Pravda statunitense. Gli strani decessi della storia statunitense del dopoguerra
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Unz Review, 2 luglio 2019 (trad. ossin)
Pravda statunitense. Gli strani decessi della storia statunitense del dopoguerra
Ron Unz
Per quanto la mia specializzazione accademica sia la fisica teorica, ho sempre provato grande interesse per la storia, soprattutto dell’epoca classica. Cercare di ricostruire gli eventi da un insieme di fonti documentali spesso frammentarie, poco affidabili e contraddittorie, è stato un esercizio intellettuale stimolante che ha messo alla prova la mia capacità di analisi. Credo anche di aver fornito qualche significativo contributo in questo campo, ivi compreso un breve articolo apparso nel 1985 nel Journal of Hellenic Studies che ha setacciato le antiche fonti per concludere che Alessandro Magno aveva dei fratelli più giovani che ha assassinato quando è asceso al trono.
Non mi sono però mai interessato alla storia statunitense del XX secolo. Prima di tutto mi sembrava evidente che tutti i principali fatti politici fossero già ben conosciuti e comodamente forniti dalle pagine dei miei manuali di introduzione alla storia, senza lasciare spazi ad una ricerca originale, salvo che per i più oscuri interstizi.
Inoltre la politica dei tempi antichi è spesso colorata ed eccitante, coi leader ellenisti e romani tanto spesso rovesciati da colpi di Stato o vittime di assassinio, di avvelenamento o di altre morti premature di natura fortemente sospetta. Al contrario, la storia politica statunitense pare straordinariamente piatta e noiosa, priva di simili eventi extra-costituzionali capaci di darle un po’ di sapore. Il più drammatico scossone politico della mia vita sono state le dimissioni forzate del presidente Richard Nixon, minacciato di destituzione, e le cause delle sue dimissioni – qualche piccolo abuso di potere e il successivo insabbiamento – erano tanto evidentemente insuscettibili di ulteriori conseguenze, da ribadire pienamente la forza della nostra democrazia e la cura scrupolosa con cui i nostri media (“cani da guardia della democrazia”) controllavano i comportamenti anche dei più potenti.
Col senno di poi, avrei dovuto chiedermi se i colpi di Stato e gli avvelenamenti dell’epoca imperiale romana erano stati raccontati esattamente dai cronisti del tempo, o se la maggior parte dei cittadini togati dell’epoca fosse rimasta del tutto all’oscuro degli avvenimenti abominevoli che determinavano segretamente il governo della loro società.
Siccome la mia conoscenza della storia statunitense si limitava a quello che leggevo sui manuali scolastici e sui miei giornali e riviste mainstream, l’ultimo decennio è stato per me un viaggio di scoperta, spesso scioccante. Sono diventato adulto molto quando la paura delle spie comuniste degli anni 1950 era già svanita da molto tempo e, per quanto ho avuto modo di leggere, ho sempre trovato questa vicenda molto più interessante di molte altre. Sembrerebbe che l’unico «Rosso» importante mai catturato, che poteva essere o meno innocente, sia stato un oscuro individuo che aveva l’improbabile nome di «Alger Hiss» e, fino agli anni 1980, i suoi figli hanno continuato a proclamare ferocemente la sua completa innocenza nelle pagine del New York Times. Per quanto mi fossi fatto l’idea che fosse probabilmente colpevole, ritenevo però che i metodi adottati dai suoi persecutori, Joseph McCarthy e Richard Nixon, avevano fatto molti danni al nostro paese durante l’epoca oscura che porta il nome del primo personaggio.
Nel corso degli anni 1990, leggevo occasionalmente le recensioni dei libri scritti sulla base dei Venona Papers – i cablo sovietici decrittati che erano finalmente stati declassificati – ed essi sembravano suggerire che la rete di spionaggio comunista fosse stata reale a anche molto più estesa di quanto immaginassi. Ma fatti di questo tipo, mezzo secolo dopo, non erano così importanti ai miei occhi e, comunque, altri storici hanno condotto una battaglia di retroguardia nei giornali, assumendo che molti dei testi di Venona erano falsi. Non mi sono quindi molto applicato alla questione.
E’ stato solo negli ultimi dodici anni, quando il mio progetto di archiviazione di contenuti mi ha fatto prendere coscienza della censura che negli anni 1940 aveva colpito alcuni dei più eminenti intellettuali pubblici statunitensi – e ho cominciato a leggere i loro libri e articoli – che ho cominciato a capire l’enorme importanza dei cablo sovietici. Ho immediatamente letto tre o quattro libri sui Venona Papers e sono rimasto molto impressionato dalla loro analisi scientifica, obiettiva e minuziosa, che mi ha convinto delle loro conclusioni. E le implicazioni erano davvero notevoli, di fatto sottovalutate dalla maggior parte degli articoli che avevo letto.
