ProfileLe schede di ossin, 20 febbraio 2024 - Nella nostra epoca moderna, ci sono sicuramente poche organizzazioni che terrorizzano così tanto gli statunitensi importanti come l’Anti-Defamation League (ADL) del B’nai B’rith, un’organizzazione fondamentale della comunità ebraica organizzata (nella foto, Mary Phagan)     

 

Unz Review, 15 ottobre 2018 (trad.ossin)
 
Pravda statunitense: l'ADL nella società statunitense
Ron Unz
 
Dal caso Leo Frank ai giorni nostri
 
N.B. Alcuni dei link contenuti nel testo che segue sono inattivi, perché l'ADL ha fatto bandire da internet i documenti sgraditi (Ossin).
 
 

Mary Phagan, 13 anni, la ragazza violentata e uccisa da Leo Franck, eroe fondatore dell'ADL
 
 
Il temibile potere dell'ADL
 
Nella nostra epoca moderna, ci sono sicuramente poche organizzazioni che terrorizzano così tanto gli statunitensi importanti come l’Anti-Defamation League (ADL) del B’nai B’rith, un’organizzazione fondamentale della comunità ebraica organizzata.
 
Mel Gibson è stato a lungo una delle star più popolari di Hollywood e il suo film del 2004 La Passione di Cristo ha battuto i maggiori record di incasso di tutta la storia mondiale, ma l'ADL e i suoi alleati hanno distrutto la sua carriera e, alla fine, Gibson ha finito col donare milioni di dollari a gruppi ebraici, nella disperata speranza di riconquistare parte della sua reputazione pubblica. Quando l’ADL ha criticato una vignetta apparsa su uno dei suoi giornali, il titano dei media Rupert Murdoch ha presentato le sue scuse personali a quell’organizzazione, e gli editori di The Economist hanno subito ritirato un’altra vignetta che era finita nel mirino dell’ADL. Il miliardario Tom Perkins, un famoso finanziere della Silicon Valley, è stato costretto a scusarsi sentitamente dopo essere stato criticato dall'ADL per alcune parole usate in un suo articolo sul Wall Street Journal. Tutti costoro sono individui orgogliosi e potenti, e devono essersi risentiti profondamente per essere stati costretti a chiedere un perdono pubblico così abietto, ma lo hanno fatto comunque. L’elenco totale dei supplicanti dell’ADL nel corso degli anni è molto lungo.
 
Con una simile reputazione dell'ADL e dei suoi famigerati attivisti, era diffusa la convinzione che la mia piccola webzine sarebbe stata completamente annientata quando ho lanciato per la prima volta la mia recente serie di articoli controversi all'inizio di giugno, elogiando le opere dello storico David Irving, una figura a lungo demonizzata dall'ADL. Eppure non è successo assolutamente nulla.
 
Nei tre mesi successivi ho pubblicato altri articoli che sfidavano direttamente quasi ogni questione scottante che di solito viene ferocemente presidiata dall’ADL e dai suoi lacchè, tanto che un giornalista amico mi ha subito soprannominato il “Kamikaze della California”. Eppure, nonostante le 90.000 parole di testo e i 13.000 commenti che avevo raccolto, il costante silenzio dell’ADL aveva un suono assolutamente assordante. Nel frattempo, i miei articoli sono stati letti più di mezzo milione di volte, di seguito un elenco dei pezzi più provocatori:
 
 
June 4, 2018 • 1,700 Words • 570 Comments
 
4 luglio 2018
 
23 settembre 2018 
 
24 febbraio 2019
 
27 agosto 2018
 
19 ottobre 2019
 
2 settembre 2018
 
25 gennaio 2019
 
27 gennaio 2019
 
September 10, 2018 • 11,000 Words • 2,355 Comments
 
 
Quando l’ira divina non riesce a colpire gli eretici e i terrificanti difensori dei dogmi ufficiali sembrano aver improvvisamente perso il gusto della battaglia, piano piano anche altri ne prendono atto e potrebbero sentirsene incoraggiati. Alla fine, importanti siti web filo-russi e libertari come Russia Insider e LewRockwell hanno iniziato a ripubblicare alcuni dei miei articoli più controversi sulla American Pravda, portando così le mie considerazioni e i miei giudizi all’attenzione di un pubblico più ampio. Conclusa la serie dei miei articoli, ho cominciato a stuzzicare direttamente quell’ADL che pareva stranamente timorosa, pubblicando un breve articolo intitolato "L'ADL si è nascosto?" cosa che ha indotto il formidabile Paul Craig Roberts a descrivermi come “l’uomo più coraggioso che conosca”.
 
Pare che tutte queste iniziative alla fine abbiano suscitato qualche preoccupazione e, uscendo dal loro nascondiglio segreto, gli attivisti dell’ADL hanno finalmente risposto brevemente e in modo piuttosto mite alle mie affermazioni, ma io non ne sono rimasto particolarmente impressionato.  Qualche giorno fa hanno twittato una nota, corredata da una foto della loro nuova nemesi.
 
 
 
 
Sotto attacco dell'ADL
 
L’ADL può vantare un budget annuale di 60 milioni di dollari e si può permettere molte centinaia di dipendenti a tempo pieno, ma le sue capacità di ricerca sembrano gravemente carenti. Ho scoperto che hanno esordito nella loro critica, denunciandomi come un noto “attivista anti-immigrazione”. È una cosa piuttosto stramba, dato che negli ultimi venticinque anni ho pubblicato forse un quarto di milione di parole su quell’argomento controverso, quasi tutte online e facilmente rintracciabili, e le mie opinioni non possono essere assolutamente definite in quel modo. Per citare solo un esempio, il mio articolo “California and the End of White America” è apparso in prima pagina nel 1999 su Commentary, la pubblicazione di punta dell'American Jewish Committee, e sicuramente chiunque lo legga non riuscirebbe certamente a ritrovarsi nella descrizione fatta di me dall'ADL. In effetti, solo pochi anni prima, ero stato uno dei relatori di spicco alla protesta pro-immigrati dell’ottobre 1994 nel centro di Los Angeles, una manifestazione politica di 70.000 persone che è stato la più grande nel suo genere che si era avuta fino ad allora nella storia statunitense.
 
