Morte di Al-Baghdadi: l’operazione Kalya Mueller
Alain Rodier
 
Le forze statunitensi hanno lanciato, nella notte tra il 26 e il 27 ottobre, un’operazione elitrasportata con l’obiettivo di neutralizzare Abou Bakr Al-Baghdadi, il «califfo» dello «Stato Islamico» oggi defunto. L’operazione è stata battezzata Kalya Mueller, in omaggio ad un’attivista umanitaria rapita in Siria nel 2013 e poi assegnata come schiava sessuale a quel sinistro individuo. Pare sia morta nel 2015 durante un bombardamento statunitense, almeno questa è la versione fornita da Daesh e non c’è ragione di credervi
 
Quel che resta del luogo dove si rifugiava al-Baghdadi, dopo l'intervento delle forze USA
 
Nella notte dal 26 al 27 ottobre, otto elicotteri CH-47 Chinook del 160° Special Operations Aviation Regiment, con a bordo uomini del 1° Special Forces Operationnal Detachment-Delta e del 75° reggimento dei Ranger, scortati da elicotteri di attacco AH-64 Apache, sarebbero decollati, non dall’Iraq come si era detto in un primo tempo, ma da una base situata nel nord-est siriano, controllata dalle Forze Democratiche Siriane (FDS). Hanno poi seguito un tragitto a bassa altitudine lungo la frontiera turco-siriana, una parte della quale è controllata dai Russi e dalle forze governative siriane. I voli di andata e ritorno hanno avuto una durata di circa 70 minuti. Si è trattato di fasi particolarmente rischiose perché qualche apparecchio avrebbe potuto essere abbattuto da tiri inopportuni. E’ per evitare questo che i Curdi di Siria, i Russi, i Turchi e le forze governative siriane sarebbero stati informati di questi sorvoli, pur senza rivelare loro l’obiettivo finale. Secondo il presidente Trump, sono stati sparati dei tiri di armi leggere contro gli elicotteri, specialmente nella fase finale di avvicinamento – ma verosimilmente da elementi isolati, cui avrebbero immediatamente risposto gli elicotteri di scorta AH-64, oltre che caccia-bombardieri e droni accorsi in soccorso.
 
Baghdadi si nascondeva nella regione di Idlib, in un complesso appartenente ad Abou Abou Al-Bara’a Al-Halabi, un membro del movimento Huras al-Din (affiliato ad Al Qaeda), nel villaggio di Baricha, a pochi chilometri dalla frontiera turca.  L’operazione avrebbe impegnato un centinaio di commando, compresi cani ammaestrati e interpreti. Si sarebbe concretata in un assalto, mentre i Ranger controllavano la zona per evitare un contrattacco dall’esterno. Due gruppi di una decina di commando Delta hanno creato delle brecce nel muro di cinta, onde evitare l’entrata principale che era presumibilmente ben difesa, probabilmente da IED. Hanno simultaneamente neutralizzato due miliziani. Dopo aver chiesto con altoparlanti agli abitanti del complesso di arrendersi (in questo modo 11 bambini sono stati messi in salvo), hanno poi avviato le ricerche. L’azione è cominciata alle 5,01 ed è terminata alle 7,15 quando i commando hanno annunciato «Jackpot»: la morte dell’emiro di Daesh. La durata relativamente lunga dell’operazione si spiega col fatto che si sono dovuti esplorare numerosi nascondigli sotterranei. Assicurando nel contempo la massima sicurezza per gli assalitori. In uno di questi sarebbe stato accerchiato Al-Baghdadi, insieme a due bambini, dopo essere stato individuato dai cani. Tra i quali vi era anche «Conan», cui è stato riservato l’onore di un comunicato presidenziale giacché è rimasto ferito nel corso dell’operazione (l’unico tra gli Statunitensi). Baghdadi, sentendosi perso, ha azionato la cintura esplosiva facendo crollare una parte del tunnel su di lui e i bambini che lo accompagnavano; tutti e tre sono rimasti uccisi dall’esplosione. Gli Statunitensi hanno comunque recuperato le sue spoglie (almeno una parte) e messo a confronto il DNA con quello che era stato recuperato dalla biancheria intima precedentemente recuperata! Secondo Mustafa Bali, il portavoce delle FDS, sarebbero stati i servizi di informazione curda che la avrebbero in precedenza recuperata – insieme ad un campione di sangue – tramite una fonte locale. Il generale Kenneth F. McKenzie, capo dell’US CENTCOM, ha sottolineato che le FDS hanno effettivamente giocato un ruolo di primo piano nella raccolta di informazioni, ma ha aggiunto che il DNA di Al-Baghdadi era stato prelevato durante la sua carcerazione nel campo Bucca, in Iraq, nel 2004. Tenta forse di coprire la fonte di cui parlano le FDS, giacché tutti ricordano il caso del medico Shakil Afridi – che ha aiutato a localizzare Osama bin Laden ad Abbottabad nel 2011: egli è stato condannato a 33 anni di reclusione nel 2012 dalle autorità pakistane.
 
