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Categoria: Le Schede di Ossin
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Le schede di ossin, 28 gennaio 2024 - Chi vuole davvero fermare il genocidio in corso dei Palestinesi deve trovare il coraggio di sfidare un presunto genocidio di ottant’anni fa, un genocidio gonfiato e enfatizzato e usato per giustificare un enorme catalogo di crimini di guerra e massacri...
Pravda statunitense: Israele e la bufala dell'Olocausto
Ron Unz
Il mese scorso ho esplorato le origini storiche dello Stato di Israele ed il suo intrecciarsi con l’espulsione dei profughi palestinesi dalla loro antica patria. Durante questa discussione, ho sottolineato il ruolo cruciale che l’Olocausto ebraico ha svolto nel giustificare e facilitare quegli eventi epocali di tre generazioni fa
Per scrivere questo articolo, ho letto o riletto più di una dozzina di libri, e ne ho anche menzionato di sfuggita un altro, che solo adesso ritengo di avere digerito. Il tema principale dell’articolo era il conflitto israelo-palestinese, e The Seventh Million di Tom Segev toccava solo di tangente quell’argomento. Ma il suo sottotitolo descrittivo “Gli Israeliani e l’Olocausto” mi ha suggerito un altro terreno di ricerca che si è rivelato piuttosto fruttuoso.
Nato nel 1945, Segev è generalmente considerato uno dei più importanti giornalisti israeliani, autore di numerose storie assai apprezzate sulle origini di Israele e sulle sue varie guerre. Sebbene il suo bestseller del 1991 fosse controverso, il retro di copertina riportava entusiastici elogi da parte di figure israeliane di spicco come Abba Eban e Amos Elon, così come di importanti studiosi dell'Olocausto come il Prof. George L. Mosse e di leader della diaspora ebraica come il premio Nobel Elie Wiesel. L'ho trovato abbastanza illuminante, anche se forse non proprio nel senso auspicato dall'autore.
Anche prescindendo dal tema principale trattato, già il primo capitolo fornisce alcune informazioni estremamente utili. Nel 2018, avevo attinto alla scioccante ricerca di cui si dà conto nei libri dell’anticonformista di sinistra Lenni Brenner per pubblicare un lungo articolo sulla sorprendente relazione tra le varie fazioni sioniste e la Germania nazista, che per buona parte degli anni 1930 lavorarono insieme in un saldo partenariato economico che ha posto le basi per la creazione dello Stato di Israele.
Anche se la ricerca documentaria di Brenner sembrava solida come una roccia e non era mai stata seriamente messa in discussione, ho sempre coltivato qualche piccolo dubbio in fondo alla mia mente. Mi ero chiesto se fatti così sorprendenti potessero davvero essere veri ed essere stati tuttavia totalmente tenuti nascosti per intere generazioni, praticamente da tutti i nostri giornalisti e accademici. Il libro di Segev, però, mi ha completamente tolto ogni dubbio. Segev è uno scrittore israeliano filo-sionista molto mainstream e probabilmente disprezzava Brenner, un trotskista radicale anti-sionista, tanto da non menzionare mai il nome di quest’ultimo in nessuna delle sue quasi 600 pagine di testo. Ma Segev ha attinto alle stesse fonti d'archivio cui aveva attinto Brenner, finendo col confermare pienamente tutte le sue affermazioni storiche più incendiarie, e ne ha anche aggiunte alcune altre, pur presentando questo identico materiale in modo del tutto diverso.
Negli anni 1920 il movimento sionista di sinistra tradizionale era fortemente influenzato dal marxismo e guidato da David Ben-Gurion, nato in Russia, che si ispirava a Lenin. Ciò nonostante, quei sionisti vararono con entusiasmo una partnership economica, negli anni 1930, con la Germania nazista, partnership basata su un'evidente comunanza di interessi. Hitler era ansioso di incoraggiare lo spontaneo allontanamento della problematica minoranza ebraica tedesca, pari all'1%, mentre i sionisti erano altrettanto ansiosi di accoglierli, insieme agli enormi capitali finanziari e industriali che avrebbero portato con sé. Durante questo periodo, importanti leader delle SS, tra cui Adolf Eichmann, furono invitati in Palestina dai sionisti come ospiti d'onore e poi pubblicarono lusinghieri resoconti dei successi ottenuti dai loro partner sionisti nel principale quotidiano nazista berlinese di Joseph Goebbels. Alcuni leader sionisti ricambiarono, recandosi in Germania per incontri molto amichevoli con le controparti naziste, e riferirono come gli ebrei di quel paese sembravano cavarsela, nonostante il nuovo regime apparentemente ostile di Hitler.
In effetti, i dati riportati da Segev dimostrano l’enorme prosperità degli ebrei tedeschi, spiegando perché i sionisti erano così ansiosi di organizzare il loro trasferimento nella povera Palestina. I nazisti concordarono che ogni emigrante ebreo potesse portare con sé l’equivalente attuale di 200.000 dollari in valuta estera, più altri 250.000 dollari o più in merci tedesche. Si trattava di somme enormi per quella che era stata la società disperatamente povera della Germania di Weimar, e tale ricchezza ebraica era stata ovviamente una delle principali fonti di risentimento antisemita in quel paese.
Se i principali gruppi sionisti cooperarono con la Germania nazista per ragioni puramente utilitaristiche, i loro rivali sionisti di destra avevano motivazioni più ideologiche perché modellavano il loro movimento su quello di Mussolini, e si consideravano fascisti come i loro acerrimi oppositori. Molti di questi sionisti consideravano addirittura il famigerato antisemitismo di Hitler come un mero difetto politico piuttosto che come un ostacolo insormontabile che impediva di provare ammirazione per lui. Nel 1933, un importante scrittore sionista classificò il dittatore tedesco tra i “nomi eccellenti” del mondo, insieme a Mussolini, Ataturk e vari altri eroi di destra del suo movimento, mentre un’altra figura sionista dichiarava ad alta voce che “Hitler ha salvato la Germania”. Anche dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, una di queste fazioni sioniste guidate da un futuro primo ministro israeliano cercò ripetutamente di arruolarsi nelle potenze dell’Asse, sperando di unirsi all’alleanza militare guidata da Hitler e Mussolini.
Uno dei punti interessanti sollevati da Segev è che, sebbene la grande maggioranza degli ebrei comuni in tutto il mondo fosse fortemente ostile al regime di Hitler, i leader della maggior parte delle diverse fazioni sioniste si posero segretamente in feroce concorrenza per ottenere il patrocinio tedesco, e accadde anche che quelli che sono risultati perdenti a volte hanno denunciato ipocritamente le affiliazioni naziste dei loro rivali di maggior successo. Queste accuse crudeli portarono nel 1933 all’assassinio di uno dei principali leader sionisti in Palestina per mano dei suoi critici di destra.