 
 

Nel corso degli anni, le mie attività politiche sono state oggetto di molte migliaia di articoli nei media mainstream, tra cui una mezza dozzina di articoli in prima pagina sul New York Times, e tutti contribuiscono a dipingermi in tutt’altro modo, così come la copertina del New Republic che racconta i miei successi in California. Inoltre, le mie opinioni sugli immigrati non sono cambiate molto nel corso degli anni, come dimostrato dai miei articoli più recenti come “The Myth of Hispanic Crime”, “Immigration, Republicans, and the End of White America” e “A Grand Bargain on Immigration?” Forse gli intrepidi investigatori dell’ADL dovrebbero familiarizzare con un nuovo e potente strumento tecnologico chiamato “Google”.
 
 
Nemmeno mi ha impressionato più di tanto il fatto che mi abbiano denunciato così accanitamente per aver fatto sostanzialmente affidamento sugli scritti di Israel Shahak, che hanno definito brutalmente come un “antisemita”. Come avevo ripetutamente sottolineato, la mia totale mancanza di conoscenza della lingua aramaica ed ebraica mi costringe necessariamente a fare affidamento sulla ricerca di altri, e il defunto Prof. Shahak, un pluripremiato accademico israeliano, sembrava certamente un’ottima fonte da utilizzare. Dopotutto, il famoso linguista Noam Chomsky aveva lodato le opere di Shahak per la loro “eccezionale erudizione”, e molti dei nostri più importanti intellettuali come Christopher Hitchens, Edward Said e Gore Vidal erano stati altrettanto prodighi nelle loro lodi. Inoltre, uno dei coautori di Shahak è Norton Mezvinsky, un eminente accademico statunitense specializzato in storia del Medio Oriente, egli stesso per nulla sconosciuto dato che sia suo fratello che sua cognata sono stati deputati, e suo nipote ha poi sposato Chelsea Clinton. E per quanto ne so, quasi nessuna delle affermazioni esplicite di Shahak sul Talmud o sul giudaismo tradizionale è mai stata direttamente contestata, mentre la disponibilità online del suo primo libro consente a coloro che sono interessati di leggerlo comodamente e farsene da soli un’idea.
 
 
Allo stesso modo l’ADL mi ha denunciato per aver preso sul serio le teorie di Ariel Toaff, un altro accademico israeliano. Ma il Prof. Toaff, figlio del Rabbino Capo di Roma, è certamente una delle principali autorità accademiche a livello mondiale sull'ebraismo medievale e, lavorando insieme ai suoi studenti laureati e ad altri colleghi, aveva dedicato molti anni di impegno allo studio di ricerca in questione, attingendo ad ampie fonti primarie e secondarie prodotte in otto lingue diverse. Ho trovato il suo libro di 500 pagine piuttosto convincente, così come il giornalista israeliano Israel Shamir, e non ho mai letto alcuna confutazione credibile.
 
Ora, il lavoro di tutti questi eminenti accademici e intellettuali potrebbe non essere necessariamente affidabile, e forse mi sbaglio ad accettare le loro affermazioni. Ma avrei bisogno di vedere qualcosa di molto più importante di una liquidazione occasionale, contenuta in alcuni paragrafi di un articolo anonimo dell'ADL, il cui autore, per quanto ne so, potrebbe essere stato un giovane stagista ignorante.
 
A parte questi errori marchiani, la maggior parte delle altre indicazioni delle mie numerose posizioni eretiche sembrava ragionevolmente accurata, sebbene ovviamente presentata in un modo alquanto ostile e dispregiativo e fortemente travisante rispetto ai miei articoli originali. Ma anche questo elenco sconnesso delle mie trasgressioni mortali era tristemente incompleto, perché l’ADL ha stranamente omesso ogni menzione di alcune delle mie affermazioni più controverse.
 
 
Ad esempio, gli autori hanno omesso ogni riferimento a quanto avevo scritto a proposito del documentato partenariato economico nazi-sionista degli anni ’30, che ha svolto un ruolo così cruciale nel gettare le basi dello Stato di Israele. E allo stesso modo l'ADL ha evitato di menzionare le quasi 20.000 parole che avevo dedicato alla discussione delle considerevoli prove che il Mossad israeliano aveva svolto un ruolo centrale sia nell'assassinio di JFK che negli attacchi dell'11 settembre. Sicuramente questa deve essere una delle poche volte che l’ADL ha deliberatamente evitato di rivolgere l’accusa di “teorico della cospirazione” contro un avversario che avrebbe potuto così facilmente denigrare. Forse hanno ritenuto che le prove da me fornite fossero semplicemente troppo forti per poterle contestare in modo efficace.
 
 
L'ADL censura Internet e nasconde il suo sordido passato
 
La preoccupante incompetenza dei ricercatori dell'ADL diventa particolarmente allarmante se consideriamo che negli ultimi due anni a quell'organizzazione è stato affidato il ruolo di controllore dei contenuti da parte delle più grandi società Internet statunitensi, consentendole in tal modo di contribuire a stabilire che cosa può e che cosa non può essere detto sulle più importanti piattaforme di social media, come Facebook, YouTube e Twitter.
 
 
Il mio giornale locale è il San Jose Mercury News e un paio di settimane fa ha pubblicato un’importante intervista a Brittan Heller (nella foto a destra), il direttore dell’ADL incaricato di vigilare sull’incitamento all’odio nella porzione di Internet controllata dagli USA. Sembra una giovane donna di aspetto molto gradevole, sui trentacinque anni, laureata in inglese a Stanford e in legge a Yale, che ora vive nella Silicon Valley con il marito e i suoi due gatti, Luna e Stella. Sottolinea la propria esperienza di vittima di molestie informatiche da parte di un compagno di college di cui aveva rifiutato le avances e l'esperienza successiva acquisita come cacciatrice di nazisti per il governo degli Stati Uniti. Ma quel curriculum le fornisce davvero la conoscenza divina adatta a scavalcare i nostri tradizionali diritti sanciti dal Primo Emendamento, ed a stabilire a quali opinioni e a quali individui può essere consentito l’accesso a circa due miliardi di lettori in tutto il mondo?
 
Ma c’è anche un aspetto molto più serio nella situazione. Scegliere l'ADL come massimo supervisore ideologico di Internet può sembrare cosa naturale e appropriata agli statunitensi politicamente ignoranti, una categoria che sfortunatamente include anche i dirigenti tecnologici alla guida delle aziende coinvolte. Ma la loro ignoranza dipende dalla grande codardia e disonestà dei media statunitensi, dai quali tutti questi individui ricavano la loro conoscenza del nostro mondo. La vera storia recente dell'ADL è in realtà una storia sordida e poco raccomandabile.
 