In totale almeno sei adulti, tra cui Al-Baghdadi, due sue mogli e il loro ospite Halabi, sarebbero rimasti uccisi. Due combattenti sarebbero stati fatti prigionieri e sarebbero stati sequestrati molti documenti.  Le due mogli morte indossavano giubbetti esplosivi ma sembra non abbiano avuto il tempo e l’occasione di azionarli. L’US Air Force è intervenuta dopo l’allontanamento dei commando per radere al suolo l’intero sito e cancellare ogni traccia dell’intervento.
 
Provenienza delle informazioni che hanno permesso la localizzazione di Al Baghdadi 
 
Sarebbero stati i Servizi iracheni a localizzarlo, anche se il generale Mazloum Abdi, comandante delle FDS ne rivendica la paternità. A tal fine, avrebbero interrogato una ex moglie di Al-Baghdadi e quella di uno dei suoi collaboratori. Sarebbero state loro a rivelare che aveva ripiegato dall’est della Siria verso Idlib. Secondo qualche fonte, vi si sarebbe installato fin da giungo 2019, quando Baghouz, la seconda città del Califfato, era caduta nelle mani delle FSD il 23 marzo! Sarebbero stati quindi attivati gli apparati di informazione tecnici, permettendo la localizzazione del telefono mobile di una delle due mogli di Al-Baghdadi. Quest’ultimo da molto tempo non usava più questo mezzo di comunicazione per motivi di sicurezza. Difficile credere che i Servizi Segreti turchi, il MIT, non fossero stati informati della sua presenza, dal momento che il leader di Daesh si trovava a cinque chilometri dalla frontiera e questa zona è continuamente sotto il controllo dei loro commando speciali. Il complesso, inoltre, nel quale Al-Baghdadi aveva trovato rifugio sembra fosse tutto salvo che discreto, almeno per i ricognitori aerei. Da notare che gli USA avevano cominciato a bombardare tutto quel che sembrava dipendere da Al Qaeda nella zona fin dalla fine di giugno. Come per miracolo, questo luogo perfettamente identificato come appartenente allo Huras al-Din, direttamente dipendente dalla nebulosa, non era stato mai preso a bersaglio.
 
I Russi, che sono presenti nelle zone di sicurezza intorno alla provincia di Idlib in cooperazione con la Turchia, hanno lasciato fare agli USA. E’ possibile che anch’essi disponessero di informazioni interessanti. Resta comunque che, checché ne dicano certi osservatori, la presenza di Al-Baghdadi in quel sito era l’ultima cosa che si potesse immaginare. Infatti Daesh aveva arrestato le sue operazioni nella parte sud della provincia diverse settimane prima. Almeno in Siria, questo movimento salafita-jihadista sembrava ancora in conflitto con le altre formazioni, da una parte lo Hayat Tahrir al-Cham (HTC) di Joulani – che controlla il 70% della provincia di Idlib -, dall’altra i gruppi dipendenti da Al Qaeda (tra cui Huras al-Din). Si attendono chiarimenti nelle prossime settimane.
 