Prendiamo, per dire, il nome di Harry Dexter White, sicuramente sconosciuto a quasi tutti gli Statunitensi di oggi e che i Venona Papers hanno dimostrato essere un agente sovietico. Negli anni 1940, egli non era altro che uno dei tanti segretari aggiunti del tesoro, sotto la direzione di Henry Morgenthau Jr, un esponente influente del governo di Franklin Roosevelt. Ma Morgenthau era di fatto un gentiluomo di campagna, quasi del tutto ignorante in materia finanziaria, che aveva ottenuto l’incarico solo perché era il vicino di FDR e, secondo molte fonti, White dirigeva di fatto il Tesoro. Quindi, nel 1944, fu White a negoziare con John Maynard Keynes, il più eminente economista britannico, per gettare le basi degli accordi di Bretton Woods, del FMI e delle altre istituzioni economiche occidentali del dopoguerra.
Inoltre, alla fine della guerra, White era riuscito ad ampliare i poteri del Tesoro – dunque la sua zona di controllo – a settori ordinariamente di competenza del Dipartimento di Stato, principalmente per ciò che concerne le politiche verso il nemico tedesco battuto. Egli è l’ideatore del famoso «Piano Morgenthau», che proponeva il completo smantellamento dell’intera base industriale posta al centro dell’Europa, per riconvertirla in regione agricola, cosa che avrebbe comportato automaticamente l’eliminazione della maggior parte della popolazione tedesca, o per fame o per emigrazione. E, per quanto questa proposta sia stata poi ufficialmente abbandonata a seguito delle tante proteste dei leader alleati, i libri di molti osservatori del dopoguerra, come Freda Utley, sostengono che sia stata in parte attuata, e che milioni di civili tedeschi siano morti di fame, di malattie e delle altre conseguenze delle privazioni estreme.
All’epoca, alcuni osservatori credettero che il tentativo di White di sradicare gran parte della popolazione sopravvissuta prostrata fosse motivata dalla sua origine ebraica. Ma William Henry Chamberlin, da tempo uno dei giornalisti statunitensi più rispettati in materia di politica estera, sospettava fortemente che si trattasse di un piano profondamente cinico, mirante a imporre una tale miseria ai tedeschi che vivevano sotto occupazione occidentale, da volgere il favore popolare in una direzione fortemente filo-sovietica, consentendo a Stalin di prendere il sopravvento in Europa centrale, e diversi altri storici sono giunti a conclusioni simili.
Cosa ancora più notevole, White riuscì a trasmettere ai Sovietici una serie completa delle lastre che servivano a coniare la moneta d’occupazione alleata, che consentì loro di stampare quantità illimitate di banconote riconosciute come valide dai governi occidentali, cosa che permise all’URSS di finanziare l’occupazione di mezza Europa dopo la guerra coi soldi dei contribuenti statunitensi.
Alla fine, la diffusione di sospetti sulla lealtà del signor White lo spinse a dimettersi improvvisamente dal posto di primo direttore statunitense del FMI nel 1947 e, nel 1948, venne convocato dalla Commissione per le attività anti-statunitensi della Camera. Anche se negò tutte le accuse, avrebbe dovuto testimoniare ancora e l’intento era di incriminarlo per spergiuro e costringerlo a rivelare i nomi degli altri membri della sua rete di spionaggio, con la minaccia di pene pesanti. Tuttavia, quasi subito dopo la prima testimonianza dinanzi al Comitato, sarebbe stato preso da un’improvvisa crisi cardiaca e sarebbe morto all’età di 55 anni, anche se sembra che nessuna autopsia sia stata mai fatta.
Poco dopo, anche altre spie sovietiche hanno cominciato a lasciare questo mondo in età ancora giovane e in un breve arco temporale. Due mesi dopo la morte di White, la spia sovietica W. Marvin Smith è stata trovata morta all’età di 53 anni nella tromba delle scale del Ministero della Giustizia, dopo un volo di cinque piani e, sessanta giorni dopo, Laurence Duggan, un altro agente molto importante, perse la vita a 43 anni, nella caduta dal 16° piano di un palazzo di New York City. Tanti altri decessi prematuri di gente dal passato simile vi sono stati in questo periodo, tanto che nel 1951 il Chicago Tribune, un giornale di destra, pubblicò un intero articolo che parlava di questa serie di avvenimenti piuttosto sospetta. Ma, per quanto sia certo che i tanti militanti anticomunisti di questo periodo si siano posti molti interrogativi su queste morti fortuite, non mi risulta che simili «teorie del complotto» siano mai state prese sul serio dai media tradizionali più rispettabili, e certamente non se ne è mai fatta alcuna menzione nei manuali di storia che hanno costituito la mia prima fonte di conoscenza di questo periodo.
Talvolta accade che l’ultimo arrivato in un certo campo noti tendenze che risultano meno evidenti a quelli che trattano l’argomento da molto tempo. La mia conoscenza superficialissima della storia statunitense del XX secolo mi ha evitato molte idee preconcette sull’evoluzione di quest’epoca, e il numero importante di persone accusate di essere spie sovietiche alla fine degli anni 1940 mi ha spinto a interrogarmi su altri improvvisi decessi avvenuti nello stesso periodo.