Nel gennaio 1993, il dipartimento di polizia di San Francisco riferì di aver fatto irruzione nella sede dell'ADL della California settentrionale, sulla base di informazioni fornite dall'FBI. L'SFPD ha scoperto che l'organizzazione custodiva dossier su più di 600 organizzazioni civiche e 10.000 individui, per la maggior parte di orientamento liberal, e l'ispettore dell'SFPD stimava che il 75% del materiale fosse stato ottenuto illegalmente, in gran parte tramite mazzette a funzionari di polizia. Si tratta solo della punta dell'iceberg di quella che chiaramente era la più grande operazione di spionaggio interno da parte di qualsiasi organizzazione privata nella storia degli USA e, secondo alcune fonti, gli agenti dell'ADL in tutto il paese avevano preso di mira oltre 1.000 personalità politiche, religiose, sindacali e organizzazioni civili. La sede di New York dell’ADL possiede dossier aggiornati su più di un milione di cittadini statunitensi”.
 
Non molto tempo dopo, un funzionario dell’ACLU che in precedenza aveva ricoperto una posizione di alto rango presso l’ADL rivelò in un’intervista che era stata la sua organizzazione a sottoporre Martin Luther King Jr, alla controversa attività di sorveglianza degli anni 1960, i cui risultati erano stati poi trasmessi al direttore dell'FBI J. Edgar Hoover. Per molti anni Hoover è stato oggetti di furiose denunce sulle prime pagine dei giornali per le intercettazioni e le altre informazioni segrete raccolte sulle attività di King, ma quando un giornale locale di San Francisco rivelò che un'operazione di spionaggio dell'ADL era stata effettivamente la fonte di tutto quel sordido materiale, la notizia bomba è stata totalmente ignorata dai media nazionali e riportata solo da organizzazioni marginali, tanto che oggi quasi nessuno statunitense è a conoscenza di questo fatto.
 
Non conosco nessun'altra organizzazione privata nella storia statunitense che sia stata coinvolta, anche solo in minima parte, in una simile attività illegale di spionaggio interno, che sembra essere stata diretta contro quasi tutti i gruppi e individui di spicco - di sinistra, di destra e di centro - sospettati di essere insufficientemente allineati con gli interessi ebraici e israeliani. Parte del materiale illegale trovato in possesso dell'ADL ha suscitato addirittura il sospetto che essa abbia avuto un ruolo in attacchi terroristici interni e in omicidi politici di leader stranieri. Non sono un esperto legale ma, tenuto conto dell’enorme portata di tali attività illegali dell’ADL, mi chiedo se non si sarebbe dovuto procedere contro l’intera organizzazione in base al RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, la legge federale statunitense contro il crimine organizzato, ndt) e giungere alla condanna di tutti i suoi leader a lunghe pene detentive.
 
Invece, il procedimento che fu aperto dopo il sequestro di quel materiale si concluse rapidamente con l’irrogazione di una banale multa e un buffetto legale, a ulteriore dimostrazione della quasi totale impunità garantita all’enorme potere politico ebraico nella moderna società statunitense.
 
In effetti, l’ADL sembra aver a lungo operato come una versione privatizzata della polizia politica segreta del nostro paese, monitorando e applicando le sue dottrine ideologiche per conto di gruppi ebraici proprio come fece la Stasi per i governanti comunisti della Germania dell’Est. Con una storia così lunga di attività criminale, il fatto di affidare all'ADL la supervisione dei contenuti delle maggiori piattaforme di social media equivale ad affidare alla Mafia il compito di supervisionare l'FBI e la NSA, o fare un grande passo verso l'attuazione del "Ministero della Verità" di George Orwell, in nome degli interessi ebraici.
 
Nelle sue memorie del 1981, lo studioso di estrema destra Revilo P. Oliver ha definito l’ADL come “la formidabile organizzazione di cowboy ebrei che cavalcano il loro bestiame statunitense” e questa mi sembra una descrizione ragionevolmente appropriata.
 
 
Il caso Leo Frank e la nascita dell'ADL
 
Anche se avevo da tempo percepito il potere e l’influenza dell’ADL, un’organizzazione leader di attivisti ebrei i cui esponenti venivano regolarmente citati sui miei giornali, fino a tempi piuttosto recenti ho avuto solo le più vaghe nozioni sulle sue origini. Credo di aver sentito una volta menzionare la sua storia, ma non me conservavo alcun ricordo.
 
Poi, forse un anno o due fa, mi è capitato di imbattermi in un articolo sulla celebrazione del centenario dell’ADL nel 2013, nel quale i suoi leader ricordavano i principi in nome dei quali era stata fondata nel 1913. L' intento iniziale era stato il vano tentativo di salvare la vita di Leo Frank, un giovane ebreo del sud ingiustamente accusato di omicidio e infine linciato. In passato, il nome e la storia di Frank non mi avrebbero detto proprio niente, se non quel poco che avevo letto nei libri scolastici che lo indicavano come una delle prime vittime importanti del KKK nel profondo sud ferocemente antisemita dell'inizio del XX secolo. Tuttavia, non molto tempo prima di imbattermi in quel pezzo sull'ADL, avevo letto l'apprezzato studio di Albert Lindemann The Jew Accused, e il suo breve capitolo sul famigerato caso Frank aveva completamente ridotto in cenere tutte le mie idee preconcette.
 
In primo luogo, Lindemann dimostrò che non c'erano prove di antisemitismo dietro l'arresto e la condanna di Frank, dal momento che gli ebrei erano invece un gruppo molto apprezzato della ricca società di Atlanta dell'epoca, e nessun riferimento alle origini ebraiche di Frank, negativo o meno, era apparso sui media prima del processo. In effetti, cinque dei Gran Giurati che condannarono Frank erano essi stessi ebrei, e nessuno di loro espresse mai rammarico per la decisione presa. In generale, il sostegno a Frank sembra essere stato più forte tra gli ebrei di New York e di altri luoghi lontani del paese, e più debole tra gli ebrei di Atlanta, che avevano una migliore conoscenza della situazione locale.
 
Inoltre, sebbene Lindemann si sia attenuto alle fonti secondarie su cui si era basato nel dichiarare che Frank era chiaramente innocente, i fatti da lui raccontati mi hanno portato alla conclusione opposta, sembrando suggerire al contrario l’esistenza di prove schiaccianti della colpevolezza di Frank. Quando molto più recentemente ho letto il più lungo e completo studio storico sull'antisemitismo di Lindemann, Le lacrime di Esaù, ho notato che la sua trattazione abbreviata del caso Frank non conteneva più alcun giudizio di innocenza, dimostrando che anche l'autore aveva forse avuto qualche ripensamento.
 
