Siria, gennaio 2012 - Tutta un’armata politico-mediatica si impegna per indurre in errore l’opinione pubblica e lasciar intendere che la morte del reporter di France 2 è responsabilità delle autorità siriane (nella foto, Gilles Jacquier)








Le Grand Soir, 14 gennaio 2012 (trad.Ossin)


Siria: assassinio del giornalista, defezione di un osservatore… e disinformazione
Al-Manar


Tutta un’armata politico-mediatica si impegna per indurre in errore l’opinione pubblica e lasciar intendere che la morte del reporter di France 2 sia responsabilità delle autorità siriane


All’indomani della morte di Gilles Jacquier, ucciso mentre faceva un reportage a Homs, epicentro della ribellione contro il regime siriano, i leader occidentali più importanti hanno lavorato di concerto per raggiungere questo obiettivo.
Alcuni hanno preteso che le autorità siriane proteggano la stampa (Juppé e la Clinton). Insinuando che sia stato a causa della loro negligenza che il giornalista è rimasto ucciso. Altri hanno reclamato l’apertura di una inchiesta (Sarkozy e Ashton).
Mentre il capo della diplomazia inglese si è impegnato in un discorso meschino e penoso, che non aveva volutamente alcun rapporto con l’incidente, parlando del “prezzo terribile pagato dalla popolazione di Homs e del coraggio dei giornalisti che corrono grandi rischi per fare conoscere ciò che vive la popolazione siriana”. Solo Human Right Watch è andata dritta allo scopo, chiedendo alla Lega araba “di condannare urgentemente le forze di sicurezza che sparano sui manifestanti pacifici che tentano di contattare gli osservatori arabi”.
Senza dimenticare il vice-presidente USA Joe Biden che ha voluto, davanti al Primo Ministro e capo della diplomazia del Qatar, “condannare le violenze perpetrate dal regime Assad in Siria”.


Il giornalista ucciso nel corso di una manifestazione a sostegno di Assad
Ovviamente nessuna allusione al fatto che il giornalista francese, che faceva parte di un gruppo di giornalisti (un altro di France 2, cinque belgi, due svizzeri, due libanesi e un giornalista siriano, secondo un collega di Jacquier, Mohammad Ballout, citato da Le Figaro) è stata ucciso durante una manifestazione a favore di Aassad, sulla quale sono stati sparati colpi di mortaio e di RPG (arma anticarro, ndt), armamento favorito dei ribelli siriani. E, naturalmente, i leader occidentali omettono di ricordare che anche otto civili siriani sono rimasti uccisi durante questo bombardamento e che essi sono tutti dei simpatizzanti del presidente siriano.
Perfino L’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo che diffonde cifre sulle vittime senza fornire alcuna prova della loro fondatezza, ha tentato di prendere le distanze, affermando di ignorare la provenienza degli spari e chiedendo un’inchiesta. Tanto i fatti sono evidenti.