Sebbene questa partnership nazi-sionista fosse controversa all’epoca, lo divenne ovviamente ancora di più dopo la sconfitta dell’Asse e lo sforzo concertato degli Alleati per demonizzare i nazisti attraverso i processi farsa di Norimberga e altri spettacoli di propaganda, così il neonato Stato di Israele fece ogni sforzo per nascondere questo oscuro segreto del suo recente passato. Quando quei fatti storici degli anni '30 minacciarono poi di trapelare, a metà degli anni '50, a causa dei problemi legali di un'importante figura politica israeliana, l'uomo fu assassinato e Segev ha ipotizzato che fosse stato il governo israeliano probabilmente ad organizzare l'omicidio per chiudergli definitivamente la bocca.
Dopo quel primo capitolo piuttosto sorprendente, il grosso della narrazione di Segev si sposta su un argomento molto diverso, vale a dire il complicato rapporto di Israele con l'Olocausto, lo sterminio deliberato di circa sei milioni di civili ebrei indifesi da parte della Germania nazista, per lo più nelle camere a gas di vari campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Su questi fatti fondamentali, le opinioni dell'autore sembrano assolutamente convenzionali, e reiteratamente egli sottolinea la crudeltà bestiale del diabolico piano nazista di cancellare tutti gli ebrei dal mondo. Ma sebbene in gran parte del libro vi siano vari riferimenti all’Olocausto, alle camere a gas o ai più famosi campi di concentramento come Auschwitz, Treblinka, Sobibor e Dachau, Segev evita ampiamente di discutere i dettagli di quel piano di sterminio, sembrando dare per scontato che tutti i suoi lettori abbiano una profonda familiarità con il resoconto narrativo standard prodotto dalla moderna ricerca sull'Olocausto, iniziata sulla scia del fondamentale volume di Raul Hilberg del 1961. Paradossalmente, Segev segnala che, al momento in cui egli scriveva il suo libro, l'opera classica di Hilberg non era ancora stata tradotta in ebraico, probabilmente perché aveva affermato che tutti quei milioni di ebrei erano andati volontariamente alla morte, guidati dalla leadership della propria comunità e senza mai mostrare alcun segno di resistenza attiva.
Tuttavia, la società israeliana ha il peculiare carattere di essere costituita in buona parte da sopravvissuti all'Olocausto del dopoguerra, "il settimo milione" del titolo di Segev, individui che sono passati attraverso i vari campi di sterminio nazisti. Pertanto, i loro avvincenti resoconti personali sembrano aver fornito gran parte delle informazioni su quegli eventi epocali al pubblico israeliano, compreso lo stesso Segev, nato poche settimane prima del suicidio di Hitler e del crollo del regime tedesco.
Forse perché il primo capitolo di Segev documentava la stretta collaborazione nazi-sionista degli anni '30, cosa che avrebbe potuto sconcertare i suoi lettori, egli fece precedere questa esposizione da un prologo che racconta i peggiori orrori dell’Olocausto che seguirono gli avvenimenti degli anni 1930. Ispirandosi soprattutto ai libri di un singolare sopravvissuto ad Auschwitz di nome Yehiel De-Nur, che aveva trascorso due anni in quel famigerato campo di sterminio, e sebbene il nome di quello scrittore significhi poco negli odierni Stati Uniti, nel dopoguerra egli era un celebre autore in Israele.
Anche se tutti i numerosi volumi autobiografici di De-Nur furono pubblicati sotto uno pseudonimo e la sua vera identità rimase nascosta per molti anni, le sue opere furono parte della prima letteratura sull'Olocausto in Israele e furono estremamente influenti nel divulgare al popolo israeliano i dettagli terrificanti di quella catastrofe, tanto che venne istituito uno speciale premio letterario in suo onore, assegnato ogni due anni dal presidente di Israele.
In effetti, Segev ha spiegato che lui e la maggior parte degli altri adolescenti israeliani della sua generazione hanno appreso per la prima volta i dettagli estremamente inquietanti dell'Olocausto dai libri di De-Nur. Quindi, quando ha avuto l’occasione di intervistarlo personalmente, si è accinto all’opera con grande trepidazione. Gli scritti di De-Nur avevano sempre enfatizzato gli atti sadici che venivano presentati come una realtà quotidiana ad Auschwitz, compreso il diffuso abuso sessuale di giovani ragazzi e ragazze ebrei da parte dei loro rapitori nazisti, tanto che Segev definisce le sue opere come piuttosto pornografiche.
Secondo Segev, De-Nur era stato un giovane studente di Yeshiva nella Polonia prebellica con enormi pretese letterarie, che cercava disperatamente di pubblicare i suoi scritti quando arrivò la guerra e finì ad Auschwitz. De-Nur in seguito affermò che Eichmann lo aveva condannato personalmente a quel destino, così divenne uno dei principali testimoni di accusa al processo Eichmann del 1961, e la sua testimonianza si concluse col suo svenimento, presumibilmente dovuto agli indicibili ricordi personali che ancora lo perseguitavano anche decenni dopo.
Si dà il caso che di recente abbia letto anche il classico di Hannah Arendt del 1963 Eichmann in Jerusalem, e De-Nur è stato uno dei pochi testimoni su cui si è soffermata, trattando la sua testimonianza molto meno gentilmente di Segev. Secondo il suo racconto, il monologo bizzarro e sconclusionato di De-Nur ha toccato argomenti astrologici e ogni sorta di altre cose strane, mettendo notevolmente in imbarazzo la Corte. Quando il pubblico ministero alla fine lo interruppe per porre un paio di domande basilari e concrete, De-Nur ebbe immediatamente un attacco isterico, permettendo al giudice di salvare la situazione ordinando che il testimone fosse definitivamente allontanato. La Arendt ipotizzò che la testimonianza di De-Nur dimostrasse l'enorme difficoltà che talvolta i testimoni oculari emotivi hanno nel distinguere tra i loro ricordi reali di eventi di molti anni prima e i frutti della loro vivida immaginazione.
In effetti, Segev sembra aver condiviso l'ipotesi di Arendt, quando ha spiegato che De-Nur era stato così emotivamente distrutto dalle sue esperienze ad Auschwitz da aver avuto bisogno per molti anni di aiuto psichiatrico e che sperimentò anche una serie di sessioni di trattamento con LSD, in cui ricordava le visioni dei suoi giorni nel campo. Alla fine, produsse un nuovo manoscritto dell'Olocausto che includeva scene presumibilmente immaginarie di eventi brutali, come quella di una guardia delle SS che uccideva il ragazzo ebreo che era stato vittima delle sue perversioni sessuali, poi grigliava il corpo del ragazzo allo spiedo e ne divorava la carne pezzo a pezzo.
Queste bizzarre pagine del Prologo sembrano riflettere l’idea che si è fatta dell’Olocausto la maggior parte degli Israeliani, e ho trovato piuttosto sconcertante che fossero immediatamente seguite dal capitolo che descrive i dettagli banali della partnership nazi-sionista di appena pochi anni prima, una giustapposizione estremamente strana di situazioni così radicalmente diverse. Così, secondo quanto risulta dalla ricostruzione di Segev, gli accordi commerciali amichevoli e rispettosi tra i nazisti tedeschi e gli ebrei sionisti della fine degli anni '30 furono improvvisamente sostituiti, all'inizio degli anni '40, da un impegno diabolico e sadomasochista da parte dei nazisti di sterminare totalmente tutti gli ebrei del mondo, una strana trasformazione che ha sollevato seri interrogativi nel mio intimo.