Sulla base di questo materiale, ho espresso questa opinione nel mio recente articolo sull'antisemitismo storico, ma le mie conclusioni erano necessariamente piuttosto incerte poiché si basavano sulla sintesi che lo stesso Lindermann aveva fatto delle informazioni acquisite dalle fonti secondarie da lui utilizzate, e ho avuto l'impressione che praticamente tutti coloro che avevano indagato da vicino sul caso Frank avevano concluso che Frank era innocente. Ma dopo la pubblicazione del mio pezzo, qualcuno mi ha indicato un libro del 2016 proveniente da una fonte inaspettata che sosteneva la colpevolezza di Frank. Ora che ho ordinato e letto quel volume, la mia comprensione del caso Frank e del suo significato storico è stata completamente trasformata.
 
Gli editori tradizionali spesso rifiutano libri che siano troppo eterodossi rispetto ai luoghi comuni imperanti ed è improbabile che le vendite riescano a coprire i costi del lavoro di ricerca. Inoltre, sia gli autori che gli editori potrebbero dover affrontare una serie di cause per diffamazione da parte dei media ostili. Per queste ragioni, coloro che pubblicano materiale così controverso spesso agiscono per profondi motivi ideologici piuttosto che per brama di affermazione professionale o di guadagni monetari. Ad esempio, c’è stato bisogno di un trotskista zelante di sinistra come Lenni Brenner per affrontare il rischio di feroci attacchi e investire tempo e sforzi per produrre il suo straordinario studio sulla cruciale partnership nazi-sionista degli anni ’30. E per ragioni simili, non ci deve sorprendere che il libro più completo che sostiene la colpevolezza di Leo Frank sia apparso come volume nella serie sugli aspetti perniciosi delle relazioni storiche ebraico-nere prodotta dalla Nation of Islam (NOI) di Louis Farrakhan, né che non ne sia stato indicato l’autore.
 
 
Le opere anonime pubblicate da movimenti politico-religiosi fortemente demonizzati vanno presi con notevole cautela, ma una volta che ho iniziato a leggere le 500 pagine di The Leo Frank Case: The Lynching of a Guilty Man sono rimasto tremendamente colpito dalla qualità dell’analisi storica. Penso di aver incontrato molto raramente una monografia su un evento storico controverso che fornisse tanta ricchezza di analisi attentamente argomentate e supportate da prove così copiose. Gli autori sembrano mostrare una completa padronanza della principale letteratura secondaria degli ultimi cento anni, e attingono molto anche dalle fonti primarie, inclusi atti giudiziari, corrispondenza personale e pubblicazioni contemporanee, con la stragrande maggioranza delle 1200 note a piè di pagina che fanno riferimento a giornali e ad articoli di riviste dell'epoca. La tesi della colpevolezza di Frank sembra assolutamente schiacciante.
 
 
 
I fatti di base non sono contestati. Nel 1913 in Georgia, una tredicenne operaia di un'azienda di matite di nome Mary Phagan fu vista viva per l'ultima volta mentre entrava nell'ufficio del direttore della fabbrica Leo Frank un sabato mattina per ritirare il suo stipendio settimanale, poi il suo corpo violentato e assassinato venne rinvenuto nel seminterrato, la mattina presto del giorno successivo, e Frank alla fine venne arrestato per il crimine. In qualità di giovane e ricco presidente della sezione di Atlanta del B'nai B'rith, Frank era considerato uno degli uomini ebrei più importanti del Sud e grandi risorse furono impiegate nella sua difesa legale, ma dopo il processo più lungo e costoso della storia dello Stato, venne rapidamente giudicato colpevole e condannato a morte.
 
I fatti del caso contro Frank alla fine si aggrovigliarono in un guazzabuglio di prove e testimonianze oculari complesse e spesso contrastanti, con dichiarazioni giurate regolarmente ritrattate e poi contro-ritrattate. Ma il punto cruciale che gli autori della NOI sottolineano per decifrare correttamente questa situazione confusa è l'enorme portata delle risorse finanziarie che furono impiegate nella difesa di Frank, sia prima che dopo il processo, e che praticamente tutti i fondi venivano da fonti ebraiche. Le conversioni valutarie sono difficilmente precise, ma rispetto ai redditi delle famiglie statunitensi dell'epoca, il totale delle spese sopportate dai sostenitori di Frank potrebbero avere raggiunto i 25 milioni in dollari attuali, molto probabilmente più di qualsiasi altra difesa per omicidio nella storia statunitense, prima e dopo, e una somma pressocché inimmaginabile per il profondo sud impoverito di quel periodo. Anni dopo, un importante donatore ha ammesso in privato che gran parte del denaro è stato speso per corrompere testimoni e costruire prove false, cosa che peraltro risulta subito evidente a chiunque studi da vicino il caso. Se consideriamo questo vasto oceano di finanziamenti pro-Frank e il modo sordido in cui sono stati impiegati, i particolari del caso si fanno molto meno misteriosi. Esiste una montagna di prove palesemente fabbricate e false testimonianze a favore di Frank, e nessun segno di qualcosa di simile dall'altra parte.
 
Inizialmente la polizia sospettava del guardiano notturno nero che aveva trovato il corpo della ragazza, e infatti venne subito arrestato e interrogato con durezza. Poco dopo, a casa sua fu trovata una maglietta insanguinata e Frank fece diverse dichiarazioni che sembravano coinvolgere il suo dipendente nel crimine. Ad un certo punto, questo sospettato nero potrebbe essere stato sul punto di essere linciato sommariamente dalla folla, il che avrebbe chiuso il caso. Ma continuò a proclamarsi innocente con notevole compostezza, in netto contrasto con il comportamento estremamente nervoso e sospettoso di Frank, e la polizia spostò presto i suoi sospetti su quest'ultimo, fino al suo arresto. Tutti i ricercatori ora riconoscono che il guardiano notturno era del tutto innocente e che sono state create prove false contro di lui.
 
Le prove contro Frank aumentarono progressivamente. Per quanto si sa, è stato l'ultimo uomo ad aver visto la giovane vittima e ha ripetutamente cambiato aspetti importanti della sua versione dei fatti. Numerose ex dipendenti hanno riferito di una lunga storia di comportamenti sessualmente aggressivi nei loro confronti, in particolare nei confronti della stessa ragazza assassinata. Frank affermò che, al momento dell’omicidio, si trovava a lavorare da solo nel suo ufficio, ma un testimone che vi si era recato dichiarò che non gli era stato possibile trovarlo da nessuna parte. Una grande quantità di prove circostanziali incolpava Frank.
 