Il ritiro statunitense dalla Siria, un’ampia operazione di disinformazione?
 
Resta ancora un mistero da chiarire. Il ritiro delle forze USA dalla Siria, annunciato alla fine del 2018 dal presidente Trump, è stata solo una vasta operazione di disinformazione destinata a rassicurare Al-Baghdadi e a farlo uscire dal suo nascondiglio? I nuovi dispiegamenti di truppe statunitensi che si sono avuti dopo la sua eliminazione nelle zone ricche di petrolio a est dell’Eufrate [1] sembra confermare questa ipotesi. Con la sua – apparente – franchezza abituale, il presidente Trump ha dichiarato: «In primo luogo il petrolio finanzia Daesh [e, sottinteso, interessa a Bachar el-Assad, quindi ne prendiamo noi il controllo] ; secondo: questo aiuterà i Curdi (…) che potranno trarre profitto da questo petrolio. E, in terzo luogo, aiuta anche noi, che anche saremo posti in grado di approfittarne». Ha anche precisato: «Quel che mi propongo di fare è di concludere un accordo con ExxonMobil o un’altra delle nostre grandi società, perché vadano ad occuparsene loro» ! Conclusione, le forze statunitensi non hanno ancora lasciato la Siria…
 
Nel corso della loro guerra contro le teste dell’Idra terrorista, gli USA hanno realizzato due importanti operazioni speciali in paesi stranieri dove la popolazione è loro globalmente ostile.
 
– L’operazione Tridente di Nettuno, del 2 maggio 2011 che ha neutralizzato Osama bin Laden ad opera di un commando di 23 Navy Seals, trasportato da due elicotteri UH-60 Blackhawk e due CH-47 Chinook. Quest’azione supervisionata dalla CIA è durata una quarantina di minuti e ha portato all’uccisione di cinque persone – tra cui bin Laden -, la liberazione di 17 prigionieri – per lo più donne e bambini – e l’acquisizione di importanti archivi.
 
– L’operazione Kalya Mueller del 27 ottobre 2019 che ha visto la neutralizzazione di Abou Bakr Al-Baghdadi da parte di un commando di un centinaio di operatori della Delta Force (US Army), imbarcati a bordo di otto CH-47 Chinook scortati da un numero indeterminato di AH-64 Apache, di droni e caccia bombardieri. Sei “cattivi” sono stati uccisi, tra cui Al-Baghdadi, nel corso di un assalto durato due ore e, questa volta, diretto dal Pentagono.
 
Le spoglie dei due capi terroristi sono state gettate in mare, in modo che la loro tomba non possa diventare un luogo di pellegrinaggio per i jihadisti.
 
Nel corso delle due operazioni, gli Statunitensi hanno impiegato mezzi tecnici e materiali che solo loro possono utilizzare. Le operazioni hanno dimostrato una grande professionalità, che prova come l’addestramento paghi. Soprattutto, Washington ha dimostrato una volontà politica inflessibile. L’obiettivo non era quello della cattura del bersaglio – che non avrebbe avuto in ogni caso niente di interessante da raccontare e avrebbe costituito un fardello giuridico-politico troppo ingombrante – ma della sua «neutralizzazione», accompagnata da una formale identificazione. Dunque non sarebbero stati degli attacchi aerei in grado di ottenere un simile risultato, ma solo uomini a terra, in grado di identificare formalmente i bersagli.
 
Quale futuro per Daesh?
 
Si dice che la maggior parte degli attivisti di Idlib si rallegrino della morte di Al-Baghdadi – considerato un «bandito» – e si rammarichino solo che sia stato neutralizzato da «infedeli». Non è certo che sia questo il sentimento prevalente, perché in realtà egli manteneva un’importante influenza ideologica tra gli jihadisti che vedevano in lui un eroe che aveva sfidato il mondo intero – in particolare gli Occidentali – per difendere la sua visione dell’Islam. Già lo scorso agosto, si era parlato di un suo eventuale rimpiazzo da parte di un ex ufficiale iracheno, Abdullah Qardach, capo del comitato religioso del movimento, dato tuttavia per ucciso nel 2017. Anche Abul Hassan Al-Muhajir, portavoce del movimento e capo delle operazioni estere di Daesh – che aveva sostituito Abou Mohamed Al-Adani ucciso in un bombardamento statunitense nel 2016 – sarebbe stato un possibile candidato alla successione. Problema, è stato ucciso qualche ora dopo il suo emiro nella regione di Jarabulus controllata dai Turchi…
 