Per esempio, mi è capitato di leggere “Target Patton” di Robert K. Wilcox, che mi ha fornito prove solidissime che l’incidente d’auto mortale costato, nel 1948, la vita al generale George S. Patton non sia stato accidentale, ma piuttosto un assassinio commesso dall’OSS statunitense stesso, antenato della CIA, che all’epoca era assai infiltrato da agenti sovietici. A differenza delle morti di cui sopra, che erano assai sospette nei tempi e nella sequenza concentrata, nel caso di Patton le prove sono considerevolmente più solide, ivi comprese le pubbliche confessioni dell’assassino dell’OSS qualche decennio dopo, confermate dal contenuto del suo diario personale.
Al momento della morte, Patton era l’ufficiale militare statunitense di più alto grado di stanza nel continente europeo e, certamente, uno dei nostri eroi di guerra più celebrati. Ma aveva avuto aspre diversità di vedute coi suoi superiori civili e militari a proposito dei Sovietici, che egli guardava con intensa ostilità. Morì alla vigilia del suo ritorno negli Stati Uniti, dove aveva in programma di dimettersi dalla sua carica e avviare una importante tournée nazionale per denunciare i nostri leader politici ed esigere un confronto militare con l’URSS. Prima di imbattermi nel libro in questione, che è stato totalmente ignorato da tutti i media statunitensi, non avevo mai trovato la minima allusione alla morte di Patton e non conoscevo affatto il programma politico che intendeva avviare prima dell’incidente mortale.
Una volta osservato un modello possibile, la raccolta degli indizi supplementari diventa molto più facile. Circa un anno dopo avere avuto contezza delle affermazioni assai dettagliate sull’assassinio di Patton, ho letto “Desperate Deception” di Thomas E. Mahl, uno storico della corrente dominante, il cui libro è stato pubblicato da una casa editrice specializzata in questioni militari. Questo racconto affascinante documenta la lunga campagna nascosta degli inizi degli anni 1940 portata avanti da agenti della intelligence britannica per eliminare tutti gli ostacoli politici interni all’entrata degli USA nella Seconda Guerra Mondiale. Un aspetto cruciale di questo progetto riguardò il tentativo riuscito di manipolare la Convention repubblicana del 1940 per fare in modo che venisse selezionato come candidato un oscuro personaggio di nome Wendell Willkie, che non aveva mai svolto ruoli politici in precedenza e che era da sempre stato un democratico impegnato. Il grande valore di Willkie era che condivideva l’adesione di Roosevelt all’idea di un intervento militare nel conflitto europeo in corso, nonostante la quasi totalitaria contrarietà della base del partito in cui era da poco entrato a far parte. Assicurarsi che i due candidati alla presidenza condividessero posizioni simili ha evitato che la campagna elettorale si trasformasse in un referendum su questa questione, dato che circa l’80% del popolo statunitense si opponeva all’ingresso in guerra.
La nomination di Willkie fu senz’altro uno degli eventi più strani della storia politica USA, e la strada che ha condotto alla sua improbabile nomination è disseminata di un certo numero di eventi strani e sospetti, specialmente l’improvviso collasso e la morte estremamente fortuita del direttore della convention repubblicana, un oppositore chiave di Willkie, che Mahl considera come altamente sospetta.
Willkie subì poi una sconfitta eclatante di fronte a Roosevelt in novembre, ma subito si riconciliò col suo avversario e venne inviato all’estero per un certo tempo per importanti missioni politiche. Gli storici avrebbero certamente apprezzato la conoscenza di certi dettagli sul modo in cui gli agenti dei servizi britannici erano riusciti a «paracadutare» un oscuro democratico da sempre alla nomination repubblicana nel 1940, assicurando così l’entrata statunitense nella Seconda Guerra Mondiale. Ma purtroppo tutta la conoscenza personale di Willkie a proposito di questi importanti avvenimenti si è persa per sempre quando è caduto improvvisamente malato ed è morto di una crisi cardiaca o, secondo Wikipédia, di 15 crisi cardiache consecutive – l’8 ottobre 1944 all’età di 52 anni.
Una delle figure politiche più influenti nella dozzina d’anni dei governi di Roosevelt fu il suo assistente personale, Harry Hopkins, che entrò alla Casa Bianca nel 1940 e vi restò in permanenza per quasi quattro anni. Per quanto Hopkins non avesse un incarico importantissimo, ma di semplice amministratore di diversi programmi del New Deal e poi di segretario al Commercio, veniva abitualmente definito «il vice-presidente» ed ha certamente avuto più peso di un qualsiasi vice-presidente o membro del governo di FDR, essendo generalmente considerato come la seconda figura più potente del paese.
