Bahrein, una insurrezione appoggiata da Teheran?
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Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), febbraio 2018 (trad.ossin)
Bahrein, una insurrezione appoggiata da Teheran?
Alain Rodier
Si parla continuamente degli aiuti di Teheran ai governi iracheno e siriano, a Hezbollah libanese e ai ribelli Huthi in Yemen, mentre sono meno note le iniziative iraniane a sostegno della comunità sciita del Bahrein, che si oppone alla famiglia regnante di Hamad ben Issa el-Khalifa (sunnita). Conviene ricordare che la popolazione di questo piccolo regno insulare (1) è composta in stragrande maggioranza (70%) da sciiti, e che questi ultimi sono sotto rappresentati al governo e subiscono varie forme di discriminazione da parte della minoranza sunnita dirigente. L’isola poi, che è stata sotto dominazione persiana fino al 1782, è anche una delle culle ideologiche dello sciismo, che i Bahreiniti (gli arabi sciiti locali) hanno contribuito a diffondere in Iran nel XVI secolo.
I molteplici tentativi degli sciiti Bahreiniti
Un primo tentativo di colpo di Stato ha avuto luogo il 16 dicembre 1981, guidato dal Fronte islamico di liberazione del Bahrein (FILB). Si proponeva di assassinare la famiglia reale e di assumere il controllo degli organi di stampa audiovisiva, per scatenare una insurrezione generalizzata. Ma il colpo di Stato abortì. Un secondo tentativo ebbe luogo il 3 giugno 1996, a opera di Hezbollah bahreinita (in sostanza quel che restava del FILB) ; ma anch’esso fallì. Nell’uno e nell’altro caso, nulla è venuto a confermare una eventuale partecipazione dei servizi speciali iraniani. Tuttavia, in seguito a questi fatti, le relazioni tra Teheran e Manama si sono progressivamente deteriorate, in quanto il Bahrein accusa i ribelli sciiti di andare ad addestrarsi in Iran e di passare poi la frontiera.
Una nuova rivolta si è prodotta ai tempi della « primavera araba », dal 14 febbraio al 18 marzo 2011; ma essa è stata duramente repressa con l’aiuto degli eserciti saudita e degli Emirati, senza che gli Occidentali, che pure sostenevano i movimenti popolari in Tunisia, Libia, Egitto e Siria, formulassero la minima protesta. In conseguenza di ciò, la tensione nel regno è cresciuta, passando dal carattere di ribellione « locale » a quella di una insurrezione concertata con Teheran.
Diversi nuovi movimenti ribelli sono apparsi tra il 2011 e il 2013. Il più importante è il Saraya al-Ashtar, guidato da Ahmad Hasan Yusuf e Alsayed Murtadha Majeed Ramadhan Alawi – alias Mortada Majid al-Sanadi -, due individui ufficialmente considerati « terroristi » dal dipartimento di Stato USA. Gli altri sono il Saraya Mukhtar, il Saraya al-Kasar, il Saraya Waad Allah e il Saraya al-Muqawama al-Shabiya (2). Il coordinatore di questi movimenti in Iran sarebbe il bahreinita Hussein Ali Dawood.
Elementi ribelli sciiti bahreiniti si sarebbero oramai già addestrati presso le milizie sciite in Iraq – in particolare la Kata’ib Hizballah, guidata da Abou Mahdi al-Muhandis – e in Libano sotto la supervisione di Hezbollah.
I ribelli ricevono regolarmente armi via mare. Alcune imbarcazioni leggere prendono in consegna il carico da « navi di appoggio » in acque iraniane e ritornano a riva discretamente. Grandi lavori di ammodernamento della città di Manama sono stati l’occasione per la ristrutturazione di molti nascondigli molto ben dissimulati.
Di fronte all’irrigidimento della sorveglianza marittima, i contrabbandieri avrebbero escogitato altri metodi. Armi, esplosivi e munizioni sarebbero mollati in mare in grandi sacche impermeabili e poi recuperate grazie a un GPS attaccato ad una boa galleggiante. In futuro potrebbero anche essere utilizzati dei droni marittimi autoprogrammati.
Un nuovo teatro dello scontro irano-saudita
Come rappresaglia per la repressione del 2011, gli Iraniani avrebbero tentato di assassinare l’ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti, Adel al-Jubeir, oggi ministro degli Affari esteri. Manssor Arbabsiar, un cittadino iraniano residente negli Stati Uniti prese contatti con persone che credeva fossero membri dei cartelli della droga messicana, perché assassinassero il diplomatico. Si trattava invece di agenti speciali del FBI che agivano sotto copertura. Questi ultimi lo hanno arrestato e sono riusciti facilmente a identificare l’ufficiale trattante di Arbabsiar in Iran, un certo Gholam Shakuri. Condannato nel 2013, Arbabsiar sconta una pena di 25 anni di prigione in un penitenziario USA. Non potrà essere liberato prima del 2033!
Gholam Shakuri, l’ufficiale dei pasdaran incaricato di questa operazione da Teheran – il FBI ha registrato una conversazione compromettente tra lui e Arbabsiar – sarebbe stato in contatto con dei ribelli bahreiniti poco prima dell’organizzazione del complotto. Ciò detto, non è impossibile che Shakuri abbia agito di propria iniziativa, dal momento che l’assassinio del diplomatico saudita a Washington avrebbe comportato gravi problemi per Teheran. Inoltre il metodo utilizzato – l’uso di criminali sudamericani sconosciuti, di fatto agenti del FBI sotto copertura, non è abituale per i servizi speciali iraniani, che agiscono abitualmente attraverso intermediari conosciuti e controllati (Hezbollah libanese, Hamas, Jihad Islamica palestinese, ecc.).
Per Riyadh, non ci sono dubbi: Teheran è in azione in Bahrein ! Se la situazione securitaria nel piccolo regno sembra sotto controllo da parte delle autorità, esso costituisce comunque un ulteriore anello del « complesso di accerchiamento » che ossessiona la famiglia Saud. Riyadh vede ovunque la minaccia sciita: a nord (Siria-Iraq), a est (Bahrein e province saudite di frontiera a maggioranza sciita) e a sud (Yemen).
Note:
1) 1,3 milioni di abitanti.
2) E’ difficile stabilire se si tratti di diversi gruppi o di un’unica formazione con le sue differenti cellule (Saraya si può tradurre in arabo con « Brigata »).