Per quanto ne so, la narrativa tradizionale dell’Olocausto negli USA non ha mai descritto i campi di concentramento tedeschi come focolai di dilagante perversione sessuale sadomasochista. Tuttavia, tali temi sono stati trattati in una serie di popolari film commerciali degli anni '70, a cominciare da Ilsa, She-Wolf of the SS (Ilsa, la lupa delle SS). Questo mi induce a chiedermi se molti di questi resoconti di sopravvissuti in Israele possano rientrare nella stessa categoria. E infatti, secondo la pagina Wikipedia di De-Nur, un'organizzazione israeliana sull'Olocausto ha denunciato i libri di De-Nur come un’invenzione pornografica, anche perché la legge nazista proibiva assolutamente qualsiasi rapporto sessuale tra ariani ed ebrei.
Storie altrettanto bizzarre e scatologiche si trovano anche in The Painted Bird dello scrittore Jerzy Kosinski, che nel 1976 divenne il più popolare libro di memorie sull'Olocausto negli USA. Ma in seguito questo grande bestseller si rivelò totalmente fraudolento, e l’autore plagiatore alla fine si suicidò. In effetti, nel corso degli anni ci sono state così tante false memorie sull’Olocausto da costituire quasi un genere letterario a sé stante. Probabilmente il sopravvissuto all'Olocausto più famoso al mondo è stato Elie Wiesel, che ha sfruttato le storie delle sue sofferenze in tempo di guerra per diventare un'enorme celebrità politica, coronando la sua carriera con un Premio Nobel per la pace nel 1986, che lo ha definito "un messaggero per l'umanità". Eppure il giornalista Alexander Cockburn ha sostenuto in modo convincente che Wiesel era semplicemente un impostore, e la sua famosa opera autobiografica Night solo un’altra bufala letteraria.
Secondo Segev, uno strano elemento del dogma israeliano sull’Olocausto è stata la convinzione diffusa, quasi universalmente, che i nazisti avessero trasformato i corpi degli ebrei in sapone, e perfino i massimi leader governativi hanno fermamente considerato quell’atrocità come un fatto accertato. Non solo si trattava di una bufala acclarata, ma Segev ha spiegato che Yad Vashem, il più autorevole centro israeliano di ricerca sull'Olocausto, l'ha bollato come totalmente fraudolento.
Nel frattempo, anche alcune delle storie meno raccapriccianti che Segev racconta sembrano piuttosto dubbie. Secondo un eminente avvocato israeliano, che in seguito affermò di avere partecipato alla liberazione dei campi di sterminio come ufficiale ebreo durante la guerra, un folto gruppo di uomini, donne e bambini furono ammassati in una delle camere a gas, ma poiché il loro numero era insufficiente, i taccagni tedeschi non volevano sprecare un'intera dose di gas e costrinsero quindi i prigionieri a stare lì nudi per un giorno e una notte in attesa di altre vittime, solo per essere salvati dalla morte quando il loro campo fu improvvisamente liberato.
Leggendo il resoconto di Segev sul ruolo dell'Olocausto nella società israeliana e sul tipo di storie scandalose sull'Olocausto che hanno dominato la narrativa in quel paese, non ho potuto evitare di notare un forte collegamento con eventi molto più recenti.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre, sorprendentemente riuscito, ha creato grande imbarazzo agli Israeliani, e i propagandisti filo-israeliani hanno immediatamente iniziato a enfatizzare bufale ridicole come quelle dei quaranta bambini decapitati o di un bambino arrostito in un forno. Tutte queste frodi sono state fornite da personaggi assai poco raccomandabili, ma accettate e promosse con entusiasmo dalle principali élite politiche e dai media occidentali.
L’ultima ondata di affermazioni molto dubbie si è concentrata su storie di seconda mano di stupri di gruppo e mutilazioni sessuali che sarebbero state commesse da Hamas. Questi resoconti sono venuti alla luce solo due mesi dopo gli eventi in questione e mancavano di qualsiasi prova forense a sostegno, e molti di essi provengono dagli stessi individui che avevano già raccontato la bufala dei bambini decapitati, suggerendo che si tratti di stratagemmi propagandistici altrettanto disperati. I giornalisti Max Blumenthal, Aaron Mate e altri sono intervenuti per denunciare la assoluta credulità del Times e di altri media nel promuovere queste storie palesemente fraudolente. Molti di questi punti sono riassunti in una breve discussione video:
Milita in senso contrario la prova molto forte del silenzio. Secondo quanto si è appreso, i militanti di Hamas che hanno sferrato l’attacco indossavano piccole videocamere GoPro, che registravano tutte le loro attività, e gli israeliani ne hanno recuperate molte dai loro corpi ed hanno esaminato attentamente centinaia di ore di riprese filmate. Non v’è dubbio che avrebbero reso immediatamente pubbliche le prove delle atrocità se vi fossero state, ma non sono a conoscenza di un singolo clip pubblicato che mostri tali brutali atrocità o uccisioni di massa, a dimostrazione che non vi è stato nulla del genere. In effetti, Grayzone ha dimostrato che la fotografia resa pubblica di una donna israeliana asseritamente violentata e uccisa si è rivelata in realtà essere quella di una combattente curda di anni prima che era stata recuperata da Internet, dimostrando l’evidente disperazione e disonestà dei propagandisti israeliani che promuovono queste storie.
Questi sviluppi mi fanno venire in mente un paio di paragrafi che avevo pubblicato nel 2018 su argomenti simili:
Chiunque legga dei libri di storia seri sa che gli ebrei hanno la reputazione di saper realizzare truffe colossali, cosa che non deve sorprendere data la loro notoria tendenza a mentire e a distorcere la realtà. Tra l’altro la comunità ebraica registra un abnorme numero di persone che soffrono di turbe psichiche e malattie mentali. Qualsiasi indagine sull’Olocausto conferma certamente questa valutazione negativa.
Anche se la tendenza a mentire ed esagerare non era certo esclusiva dei partigiani politici degli ebrei russi, l’esistenza di una potente rete internazionale di giornalisti ebrei e di mezzi di informazione influenzati dagli ebrei assicurava che tali storie di propaganda inventate potessero ricevere un’enorme divulgazione in tutto il mondo, mentre la verità avrebbe trionfato molto dopo, se non mai.
I redattori di Grayzone hanno notato che ogni valutazione scettica di quelle scandalose storie di atrocità attribuite ad Hamas ha suscitato feroci critiche da parte dei filo-israeliani, senza però portare alla divulgazione di qualche prova concreta.
