Crisi Siriana
La verità sul massacro di Hulé
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La verità sul massacro di Hulé
Vox Clamantis (trad. Ossin)
Chiediamo ai nostri lettori di non farsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Hulé. Contrariamente a quanto asseriscono i media ed alle nostre prime informazioni attinte dai si dice e da supposizioni, l’esercito regolare siriano non è intervenuto sul posto né ha bombardato Hulé.
Si tratta, da parte dei terroristi, di una montatura, alla quale l’opinione pubblica è abituatissima e, da parte del governo, di una abdicazione inaccettabile che lascia dei civili innocenti affidati alla sua protezione e dei membri delle forze dell’ordine in numero insignificante essere oggetto di attacchi impressionanti da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto e armati fino ai denti, con la missione di “creare” le vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue. Questo coincide con l’annuncio della prossima visita di Kofi Annan e l’obiettivo è di screditare questa missione, gettando la colpa sulle autorità siriane legittime. Le notizie che forniamo ci vengono da testimoni oculari che vivono sul posto. Essi non intendono “proteggere” il regime ma “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e “consegnata” alla efferatezza dei terroristi.
La verità su Hulé
Ecco cosa abbiamo saputo da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Hulé:
“Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le 20.00. Hanno attaccato le barricate delle forze dell’ordine intorno all’ospedale Al Watani (nazionale) ed hanno ucciso e ferito circa 35 elementi delle forze dell’ordine, poi sono entrati nell’ospedale governativo. All’interno dell’ospedale si trovavano i pazienti, le equipe sanitarie e qualche parente che accompagnava i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poi hanno bruciato l’ospedale dopo avere trasportato i cadaveri. Nei videotape dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della sanità”. Ciò prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono poi dirette verso le case vicine, hanno massacrato gli abitanti e bruciato cinque case dopo avere trasportato i cadaveri. Sono arrivati dei rinforzi alle forze dell’ordine. Vi sono stati degli scontri armati e neve terroristi sono rimasti uccisi.
Lungo la strada, si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo d’avere venduto medicine ad un membro delle forze dell’ordine, ed hanno bruciato la farmacia.
Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tal Daw. Hanno raggiunto il quartiere sud ed hanno massacrato alcune famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato il fuco dopo avere trasportato i cadaveri.
I cadaveri ammassati sono stati collocati in una moschea a Hulé per mostrali agli Osservatori dell’ONU, come fossero un massacro perpetrato dall’esercito.
Notizie dalla regione di Homs e di Hama
A Salamiyeh, un grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti, un gran numero dei quali sono oppositori (comunisti e seguaci di Hourani), vi era stato un lutto e la gente andava a presentare le condoglianze, a un certo punto sono comparse bande armate vestite con “schmâkhs”, il copricapo dei beduini del deserto (sicuramente per far credere alla gente di Salamiyeh che si trattava dei loro vicini , i beduini del deserto “badiyât” di Hama e fomentare così la guerra civile). Le bande armate del BKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.
Nel villaggio di Shiphoniyeh, vicino a Kattineh, a 15 chilometri a nord di Homs, è giunto un gran numero di bande armate ed hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi sei figli, oltre al suo vicino e il figlio di quest’ultimo. Le bande armate hanno anche bruciato le case, prima di ritirarsi.
Tutta la campagna di Kusayr è messa a ferro e fuoco, in una vuoto securitario spaventoso. Da due settimane è scoppiata la guerra civile tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti (Metoualis). I sunniti del villaggio di Saargi – principalmente contrabbandieri e banditi – hanno cominciato ad uccidere e sequestrare dei civili dei villaggi sciiti a Safsafé, Zeyté, Hawik. Per proteggersi, gli sciiti hanno dovuto ricorrere alle armi perché i sunniti li attaccavano con razzi, mitragliatrici e mortai, e RPG (arma portatile anticarro, ndt). Gli sciiti sono stati colti di sorpresa perché non erano armati, ma alcuni di loro possedevano delle armi individuali. Gli sciiti hanno sequestrato due sunniti della famiglia Hseykeh e fino a questo momento l’atmosfera è tesissima. Un antico contenzioso divideva questi due villaggi ma avevano celebrato una grande riconciliazione alla presenza dello sceicco Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Avevano invitato i villaggi dei dintorni e i notabili cristiani di Kusayr. Malauguratamente la consegna delle bande armate era quella di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell’assenza delle forze dell’ordine o di fronte alla loro impotenza, non vi è stata altra alternativa per gli abitanti che quella di proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.
Come abbiamo accennato nell’articolo di ieri, le città e i villaggi si avviano verso una autonomia securitaria a partire da alleanze e da equilibri tribali sottili e inverosimili (per esempio, come dicevamo, l’accordo stretto tra Nebek e Flitta era: “non sequestrate più i nostri residenti sennò impediremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nebek”).
Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione de facto della sua presenza securitaria e in questo modo il mosaico siriano si spezza in una logica di affinità confessionali, tribali o politiche, in balia di alleanze, rifiuti, tradimenti per un riallineamento sul modello libanese?
Sinistra prospettiva…