Condanna record per diffamazione
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Tel Quel, 20-26 dicembre 2008
Inchiesta – Il fenomeno Niny
di Youssef Ziraoui e Mehdi Sekkouri Alaoui
Pieno di talento, populista, eccessivo e perseguitato dalla Giustizia, il direttore del quotidiano più diffuso del Marocco non può lasciare inddiferenti. Chi è Rachid Niny e quale il segreto della sua popolarità?
Sei milioni di dhirams (quasi 600.00 euro, ndt)! Condannando Rachid Niny, direttore del quotidiano Al Massae, ad una tale somma per risarcimento danni e interessi (il doppio del record precedente, detenuto da Aboubakr Jamai del Journal), la Giustizia ha colpito forte, molto forte. Certo con 116.000 copie vendute al giorno, Al Massae è di gran lunga il primo quotidiano del Regno. Ma comunque… Appena la sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello, si è formato spontaneamente un movimento di solidarietà. Il 12 novembre si contavano a centinaia i manifestanti venuti a difendere Niny e il suo giornale, davanti alle porte del teatro Mohammed V di Rabat, dove si celebrava la Giornata nazionale della stampa. Pur ricordando che “ricorrere alla giustizia costituisce un diritto inalienabile per tutti coloro che si considerano diffamati”, il Sindacato nazionale della stampa e la federazione degli editori, insieme a Reporters sans frontières ed una folla di ONG internazionali, si sono subito impegnate a fondo per denunciare l’enormità finanziaria della sanzione. Senza troppo soffermarsi tuttavia sul merito della condanna, generalmente considerata come giusta dai professionisti dei media.
La goccia e il vaso
La vicenda risale a novembre 2007. Al Massae, che festeggiava allora il suo secondo anniversario, pubblicò un articolo di prima pagina a proposito di una festa privata organizzata a Ksar El Kébir (cerca nell’indice di ossin), che presentava come un “matrimonio gay”. L’informazione, sebbene falsa, fece l’effetto di una bomba. Strumentalizzata dagli islamisti locali, una folla si ammassò ben presto nel centro di quella cittadina del Nord per denunciare “l’attentato ai valori islamici”. Rapidamente la situazione degenerò: scontri, saccheggi… I presunti partecipanti alla festa scamparono per un pelo al pubblico linciaggio. Nella polemica nazionale che ne seguì, e che vide i conservatori contrapposti ai difensori delle libertà individuali (tra cui Tel Quel), furono pochi quelli che si accorsero di un dettaglio: tra gli invitati alla festa, l’articolo di Al Massae citava (a torto) “uno dei procuratori della città” – senza tuttavia indicarlo per nome – definendolo un “deviato sessuale”. Accortosi della gaffe, lo stato maggiore di Al Massae decise qualche giorno dopo di chiedere scusa in prima pagina. Troppo tardi: i quattro sostituti della Procura di Ksar El Kébir hanno fatto causa a Al Massae e Niny, in qualità di direttore. La sentenza di condanna, che sembra fondata, non sconvolge nessuno.
Quello che stupisce è l’ammontare dei danni risarciti e degli interessi: 1,5 milioni di dhirams per sostituto, in totale 6 milioni! L’opinione generale è che si tratti di una cifra sproporzionata e che costituisca un precedente tale da minacciare, non solo Al Massae, ma l’insieme della stampa marocchina. Qualche giorno dopo la conferma della sentenza in appello, a fine ottobre scorso, un ufficiale giudiziario ha bloccato il conto personale di Rachid Niny e quello di Massae Media, la società editrice del quotidiano. Immediata la reazione di: “La Giustizia è diventata uno strumento di censura contro la stampa indipendente. Chiunque citasse in giudizio il nostro giornale oggi sarebbe certo di guadagnarci”.
Tempi duri per Niny, che chiude un anno nero. E la sfortuna vuole che, nel frattempo, sia stato anche vittima di un’aggressione all’arma bianca davanti alla stazione ferroviaria di Rabat. Bilancio: il viso tumefatto, una ferita al polso, il computer portatile rubato… ed un ben comprensibile accesso di paranoia, che gli fa dire, in una dichiarazione all’AFP, che vi possa essere un legame tra questo incidente e i suoi problemi giudiziari.