Questo è ovviamente vero, Ma penso che un approccio altrettanto scettico debba essere applicato anche alla narrativa convenzionale dell’Olocausto, che costituisce il pilastro ideologico centrale dello Stato ebraico, della sua leadership politica e dei suoi sostenitori convinti, sia ebrei che gentili. Sfortunatamente, applicare tali metodi analitici può essere psicologicamente difficile per molti occidentali perché nelle ultime due generazioni Hollywood ha elevato quell’evento storico degli anni Quaranta a qualcosa di simile a una quasi-religione. Come ho scritto nel 2018:
Siccome le tre reti televisive sono tutte sotto il controllo ebraico, non sorprende che due anni dopo, nel 1978, ABC abbia deciso di ripetere l’exploit con la mini-serie televisiva Olocausto, che ha anch’essa totalizzato un’audience di 100 milioni di telespettatori e prodotto enormi profitti. Sembra che questa sia stata la prima volta che molte famiglie statunitensi abbiano scoperto questo avvenimento colossale, ma quasi del tutto sconosciuto all’epoca.
L’anno dopo, William Styron ha pubblicato La scelta di Sofia, un racconto straziante sullo sterminio di bambini cristiani polacchi nelle camere a gas di Auschwitz. Per quanto la storia contraddicesse la narrazione di tutti gli specialisti ebrei dell’Olocausto, il romanzo divenne lo stesso un enorme best-seller nazionale, e ne venne fatto anche un film, nel 1982, con Meryl Streep che vinse l’Oscar per la migliore attrice. Dieci anni dopo, La lista di Schindler di Steven Spielberg vinceva sette Oscar, realizzando profitti per quasi 100 milioni di dollari.
Con una Hollywood in maggioranza ebrea, non sorprende che si sia sviluppato un genere cinematografico enorme sull’Olocausto. Secondo Finkelstein, Hollywood ha prodotto circa 180 film sull’Olocausto solo tra il 1989 e il 2004. Diversi miliardi di dollari sono stati investiti nel corso degli anni in questa impresa. Per la maggior parte della gente comune, «vedere è credere», e come si potrebbe seriamente dubitare della realtà dell’Olocausto dopo ver veduto tutte le camere a gas e le montagne di cadaveri di ebrei assassinati costruite da scenografi hollywoodiani molto ben pagati? Dubitare dell’esistenza di Spiderman e dell’incredibile Hulk sarebbe quasi altrettanto assurdo.
Solo un 2% di Statunitensi è di origine ebraica, mentre forse un 95% ha radici cristiane, ma la lista di film sui cristiani fornita da Wikipedia sembra piuttosto misera al confronto. Pochissimi di questi film hanno avuto ampia diffusione, e la selezione si estende fino a comprendere Il Mondo di Narnia, che non contiene alcuna menzione del cristianesimo. Una delle rare eccezioni su questa lista è La Passione di Cristo di Mel Gibson del 2004, che fu costretto a finanziarsi da solo. E, nonostante l’enorme successo finanziario del film, uno dei più importanti di tutti i tempi, esso ha fatto di Gibson un paria assai criticato in una industria sulla quale aveva prima regnato come una grande star, soprattutto dopo che è circolata la notizia che suo padre era un negazionista dell’Olocausto.
Per molti versi, Hollywood e i media di intrattenimento in generale forniscono oggi la base spirituale unificatrice della nostra società profondamente laica, e la schiacciante predominanza dei film sull’Olocausto su quelli che hanno per tema il cristianesimo ha implicazioni evidenti. Nel frattempo, nel nostro mondo globalizzato, il sistema intrattenimento/media statunitense domina totalmente l’Europa e il resto dell’Occidente, di modo che le idee qui prodotte condizionano la mente di centinaia di migliaia di altre persone, che se ne rendano conto o meno.
Nel 2009, papa Benedetto XVI ha cercato di chiudere la disputa nata col concilio Vaticano II nella chiesa cattolica e riconciliarsi con la setta secessionista che si ispirava a san Pio X. Ma la cosa è finita in controversia mediatica quando si è scoperto che il vescovo Richard Williamson, uno dei principali esponenti di questa setta, era da tempo un negazionista dell’Olocausto e pensava anche che gli ebrei dovessero convertirsi al cristianesimo. Per quanto le altre numerose diversità dottrinarie fossero negoziabili, il rifiuto di accettare la realtà dell’Olocausto non lo era, e Williamson è rimasto fuori dalla Chiesa cattolica. Poco dopo è stato anche incriminato per eresia dal governo tedesco.
Alcuni critici in internet lasciano intendere che, nel corso delle ultime generazioni, alcuni aggressivi militanti ebrei siano riusciti a convincere le nazioni occidentali a sostituire il loro cristianesimo tradizionale con una nuova religione, l’Olocaustismo, e la vicenda Williamson sembra confermarlo.
Facciamo l’esempio del magazine satirico francese Charlie Hebdo. Finanziato da interessi ebraici, ha attaccato per anni il cristianesimo, talvolta anche in modo grossolanamente pornografico, e allo stesso modo offende l’islam. Simili iniziative sono state ritenute dai politici francesi come la prova dell’assoluta libertà di pensiero garantita nella patria di Voltaire. Ma non appena uno dei suoi principali caricaturisti ha fatto una innocente battuta sugli ebrei, è stato immediatamente licenziato e, se la pubblicazione avesse messo in ridicolo l’Olocausto, sarebbe stata certamente chiusa immediatamente, e tutti i suoi dipendenti avrebbero potuto essere incarcerati.
I giornalisti occidentali e i difensori dei diritti umani hanno spesso espresso sostegno alle attività audaci e trasgressive delle militanti di Femen, finanziate dagli ebrei, quando profanavano le chiese in tutto il mondo. Ma gli stessi si ribellerebbero se qualcuno facesse altrettanto nei confronti della crescente rete internazionale dei musei dell’Olocausto, la maggior parte dei quali costruiti con fondi statali. Inoltre una delle fonti sotterranee del conflitto occidentale con la Russia di Vladimir Putin sembra il fatto che egli ha restituito al cristianesimo una posizione privilegiata in una società in cui i primi bolscevichi avevano distrutto le chiese con la dinamite e massacrato migliaia di preti. Le élite intellettuali occidentali erano molto più disponibili con l’URSS i cui leader erano risolutamente anti cristiani.
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Nello stesso lunghissimo articolo del 2018, ho descritto come mi avessero incuriosito i temi concernenti le basi probatorie dell'Olocausto e come, dopo un'attenta indagine, avevo concluso che l'Olocausto era in gran parte, forse quasi interamente, una bufala.
In particolare, ho scoperto che, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, la maggior parte dei giornalisti e degli accademici statunitensi tradizionali sembrano aver tranquillamente riconosciuto che le storie di milioni di ebrei uccisi nelle camere a gas dai nazisti erano semplicemente crudeli storie di propaganda di guerra, non dissimili da quelle della prima guerra mondiale che parlavano di tedeschi che violentavano suore belghe e mangiavano bambini belgi.
Una prova importante è stata la mia scoperta di un libro scritto dal Prof. John Beaty, che aveva servito come colonnello nell'intelligence militare durante la guerra.
Qualche anno fa, mi sono imbattuto in un libro che mi era del tutto sconosciuto, pubblicato nel 1951 e intitolato Iron Curtain Over America di John Beaty, un rispettatissimo professore universitario. Beaty aveva servito negli anni di guerra nei servizi segreti militari, incaricato della preparazione dei rapporti di briefing quotidiani distribuiti a tutti gli alti responsabili e contenenti un sunto delle informazioni raccolte nel corso delle 24 ore precedenti, un incarico dunque di notevole responsabilità.