Un servitore nero della famiglia Frank si fece presto avanti con una testimonianza giurata secondo cui Frank aveva confessato l'omicidio a sua moglie la mattina dopo, e questa affermazione sembrava confermata dallo strano rifiuto di quest'ultima di far visita al marito in prigione per le prime due settimane dopo il suo arresto.
 
Due diverse e rinomate agenzie di investigazioni private furono assunte dai partigiani generosamente finanziati di Frank, e entrambe giunsero alla riluttante conclusione che Frank era colpevole.
 
Man mano che le indagini andavano avanti, si verificò una svolta importante quando un certo Jim Conley, il custode nero di Frank, si fece avanti e confessò di essere stato complice di Frank nell'occultare le tracce del crimine. Al processo testimoniò che Frank si serviva regolarmente di lui come vedetta durante i suoi numerosi rapporti sessuali con le sue dipendenti donne e che, dopo aver ucciso Phagan, Frank gli offrì un'enorme somma di denaro per aiutarlo a rimuovere e nascondere il corpo nel seminterrato, in modo che il crimine potesse essere attribuito a qualcun altro. Ma quando erano cominciate a venir fuori tante prove contro Frank, Conley aveva iniziato a temere che potesse diventare il nuovo capro espiatorio e si era rivolto alle autorità per salvarsi il collo. Nonostante le accuse schiaccianti di Conley, Frank si rifiutò ripetutamente essere sottoposto ad un confronto con lui, cosa che venne ampiamente considerata un'ulteriore prova della colpevolezza di Frank.
 
Nel corso del processo, tutti erano convinti che l'assassino fosse Frank, il ricco uomo d'affari ebreo, o Conley, il custode nero semianalfabeta con un'istruzione elementare e una lunga storia di ubriachezza e di piccola criminalità. Gli avvocati di Frank sfruttarono al meglio questo contrasto, utilizzando l'origine ebraica di Frank come prova della sua innocenza e indulgendo nella più cruda invettiva razziale contro il suo accusatore nero, che sostenevano fosse ovviamente il vero stupratore e assassino a causa della sua natura bestiale.
 
Quegli avvocati erano i migliori che il denaro potesse assoldare e l'avvocato principale era conosciuto come uno degli interrogatori più abili nelle aule di tribunale del sud. Ma, nonostante abbia sottoposto Conley a sedici ore estenuanti di intenso controinterrogatorio nell'arco di tre giorni, quest'ultimo non ha mai vacillato nei dettagli principali della sua storia estremamente vivida, che ha profondamente impressionato i media locali e la giuria. Dal canto suo, Frank si rifiutò di farsi interrogare, evitando così qualsiasi controinterrogatorio sulla sua versione dei fatti, in molti punti mutevole.
 
Due biglietti scritti in un rozzo vernacolo nero-inglese erano stati scoperti accanto al corpo di Phagan, e tutti presto concordarono che fossero stati scritti dall'assassino nella speranza di sviare i sospetti. L’alternativa è dunque che fossero stati scritti da un nero semianalfabeta come Conley, o da un bianco istruito che tentava di imitare quello stile e, a mio avviso, l'ortografia e la scelta delle parole suggeriscono fortemente quest'ultima ipotesi, incolpando ancora Frank.
 
In un quadro generale di insieme, la teoria avanzata dai tanti sostenitori postumi di Frank sembra sfidare la razionalità. Questi giornalisti e studiosi sostengono unanimemente che Conley, un servitore nero semianalfabeta, aveva brutalmente violentato e ucciso una giovane ragazza bianca, e che le autorità giudiziarie si convinsero subito di ciò, ma che cospirarono per assolverlo, implementando un piano complesso e rischioso per incastrare invece un innocente uomo d'affari bianco. Possiamo davvero credere che i funzionari di polizia e i pubblici ministeri di una città del Vecchio Sud avrebbero violato il loro giuramento per proteggere consapevolmente uno stupratore e assassino nero dalla punizione legale e quindi lasciarlo libero di andare in giro per le strade della loro città, consentendogli di commettere altri atti predatori in danno di altre giovani ragazze bianche? Questa ricostruzione poco plausibile appare tanto più bizzarra se si consideri che quasi tutti i suoi sostenitori sono stati per decenni dei convinti liberal ebrei, che hanno condannato incessantemente l’orribile razzismo delle autorità meridionali di quell’epoca, ma poi inspiegabilmente hanno scelto di fare un’eccezione speciale per questo caso particolare.
 
 
Sotto molti aspetti, la parte più importante del caso Frank iniziò dopo la sua condanna a morte, quando molti dei leader ebrei più ricchi e influenti degli USA si mobilitarono per salvarlo dal boia. Ben presto fondarono l'ADL come un nuovo strumento per raggiungere il loro obiettivo e riuscirono a rendere il caso dell'omicidio di Frank uno dei più famosi della storia statunitense fino a quella data.
 
Anche se all'epoca il suo ruolo era in gran parte sconosciuto, il nuovo sostenitore più importante che Frank attirò fu Albert Lasker di Chicago, il monarca incontrastato della pubblicità di consumo statunitense, che costituiva la linfa vitale di tutti i nostri giornali e riviste tradizionali. Non solo, alla fine, è stato il più generoso finanziatore della difesa di Frank, ma ha concentrato le sue energie nel dare forma ad una copertura mediatica favorevole all’imputato. Data la sua influenza commerciale dominante in quel settore, non ci sorprende che un’enorme e incessante propaganda pro-Frank abbia presto iniziato ad apparire in tutto il paese in pubblicazioni sia locali che nazionali, estendendosi alla maggior parte dei media più popolari e apprezzati degli USA, ignorando quasi completamente le tesi colpevoliste. Questa tendenza influenzò anche tutti i principali giornali di Atlanta, che improvvisamente ribaltarono le loro posizioni precedenti e si convinsero dell'innocenza di Frank.
 