Hopkins, ex assistente sociale e attivista politico, era risolutamente di sinistra, con tradizioni progressiste della città di New York trasformatesi in socialismo, ed era fortemente filo-sovietico in politica estera. V’è qualche indizio nei Venona papers che avrebbe potuto essere anche un agente sovietico, e Herbert Romerstein e Eric Breindel hanno detto questo nel loro libro The Venona Secrets, ma John Earl Haynes e Harvey Klehr, i migliori conoscitori dei Venona, hanno espresso dubbi, sulla base di argomenti tecnici.
Nell’ultimo anno di vita di Roosevelt, i suoi rapporti con Hopkins s’erano logorati, e quando FDR morì nell’aprile 1945, portando Harry S. Truman alla presidenza, l’influenza di Hopkins cessò. Dopo essere stato per molti anni al centro assoluto del potere statunitense, Hopkins si preparava a pubblicare le sue memorie personali sui fatti memorabili di cui era stato testimone negli anni della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale, ma cadde improvvisamente malato e morì agli inizi del 1946, a 55 anni, non sopravvivendo al suo partner politico di lunga data, FDR, se non di soli otto mesi. Stando a quanto scrive l’articolo su di lui di Wikipédia (certamente degno di fede), la causa del decesso fu un cancro allo stomaco. O una malnutrizione dovuta a problemi digestivi. O una insufficienza epatica dovuta ad un’epatite o a una cirrosi. O forse una emocromatosi. Per quanto Hopkins non abbia goduto di buona salute per molti anni, sorgono dubbi quando la morte della seconda personalità politica statunitense più potente viene attribuita ad una grande quantità di cause differenti.
Il momento particolare in cui un evento si realizza può talvolta esercitare un’influenza smisurata sulle traiettorie storiche. Considerate la figura di Henry Wallace, di cui ancora ci si ricorda forse troppo poco, come uno dei più importanti democratici di sinistra degli anni 1930 e 1940. Wallace era stato una specie di enfant prodige del Midwest in materia di innovazione agricola e entrò nel primo governo di FDR nel 1933 come segretario all’Agricoltura. A detta di tutti, Wallace era un patriota statunitense assolutamente al 100%, senza alcuna allusione a qualsiasi attività nefasta di cui parlano i Venona. Ma, come accade a volte coi tecnici, sembra essere stato notevolmente ingenuo per quello che andava al di là del suo campo specifico di competenze, specialmente nel suo estremo misticismo religioso e nella sua politica, giacché molti dei suoi amici erano agenti sovietici confessi, che lo consideravano senza dubbio come l’uomo di paglia ideale per i loro intrighi politici.
Dopo George Washington, nessun presidente USA si era mai più presentato per un terzo mandato consecutivo, e quando FDR decise improvvisamente di farlo nel 1940, in parte prendendo a pretesto la guerra in corso in Europa, molte personalità del Partito democratico diedero il via ad una ribellione politica, compreso il suo vicepresidente John Nance Garner, che era stato per due volte presidente ella Camera, e James Farley, il potente leader del partito che aveva inizialmente aiutato Roosevelt a ottenere la presidenza. FDR scelse Wallace come vice presidente del suo terzo mandato, forse per assicurarsi l’appoggio della potente fazione filo-sovietica dei democratici. Ma di conseguenza, anche se la salute di FDR è progressivamente peggiorata nei quattro anni che sono seguiti, una persona i cui consiglieri più fidati erano agenti di Stalin è stata a un pelo dal diventare presidente degli Stati Uniti.
Per la forte pressione dei leader del Partito Democratico, Wallace venne sostituito alla Convention democratica del luglio 1944 e fu Harry S. Truman a succedere quando FDR morì nell’aprile dell’anno successivo. Ma se Wallace non fosse stato sostituito, o se Roosevelt fosse morto un anno prima, le conseguenze per il paese sarebbero state certamente enormi. Secondo dichiarazioni successive, una amministrazione Wallace avrebbe incluso Laurence Duggan come segretario di Stato, Harry Dexter White a capo del Tesoro, e verosimilmente diversi altri agenti sovietici in tutti i posti chiave del governo federale USA. Ci si potrebbe chiedere, scherzosamente, sei i Rosenberg – più tardi giustiziati per tradimento – sarebbero stati incaricati del nostro programma di costruzione di armi nucleari.
E’ accaduto invece che Roosevelt sia vissuto fino al 1945 e che, invece di assumere la direzione del governo USA, Dugan e White siano entrambi morti improvvisamente a qualche mese di distanza l’uno dall’altro, dopo essere stati sospettati nel 1948. Ma le ramificazioni del controllo sovietico agli inizi degli anni 1940 erano assai profonde.
Come esempio lampante, gli agenti sovietici hanno appreso del progetto di decrittare i Venona nel 1944 e, poco dopo, una direttiva della Casa Bianca ha ordinato l’abbandono del progetto e la distruzione del dossier sullo spionaggio sovietico. L’unico motivo per cui i Vanona non sono stati distrutti, e che ci ha consentito poi di ricostruire la fatidica politica dell’epoca, è che l’ufficiale militare responsabile rischiò la Corte marziale ignorando semplicemente l’esplicito ordine presidenziale.