Da zelante anticomunista, riteneva gran parte della popolazione ebraica statunitense come coinvolta nelle attività sovversive, e la considerava dunque una seria minaccia per le tradizionali libertà statunitensi. In particolare, il controllo ebraico crescente sull’editoria e i media rendeva sempre più arduo, per i punti di vista discordanti, raggiungere il pubblico statunitense, e questo regime di censura costituiva la «cortina di ferro» evocata dal titolo. Accusava gli interessi ebraici di avere spinto ad una guerra totalmente inutile contro la Germania hitleriana che cercava da tempo di stabilire buone relazioni con gli USA, ma che era stata totalmente distrutta a causa della sua forte opposizione alla minaccia comunista appoggiata dagli ebrei europei.
Beaty denunciava altrettanto vivamente l’appoggio USA al nuovo Stato di Israele, che ci costava potenzialmente l’ostilità di milioni di musulmani e di arabi. E, en passant, criticava anche gli Israeliani per avere continuato a sostenere che Hitler avesse ucciso sei milioni di ebrei, un’accusa assolutamente inverosimile che non aveva alcun fondamento apparente nella realtà e sembrava molto di più una bufala messa in giro dagli ebrei e dai comunisti, per avvelenare le nostre relazioni con la Germania del dopo-guerra e per sottrarre al popolo tedesco che soffriva già da lungo tempo soldi da versare allo Stato ebraico.
Denunciava anche il processo di Norimberga, che bollava come una «pesante macchia indelebile» per gli USA e una «parodia di giustizia». Secondo lui era stato gestito da ebrei tedeschi vendicativi, molti dei quali avevano falsificato le testimonianze. Di conseguenza, questo «fetido fiasco» aveva solo insegnato ai Tedeschi che «il nostro governo non possedeva alcun senso della giustizia». Il senatore Robert Taft, leader repubblicano dell’immediato dopo-guerra, aveva una posizione assai simile, cosa che gli valse poi l’elogio di John F. Kennedy in Profiles in Courage. Il fatto che il procuratore capo sovietico di Norimberga avesse svolto lo stesso ruolo nei famosi processi staliniani della fine degli anni 1930, durante i quali molti ex bolscevichi avevano confessato un mucchio di cose assurde e ridicole, non ha per nulla rafforzato la credibilità di quel processo agli occhi di molti osservatori.
All’epoca, come anche oggi, un libro che sostiene posizioni tanto controverse aveva poche speranze di trovare un editore newyorkese, ma venne almeno pubblicato da una piccola casa editrice di Dallas, e poi ebbe un enorme successo, venendo ristampato diciassette volte nel corso degli anni seguenti. Secondo Scott McConnell, il redattore capo che ha fondato The American Conservative, il libro di Beaty è diventato il secondo testo conservatore più popolare degli anni 1950, collocandosi secondo solo dopo il classico emblematico di Russell Kirk, The Conservative Mind.
Inoltre, le critiche severe dei gruppi ebraici, tra cui l’ADL, provocarono una reazione opposta, e molti generali USA di alto rango, ancora in servizio o in pensione, appoggiarono apertamente il lavoro di Beaty, denunciando le pretese censorie dell’ADL e invitando tutti gli Statunitensi a leggerlo. Per quanto l’assai esplicita negazione dell’Olocausto di Beaty possa scioccare le sensibilità moderne, sembra all’epoca aver suscitato solo qualche lieve inquietudine e venne poi venne quasi del tutto dimenticato, perfino dai suoi critici ebrei.
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Dato il ruolo cruciale svolto in tempo di guerra, probabilmente pochi statunitensi avrebbero potuto avere, come il prof. Beaty, informazioni privilegiate provenienti dai nostri servizi segreti, e il suo enorme bestseller del 1951 liquidò con nonchalance le storie dell’Olocausto ebraico come sciocchezze. Il suo libro è stato fortemente sostenuto da molti dei nostri più importanti generali e, sebbene l’ADL e altri gruppi ebraici lo abbiano ferocemente attaccato su ogni altro punto, nessuno di loro ha mai contestato le sue dichiarazioni sull’Olocausto.
Questo breve saggio di Beaty del 1951 è stato il primo esempio esplicito di negazione dell’Olocausto che sono riuscito a trovare, ma gli anni dell’immediato dopo-guerra videro un fiorire di quel che si potrebbero definire «negazioni implicite dell’Olocausto», soprattutto nei circoli politici più elevati.
Nel corso degli anni, gli specialisti e i militanti dell’Olocausto hanno molto giustamente evidenziato la natura assolutamente senza precedenti degli avvenimenti storici che studiavano. Raccontano che circa sei milioni di civili ebrei innocenti sono stati deliberatamente sterminati, per lo più nelle camere a gas, da una delle nazioni più istruite d’Europa, ed evidenziano che questo progetto mostruoso ha avuto la priorità rispetto alle esigenze militari della Germania in tempo di guerra durante l’ultima lotta disperata per la sopravvivenza del paese. I Tedeschi hanno inoltre fatto enormi sforzi per eliminare del tutto ogni traccia dei loro atti orribili, dispensando enormi risorse per ridurre in cenere tutti quei milioni di corpi e disperderle. Hanno talvolta anche dissotterrato i corpi sepolti in fosse comuni, per incenerirli totalmente e eliminare quindi tutte le prove. E benché i Tedeschi sino noti per la loro precisione burocratica, questo immenso progetto del tempo di guerra sembra essere stato realizzato senza che un solo documento scritto, a almeno alcun documento di questo tipo, sia mai stato trovato.
Lipstadt ha intitolato il suo primo libro Beyond Belief, e io penso che tutti possiamo convenire che l’avvenimento storico del quale lei e tanti altri del mondo universitario e a Hollywood hanno fatto il pezzo forte della loro vita e della loro carriera sia uno dei più rilevanti di tutta la storia dell’umanità. Infatti solo una invasione marziana sarebbe forse più degna di tanta attenzione, ma la celebre pièce radiofonica di Orson Welles sulla Guerra dei mondi, che ha terrorizzato milioni di Statunitensi nel 1938, era una favola e non era reale.
I sei milioni di ebri morti nell’Olocausto costituiscono certamente una frazione importantissima di tutte le vittime della guerra sul teatro europeo, vale a dire 100 volte più di tutti i Britannici morti, e decine di volte più numerosi di tutti gli Statunitensi caduti in combattimento. Inoltre la mostruosità stessa del crimine contro dei civili innocenti costituiva certamente la migliore giustificazione possibile all’intervento militare degli Alleati. Tuttavia per molti anni dopo la guerra una sorta di stranissima amnesia sembra essersi impossessata dei principali protagonisti politici.
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A questo proposito, ho citato un passaggio molto interessante del Prof. Robert Faurisson, che divenne uno dei principali negazionisti dell'Olocausto in Francia negli anni '70:
Tre delle opere tra le più conosciute sulla Seconda Guerra mondiale sono: Crusade in Europe del generale Eisenhower (New York : Doubleday[Country Life Press], 1948), The Second World War di Winston Churchill (Londres : Cassell, 6 vol., 1948-1954) e les Mémoires de guerre du général de Gaulle (Paris : Plon, 3 vol., 1954-1959). In nessuna delle tre si fa la minima menzione delle camere a gas naziste.