Lasker arruolò anche altre potenti figure ebraiche nella causa per la salvezza di Frank, tra cui il proprietario del New York Times, Adolph Ochs, il presidente dell'American Jewish Committee, Louis Marshallm, e il principale finanziere di Wall Street, Jacob Schiff. Il Times, in particolare, iniziò a dedicare un'enorme copertura a questo caso di omicidio della Georgia, precedentemente misconosciuto, e molti dei suoi articoli furono ripubblicati anche da altre pubblicazioni. Gli autori del NOI evidenziano questa straordinaria attenzione dei media nazionali: “Il custode nero la cui testimonianza divenne centrale per la condanna di Leo Frank divenne la persona nera più citata nella storia statunitense fino a quel momento. Sul New York Times sono apparse più parole sue di quelle di WEB Du Bois, Marcus Garvey e Booker T. Washington messi insieme".
 
Un secolo fa, proprio come oggi, i nostri media creavano la realtà e, con l'innocenza di Frank proclamata a livello nazionale in modo quasi unanime, un lungo elenco di personaggi pubblici di spicco furono presto persuasi a chiedere un nuovo processo per l'assassino condannato, compresi Thomas Edison, Henry Ford e Jane Addams.
 
Paradossalmente, Lasker stesso si lanciò in questa crociata nonostante sembrasse nutrire sentimenti personali molto contrastanti nei confronti dell'uomo di cui difendeva la causa. La sua biografia rivela che, al suo primo incontro personale con Frank, ebbe l’impressione che fosse “un pervertito” e un individuo “disgustoso”, tanto che sperava addirittura che, una volta riuscito a liberare Frank, quest'ultimo perisse subito dopo in qualche incidente. Inoltre, nella sua corrispondenza privata, ha tranquillamente ammesso che gran parte dei massicci finanziamenti che lui e numerosi altri ricchi ebrei di tutto il paese stavano fornendo erano stati spesi in testimonianze false e ci sono anche forti indizi che abbiano tentato di corrompere anche i giudici. Stando così le cose, Lasker e gli altri principali sostenitori di Frank si sono resi chiaramente colpevoli di gravi crimini ed avrebbero dovuto risponderne, riportando pesanti condanne per la loro condotta illegale.
 
Con il New York Times e il resto dei media liberal del Nord che ora fornivano una copertura così attenta del caso, il collegio difensivo di Frank fu costretto ad abbandonare la retorica razzista contro il testimone d’accusa nero, che era stata fino a quel momento il fulcro della loro strategia processuale. Cominciarono quindi a inventare una storia di dilagante antisemitismo locale, mai notato in precedenza da alcun osservatore, e l’hanno adottata come motivo principale per il loro appello contro il verdetto.
 
I metodi legali senza principi perseguiti dai sostenitori di Frank sono illustrati da un singolo esempio. La legge della Georgia normalmente richiedeva che l'imputato fosse presente in tribunale per ascoltare la lettura del verdetto ma, a causa delle forti tensioni che avevano accompagnato il processo, il giudice suggerì di derogare a questa disposizione e l'accusa acconsentì a condizione che gli avvocati della difesa avessero promesso di non utilizzare questa piccola irregolarità come motivo di ricorso. Ma dopo che Frank fu condannato, il presidente dell'AJC Marshall e gli altri suoi sostenitori basarono numerosi appelli statali e federali senza successo proprio puntando su questo piccolo dettaglio tecnico, semplicemente assumendo altri avvocati per presentare le istanze.
 
Per quasi due anni, i fondi pressoché illimitati impiegati dai sostenitori di Frank coprirono i costi di tredici appelli separati a livello statale e federale, inclusa la Corte Suprema degli Stati Uniti, mentre i media nazionali venivano utilizzati per diffamare incessantemente il sistema giudiziario della Georgia utilizzando le peggiori espressioni possibili. Naturalmente, questo suscitò presto una reazione locale, e allora i georgiani indignati iniziarono a denunciare i ricchi ebrei che spendevano somme così enormi per sovvertire il sistema di giustizia penale locale.
 
Uno dei pochissimi giornalisti disposti a opporsi alla unanime difesa di Frank era l'editore georgiano Tom Watson, un populista infuriato, e in un editoriale dichiarò ragionevolmente "Non possiamo avere... una legge per gli ebrei e un'altra per i gentili", mentre in seguito si lamentò anche che “È una brutta situazione quando si diffonde l’idea che la legge è troppo debole per punire un uomo che ha molto denaro”. Un ex governatore della Georgia si chiese indignato: "Dobbiamo pensare che chiunque tranne un ebreo può essere punito per un crimine?". I fatti reali dimostrano che ci fu effettivamente un enorme errore giudiziario nel caso di Frank, ma tutto a favore di Frank.
 
Alla fine tutti gli appelli furono respinti e la data dell'esecuzione di Frank per lo stupro e l'omicidio della giovane ragazza finalmente fu stabilita. Ma, pochi giorni prima della cessazione naturale della sua carica, il governatore uscente della Georgia commutò la sentenza di Frank, provocando un'enorme tempesta di proteste popolari, soprattutto perché era socio in affari del principale avvocato difensore di Frank, un evidente conflitto di interessi. Considerati gli enormi fondi che i sostenitori nazionali di Frank avevano impiegato in sua difesa e le diffuse ammissioni di corruzione, sorgono spontanei oscuri sospetti sulle ragioni che hanno portato ad una decisione così impopolare, che costrinse poi l’ex governatore ad auto-esiliarsi dal suo Stato. Poche settimane dopo, un gruppo di cittadini della Georgia fece irruzione nella prigione di Frank, rapendolo e impiccandolo, facendo diventare Frank il primo e unico ebreo linciato nella storia statunitense.
 
Naturalmente l'uccisione di Frank venne duramente denunciata dai media nazionali che da tempo promuovevano la sua causa. Ma anche in quegli ambienti potrebbe esserci stata una differenza significativa tra i sentimenti pubblici e quelli privati. Nessun giornale del paese aveva sostenuto con più forza l'innocenza di Frank del New York Times di Adolph Ochs. Eppure, secondo il diario personale di uno dei redattori del Times, Ochs in privato disprezzava Frank e forse accolse persino il suo linciaggio con un senso di sollievo. I ricchi sostenitori di Frank non hanno mai fatto alcuno sforzo per assicurare alla giustizia qualcuno dei partecipanti al linciaggio.
 
 
I resoconti di Leonard Cenastein e Steve Oney
 
Sebbene io mi sia ormai convinto che il volume della NOI sia il testo più convincente e definitivo sul caso Frank, ho naturalmente letto anche lavori che giungevano a conclusioni opposte, prima di formulare le mie valutazioni sul caso.
 