Sulla scia dei Venona Papers, pubblicati un quarto di secolo fa e accettati oggi da quasi tutti, sembra indiscutibile che, all’inizio degli anni 1940, il governo USA si trovava a un soffio – o piuttosto a un battito di cuore – dal passare sotto il controllo di una ristretta rete di agenti sovietici. Ho però molto raramente visto sottolineare questo semplice fatto in un libro o un articolo, anche se la cosa avrebbe certamente contribuito a spiegare le radici ideologiche della «paranoia anticomunista» diffusasi agli inizi degli anni 1950.
Evidentemente il comunismo non era molto radicato nella società statunitense, e qualsiasi amministrazione Wallace dominata dai Sovietici si fosse insediata nel 1943 o 1944 sarebbe stata probabilmente presto o tardi mandata a casa, forse dal primo colpo di Stato militare della storia degli Stati Uniti. Ma, tenuto conto del fragile stato di salute di FDR, il rischio che si è corso dovrebbe essere menzionato nelle discussioni dell’epoca.
Se questioni storiche di questa importanza non vengono registrate dai media, nessuna successiva generazione di studiosi potrà mai lavorarci e, a prescindere dalle intenzioni, la storiografia che produrranno conterrà enormi lacune. Prendiamo, per esempio, i premiati volumi della storia politica che Rick Perlstein ha prodotto a partire dal 2001, tracciando l’ascesa del conservatorismo statunitense da Goldwater fino al fenomeno Reagan degli anni 1970. La serie è stata giustamente apprezzata per la sua enorme cura dei dettagli ma, stando all’indice, le circa 2 400 pagine contengono solo due menzioni di Harry Dexter White, e solo all’inizio del primo volume, e non compare proprio Laurence Duggan, e nemmeno «Venona», che è la cosa più scioccante. Io ho talvolta detto scherzando che scrivere una storia del conservatorismo statunitense del dopoguerra senza trattare questi elementi cruciali, sarebbe come scrivere una storia sulla partecipazione degli USA alla Seconda Guerra Mondiale senza menzionare Pearl Harbor.
Talvolta, i nostri manuali scolastici ci presentano due storie apparentemente senza rapporto tra loro, che diventano però molto più importanti quando scopriamo che esse fanno parte di un unico insieme. La strana morte di James Forrestal rientra certamente in questa categoria.
Negli anni 1930, Forrestal aveva toccato l’apice di Wall Street, quale amministratore delegato di Dillon, Read & Co, una delle banche di investimento più prestigiose. Avvicinandosi la Seconda Guerra Mondiale, Roosevelt lo convinse a entrare al servizio del governo nel 1940, in parte perché le sue solide referenze repubblicane potevano contribuire a sottolineare il carattere bipartisan dello sforzo di guerra, ed divenne in breve tempo il suo sottosegretario della Marina. Con la morte dei suo anziano superiore nel 1944, Forrestal entrò nel Gabinetto come Segretario della Marina e, a seguito della controversa disputa sulla riorganizzazione dei nostri dipartimenti militari, divenne il primo Segretario alla Difesa nel 1947, con piena autorità sull’Esercito, la Marina, l’Aeronautica militare e i Marine. Insieme al segretario di Stato George Marshall, Forrestal si è probabilmente collocato tra i membri più influenti dell’amministrazione di Truman. Tuttavia, solo qualche mese dopo la ri-elezione di Truman nel 1948, ci dicono che Forrestal diventò paranoico e depresso, che si dimise e si suicidò poche settimane dopo, gettandosi da una finestra del 18° piano dell’ospedale navale di Bethesda. Non sapendo quasi niente di Forrestal o del suo passato, ho sempre scosso la testa dinanzi questo strano avvenimento storico.
Nel frattempo, una pagina o un capitolo del tutto differente dei miei manuali di storia parlava della storia drammatica dell’aspro conflitto che scosse l’amministrazione Truman a proposito del riconoscimento dello Stato di Israele, creato l’anno precedente. Ho letto che George Marshall sostenne che quella decisione sarebbe stata assolutamente disastrosa per gli interessi USA, alienando potenzialmente le simpatie di centinaia di milioni di Arabi e musulmani, che detenevano l’immensa ricchezza petrolifera del Medio oriente, e che era talmente convinto di questo da avere addirittura minacciato le dimissioni. Tuttavia Truman, molto influenzato dalla lobbying personale del suo ex partner d’affari ebreo, Eddie Jacobson, decise alla fine di riconoscere lo Stato di Israele, e Marshall rimase al governo.