Crusade in Europe di Eisenhower è un libro di 559 pagine ; i sei volumi di The Second World War di Churchill totalizzano 4 448 pagine ; e le Memorie di guerra in tre volumi di De Gaulle contano 2 054 pagine. In questa massa di scritti, che giunge ad un totale di 7 061 pagine (senza contare le parti introduttive), pubblicate tra il 1948 e il 1959, non si trova alcuna menzione delle «camere a gas naziste», di un «genocidio» degli ebrei, né dei «sei milioni» di vittime ebree della guerra.
Consideriamo tutte le implicazioni di questi fatti.
Come ha sottolineato Faurisson, negli anni 1948-1959 Eisenhower, Churchill e de Gaulle pubblicarono le loro memorie, per un totale di più di 7.000 pagine. Questi individui furono i più grandi eroi vittoriosi della Seconda Guerra Mondiale e le imponenti opere che pubblicarono avevano lo scopo di fissare permanentemente il loro posto nella storia, non solo per i prossimi anni, ma per molti decenni e persino secoli a venire.
Gli studiosi tradizionali dell'Olocausto hanno ragionevolmente sostenuto che l'evento da loro studiato è stato probabilmente il più grande crimine mai commesso nella storia del mondo, il rapido sterminio di sei milioni di vittime innocenti da parte di uno dei paesi più istruiti del mondo utilizzando mezzi scientifici diabolicamente avanzati.
Quei tre leader avevano guidato la campagna globale per sconfiggere il paese responsabile dell’Olocausto, avvenuto solo circa dieci anni prima.
Eppure nessuno, leggendo quelle 7.000 pagine di testo, avrebbe mai sospettato che fosse avvenuto un Olocausto. Come si può spiegare ciò con la narrazione storica standard?
La mia spiegazione contraria è molto semplice. Tutti e tre questi massimi leader sapevano perfettamente che l’Olocausto era semplicemente una bufala, un ridicolo miscuglio di propaganda di guerra. Erano sicuri che nel giro di altri cinque o dieci anni, venti al massimo, la bufala dell’Olocausto sarebbe stata completamente sfatata e universalmente riconosciuta come assurda, proprio come era successo con le bufale delle atrocità della Prima Guerra Mondiale. Quindi credevano che se ne avessero parlato nei loro libri, sarebbero stati ridicolizzati all’infinito dalle generazioni future, e volevano evitare quel destino imbarazzante.
Non ho mai approfondito la questione, ma presumo che tutti gli eminenti leader alleati che pubblicarono le loro storie e memorie dopo la prima guerra mondiale furono molto attenti a evitare di includere affermazioni secondo cui i tedeschi avevano violentato suore belghe o mangiato bambini belgi.
La “riscoperta” dell’Olocausto nella storiografia occidentale è avvenuta solo all’inizio degli anni ’60, e alcune di quelle circostanze molto paradossali sembrano puntare verso la stessa controversa conclusione. Come ho scritto nel mio articolo del 2018:
Il rimpianto Raul Hilberg è universalmente riconosciuto come il fondatore degli studi moderni sull’Olocausto, cominciati con la pubblicazione, nel 1961, del suo enorme volume The Destruction of the European Jews. Nell’interessantissimo necrologio di Hilberg, scritto nel 2007, lo storico Norman Finkelstein sottolinea che, prima di lui, non si era praticamente scritto sull’Olocausto, e che la discussione sul tema era considerata quasi un «tabù». Il fatto che un avvenimento recente di tale importanza evidente sia stato quasi completamente cancellato dal pubblico dibattito e dalla coscienza degli storici e dei politologi può spiegarsi in diversi modi. Ma quando ho cominciato ad approfondire il rivoluzionario lavoro di Hilberg, mi sono imbattuto in ogni sorta di strane ironie.
Secondo Wikipedia, la famiglia di ebrei austrici di Hilberg è arrivata per coincidenza negli Stati Uniti lo stesso giorno in cui è scoppiata la guerra nel 1939 e, affacciandosi all’adolescenza, egli rimase inorridito nel leggere tutti i reportage sullo sterminio in corso dei suoi compatrioti ebrei, e telefonò perfino ai leader ebrei chiedendo loro perché facevano tanto poco per salvare i loro correligionari dall’annientamento. Si arruolò poi nell’esercito USA in Europa, quindi si specializzò in Scienze Politiche al Brooklyn College dopo la fine del conflitto. L’inspirazione per il suo lavoro sembra essergli venuta quando rimase scioccato da una riflessione di uno dei suoi professori, Hans Rosenberg:
«Le peggiori atrocità perpetrate su una popolazione civile nei tempi moderni si sono avute durante l’occupazione napoleonica della Spagna».
Quando Hilberg gli chiese come, lui che era un rifugiato ebreo tedesco, potesse totalmente ignorare l’uccisione di 6 milioni di ebrei, un crimine mostruoso commesso pochi anni prima, Rosenberg cercò di sviare la domanda, dicendo che «è una faccenda complicata» e che «la storia non si occupa dell’epoca attuale». Giacché Rosenberg era un allievo di Meinecke, che Lipstadt denuncia come un negazionista implicito dell’Olocausto, potrebbe darsi che egli condividesse le convinzioni del suo mentore, ma che fosse reticente ad ammetterlo coi suoi studenti ebrei, emozionalmente reattivi, del Brooklyn del dopo-guerra.
Più tardi Hilberg ha fatto le sue ricerche di dottorato a Columbia sotto la guida di Franz Neumann, un altro ricercatore ebreo tedesco. Ma quando rese noto di voler concentrare le sue ricerche sullo sterminio degli ebrei europei, Neumann lo scoraggiò fortemente, avvertendolo che sarebbe stato imprudente sul piano professionale e avrebbe potuto trasformarsi nel suo «funerale accademico». Quando ha tentato di pubblicare le sue ricerche in forma di libro, ha ricevuto una serie di critiche negative, con Yad Vashem di Israele che temeva vi sarebbero state «critiche ostile», e per sei anni è stato respinto da diverse grandi case editrici e anche dall’Università di Princeton, su consiglio dell’influente intellettuale ebrea Hannah Arendt. C’è da chiedersi naturalmente se tutti questi eruditi affermati non sapessero per caso qualcosa che un giovane dottorando ingenuo come Hilberg non sapeva. Il suo libro è stato alla fine stampato solo perché un immigrato ebreo la cui attività aveva sofferto sotto i nazisti ne ha finanziato la pubblicazione.
