Algeria: Urrà! Sofiane Djilali ha ricevuto un premio!
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Algeria: Urrà! Sofiane Djilali ha ricevuto un premio!
Ahmed Bensaada (24 ottobre 2019)
Ci sono mattine così. Uno si sveglia e la prima notizia che legge sul telefono lo lascia perplesso. Strabuzza gli occhi per essere sicuro che ha capito bene. Si lascia cadere sul cuscino per dimostrare a se stesso che è ancora tra le braccia di Morfeo. Ma no, è sveglissimo. Digita allora qualche parola chiave per verificare che non si tratti di una fake-news e si rende conto che le stessa informazione clonata è sbandierata, pubblicata e divulgata da tutti i media nazionali: El Watan, Liberté, Le Matin, Reporters, L’Expression, TSA e così via. E’ diventata virale!
«Sofiane Djilali ha ricevuto un premio internazionale!»
Internazionale? Forse è uno di quei premi Nobel la cui stagione è in pieno svolgimento? Un riconoscimento per il suo contributo alla pace nel mondo? La salvaguardia del pianeta? O magari la difesa delle bertucce algerine?
«Conferito a Sofiane Djilali il premio di “Leader della democrazia” a Washington»
Guarda un po’. Un premio conferito nella capitale della superpotenza mondiale per promuovere la democrazia in un paese arabo. Non sembra un déjà-vu?
«L’ONG POMED (Progetto per la democrazia in Medio Oriente) ha conferito, ieri mercoledì a Washington, il premio internazionale "Leader della democrazia" a sette personalità, tra cui il presidente del partito Jil Djadid, Sofiane Djilali [1]»
Tutto è diventato chiaro leggendo questo articolo di El Watan. Un premio conferito da POMED, «The Project on Middle East Democracy»! Ma perché diavolo bisognava gridarlo ai quattro venti? Il «premiato» e i media che lo esaltano non sanno niente delle organizzazioni statunitensi specializzate nell’esportazione della democrazia? Non è un premio come questo che ti fa gonfiare il petto né ti consente di pavoneggiarti sulle colonne dei giornali del mattino. Al contrario, il «premiato» dovrebbe andare a nascondersi. Ed ecco perché.
Al contrario di quanto annuncia con grande pompa El Watan, questo giornale promotore della primaverizzazione del mondo arabo, POMED non è una ONG nel senso proprio del termine.
Come precisato nel suo sito internet, POMED è «un’organizzazione senza scopo di lucro e non di parte che si dedica alla ricerca delle forme in cui vere democrazie possano svilupparsi in Medio Oriente e di come gli Stati Uniti possano al meglio appoggiare questo processo» [2].
Come si legge chiaramente nelle sue dichiarazioni di intenti, POMED è direttamente associata alla politica statunitense.
In realtà, è facile verificare che il POMED lavora di concerto con Freedom House [3] ed è finanziariamente sostenuta dall’Open Society Institute (OSI) del miliardario statunitense George Soros [4]. Nel 2016, per esempio, POMED ha ricevuto una sovvenzione di 550 000$ dalla Fondation Open Society [5]. POMED è finanziata anche dalla National Endowment for Democracy (NED)[6].
Ecco che cosa scrivevo a proposito di questa organizzazione nel 2015 [7] :
«Tra gli indici rivelatori, è da notare che il Board of Advisors di POMED conta, tra i suoi membri, Lorne W. Craner, il presidente dell’IRI (International Republican Institute di cui è presidente del consiglio di amministrazione il senatore McCain) e Kenneth Wollack, il presidente del NDI (National Democratic Institute di cui è presidente del consiglio di amministrazione l’ex segretaria di Stato USA, Madeleine K. Albright) [8]».
Per cercare di «illustrare» il ruolo svolto da POMED nelle «primavere» arabe, il suo direttore esecutivo, Stephen McInerney, dichiarò al New York Times nel pieno delle «primavere» arabe: «Noi non li [i cyberattivisti arabi] finanziamo perché comincino le proteste, ma li abbiamo aiutati a sviluppare le loro competenze e il loro mettersi in rete». Aggiungendo: «Questa formazione ha giocato un ruolo in quello che alla fine è successo, ma si tratta della loro rivoluzione. Non siamo stati noi a farla» [9].