Per quasi mezzo secolo, il principale resoconto accademico dell'incidente è stato probabilmente il libro di Leonard Cenastein, The Leo Frank Case, pubblicato per la prima volta nel 1966, e Cenastein, un professore dell'Università dell'Arizona specializzato in storia ebraica, sostenne a tutto spiano l'innocenza di Frank. Ma, nonostante il lavoro abbia vinto un premio nazionale, riporti in copertina commenti entusiastici di diverse pubblicazioni prestigiose e abbia sicuramente arricchito le liste di lettura di infiniti corsi universitari, esso non mi ha affatto colpito. Tra le altre cose, il libro sembra essere la fonte originale di alcuni degli esempi più spaventosi di presunte manifestazioni pubbliche di antisemitismo che non sembrano avere alcun fondamento nella realtà, e sembrano piuttosto essere stati semplicemente inventati dall'autore visto che manca qualsiasi indicazione delle fonti originali. Gli autori della NOI notano che queste storie sono state sommessamente messe in un canto da tutti i ricercatori recenti. Anche lasciando da parte tali probabili falsificazioni, che pure furono ampiamente citate da scrittori successivi ed hanno fortemente contaminato la documentazione storica, ho trovato il breve lavoro di Cenastein piuttosto meschino e persino patetico, se paragonato a quello corrispondente della NOI.
 
 
Un lavoro recente molto più lungo e sostanziale è stato And the Dead Shall Rise di Steve Oney del 2003, che conta quasi 750 pagine e ha vinto il National Jewish Book Award, il Southern Book Critics Circle Prize e il Silver Gavel dell'American Bar Association, probabilmente affermandosi come il testo canonico odierno sull'episodio storico. Oney è stato un giornalista di lunga data di Atlanta e rimasi favorevolmente colpito dalla sua abilità narrativa, insieme alle numerose vignette affascinanti che illustravano la storia del sud in generale di quell'epoca. Sembra anche un ricercatore cauto, che attinge ampiamente alle fonti primarie ed evita gran parte della storia falsificata del secolo scorso, e inoltre non sopprime del tutto le massicce prove di corruzione e spergiuro impiegate dai partigiani di Frank.
 
Ma sebbene Oney menzioni gran parte di queste prove di corruzione, stranamente non riesce a fare i dovuti collegamenti. Ad esempio, sebbene faccia talvolta menzione delle somme spese per la difesa di Frank, non tenta mai di convertirli nell'equivalente odierno, lasciando un lettore ingenuo nell’idea che importi così insignificanti non avrebbero potuto essere in grado di pervertire il corso della giustizia. Inoltre, il suo intero libro è scritto in forma narrativa cronologica, senza note a piè di pagina, e gran parte del contenuto non si pone affatto l’intento di stabilire la colpevolezza o l'innocenza di Frank, in netto contrasto con lo stile più accademico del libro degli autori della NOI.
 
 
A mio avviso, un elemento centrale del caso Frank sono state le massicce induzioni corruttive esercitate dai sostenitori ebrei di Frank, e l'enorme numero di cittadini di Atlanta, sia di alto che di basso rango, che sembrano aver cambiato posizione sulla colpevolezza di Frank nella speranza ardente di intercettare qualche rivolo di tutta quella generosità. Ma nonostante questo importante tema sia stato fortemente enfatizzato nel libro della NOI, Oney sembra per lo più evitare di parlarne, forse anche per ragioni personali. Le pubblicazioni cartacee hanno subito enormi tagli negli ultimi anni e ho notato sulla copertina del libro che, sebbene Oney sia presentato come un giornalista di lunga data di Atlanta, si è successivamente trasferito a Los Angeles. Una verifica mi ha consentito facilmente di scoprire che il libro di Oney è stato anche utilizzato per un film indipendente intitolato The People v. Leo Frank, e mi chiedo se le sue speranze di accaparrarsi una scheggia dei grandi profitti di Hollywood non lo abbiano incoraggiato a patrocinare così fortemente l’innocenza di Frank nel suo libro. Un racconto che avesse descritto Leo Frank come uno stupratore e un assassino avrebbe mai potuto raggiungere il grande schermo? La silenziosa influenza delle considerazioni finanziarie non è diversa oggi rispetto a un secolo fa, e questo fattore deve essere preso in considerazione quando si valutano gli eventi storici.
 
 
Il significato storico del caso Frank
 
Gli autori della NOI dedicano quasi tutto il loro lungo libro a un'analisi attenta del caso Frank, raccontato in forma opportunamente imparziale, ma di tanto in tanto emerge il senso della loro giustificabile indignazione. Negli anni precedenti all'omicidio di Frank, molte migliaia di uomini neri in tutto il Sud erano state linciate, spesso sulla base di un sottile filo di sospetto, e pochi di questi incidenti avevano ricevuto più di qualche frase di copertura in un giornale locale, e anche un gran numero di bianchi era morto in circostanze simili. Al contrario, Frank aveva beneficiato del processo più lungo della storia moderna del Sud, sostenuto dai migliori avvocati che il denaro potesse assoldare, e sulla base di prove schiaccianti era stato condannato a morte per lo stupro e l'omicidio di una giovane ragazza. Ma quando il verdetto di Frank venne eseguito con mezzi extragiudiziali, egli divenne immediatamente la vittima di linciaggio più famosa della storia statunitense, attirando più attenzione da parte dei media rispetto forse a tutte quelle migliaia di altri casi messi insieme. Il denaro ebraico e i media ebraici lo hanno definito un martire ebreo e, in tal modo, egli ha usurpato il ruolo di vittima che sarebbe invece spettato all’enorme numero di neri innocenti che furono uccisi sia prima che dopo di lui, nessuno dei quali fu mai nemmeno riconosciuto come persona.
 
Come il Prof. Shahak ha efficacemente dimostrato, il giudaismo talmudico tradizionale considera tutti i non ebrei come subumani, e le loro vite non hanno alcun valore. Dato che i sostenitori di Frank erano seguaci del giudaismo riformato, sembra abbastanza improbabile che accettassero questa dottrina o fossero addirittura consapevoli della sua esistenza. Ma tradizioni religiose millenarie possono facilmente radicarsi in una cultura, cosicché certi radicati sentimenti culturali, anche inconsciamente, potrebbero avere influenzato la loro reazione alla difficile situazione legale di Frank.
 
Resoconti storici influenti del caso Frank e delle sue conseguenze contengono racconti raccapriccianti del dilagante antisemitismo che si diffuse contro la comunità ebraica di Atlanta in seguito al processo, sostenendo addirittura che una parte sostanziale della popolazione fu costretta a fuggire in conseguenza di ciò. Tuttavia, un attento esame delle fonti primarie, compresa la copertura giornalistica contemporanea, non fornisce assolutamente alcuna prova a sostegno di tale tesi, che sembra essere frutto di pura invenzione.
 