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Ancora un altro strano elemento, accuratamente documentato ma piuttosto difficile da far quadrare con la tradizionale narrazione dell'Olocausto, è che un gran numero di tedeschi in parte ebrei prestarono servizio lealmente negli eserciti di Hitler, alcuni dei quali ricoprirono gradi militari molto alti:
Prendiamo l’interessante caso del maresciallo Erhard Milch, numero due dopo Hermann Goering della Luftwaffe. Il padre era certamente ebreo e, secondo Robert Wistrich e Louis Snyder, vi sono prove di archivio che lo fosse anche la madre. Non è certo impossibile che un III Reich, ritenuto votato al fanatico progetto di sterminio di tutti gli ebrei, avesse un ebreo completo, o almeno a metà, collocato al vertice della sua gerarchia militare, ma certamente questa sconcertante anomalia richiederebbe una spiegazione minuziosa, e le origini ebraiche di Milch erano certamente conosciute durante il processo di Norimberga. Tuttavia, consultando accuratamente gli indici dei cinque volumi, complessivamente più di 3 500 pagine, Milch non compare praticamente mai, salvo qualche breve menzione del suo nome in relazione a diverse operazioni militari. O gli autori non conoscevano l’origine ebraica di Milch, o hanno cercato di tenerla nascosta per non creare «confusione». Questa vicenda non rafforza la fiducia nella loro competenza o nella loro obiettività scientifica.
In effetti l’affascinante e apprezzatissimo libro Hitler’s Jewish Soldiers di Bryan Mark Rigg, del 2002, nota che, oltre a Milch, nell’esercito di Hitler c’era più di una dozzina di generali e ammiragli per metà ebrei, e altrettanti che lo erano per un quarto, più un totale di circa 150 000 soldati ausiliari per metà o un quarto ebrei, gran parte dei quali ufficiali. Tutti avevano dei genitori o dei nonni interamente ebrei e la cosa pare strana in un regime che si pensa avesse l’obiettivo del totale sterminio degli ebrei.
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Ho discusso di tutti questi problemi e di molti altri anche nel mio lunghissimo articolo del 2018, nonché in un articolo correlato pubblicato l'anno successivo:
Ron Unz • The Unz Review • 10 giugno 2019 • 12.500 parole
Per coloro che preferiscono assorbire alcune di queste stesse informazioni in un formato diverso, l’anno scorso sono stato intervistato dalla televisione iraniana su una serie di argomenti altamente controversi esclusi dai media occidentali, e due dei segmenti di mezz’ora si sono concentrati sull'Olocausto. Il canale quattro dell'Iran Broadcasting Corporation è uno dei più grandi del paese, con un pubblico potenziale di dieci milioni di persone, e dopo che i segmenti sono stati messi online, li ho video-catturati e caricati su un canale Rumble:
Analizzare l'Olocausto, Parte I • 25m
Analizzare l'Olocausto, Parte II • 32m
Sebbene totalmente ignorati dai nostri disonesti media occidentali, nel corso delle ultime due generazioni gli investigatori dell’Olocausto hanno scoperto e accumulato un enorme volume di prove persuasive, dimostrando la totale e radicale falsità della narrativa storica tradizionale su una vasta gamma di basi diverse.
Uno dei primi lavori più importanti fu originariamente pubblicato nel 1976 dal Prof. Arthur R. Butz della Northwestern e, dopo essere stato aggiornato più volte da allora, il suo volume costituisce ancora una delle introduzioni più complete all'argomento. Il libro porta il titolo molto appropriato di “La bufala del ventesimo secolo” e sebbene sia stato eliminato da Amazon diversi anni fa, è ancora facilmente disponibile qui e altrove.
The Case Against the Presumed Extermination of European Jewry
Arthur R. Butz • 1976/2015 • 225.000 parole • PDF •
Come ho discusso nel mio articolo del 2018, il più importante tra i recenti aggiornamenti di questa vasta raccolta di materiale è stata probabilmente pubblicata circa dieci anni fa da uno stimato storico della scienza.
Più recentemente, nel 2008, il dottor Nicholas Kollerstrom, per undici anni storico delle scienze all’University College di Londra, ha subito analoga sorte. Il suo interesse scientifico per l’Olocausto ha provocato una tempesta mediatica diffamatoria, è stato licenziato col preavviso di un giorno, diventando il primo membro di quella istituzione ad essere espulso per motivi ideologici. Aveva in precedenza scritto il paragrafo su Isaac Newton per una enciclopedia biografica sugli astronomi, e la rivista scientifica più prestigiosa degli Stati Uniti ha preteso che l’intera enciclopedia venisse ritirata dalle vendite, distruggendo l’opera di più di 100 scrittori, perché era irrimediabilmente infangata dalla presenza di un collaboratore tanto vergognoso. Ha raccontato questa terribile storia personale nella introduzione del suo libro Breaking the Spell, del 2014, che raccomando vivamente.
Il testo di Kollerstrom riassume bene gran parte delle prove più recenti sulla negazione dell’Olocausto, ivi compresi i registri ufficiali di Auschwitz consegnati da Gorbaciov dopo la fine della guerra fredda, che indicano che i morti ebrei erano inferiori del 99% rispetto al totale prima ipotizzato. Inoltre il numero di morti ebrei è in realtà assai diminuito una volta che sono arrivati abbondanti rifornimenti di Zyklon B, contrariamente a quanto ci si sarebbe dovuti attendere. Discute anche delle nuove prove interessanti ottenute dal decrittaggio britannico dei tempi di guerra di tutte le comunicazioni tedesche tra i vari campi di concentramento e il quartier generale di Berlino.
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L'eccellente libro del Dr. Kollerstrom è stato eliminato da Amazon, ma è disponibile gratuitamente in Internet o può essere facilmente scaricato in vari formati e lo consiglio vivamente a chi è interessato all'argomento.
The Holocaust: Myth & Reality
Nicholas Kollerstrom • 2014/2023 • 110.000 parole • PDF
Gran parte del suo importante materiale è stato presentato in un'interessante intervista di due ore su Red Ice Radio, alla fine eliminata da Youtube ma ancora disponibile altrove su Internet.
Un paio di decenni prima, il chimico tedesco Germar Rudolf era stato similmente epurato e successivamente imprigionato per la sua indagine critica sulle prove scientifiche dell’Olocausto. Rudolf alla fine creò la raccolta pubblicata più completa di letteratura sulla negazione dell'Olocausto, che include le opere di Butz e Kollerstrom, così come dozzine di altri libri di vari studiosi, quasi tutti liberamente disponibili per il download;
Per coloro che preferiscono ricevere le proprie informazioni in formato video, lo stesso sito web ha una considerevole collezione di tali documentari video e consiglierei in particolare i seguenti tre, molto lunghi, tutti prodotti circa 15 anni fa da un residente di San Francisco. Sebbene manchino i sontuosi valori di produzione di un film hollywoodiano ad alto budget e la qualità della narrazione sia solo così così, penso che il volume del materiale reale presentato in questi video sia estremamente completo e persuasivo, per come ricorso, avendoli guardati per la prima volta, quattro o cinque anni fa.
