Il 17° Congresso del Partito Comunista Cinese
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Ossin ha deciso di esprimere la propria posizione riguardo alla situazione della Cina attuale. Con questo articolo si vuole dare un contributo al vivace dibattito che coinvolge i sinologi e gli scienziati politici sulla questione della "Transizione" e delle prospettive della Cina.
La svolta della politica cinese si è avuta nel 1979 quando Deng Xiaoping annunciò la prima apertura della Cina al mercato estero. Questa iniziativa segnò anche la definitiva chiusura dell’era maoista (Mao era morto qualche anno prima). Da allora la Cina passò da una crescita del 6% ad una del 10%. Jiang Zemin fu il successore di Deng Xiaoping, egli introdusse la teoria delle “Tre Rappresentanze” che permetteva l’accesso al Partito dei manager e dei capitalisti. Con Jiang Zemin la corsa verso il capitalismo si intensificò. Il gruppo di Shanghai che ha dominato la scena di questo periodo accellerò i tempi dell’apertura agli investimenti diretti esteri (IDE).
Dopo il 16° congresso del Partito apparve sulla scena Hu Jintao che cominciò a voltare pagina.
Prima di soffermarci sull’operato di Hu Jintao, che sarà oggetto dell’ultima parte dell’articolo, vorremmo spendere qualche altra parola su Deng Xiaoping e sul suo gruppo di riferimento.
Deng Xiaoping aderì al Partito Comunista sin dalla prima ora. Sebbene inizialmente fosse un fautore della linea di Mao, presto ne divenne un critico avversario. Abbracciò poi la corrente efficientista ed economicista che si opponeva contemporaneamente agli incentivi ideologici di Mao e al rigido modello sovietico del Piano. Fu proprio questa corrente che prese il potere dopo la morte di Mao. Essa non aderì mai al marxismo, piuttosto i suoi componenti facevano parte di
quella categoria di patrioti che scelsero di stare con il PCC perché l’alternativa era il corrotto Guomindang. Questa categoria di attivisti politici è apparsa anche in altri Partiti Comunisti del Novecento ( PCI, in Vietnam ecc.).
Questi dirigenti, nel 1978, decisero di attuare un piano di sviluppo “pragmatico”, ma opposto a quello di Mao. I progressi fatti dalla Rivoluzione Culturale di Mao per svecchiare la società e colpire il potere del Partito furono annientati (la conclusione più evidente fu Tiananmen), costoro, piuttosto, impegnarono le risorse nel miglioramento delle condizioni materiali della popolazione. Tale sforzo efficientista non permetteva dissensi, così i quadri di partito riacquisirono notevole influenza nella società. Non bisogna dimenticare però, che il medesimo sforzo portò alla creazione di un sistema giuridico volto a limitare gli arbitri personali dei burocrati e dei capipopolo di turno.
Il pragmatismo di questa corrente condusse inevitabilmente la Cina all’efficientismo economico di cui il capitalismo è campione. Ma la corsa e il definitivo abbandono del "modello comunista" è avvenuto lentamente. Da una parte c’è stato lo strapotere del gruppo di Shanghai che ha dettato legge per molti anni trascinando il paese verso la Globalizzazione. Tale gruppo è costituito da dirigenti di Partito che hanno stretti legami con il settore privato e straniero. A tal proposito c’è da dire che la classe politica del Guandong è definitivamente “compradorizzata”. Dall’altro lato c’è stato il repentino crollo del campo socialista (dal quale la Cina era già uscita da tempo), preceduto dallo sgretolamento della rete di Bandung. Sempre più paesi si riallinearono agli USA, lasciando da soli gli “irriducibili”. La Cina capì che, se non voleva fare la fine della RPDC¹ (Corea del Nord) o sostenere i medesimi sacrifici di Cuba, doveva aderire all’unico sistema possibile, la Globalizzazione.
