La Napoli di De Magistris e quella di Lauro
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Corriere del Mezzogiorno, 21 giugno 2016
La Napoli di De Magistris e quella di Lauro
Nicola Quatrano
Anche un osservatore impolitico (ma non indifferente) come me, resta colpito dal risultato elettorale di Napoli. Il trionfo (sia pure relativo, stimabile a non più del 20% del voto reale) di De Magistris premia infatti un candidato “anomalo”, l’unico di una grande città che non faccia riferimento ad alcuna delle tre grandi aree politiche nazionali
Non si tratta, per Napoli, propriamente di una novità. Senza voler minimamente mettere sullo stesso piano i due personaggi (li separa un abisso, per formazione, storia politica e anche moralità personale), la situazione che si è creata ha molti tratti in comune con quella delle amministrazioni di Achille Lauro. Anche allora, mentre si consolidava nel resto del paese il bipolarismo DC-PCI, un blocco sociale di “popolino” e piccola borghesia frustrata affidò il governo della città ad un uomo estraneo ai due grandi partiti nazionali, e ad una lista “monarchica”, costruita in realtà a immagine e somiglianza del Comandante e composta da un ceto politico raccogliticcio, transitato poi, più o meno in blocco, nelle fila della DC.
Più difficile analizzare le componenti sociali del “fenomeno De Magistris”, che certamente si alimenta del giustificato livore anti-establishment di una piccola borghesia agonizzate e di una gioventù senza futuro. Ma che non sia la prima volta nella storia recente che i napoletani si affidano a personaggi “anomali”, contraddice un po’ le analisi sulla recente irrilevanza di Napoli, vista come la causa prima della sua strana compagine amministrativa. C’è forse (anche) un’altra ragione, ed ha a che vedere con qualcosa di più profondo dell’anima di questa città, che non si è mai sentita veramente italiana, che adora la baldoria di Piedigrotta o la movida del “lungomare liberato” e si innamora ricorrentemente di personaggi dal piglio un po’ lazzarone, capaci di incantarla perfino coi loro difetti.
Su un piano più “analitico”, se l’amministrazione laurina fu una “variante locale” del sistema di potere DC, quella di De Magistris è una “variante locale” dell’opposizione grillina. E, restando alle similitudini, anche De Magistris (come già Achille Lauro) vagheggia una proiezione su scala nazionale, proponendosi come leader della Sinistra italiana. Ma probabilmente il personaggio è troppo ingombrante e quell’area politica già troppo zeppa di leader e leaderini in cerca di investitura, perché la cosa possa sembrare praticabile.
Per Lauro la “anomalia” si risolse in un fattore di debolezza. Quando la DC riuscì a riorganizzarsi intorno al personaggio emergente di Silvio Gava, bastò un complotto di Palazzo per cacciare il Comandante. Un decreto del ministro Tambroni sciolse il consiglio comunale, nel 1958, per irregolarità amministrative. Il voto successivo penalizzò la lista laurina, e l’anomalia venne cancellata. De Magistris, dal canto suo, ha già subito diversi commissariamenti da parte del governo e sconta l’ulteriore elemento di fragilità di non potersi più ricandidare. Ma non è detto che anche questa storia sia destinata ad essere archiviata. A differenza degli anni 1950, le forze politiche nazionali non godono affatto, oggi, di buona salute. Renzi è incapace di unire il suo campo, ma riesce mirabilmente a mobilitare gli avversari, e chissà che il progressivo esautoramento degli Stati-nazione non porti come naturale conseguenza una maggiore “fantasia” negli assetti locali. Staremo a vedere.
Napoli rischia comunque, a onta della sua irrilevanza, di diventare un laboratorio politico di importanza nazionale, e la sua giunta di avere caratteri più “global” che “local”. Ne tengano conto i politici e i media, tanto attaccati ai facili stereotipi. E se ne rendano conto i Napoletani, così restii a prendersi sul serio. Che lo vogliano o meno, è su di loro che incombe la responsabilità di dare dignità “nazionale” a un’avventura destinata altrimenti a restare confinata nel campo del folklore, e rendere collettiva una storia che ha ancora troppi caratteri di storia personale.