Una decina d’anni fa, però, mi sono imbattuto in un libro interessante di Alan Hart, giornalista e scrittore, corrispondente di lunga data della BBC in Medio Oriente, nel quale ho scoperto che queste due storie diverse facevano parte di un tutto omogeneo. Secondo lui, sebbene Marshall si sia effettivamente opposto al riconoscimento di Israele, fu però Forrestal a sostenere più di altri questa posizione in seno al Gabinetto di Truman mettendoci la faccia, guadagnandosi molti attacchi brutali nei media e il successivo allontanamento dal gabinetto Truman. Hart ha anche sollevato considerevoli dubbi sul fatto che la morte successiva di Forrestal fosse stata un suicidio, citando un oscuro sito Web per un’analisi dettagliata della vicenda.
E’ banale dire che Internet ha democratizzato la diffusione delle informazioni, consentendo a chi crea il sapere di connettersi con quelli che lo consumano, senza necessità di intermediari. Ho trovato pochi esempi delle potenzialità di questo nuovo sistema, uno dei quali è «Who Killed Forrestal», un’analisi esaustiva di un certo David Martin, che si descrive lui stesso come un economista e un blogger politico. La sua serie di articoli sulla sorte del primo Segretario statunitense alla Difesa, che conta diverse decine di migliaia di parole, offre una discussione esaustiva di tutti i documenti di base, compresi alcuni libri sulla vita di Forrestal e la sua strana morte, oltre ad articoli di giornali contemporanei e numerosi documenti governativi pertinenti ottenuti a richiesta dalla FOIA. Sembra solidamente appurato che si sia trattato di un omicidio insabbiato dal governo.
Come abbiamo menzionato, il ruolo di Forrestal quale principale oppositore all’interno dell’amministrazione Truman alla creazione di Israele lo aveva esposto ad una campagna quasi senza precedenti di diffamazione da parte dei media, guidata dai due più influenti cronisti di destra e di sinistra del paese, Walter Winchell e Drew Pearson, solo il primo ebreo, ma entrambi strettamente legati all’ADL (anti defamation league, organizzazione della lobbie ebraica) ed estremamente filo-sionisti. I loro attacchi e le accuse proseguirono anche dopo le dimissioni e la morte.
Senza attardarci sulle selvagge esagerazioni circa i presunti problemi psicologici di Forrestal, che questi esperti assai ostili e i loro numerosi alleati hanno messo in giro, la sostanza della supposta paranoia di Forrestal sembra consistesse nel ritenere di essere pedinato a Washington, che i suoi telefoni fossero intercettati, e che la sua vita fosse in pericolo per mano di agenti sionisti. E queste preoccupazioni non erano forse così irragionevoli, tenuto conto di certi avvenimenti contemporanei.
Lord Moyne, il segretario britannico per il Medio Oriente, era stato assassinato nel 1944 e il conte Folke Bernadotte, negoziatore dell’ONU per la pace in Medio oriente, aveva subito la stessa sorte nel 1948. Documenti britannici declassificati hanno poi rivelato un complotto omicida contro il Ministro degli Affari esteri Ernest Bevin quello stesso anno, e le memorie di Margaret Truman menzionano un fallito tentativo di assassinio contro suo padre nel 1947. Responsabili di tutti questi fatti erano le fazioni sioniste. Infatti, il funzionario del Dipartimento di Stato USA Robert Lovett, un oppositore relativamente minore e discreto degli interessi sionisti, ha detto di aver ricevuto numerose chiamate telefoniche notturne di minaccia, e di essersi grandemente preoccupato. Martin cita anche i libri successivi di partigiani sionisti che si sono vantati del loro efficace uso del ricatto, attraverso notizie apprese con le intercettazioni telefoniche, per garantirsi un sostegno politico sufficiente alla creazione dello Stato di Israele.
Nel frattempo, dietro le quinte, potenti forze finanziarie si erano forse fatte avanti per convincere il presidente Truman ad ignorare le raccomandazioni univoche di tutti i suoi consiglieri diplomatici e della sicurezza nazionale. Anni dopo, Gore Vidal e Alexander Cockburn raccontarono separatamente che era alla fine diventato notorio nei circoli politici di Washington che nei giorni disperati della campagna di ri-elezione di Truman nel 1948, quest’ultimo aveva segretamente accettato la somma di 2 milioni di dollari da ricchi sionisti, in cambio del riconoscimento dello Stato di Israele, somma forse paragonabile a 20 milioni o più di dollari attuali.
Il repubblicano Thomas Dewey era fortemente favorito nella campagna presidenziale del 1948 e, dopo la sorpresa Truman, la posizione politica di Forrestal non si è certo rafforzata quando Pearson ha scritto in un articolo che Forrestal aveva segretamente incontrato Dewey durante la campagna, accordandosi perché gli fosse affidato un incarico nell’amministrazione Dewey.