Rachid Niny non ha voluto rispondere alla molteplici richieste di intervista giuntegli da Tel Quel, che egli definisce “giornale nemico” a causa delle divergenti linee editoriali. E va bene. Per contro, la maggior parte dei suoi amici, collaboratori o conoscenze, hanno accettato di parlare con noi… sebbene in forma anonima. Strana atmosfera, consona tuttavia alla personalità, tanto forte quanto discussa, del direttore di Al Massae….
Il fantastico destino di un figlio del popolo
Rachid Niny è nato nel 1970 a Benslimane. Proviene da una famiglia modesta ed è stato testimone, quando era ancora bambino, di un episodio che lo ha segnato a lungo. Mentre tornava dalla scuola, vide un giorno uno strano assembramento davanti alla sua casa. Suo padre, in stato di ebbrezza avanzata, urlava a pieni polmoni e, nudo, chiamava i passanti dal tetto della casa… Anni dopo, all’apice della sua gloria, racconterà la storia in una delle sue cronache.
“Ognuno nella sua vita ha vissuto una situazione particolarmente vergognosa – commenta un amico – Rachid ha avuto il coraggio di raccontarla. Da quel giorno ha giurato a sé stesso di non bere mai una sola goccia di alcol, e di combattere l’alcolismo con tutte le sue forze”.
Preso il bac, Rachid si è iscritto alla facoltà di Lettere di Casablanca ed ha lavoricchiato, a tempo perso, per Al Alam, il quotidiano del Partito dell’Istiqlal. Dopo un master in Letteratura araba, preso nel 1997 all’Università Mohammed V di Rabat, si ritrova a 27 anni, come altri migliaia di suoi coetanei, disoccupato. Decide allora di unirsi al movimento dei diplomati disoccupati e ne diventa presto presidente della sezione di Benslimane, facendosi manganellare più di quanto gli spettasse dalla polizia. Tenta anche, da appassionato di scrittura, di lanciare un bimensile culturale chiamato Awal, ma l’esperimento ha breve durata. Mentre il giornale si trova in cattive acque, il suo direttore riesce ad ottenere un invito al Congresso mondiale amazigh, nelle isole Canarie,. Un’occasione, soprattutto, di ottenere un visto per l’Europa. E’ deciso: diventerà un harrag (immigrato clandestino).
Con meno di 4000 dhirams in tasca, Rachid finisce a Valencia, prima di cominciare a bighellonare per il sud della Spagna alla ricerca di un impiego, uno qualsiasi, che gli consenta di sopravvivere. Direzione Alicante, dove lavora alla raccolta delle arance. Per molti mesi Rachid si arrangia con lavori precari: a volte operaio di fabbrica, a volte cameriere, a volte ancora pizzaiolo ed anche… barman (ma senza mai bere un solo bicchiere, giura). “Rachid Niny in Spagna ha sgobbato molto – racconta un vecchio amico – Ha imparato che cosa significa dormire a pancia vuota e nascondersi dalla polizia”. Racconterà anche la sua vita di clandestino in un libro in arabo, “Journal d’un immigré clandestin” (ed Okad, 2002) che diventerà un piccolo best seller.
Dopo avere sgobbato per tre anni e sempre senza documenti, Rachid decide di rientrare in Marocco e cerca in tutti i modi di trovare un lavoro. Il suo CV finisce sul tavolo del Sudanese Talha Jibril, da lungo tempo capo ufficio di Acharq Al Awsat a Rabat, all’epoca redattore capo del quotidiano Al Mounaataf. Jibril racconta: “Nell’ottobre 1999 sono stato contattato da Hassan Nejmi, che era presidente dell’Unione degli scrittori del Marocco. Mi ha pregato di interessarmi al caso di un certo Niny, dicendomi che viveva in condizioni difficili in Spagna e che avrebbe desiderato rientrare nel Paese. Poco tempo dopo un responsabile di Al Alam mi ha contattato per insistere, dicendomi che Niny in Spagna era oramai alla deriva, che era disperato, che addirittura pensava di emigrare in Israele”. Idea bizzarra… Sul momento Jibril non fa nulla. Solo nel febbraio 2000, dopo essere diventato direttore di Assabah, il nuovissimo quotidiano in arabo del gruppo Eco-Media (L’Economiste), Talha si decide ad assumere Rachid Niny, che si affretta a questo punto a rimpatriare. “Ha cominciato come supervisore delle pagine culturali di Assabah. Guadagnava 7500 dhirams per il suo primo lavoro in Marocco, che per l’epoca non era male. Quando ha cominciato non sapeva nemmeno usare il computer, che chiamava bouby. Scriveva ancora i suoi articoli a mano”, continua Talha, che ricorda un “ragazzo timido”, che non prendeva mai la parola alle riunioni.