Da allora la Cina ha intrapreso un lungo cammino, “lo sganciamento”: fare parte della Globalizzazione, senza aderirvi. Tale modello non è estendibile a qualunque paese, solo un paese in grado di non rispettare le regole del capitalismo e di dire “NO” agli Usa poteva abbracciarlo. Nella pratica lo sganciamento consiste nel partecipare ai vantaggi del libero commercio, senza cadere nella rete della dipendenza dagli USA.
Cadere nella rete della dipendenza dagli USA è molto semplice, è sufficiente indebitarsi (situazione in cui si trovano molti paesi del Sud) presso il FMI o/e attuare le famose riforme strutturali per svendere le risorse del paese alle multinazionali americane (soprattutto) ed europee.
La Cina ha fatto esattamente l’opposto: non si è indebitata, ha mantenuto una bilancia dei pagamenti attiva, ha imposto limiti al rimpatrio di capitali alle imprese straniere che investivano sul suo territorio, non ha concesso la libera fluttuazione dello Yen, non ha aperto al mercato finanziario (salvo alcune città), non ha rispettato il copyright ecc. Coloro che reputano una tale politica troppo cinica dovrebbero chiedersi perché la Cina ed altri paesi del Sud dovrebbero rispettare le regole imposte dalla Triade (Usa, Europa e Giappone). Non è forse vero che le Farc commerciano cocaina per finanziare la guerra contro il governo “comprador” della Colombia? Non siamo più negli anni ’70 , siamo nel 2007, oggi i movimenti di liberazione del Sud ed i paesi sottosviluppati non possono più lottare per l’allargamento della democrazia e dell’eguaglianza sociale, oggi devono lottare per la sopravvivenza. La crudezza della Globalizzazione obbliga molti Paesi del Sud a scelte ciniche. Preoccuparsi per i cittadini europei e americani, in un contesto in cui i loro governi scatenano guerre e impongono regole (che per primi non rispettano), non è assolutamente l’obiettivo principale del governo cinese o delle Farc colombiane.
Giungiamo all’ultima parte del nostro breve articolo. Con il 17° Congresso, Hu Jintao, già in carica da 5 anni, proverà a scalzare definitivamente il gruppo di Shanghai (cui fa capo l'ex presidente Jiang Zemin) e a promuovere una nuova politica. Hu Jintao fa capo al gruppo di Tianjin (città vicino Pechino) che ha stretto un’alleanza con i neomaoisti e con le province povere dell’Ovest. Questa coalizione si scontrerà con il gruppo di Shanghai e le province ricche dell’Est. Le alternative sono due: frenare la crescita, ridistribuire le ricchezze a tutti ed occuparsi dei problemi ambientali (posizione di Hu Jintao e dei neomaoisti) o continuare sulla strada della Globalizzazione e della crescita del 10% (posizione di Shanghai e delle province ricche).
Il presidente Hu Jintao e i neomaoisti dovranno affrontare i rappresentanti dei gruppi di interesse privato come Chen Xueli (rappresentante del gruppo privato Wei Gao), eletto come delegato al 17° Congresso. Questi gruppi, sempre più aggressivi, rispondono solo a se stessi, né al partito né ad un'assemblea. Se la Cina non vuole fare la fine dei paesi occidentali, i cui governanti sono sul libro paga delle Holding e delle Corporation, deve assolutamente invertire la rotta.
1. La storia recente della RPDC (Corea del Nord) è molto più complessa di quanto si creda. Dall’inizio degli anni ’80 si aprì un decennio di caduta della crescita economica che portò a un circolo vizioso. Priva di moneta convertibile, necessaria per acquistare petrolio, la RPDC, che era il paese più industrializzato dell’Asia Orientale (Giappone escluso), vide le sue fabbriche e le sue macchine agricole lavorare a capacità sempre più ridotta. La situazione peggiorò nel 1989, dopo l’abbandono sovietico. Cominciarono carestie dovute anche a sfortunati episodi di maltempo ripetutisi nel tempo. Oggi si può dire che la Corea del Nord è la principale vittima “dell’isolamento internazionale”, con tutto ciò che comporta: dalla crisi economica, al peggioramento delle relazioni internazionali sino alla corruzione della leadership.
Valerio Quatrano