M. McInerney è una delle rare persone impegnate nella «esportazione» della democrazia a parlarne con tanta franchezza.
Per coloro che non hanno familiarità con questa miriade di organizzazioni, occorre precisare che la NED, il NDI, l’IRI, l’OSI e Freedom House fanno tutte parte dell’arsenale USA di «esportazione» della democrazia attraverso il mondo e, in particolare, il mondo arabo [10]. Finanziate dal governo statunitense (salvo OSI), il ruolo proattivo da esse svolto nelle rivoluzioni colorate e nelle «primavere» arabe non ha più bisogno di essere dimostrato [11].
Per la cronaca, POMED ha organizzato due eventi specialmente dedicati allo hirak algerino. Il primo a Washington, il 15 aprile 2019, ha visto come moderatore niente meno che Stephen McInerney [12], il direttore esecutivo di POMED. Il secondo ha avuto luogo a Tunisi, il 19 giugno 2019 e aveva per titolo: «L’Algeria e il Sudan: nuove ondate di cambiamenti democratici o sogni infranti? »[13]. Mentre uno degli oratori invitati, Ezzaddean Elsafi, si presentava come responsabile di programma dell’OSI, il moderatore era Amine Ghali, una vecchia conoscenza delle «primavere» arabe. Infatti il signor Ghali è un attivista tunisino che, dal 2008, è direttore di programma dell’organizzazione «Al Kawakibi Democracy Transition Center» (Centro Al Kawakibi per le transizioni democratiche — KADEM). Notiamo, en passant, che KADEM è un centro finanziato dal «Middle East Partnership Initiative» (MEPI), un programma che dipende direttamente dal Dipartimento di Stato USA.
In precedenza, Amine Ghali aveva lavorato per diverse organizzazioni, tra cui Freedom House [14].
In definitiva, risulta che POMED non è che un’altra organizzazione statunitense di esportazione della democrazia, specializzata nella regione MENA (Medio Oriente e Africa del Nord). E’ per questo, ad esempio, che POMED ha partecipato alla Nona Assemblea mondiale del Movimento Mondiale per la Democrazia (World Movement for Democracy, WMD), Messa solenne del «proselitismo» democratico «made in USA» che si è svolta nel 2018 a Dakar (Senegal). Quindi, tra i partecipanti all’evento, vi erano Carl Gershman (presidente della NED), Kenneth Wollack (presidente del NDI), Scott Mastic, (vice-presidente per i programmi dell’IRI), Andrew Wilson (direttore esecutivo del Center for International Private Enterprise - CIPE), Shawna Bader-Blau (direttrice esecutiva del Solidarity Center) e, ovviamente, Stephen McInerney, direttore esecutivo di POMED [15]. Ricordiamo che il NDI, l’IRI, il CIPE e il Solidarity Center sono i quattro organismi satelliti della NED [16].
Nel suo discorso di conferimento del premio «Leaders for Democracy Award», Stephen McInerney ha menzionato il fatto che Sofiane Djilali era uno dei fondatori di «Mouwatana» e ha posto l’accento sul ruolo svolto da questo movimento nell’ hirak [17]. Ciò vuol dire che POMED e il suo direttore seguono da vicino quanto sta accadendo in Algeria. Ma non sono gli unici.
In un articolo del 22 marzo 2019, vale a dire all’inizio dell’hirak, anche Slobodan Djinovic e Srdja Popovic si sono mostrati interessati alle manifestazioni algerine e hanno citato un solo movimento [18]. Indovinate quale ? Mouwatana !