Rapidamente Niny fa carriera e si vede affidare una nuova rubrica, “Dardacha”, una specie di intervista senza riguardi per nessuno. Il suo indiscutibile talento lo pone in evidenza, fino a che Jibril non gli propone una rubrica quotidiana. Fatto che non frenerà Niny dal rompere i ponti col suo redattore capo poco tempo prima che questi si dimetta da Assabah. Per un’oscura storia di giacca e cravatta (Niny aveva rifiutato di indossare “l’uniforme” del gruppo Eco-Media che Jibril aveva tentato di imporgli), il cronista non risparmia invettive contro il suo ex mentore. “Lo stesso giorno del mio allontanamento da Assabah – racconta Jibril – Niny ha concesso interviste a tutti prendendosela con me e la mia famiglia e definendo il popolo sudanese come “morto di fame”, oltre a usare altre espressioni razziste”. Atmosfera.
Andato via Jibril, Niny lancia una nuova cronaca, sull’ultima pagina di Assabah. “Chouf t’chouf” (Va a sapere) rappresenta per lui il trionfo definitivo.Da Oujda a Laayoune, la sua cronaca seduce e fa arrabbiare. In una lingua in cui si mescolano darija (dialetto marocchino, ndt) e arabo classico, Niny spara allegramente contro tutto ciò che si muove (poliziotti, ministri, alti funzionari…) in uno stile assolutamente populista: i poveri sono per forza vittime del sistema e i ricchi ed i potenti (che spesso nomina) sono sempre dei corrotti. Lo stile di Niny trova un forte apprezzamento popolare e le vendite di Assabah passano in un anno da 16.000 a 50.000 copie al giorno. Un successo che il cronista ama attribuire a sé solo, senza considerazioni per il resto della redazione. E magari non ha torto: “Dopo solo qualche mese, di Chouf t’chouf, le sue cronache venivano fotocopiate e rivendute ad un quinto del prezzo del giornale”, racconta uno dei suoi colleghi dell’epoca.
Niny è diventata un’autentica star, tanto più che, grazie a Nostalgia, una trasmissione culturale che 2M gli affida, il suo viso diventa familiare al grande pubblico. I passanti lo avvicinano, gli autisti di taxi non gli fanno pagare la corsa, la sua casella di posta elettronica è intasata di messaggi che glia arrivano dai quattro angoli del paese…
Ogni giorno, come un Robin Hood della foresta della stampa, “riceve le lamentele del popolino” (secondo una sua espressione), che gli servono come materia per le sue cronache. Ma si accumulano anche i processi per diffamazione e il presidente di Eco-Media, Abdelmounaim Dilami, pur avendo riguardo del suo cronista-vedette, apprezza sempre meno di dover essere convocato quasi ogni mese in Tribunale per causa sua.
Cronache a palate
Fine del 2006, la misura è colma. La direzione di Eco-Media decide un giorno di censurare Chouf t’chouf a causa delle troppe convocazioni in Tribunale! Rachid Niny sbatte immediatamente la porta di Assabah… e si scaglia dovunque contro i suoi ex datori di lavoro appena messo il piede fuori. “Se Assabah esiste, è grazie a me”, dichiara senza modestia. Forte della sua popolarità, Niny viene reclutato da diversi giornali, sui quali in modo bulimico pubblica cronache simultanee quasi tutti i giorni. La sua sezione nel settimanale arabofono Al Jarida Oukhra s’intitola solo “Con Rachid Niny”. Il suo nome è diventato un logo, un prodotto di richiamo. Non stupisce che gli venga in mente di aprire un quotidiano la cui punta di diamante sia, fin dal primo giorno, una nuova versione di Chouf t’chouf. Matura il suo progetto con Taoufik Bouachrine, redattore capo di Al Jarida Al Oukhra, che si dimetterà poco dopo l’acquisto del settimanale da parte del gruppo Tel Quel (che lo trasformerà in magazine col nuovo nome di Nichane). Il progetto è pronto, non mancano che i fondi…
Il boom Al Massae
Nel 2005, mentre è invitato al Festival del cinema di Tangeri come componente della giuria, Rachid Niny ha un incontro che segnerà una svolta nella sua vita: Mohamed Asli. Il cineasta marocchino che ha fatto in Italia tutta la sua carriera, si fa notare quando si scaglia ad alta voce contro Marock, il film di Leila Marrakchi che racconta gli amori casablanchesi di una mussulmana e di un ebreo. Asli grida al “complotto sionista”, cosa che piace a Niny. I due uomini simpatizzano immediatamente e non si lasceranno più. Asli, che dispone di un patrimonio considerevole (in Italia è stato tecnico del cinema), accetta di finanziare il progetto di Niny e Bouachrine. Con il primo come direttore ed il secondo come redattore capo, il nuovo quotidiano viene battezzato Al Massae (La sera), un’evidente presa in giro fatta da Niny al suo ex giornale Assabah (il mattino).