SIAMO SPIACENTI, MA I FILMATI SONO STATI CENSURATI E SOPPRESSI PERCHE' NELLE SOCIETA' DEMOCRATICHE NON CI SI PUO' INTERROGARE SULL'OLOCAUSTO
Penso che chiunque indaghi attentamente l’argomento debba concludere che esiste un’enorme quantità di prove concrete contro la realtà dell’Olocausto, che sembra essere quasi del tutto fittizia, altrettanto fraudolenta quanto le recenti affermazioni di quaranta bambini decapitati. Ma quel mito dell’Olocausto è comunque rimasto in vita ed è cresciuto costantemente per più di tre generazioni, sembrando oramai una menzogna troppo enorme per essere mai messa in discussione.
Una probabile ragione di tale impunità è stata la riuscita trasformazione dell'Olocausto storico nella quasi-religione dell'Olocaustianità, che per molti aspetti regna come fede dominante in gran parte dell'Occidente profondamente secolare di oggi. Ho notato che, sebbene Papa Benedetto XVI e il suo successore fossero stati disposti ad accettare deviazioni dalle dottrine canoniche della loro Chiesa cattolica su numerose questioni, non abbiano però tollerato alcun atteggiamento di scetticismo nei confronti dell'Olocausto. Molti individui altrimenti coraggiosi sono molto riluttanti a sfidare tale fede religiosa, soprattutto quella in cui loro stessi sono stati immersi fin dalla prima infanzia, forse senza nemmeno rendersene conto.
Tuttavia, credere in tali perniciose falsità può talvolta indurre ad atti della natura più terribile, proprio come le recenti bufale sulle atrocità israeliane sono state utilizzate per consentire l’orribile massacro in corso a Gaza.
Secondo il libro di Segev, la convinzione diffusa nel dopoguerra tra gli ebrei di Palestina che i tedeschi avessero sterminato sei milioni di loro cittadini spinse un gruppo di militanti sionisti a complottare lo sterminio di sei milioni di civili tedeschi per rappresaglia, e si infiltrarono quindi per molti mesi negli impianti di approvvigionamento idrico della Germania occupata e procurandosi grandi quantità del veleno mortale che intendevano mettere in circolo. Per fortuna il loro progetto è fallito e anche se Segev sembra convinto che il complotto fosse reale e abbia sfiorato il successo, personalmente sono più scettico. Ma la semplice possibilità che il più enorme omicidio di massa di tutta la storia umana possa essere stato provocato come ritorsione per un immaginario crimine dell’Olocausto fa riflettere.
Poco dopo, i sionisti sfruttarono la stessa storia dell’Olocausto per procurarsi la copertura politica di cui avevano bisogno per la loro brutale guerra di aggressione ed espulsione nei confronti degli abitanti nativi della Palestina, sequestrando quasi l’80% del territorio e costringendo l’80% della popolazione araba che vi abitava da sempre a fuggire come poveri profughi.
Nei molti decenni che seguirono, lo stesso “salvacondotto Olocausto“ è stato sfruttato all’infinito, invocato dai leader israeliani e dai suoi feroci sostenitori per giustificare ogni palese violazione del diritto internazionale e ogni macabro crimine di guerra, culminando ora nella distruzione dell’indifesa Gaza. Negli ultimi tre mesi, più di 22.000 corpi di civili morti sono stati identificati dal Ministero della Sanità di Gaza, e con così tante altre migliaia ancora disperse, i loro corpi sepolti tra le macerie di 100.000 edifici distrutti, il vero bilancio delle vittime è probabilmente ben alto. superiore a 30.000.
Senza dubbio, questo è il più grande massacro in diretta televisiva di civili indifesi nella storia del mondo, e alcuni dei massimi leader israeliani hanno usato un linguaggio esplicitamente genocida per descrivere i loro piani per milioni di palestinesi. Nel frattempo, il resto del mondo osserva, riluttante o incapace di fermare le uccisioni. Dopo più di tre mesi di questo massacro senza fine, il governo del Sud Africa ha ora presentato una memoria legale di 84 pagine che accusa Israele per questo “genocidio” in corso.
Nel nostro paese, gli slogan popolari progressisti che sostengono un unico Stato democratico laico e unificato di Palestina sono stati demonizzati come se invocassero il “genocidio ebraico”. Quando diversi presidenti di college d’élite si sono rifiutati di reprimere le critiche alla politica israeliana nei loro campus, sono stati intimiditi da convocazioni da parte del Congresso e da donatori ebrei miliardari, con due di loro che sono stati già costretti a dimettersi.
La lobby israeliana sembra possedere un controllo quasi totale del nostro sistema politico, del governo e degli organi mediatici, e la maggior parte degli osservatori non vede alcuna prospettiva di cambiamento, concordando sul fatto che ci vorrebbe un terremoto ideologico senza precedenti per rimuovere tale controllo. Ma sicuramente il crollo della narrativa dell’Olocausto costituirebbe esattamente quella sorta di terremoto ideologico senza precedenti, causando forse la totale disintegrazione dell’intero progetto sionista costruito su di essa. Per la maggior parte dei partigiani filo-israeliani, la realtà dell’Olocausto è la pietra angolare della loro comprensione del mondo, e metterla in discussione minaccerebbe il completo annientamento del loro intero sistema di credenze.
Coloro che desiderano porre fine a quello che considerano il genocidio in corso dei Palestinesi devono riconoscere che una delle loro migliori e uniche possibilità per raggiungere tale obiettivo è di trovare il coraggio di sfidare un presunto genocidio di ottant’anni fa, un genocidio che non ha mai avuto luogo, ma è stato successivamente utilizzato per giustificare un enorme catalogo di crimini di guerra e massacri.
Nonostante questo, la potente attenzione accordata dai media all’Olocausto nel corso degli ultimi decenni, l’ha collocata in una posizione centrale nella cultura occidentale. Non mi sorprenderebbe se occupasse nella mente della maggior parte della gente comune uno spazio maggiore della stessa Seconda Guerra mondiale, e possedesse dunque una più forte realtà apparente.
Alcune forme di credenze condivise, però, possono essere larghe un miglio, ma profonde un pollice, e le convinzioni occasionali di persone che non hanno mai approfondito il tema possono cambiare rapidamente. La presa, inoltre, sulla coscienza collettiva di dottrine che sono state a lungo imposte da severe sanzioni economiche e sociali, spesso accompagnate da sanzioni penali, può essere assai più debole di quanto si immagini.
Fino a trenta anni fa, la dominazione comunista sull’URSS e i suoi alleati del Patto di Varsavia sembrava assolutamente permanente e irremovibile, ma le radici del consenso erano marce ed esso era solo una facciata vuota. Un giorno poi è giunta una raffica di vento, e tanto è bastato perché tutta la gigantesca struttura crollasse. Io non sarei sorpreso se la nostra attuale narrazione dell’Olocausto finisse col subire la medesima sorte, con conseguenze forse spiacevoli per quelli che l’hanno tanto sostenuta.
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E l’Olocausto è semplicemente una delle tante enormi falsità riguardanti gli eventi cruciali del ventesimo secolo di cui avevo discusso in diversi articoli l’anno scorso:
Ron Unz • The Unz Review • 12 giugno 2023 • 12,600 oarole
Ron Unz • The Unz Review • 29 giugno 2023 • 7,500 parole
Ron Unz • The Unz Review • 17 luglio 2023 • 9,700 parole
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Ossin pubblica articoli che considera onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura. |