Ah, è vero ! Non vi ho presentato Slobodan Djinovic e Srdja Popovic. Si tratta di due famosi Serbi, fondatori del Center for Applied Non Violent Action and Strategies (CANVAS), la scuola di formazione per rivoluzionari in erba di tutto il mondo. CANVAS è finanziato, tra gli altri, da Freedom House [19] e dall’International Republican Institute (IRI) [20].
Prima della creazione di CANVAS, Slobodan Djinovic e Srdja Popovic erano leader del movimento Otpor, in prima linea nelle manifestazioni che hanno provocato la caduta del presidente Slododan Milosevic. Fu questo successo «rivoluzionario» ad avviare il ciclo delle rivoluzioni colorate e, poi, delle «primavere» arabe [21].
Tanto premesso, sarà interessante sapere che cosa il signor Sofiane Djilali farà, alla fine, del suo trofeo: avrà il coraggio di esibirlo pomposamente in qualcuna delle prossime manifestazioni del venerdì, o preferirà buttarlo nella spazzatura della storia?
Riferimenti:
[1] Farouk Djouadi, «Soufiane Djilali parmi les 7 lauréats du prix POMED pour la démocratie», El Watan, 17 ottobre 2019,
[2] POMED, «Mission Statement», https://pomed.org/about/#mission-statement
[3] POMED, «The State of Reform: Human Rights, Democratic Development and Individual Freedoms in Saudi Arabia and the Arab Gulf States», 1°novembre 2007,
Atlantic Council, «Renewing US Engagement with Libya», 10 settembre 2013,
Deirdre Paine, «Human Rights Groups Hold DC Event for Murdered Journalist Khashoggi», The DC Post, 24 settembre 2017,
POMED, «Al-Sisi in Washington: Egyptian President Seeks Support for Power Grab», 9 aprile 2019,
[4] Carnegie Endowment for International Peace, , «Egypt’s Elections : Boycotts, Campaigns, and Monitors», 19 ottobre 2010,
[5] Open Society Foundations, «Awarded Grants», 2016,
[6] NED, «2009 Annual report : Egypt»,
http://www.ned.org/publications/annual-reports/2009-annual-report/middle-east-and-north-africa/description-of-2009-gra-2 (guarda documento online).
[7] Ahmed Bensaada, «Arabesque$», Ed. Investig’Action, Bruxelles (Belgio) 2015 – Ed. ANEP, Algeri (Algeria) 2016.
[8] POMED, «Board of advisers», http://pomed.org/about-us/board-of-advisors/ (Pagina consultata nel 2015; Attualmente non è più online)
[9] Ron Nixon, «U.S. Groups Helped Nurture Arab Uprisings», New York Times, 14 aprile 2011,
[10] Ahmed Bensaada, «Otto anni dopo la primaverizzazione dell’Algeria», www.ossin.org, 13 aprile 2019
[11] Vedi rif. 7
[12] POMED, «Algeria: What’s Happened? What’s Next?», Washington 15 aprile 2019,
[13] POMED, «L’Algérie et le Soudan: nouvelles vagues de changements démocratiques ou rêves anéantis?», Tunisi, 19 giugno 2019,
[14] Bertelsmann Stiftung, «The Arab Spring: One Year After, Transformation Dynamics, Prospects for Democratization and the Future of Arab-European Cooperation», Europe in Dialogue 2012,
[15] Ahmed Bensaada, «Belalloufi, il RAJ e l’importazione della democrazia», www.ossin.org, 2 giugno 2019,
[16] Vedi rif.10
[17] YouTube, «Sofiane Djilali Awarded the POMED 2019 Leaders for Democracy Award», 21 ottobre 2018,
[18] Slobodan Djinovic e Srdja Popovic, «Is It Spring Again?», Slate, 22 marzo 2019,
[19] Maidhc Ó. Cathail, «The Junk Bond “Teflon Guy” Behind Egypt’s Nonviolent Revolution», Dissident Voice, 16 febbraio 2011,
[20] Tony Cartalucci, «CIA Coup-College : Recycled revolutionary “props”», Info War, 20 febbraio 2011,
[21] Per maggiori dettagli, vedi rif.7 o rif.10
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