“L’idea era quella di creare un giornale indipendente, che non facesse propaganda né allo Stato né ai partiti politici – spiega Bouachrine – Volevamo trasferire in Al Massae una formula che funziona, quella dei settimanali indipendenti. All’inizio avevamo appena qualche computer ed eravamo sistemati in un modesto locale di 120 metri quadri. Rachid ed io dividevamo la stessa stanza”.
Non è durato a lungo così. Privato del suo Robin Hood (Niny non ha più scritto per tutto il tempo in cui ha progettato il nuovo giornale), il pubblico si è avventato su Chouf t’chouf come un sol uomo (Niny ha riprodotto la sua cronaca di Assabah, mantenendo il medesimo titolo). “Le mie cronache sono lette dai fattorini, i meccanici, i poliziotti, i religiosi, i lustrascarpe, come dai ministri, gli alti funzionari e gli abitanti dei quartieri chic”, ha dichiarato recentemente in una intervista. Ed il successo di Al Massae in effetti è folgorante: fin dai primi giorni, il quotidiano vende 45.000 copie al giorno. “Abbiamo raggiunto gli obiettivi di rendimento già dal primo mese. Io stesso non ci credevo”, commenta Bouachrine.
Rapidamente viene ampliata la redazione, con diversi corrispondenti dal Marocco e dall’estero. Dopo appena un anno, Al Massae ha superato tutti i quotidiani nazionali e troneggia oramai comodamente alla testa del mercato. Il secondo anno le vendite raggiungono l’apice. Alcuni numeri, come quello dedicato alla morte di Driss Basri, superano le 200.000 copie. Ma adesso non dipende solo dal fattore Chouf t’chouf. La redazione diretta da Taoufik Bouachrine è audace, e moltiplica gli scoop prima di tutti gli altri. Al Massae è così il primo giornale ad annunciare la seconda gravidanza della principessa Lalla Salma. Allo stesso modo, prima ancora di noi, Al Massae è stato il primo a rivelare l’identità del fidanzato della principessa Lalla Soukaina.Ma sono solo scoop e, sempre più spesso, servizi nello stile populista proprio di Rachid Niny. Così come nel caso del falso “matrimonio gay” di Ksar El Kébir, o dei festival musicali presentati come dei lupanari luciferini.
“Siamo come una squadra di calcio, tutti sono necessari, anche se si dispone di un giocatore-star”, di dice Bouachrine. Star, Niny lo è sempre di più nei suoi atteggiamenti, nei suoi comportamenti quotidiani. Sempre col berretto in testa, occhiali da sole di giorno come di notte, il difensore del popolino, che abita a Rabat, arriva ogni mattina verso le 10 alla stazione di Casa-Port, sale sulla sua 4x4 nera scintillante e si fa condurre dall’autista alla redazione di Al Massae, che si trova… qualche centinaia di metri più avanti. Quasi tutti i giorni un pugno di fans lo attende davanti al suo ufficio. Donne coi bambini sulle spalle, persone anziane, handicappati… Si racconta anche che per un certo tempo un barbuto leggermente squinternato spiava ogni giorno l’arrivo del suo eroe, mormorando a chi voleva ascoltarlo: “Rachid Niny è in pericolo di vita, sono qui per garantire la sua sicurezza…”
Il metodo Niny
Quasi del tutto separato dalla redazione, Niny si rinchiude ogni giorno nel suo ufficio e lavora senza pausa, senza concedersi quasi mai una vacanza. “Per riempire le sue colonne, chiama al telefono questo o quel giornalista che ha assistito a questo o quell’avvenimento, e gli domanda le informazioni necessarie per la sua cronaca del giorno dopo. Ma non lo si vede che al suo arrivo e quando se ne va”, spiega uno dei suoi collaboratori. Sua unica preoccupazione: le due ultime pagine di Al Massae, sua cassaforte personale. Sulla penultima, commenta (ferocemente) estratti di articoli comparsi sulla stampa, e scrive i testi di un fumetto e di un fotomontaggio di personaggi che mette in situazione. Senza, naturalmente, risparmiare nessuno, a torto o a ragione. E’ naturale che un cronista abbia dei nemici, ma sembra che anche in questo campo Rachid Niny abbia battuto tutti i record. “Molte fonti non vogliono parlare con noi – ci spiega un giornalista di Al Massae – perché Rachid li trascina nel fango delle sue cronache”. Fino al punto che ultimamente la redazione di Taoufik Bouachrine ha deciso di lanciare una rubrica con – dice lo stesso giornalista – uno scopo ben preciso: “Valorizzare delle persone che si sono fatti insultare da Niny”. Strano metodo…