Infine, il 31 ottobre, Abou Hamza Al-Qurashi, presentandosi come il nuovo portavoce di Daesh, ha confermato la morte di Al-Baghdadi e di Al-Muhajir; ha annunciato la nomina a califfo di Abou Ibrahim Al-Hachimi Al-Qurachi e ha invitato tutti i musulmani a giurargli fedeltà. Il problema è che, al momento, non si conosce la sua vera identità, giacché si tratta di uno pseudonimo, anche se qualche nome circola. Si ipotizzano altri nomi come quello del Saudita Abou Abdullah Al-Jizrawi, quello del Tunisino Abou Othman Al-Tounsi e quello di Adnane Abou Walid Al-Sahraoui.
 
Quest’ultimo è il capo del gruppo terrorista Stato Islamico del Grande Sahara (SIGS). IL SIGS è nato dalla scissione di Abou Walid e dei suoi seguaci da Al-Mourabitoune, un gruppo dissidente di Al Qaeda. IL SIGS sarebbe stato assorbito, all’inizio del 2019, dalla wilaya dell’Africa dell’Ovest, originariamente creata da Boko Haram.
 
Abou Walid ha dichiarato per la prima volta la fedeltà del suo gruppo a Daesh nel magio 2015, e lo Stato Islamico lo ha riconosciuto nel 2016. Con basi specialmente in Mali, lungo la frontiera col Niger, lo SIGS ha rivendicato diversi attacchi sotto la direzione di Abou Walid, soprattutto quello del 4 ottobre 2017 contro una pattuglia congiunta statunitense-nigerina nella regione di Tongo Tongo, in Niger, vicino alla frontiera col Mali. Questo attacco ha provocato la morte di quattro soldati statunitensi e di quattro militari nigerini. L’attacco del 1° novembre contro la caserma di Indelimane, che ha provocato almeno 54 vittime e la morte, il giorno successivo, di un soldato francese nella stessa regione, sono stati rivendicati dalla wilaya dell’Africa dell’Ovest.
 
Il dipartimento di Stato USA ha designato, lo scorso 16 maggio 2018, Abou Walid come «terrorista mondiale specialmente designato» in base all’istruzione 13224 e il SIGS en come «organizzazione terrorista estera» (FTO) ai sensi dell’art. 219 della Legge sull’Immigrazione e la Nazionalità.
 
Conclusioni 
 
Qualsiasi sia la sua identità, il nuovo califfo di Daesh dovrà proseguire nel tentativo di tenere unite le wilaya sparse per il mondo. Da parte loro, i “lupi solitari” di Daesh vorranno vendicare l’uccisione di Al-Baghdadi con azioni spettacolari.
 
Al-Qaeda potrebbe approfittare della situazione per recuperare i «transfughi» che hanno aderito a Daesh quando quest’ultima organizzazione era in piena fase ascendente. Dal momento che la rivalità tra le due organizzazioni dipendeva principalmente dal fatto che Al-Zawahiri non poteva sopportare l’ambizioso Al-Baghdadi, e che quest’ultimo non voleva considerare il leader di Al Qaeda come proprio «emiro», è possibile che questa querelle di carattere personale si attenui e che Daesh venga reintegrata in seno a Al Qaeda. La guerra contro gli islamisti radicali è dunque lungi dall’essere finita in quanto è estremamente difficile lottare contro un’ideologia.
 
 
Note: 
 
[1] In particolare il 118° Infantery Regiment della 30° Armored Brigade Combat Team della Guardia Nazionale della Carolina del Nord, arriva nella regione di Deir ez-Zor a fine ottobre
 
 
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