Sconfitto politicamente nella politica mediorientale ed esposto agli attacchi incessanti dei media, Forrestal venne costretto alle dimissioni. Quasi subito venne ricoverato nell’ospedale navale di Bethesda per essere sottoposto a osservazione, asseritamente perché affaticato ed esaurito, e vi è restato per sette settimane, sottoposto a forti restrizioni di visita. Avrebbe dovuto finalmente essere liberato il 22 maggio 1949 ma, qualche ora prima che il fratello Henry andasse a prenderlo, il suo corpo venne trovato sotto la finestra della sua camera del 18°piano, con una corda annodata intorno al collo. I giornali riferirono tutti la tesi del suicidio, affidandosi ad un comunicato stampa ufficiale, ipotizzando che avesse dapprima tentato di impiccarsi e, non riuscendosi, si fosse gettato alla finestra. Una mezza pagina di versi greci ricopiati venne ritrovata nella sua stanza e, nella vulgata del pensiero psico-analitico freudiano, questo venne considerato come il detonatore subcosciente del suo impulso di morte immediata, e fatto passare come l’equivalente di una vera lettera di addio. I miei manuali scolastici hanno semplificato questa storia complessa parlando semplicemente di «suicidio», e io non l’avevo mai messo in dubbio.
Martin solleva numerosi dubbi assai seri su questa versione ufficiale. Tra l’altro, alcune interviste al fratello e agli amici sopravvissuti di Forrestal rivelano che nessuno di loro credeva al suicidio e che era stato a tutti loro impedito di rendergli visita durante il periodo di detenzione. In effetti il fratello ha raccontato che, il giorno prima, Forrestal era di buon umore e diceva che, appena liberato, aveva intenzione di impiegare parte della sua considerevole fortuna personale per comprare un giornale e cominciare a rivelare al popolo statunitense buona parte dei fatti censurati che riguardavo l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, dei quali aveva avuto diretta conoscenza, annotati nel diario personale che teneva da diversi anni. Durante la detenzione di Forrestal, questo diario, che contava migliaia di pagine, venne sequestrato dal governo e, dopo la sua morte, sembra essere stato pubblicato solo in una forma ristretta e purgata, diventando ciononostante storico.
I documenti governativi scoperti da Martin sollevano ulteriori dubbi sulla storia presentata in tutti i libri di storia correnti. Il dossier medico di Forrestal sembra escludere che si sia proceduto ad autopsia, ci sono prove visibili di frammenti di vetro nella sua camera, che danno l’idea vi sia stata una lotta violenta e, la cosa più importante, la pagina di versi greci copiati – sempre citata come indizio degli intenti suicidi di Forrestal – non era stata scritta da Forrestal di suo pugno.
Oltre ai resoconti dei giornali e ai documenti governativi, una gran parte dell’analisi di Martin, compresi i tanti colloqui personali con amici e parenti di Forrestal, si basa su un libretto intitolato “The Death of James Forrestal”, pubblicato nel 1966 da un certo Cornell Simpson, quasi certamente uno pseudonimo. Simpson afferma di avere sviluppato le sue ricerche solo qualche anno dopo la morte di Forrestal e che, dopo averne approvato la pubblicazione, il suo editore si era preoccupato per la natura estremamente controversa dei documenti che conteneva, annullando il progetto. Secondo Simpson, anni dopo, egli decise di riprendere il suo manoscritto dal cassetto e di farlo pubblicare dalla Western Islands Press, in realtà un paravento della John Birch Society, l’organizzazione di destra notoriamente cospirazionista, all’epoca all’apice della sua influenza nazionale. Per tali ragioni, alcuni aspetti del libro hanno un interesse considerevole, anche al di là del contenuto direttamente riguardante Forrestal.
La prima parte del libro è una dettagliata presentazione di prove reali sulla morte fortemente sospetta di Forrestal, ivi comprese le numerose interviste agli amici e parenti, mentre la seconda parte si concentra sui complotti spregevoli del movimento comunista mondiale, un elemento di base della Birch Society. L’anticomunismo viscerale di Forrestal sarebbe stata la ragione del suo assassinio da parte degli agenti comunisti, e non viene fatto alcun riferimento a qualsiasi controversia concernente la grande battaglia pubblica sul riconoscimento di Israele, che pure è stato certamente il principale fattore della sua disgrazia politica. Martin nota queste strane incoerenze e si chiede anche se certi aspetti del libro e della sua pubblicazione non avessero l’intento di stornare l’attenzione di questa dimensione sionista verso un infame complotto comunista.
