, ma non sarà il popolo a doverli pagare”.

 

E poi li ha rinegoziati e ridotti, dicendo: “Potremmo pagarne alcuni”. E’ stato un gesto molto intelligente. Si collegava a diverse esperienze già fatte in diversi momenti e in luoghi differenti, come il Brasile e l’Argentina e, più di recente, seguendo il modello islandese con molto successo. Occorre dire che Correa ha conosciuto anche qualche insuccesso da allora… Lui, come tanti altri presidenti, deve essere consapevole che, quando ci si oppone duramente al sistema, se gli assassini economici non sono contenti, se non raggiungono i loro fini, allora arriveranno gli sciacalli e ti uccideranno o ti rovesceranno con un colpo di Stato. C’è stato un tentativo di colpo di Stato contro di lui: c’è stato un colpo di Stato riuscito in un paese non troppo lontano dal suo, l’Honduras, perché questi due presidenti si sono levati contro il sistema.

 

Noi dobbiamo renderci conto che questi presidenti si trovano in una posizione molto molto vulnerabile; e alla fine noi, gente comune, dobbiamo sostenerli, perché i leader non possono fare tutto loro. Attualmente in molti luoghi i leader non sono solo vulnerabili; non è più necessario ricorrere ad un colpo d’arma da fuoco per liberarsi di un leader. Uno scandalo – uno scandalo sessuale, uno scandalo di droga – può essere sufficiente. Abbiamo visto che cosa è successo a Bill Clinton, a Strauss-Kahn al FMI; lo abbiamo visto tante volte. Questi leader sono assolutamente consapevoli del fatto di trovarsi in una posizione molto vulnerabile: se si oppongono o lavorano con troppa fermezza contro lo status quo, saranno eliminati, in un modo o in un altro. Essi ne sono coscienti e spetta al popolo di mobilitarsi per il rispetto dei propri diritti.

 

M.N.: Lei ha citato l’esempio dell’Islanda… A parte il referendum che si è svolto, quali altre misure il paese ha adottato per uscire da questa spirale dell’austerità e per tornare alla crescita e ad una prospettiva molto più positiva per il paese?

 

J.P.: L’Islanda ha investito in programmi per creare posti di lavoro e ha anche promosso azioni giudiziarie contro qualcuno di quei banchieri che sono all’origine dei problemi. Tutto questo ha molto migliorato la situazione della gente, moralmente parlando. Dunque l’Islanda ha varato alcuni programmi che dicono: “No, noi non accetteremo l’austerità, non rimborseremo questi prestiti; investiremo piuttosto in programmi che creeranno posti di lavoro” e, alla fine dei conti, è questo che stimola l’economia, la gente che lavora. Se si ha un tasso di disoccupazione elevato, come la Grecia oggi, un tasso estremamente elevato, il paese sarà sempre in difficoltà. Occorre dunque ridurre la disoccupazione, bisogna dare lavoro alla gente. E’ importantissimo che la gente possa di nuovo lavorare.  Il vostro tasso di disoccupazione raggiunge oggi il 28%; è inaccettabile e il reddito disponibile è calato del 40%, e continuerà a calare se continuerete ad avere un tasso di disoccupazione tanto elevato. Dunque la cosa importante per l’economia è di far crescere il tasso di impiego e, di conseguenza, ottenere una capacità di spesa che incoraggerà gli investimenti nel vostro paese e in beni e servizi.

 

M.N.: Per concludere, quale messaggio vuole indirizzare al popolo greco, che continua a sperimentare e a vivere le terribili conseguenze di politiche di austerità applicate nel paese negli ultimi tre anni?

 

J.P.: Io farò riferimento alla storia della Grecia. Voi siete un paese fiero, forte, un paese di guerrieri. Il mito del guerriero viene in qualche modo dalla Grecia, proprio come la democrazia! E rendersi conto che la democrazia oggi è il mercato e come spendiamo i nostri soldi e che si esercita questo diritto votando. La maggior parte delle democrazie politiche sono corrotte, compresa quella degli Stati Uniti. La democrazia  non funziona veramente su base governativa, perché sono le società a dirigere le danze. Ma funziona nel mercato. Voglio incoraggiare il popolo greco a levarsi: non pagate questi debiti, organizzate i vostri referendum, rifiutate di pagarli, scendete in piazza e fate sciopero.


E dunque vorrei incoraggiare il popolo greco a fare queste cose. Non accettate le critiche che vi indicano come responsabili di questa situazione, che vi colpevolizzano, che dicono che ve la siete meritata questa austerità, austerità austerità. L’austerità funziona solo per i ricchi; non funziona per la gente comune della classe media. Dovete ricostruire questa classe media; ricostruire il lavoro; restituire un reddito disponibile per il cittadino medio. Lottate per questo, fate che succeda; difendete i vostri diritti; onorate la vostra storia di combattenti e di leader della democrazia, e mostratelo al mondo!  

 

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