Gli autori della NOI notano che, prima del processo di Frank, la storia statunitense non aveva praticamente conosciuto l’antisemitismo, e il più grave incidente era stato il caso di un finanziere ebreo estremamente ricco a cui fu rifiutato il servizio in un lussuoso hotel resort. Ma distorcendo totalmente il caso Frank e concentrando una copertura così massiccia da parte dei media nazionali sulla sua situazione, i leader ebrei di tutto il paese riuscirono a fabbricare una potente narrazione ideologica del tutto falsa, forse sperando che la storia riuscisse a promuovere la coesione della comunità ebraica. 
 
Come ulteriore esempio di storia ampiamente pubblicizzata ma plausibilmente fraudolenta, gli scrittori ebrei che hanno dominato in modo schiacciante i resoconti del caso Frank hanno spesso affermato che esso favorì la rinascita del Ku Klux Klan subito dopo, e il linciaggio effettuato dal gruppo di cittadini responsabili dell'omicidio di Frank del 1915 presumibilmente servì da ispirazione per la ricostituzione di quell'organizzazione da parte di William Simmons, un paio di anni dopo. Ma non sembra esserci alcuna prova di ciò. In effetti, Simmons enfatizzò fortemente la natura filosemita della sua nuova organizzazione, che attirò un numero considerevole di membri ebrei.
 
Il fattore principale dietro la rinascita del KKK fu quasi certamente l'uscita nel 1917 del famosissimo film di DW Griffith, Birth of a Nation, che glorificava il Klan dell'era della ricostruzione. Dato che l’industria cinematografica statunitense all’epoca era in stragrande maggioranza ebraica e che i finanziatori del film e i principali distributori del Sud avevano la stessa origine, si potrebbe plausibilmente sostenere che il contributo ebraico alla creazione del Klan degli anni ’20 fu cruciale, mentre i proventi della distribuzione del film in tutto il Sud finanziarono di fatto la creazione da parte di Samuel Goldwyn della MGM, lo studio più importante di Hollywood.
 
Nella loro introduzione, gli autori della NOI sottolineano come il significato storico più ampio del caso Frank nella storia razziale statunitense si sia completamente perduto. Prima di quel processo, era senza precedenti che i tribunali del Sud consentissero la testimonianza di un nero contro un uomo bianco, per non parlare di un uomo ricco processato con accuse gravi; ma la natura orribile del crimine e il fatto che Conley fosse l’unico testimone richiedevano una rottura con quella tradizione di lunga data. Pertanto, gli autori non irragionevolmente sostengono che il caso Frank potrebbe essere stato importante per la storia del progresso nero negli USA quanto i verdetti legali fondamentali come Plessy v. Ferguson o Brown v. Board. Ma poiché quasi tutta la narrazione storica è stata prodotta da ferventi sostenitori ebrei, questi fatti sono stati completamente oscurati e il caso è stato volontariamente travisato come un esempio di persecuzione antisemita e omicidio pubblico.
 
Riassumiamo quella che sembra essere la storia fattuale solidamente consolidata del caso Frank, abbastanza diversa dalla narrazione tradizionale. Non c'è la minima prova che le origini ebraiche di Frank siano state un fattore che abbia influito nel suo arresto e sulla sua condanna. Il caso costituì un notevole precedente nella storia dei tribunali del sud con la testimonianza di un uomo di colore che giocò un ruolo centrale nella condanna di un uomo bianco. Fin dalle prime fasi dell'indagine sull'omicidio, Frank e i suoi alleati tentarono continuamente di coinvolgere una serie di diversi neri innocenti, piazzando false prove e distribuendo tangenti per ottenere testimonianze false, mentre la retorica razziale eccezionalmente dura che Frank e i suoi avvocati rivolgevano a quei neri presumibilmente aveva lo scopo di provocare il loro linciaggio pubblico. Eppure, nonostante tutti questi tentativi da parte del team di Frank di sfruttare i famigerati sentimenti razziali dei bianchi del sud di quell'epoca, questi ultimi capirono il gioco e Frank venne ugualmente condannato all'impiccagione per lo stupro e l'omicidio di quella giovane ragazza.
 
Supponiamo ora che tutti i fatti di questo famoso caso siano gli stessi, tranne che Frank fosse stato un gentile bianco. Sicuramente il processo sarebbe stato considerato come uno dei più grandi punti di svolta razziali nella storia statunitense, forse addirittura mettendo in ombra Brown v. Board a causa della portata del sentimento popolare, e gli sarebbe stato assegnato un posto centrale in tutti i nostri libri di testo moderni. Per contro, Frank, i suoi avvocati e i suoi grandi finanziatori sarebbero stati probabilmente considerati tra i più vili criminali razzisti di tutta la storia statunitense per i loro ripetuti tentativi di fomentare il linciaggio di vari neri innocenti in modo che un ricco stupratore e assassino bianco potesse restare libero. Ma poiché Frank era ebreo e non cristiano, questa straordinaria storia è stata completamente invertita per oltre cento anni dai nostri media e dalla storiografia dominati dagli ebrei.
 
Queste sono le importanti conseguenze che derivano dal controllo della narrazione e del flusso delle informazioni, che permette di trasmutare gli assassini in martiri e i cattivi in eroi. L'ADL è stata fondata poco più di un secolo fa con l'obiettivo centrale di impedire che uno stupratore e assassino ebreo fosse ritenuto legalmente responsabile dei suoi crimini e, nel corso dei decenni, alla fine si è metastatizzata in una forza di polizia politica segreta non del tutto dissimile dalla tanto disprezzata Stasi della Germania dell’Est, ma con un diverso obiettivo che sembra essere il mantenimento di uno schiacciante controllo ebraico su di una società che è al 98% non ebraica.
 
Dovremmo chiederci se è opportuno che a un'organizzazione con tali origini e con una storia così recente venga concessa un'enorme influenza sulla distribuzione delle informazioni attraverso la nostra Internet.
 
 
Letture correlate:
 
 
 
 
The International Jew di Henry Ford
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ossin pubblica articoli che considerano onesti, intelligenti e ben documentati. Ciò non significa che ne condivida necessariamente il contenuto. Solo, ne ritiene utile la lettura.

 

Torna alla home
Dichiarazione per la Privacy - Condizioni d'Uso - P.I. 95086110632 - Copyright (c) 2000-2024