Prendiamo, ad esempio, David Niles, il cui nome è caduto in un oblio totale, ma che fu uno dei rarissimi aiutanti di FDR ad essere mantenuto nel suo ruolo dal successore e, secondo gli osservatori, Niles alla fine era diventato una delle figure dietro le quinte più influenti dell’amministrazione Truman. Diverse ricostruzioni suggeriscono che egli abbia giocato un ruolo di primo piano nella destituzione di Forrestal, e il libro di Simpson le conferma, ipotizzando che fosse una specie di agente comunista. Però, anche se i Venona Papiers rivelano che Niles ha talvolta cooperato con degli agenti sovietici nella loro attività di spionaggio, sembra averlo fatto per denaro o per altre considerazioni, e non faceva certo parte della loro rete di intelligence. Invece, Martin e Hart forniscono entrambi un’enorme quantità di prove che la lealtà di Niles era piena nei confronti del sionismo e infatti, nel 1950, le sue attività di spionaggio a favore i israele sono diventate tanto evidenti che il generale Omar Bradley, presidente dei capi di stato maggiore congiunti, minacciò di dimettersi con immediatezza se Niles non fosse stato mandato via, forzando la mano a Truman.
Il professore di lettere classiche Revilo Oliver, figura eminentissima negli ambienti dell’estrema destra per decenni, era stato membro fondatore della John Birth Society e redattore capo del suo magazine, ma si era dimesso con rabbia nel 1966, affermando che il suo dirigente Robert Welch Jr. aveva accettato un’offerta di aiuto finanziario importante in cambio della promessa di concentrarsi unicamente sui misfatti comunisti e di evitare accuratamente ogni discussione sulle attività ebraiche o sioniste. Sulla base di prove, queste accuse sembrano molto fondate, dal momento che ben presto i dirigenti della JBS hanno cominciato a considerare le accuse di «antisemitismo» come un motivo di espulsione immediata. La grande influenza politica comunista era cessata negli USA alla fine degli anni 1940, mentre quella ebraica e filo-israeliana è cresciuta enormemente a partire dagli inizi degli anni 1960 e, concentrandosi esclusivamente sulla prima ed evitando accuratamente di occuparsi della seconda, l’organizzazione JBS presentava sempre di più una visione del tutto illusoria della politica statunitense, che ha certamente contribuito al suo finale declino e alla sua totale perdita di influenza.
Tra coloro che cominciano a diffidare delle notizie fornite dai media dell’establishment, c’è una naturale tendenza a diventare sospettosi e a vedere complotti e insabbiamenti anche dove non ci sono. La morte improvvisa di una personalità politica di primo piano può essere considerata come un atto criminale, anche se si è trattato di un fatto naturale o accidentale. «Qualche volta un sigaro non è un sigaro». Ma quando un certo numero di queste persone muore in un lasso di tempo sufficientemente breve, e vi sono prove schiaccianti che almeno alcuni di questi decessi non sono dovuti alle ragioni alle quali sono sempre state attribuite, la cosa diventa avvero sospetta.
Se si esclude il numero molto più elevato dei decessi meno notevoli, ecco una breve lista dei sei eminenti Statunitensi il cui decesso prematuro, tra il 1944 e il 1949, ha certamente fatto molto piacere a diverse organizzazioni note per i loro metodi spicci:
Wendell Willkie, democratico da sempre, candidato repubblicano alle presidenziali del 1940, deceduto l’8 ottobre 1944, 52 anni, crisi cardiaca.
Generale George Patton, l’ufficiale militare statunitense di più alto grado di stanza in Europa, morto il 21 dicembre 1945, 60 anni, incidente stradale.
Harry Hopkins, «vice-presidente» di FDR, morto il 29 gennaio 1946, 55 anni, diverse cause possibili.
Harry Dexter White, agente sovietico che guidava il Tesoro durante l’amministrazione di FDR, morto il 16 agosto 1948, 55 anni, crisi cardiaca.
Laurence Duggan, agente sovietico, futuro segretario di Stato con Henry Wallace, morto il 20 dicembre 1948, 43 anni, caduto dal 16° piano.
James Forrestal, ex segretario alla Difesa, morto il 22 maggio 1949, all’età di 57 anni, caduto dal 18° piano.
Io non credo che una lista paragonabile a questa possa essere fatta in Gran Bretagna, in Francia, in URSS o in Cina nello stesso periodo. In uno dei film di James Bond, l’agente 007 dice che «Una volta è il caso, due volte è coincidenza, tre volte è azione nemica». E io penso che sei casi simili in pochi anni dovrebbero insospettire anche i più prudenti e i più scettici.
I leader stranieri indignati per gli errori internazionali distruttivi degli USA hanno talvolta detto che il nostro paese ha un’enorme potenza fisica, ma ha un élite politica tanto ignorante, credulona e incompetente, da cadere facilmente sotto l’influenza di potenze straniere senza scrupoli. Noi siamo una nazione col corpo di un dinosauro, ma controllato dal cervello di una pulce.
Il dopoguerra degli anni 1940 ha certamente segnato l’apogeo della potenza economica e militare degli USA. Sembra però che in quegli stessi anni un vario insieme di assassini sovietici, britannici e sionisti abbiano avuto libertà di azione sul nostro suolo, eliminando coloro che ritenevano un ostacolo ai loro interessi nazionali. In tutto questo tempo, quasi tutti gli Statunitensi sono rimasti beatamente incoscienti, abbeverandosi alla nostra «Pravda statunitense».