Dubbia defezione di un osservatore… ancora Al Jazeera
Un’altra vicenda legata alla crisi siriana rivela il modo di agire manipolatorio degli scagnozzi degli insorti siriani.
Mercoledì uno degli osservatori della Lega araba (LA), l’algerino Anouar Malek ha dichiarato ad Al Jazeera la sua decisione di ritirarsi dalla commissione degli osservatori, col pretesto  che “stavano facendo un favore al regime siriano”.
Da Doha, Malek ha accusato il regime siriano di commettere gli “atti più vergognosi”, di uccidere i suoi sostenitori per dimostrare la propria versione dei fatti. Ha detto di aver visto nelle regione che ha visitato (Bab Amro, Khalidiyya, Sultaniyyé, Bab Sibae) “degli spettacoli vergognosi, dei cadaveri torturati, - bambini suppliziati”. Ha detto di aver visto coi suoi propri occhi i partigiani del regime aprire il fuoco sui manifestanti…
Ora si dimostra che le parole di questo osservatore non hanno niente a che vedere con la realtà. Secondo il quotidiano  libanese AsSafir, la Lega araba, attraverso la voce del vice-segretario, generale Ahmed Ben Helli,  ha voluto segnalare che nessun altro al di fuori del porta-voce della commissione, il generale sudanese Mohammad Ahmad al Dabi, può parlare a suo nome.
“…quanto a (quell’osservatore) che vuole enfatizzare o mentire, non esprime in alcun modo la posizione della Lega araba, della sua delegazione o altro”, ha precisato.
Secondo l’AFP, il capo della missione degli osservatori, il generale sudanese Mohammed Ahmed al-Dabi, ha detto in un comunicato che “le dichiarazioni di Anouar Malek ad una televisione satellitare sono prive di fondamento”.
“Il signor Malek è stato inviato con un gruppo a Homs, ma nel corso di tutti i sei giorni della sua permanenza, non ha mai lasciato la sua camera e non è mai andato in missione, dicendo che era malato”, ha aggiunto.
Secondo il generale Dabi, il signor Malek aveva chiesto di andare a Parigi per curarsi, poi è partito senza attendere l’autorizzazione.
Un responsabile dell’organizzazione pan-araba, che ha chiesto di restare anonimo, ha affermato secondo AsSafir che la testimonianza di Malek è falsa e che, per quanto egli fosse veramente uno degli osservatori della missione, è sempre rimasto nella sua camera di hotel perché malato.
Ha specificato che Malek, che è un algerino residente in Francia, è membro della Commissione araba per i diritti dell’uomo, la cui sede è a Parigi, e che egli non è in buona fede avendo rapporti di parentela col capo del Consiglio nazionale siriano (CNS), Bourhane Ghalioune (da parte della sua prima moglie algerina) e avendo contatti con Haytham Mannaa, che è il capo dell’organizzazione di coordinamento delle forze di cambiamento democratico all’estero.
Il ministro algerino degli affari esteri si è espresso anche lui sulla falsa testimonianza di Malek, spiegando che non era un inviato del governo algerino e spiegando che gli altri dieci osservatori algerini della commissione hanno “delle opinioni completamente diverse”.
La sua defezione prima della pubblicazione delle conclusioni finali sembra piuttosto un tentativo di delegittimare la missione degli osservatori, soprattutto se queste deluderanno le aspettative dell’opposizione.


AlArabi: lo spettro della guerra civile
A questo proposito, il sito online alArab dice che  il capo della Lega araba Nabil AlArabi ha messo in guardia contro lo scoppio di una guerra civile in Siria, nel corso di una intervista televisiva, sottolineando che la Siria è un paese influente nella regione e che i suoi problemi avrebbero delle conseguenze sui paesi vicini.
Secondo lui non sarebbe possibile uno scenario di ingerenza straniera in Siria simile a quella che si è avuta in Libia: “La Siria non è interessante per dei paesi che usano le loro armi e trovano chi le paga. Essa non ha petrolio e gli Stati Uniti hanno le elezioni quest’anno, quindi io non penso che vogliano infilarsi in avventure militari”, ha spiegato, chiarendo di aver detto la stessa cosa a più riprese all’opposizione siriana.
AlArabi pensa che, attraverso pressioni ed un embargo politico ed economico da parte di diversi paesi sul regime siriano e anche sull’opposizione, si potranno ottenere dei risultati e far cessare la violenza. A suo avviso la situazione si è molto complicata e i rapporti che gli giungono dalla Lega Araba a Damasco, attraverso il generale al Dabi, sono “particolarmente inquietanti”.
Per quanto concerne il deferimento al Consiglio di sicurezza, reclamata costantemente dall’opposizione filo-occidentale, AlArabi ritiene che se esso avesse voluto veramente interferire, l’avrebbe già fatto, non avendo bisogno della decisione della Lega Araba per farlo.
Mercoledì l’organizzazione pan-araba ha deciso di rinviare l’invio di nuovi osservatori in Siria, dopo che vi è stato un attacco contro la missione lunedì, durante il quale tre osservatori sono rimasti leggermente feriti.


Pechino sempre ostile all’internazionalizzazione della crisi

Dal canto loro i Cinesi e i Russi restano sulle loro posizioni e si oppongono ad una internazionalizzazione della crisi siriana.
L’emissario di Pechino per il medio oriente, Wu-Sike ha reiterato questa posizione nel corso di un incontro con AlArabi al Cairo durante il quale ha insistito per una soluzione della crisi nell’ambito dell’iniziativa della lega araba.
Per ciò che concerne le difficoltà di fronte alle quali si trovano gli osservatori della Lega araba in Siria, egli ha respinto, contrariamente alle posizioni occidentali ed arabe, l’idea che esse debbano attribuirsi alla sola responsabilità del governo siriano.
“Il governo siriano e le altre parti dovranno fare in modo che la missione operi in condizioni tali da rendere possibile il suo lavoro”, ha dichiarato dopo un incontro col capo della missione pan-araba Nabil al-Arabi.
Pechino “auspica che gli osservatori daranno prova di pazienza e proseguiranno i loro sforzi per realizzare i loro obiettivi per il bene della Siria e del suo popolo”, ha aggiunto.

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