“Mentre i suoi primi fogliettoni erano piuttosto scherzosi, Niny ha rapidamente cambiato stile, trasformandosi in difensore delle virtù e della morale religiosa”, ci dice uno dei suoi stretti collaboratoti, che precisa: “Fin dagli esordi si sentiva che era piuttosto omofobo e piuttosto maschilista. Ma questo non infastidiva nessuno, anche quando dichiarava che le femministe sono tutte delle vecchie brutte e acide. Tutti ridevano. Se lo dicesse oggi ci si allarmerebbe”. Il fatto è che nel frattempo Rachid Niny è molto cresciuto in popolarità. Da cronista umorista, è diventato il simbolo di una folla di ammiratori che analizzano i suoi articoli ogni mattina sulle terrazze dei caffé, una specie di “profeta dei valori conservatori” che si preoccupa sempre meno di far ridere, e sempre di più di chiedere la “punizione” di tutte quelle e quelli che vivono in modo che a lui sembra incompatibile con la sua personale visione dei buoni costumi: omosessuali, musicisti, scrittori, femministe, laici… e anche i politici, beninteso, a ciascuno dei quali dà quello che si merita… con una sola eccezione: il re, che Rachid Niny si guarda bene da punzecchiare nelle sue cronache. Ma a parte Mohammed VI, la vendetta del “Robin Hood della stampa” non risparmia veramente nessuno. “Rachid Niny ha occupato uno spazio importante: “I lettori marocchini sono dei voyeurs – riflette Said Essoulami, dirigente di una ONG di difesa della libertà di stampa – ha loro piace intrufolarsi nella vita privata della gente, nei loro problemi… E Rachid spesso usa i fatti privati per colpire qualcuno”.
Alimenta le voci”… Essoulami sa di cosa perla. “Quando io ho criticato il modo in cui i media hanno trattato l’affaire di Ksar El Kébir, Rachid si è domandato con pesante ironia perché mai io tenessi tanto a difendere gli omosessuali, e ha anche detto che avrei dovuto essere punti per questo”. Idem quando un avvocato di Rabat si è offerto di difendere gli accusati di Ksar El Kébir. Qualche giorno più tardi, Niny infilava in una cronaca che il figlio di questo avvocato aveva provocato qualche anno prima un incidente mortale… Pur condannando i metodi del suo direttore, Essoulami riconosce volentieri la professionalità della redazione di Al Massae. Ma ammette che la maggior parte dei lettori lo comprano per l’ultima pagina…
Un’ultima pagina che costa cara al quotidiano. Perché anche se non è stato a causa di una cronaca del direttore che Al Massae è stata condannata a pagare 6 milioni di dhirams, “è legittimo domandarsi se le contese giudiziarie del quotidiano non siano una reazione contro le ripetute sbandate di Niny”, nota un osservatore informato che pure non si fa molte illusioni sull’indipendenza della giustizia marocchina (e non sarà Tel Quel a dire il contrario). Adesso Al Massae ha ricorso in Cassazione, ma i suoi dirigenti manifestano pessimismo. La giustizia, che ha congelato il conto bancario personale di Rachid Niny oltre a quello di Al Massae Média, cercherà di cancellare il quotidiano arabofono. Il che, di rimbalzo, provoca un effetto inatteso: negli ambienti della professione, anche i più feroci avversari delle idee di Niny (come Tel Quel) lo difendono oggi ostinatamente contro l’arbitrio della giustizia. Per solidarietà corporativa, e soprattutto per fede nella libertà di espressione. Anche se questa non produce sempre il meglio…