Crisi Siriana
La Russia manda le sue truppe in Siria
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Moon of Alabama, 19 settembre 2015 (trad. ossin)
Visto che non ci vogliono pensare gli USA
La Russia manda le sue truppe in Siria
1° maggio 2006 – Biden: Dividere l’Iraq in tre diverse regioni
Il democratico più influente del Comitato per le relazioni estere del Senato ha proposto lunedì che l’Iraq venga diviso in tre regioni distinte – curda, sciita e sunnita – con un governo centrale a Bagdad.
In un articolo pubblicato lunedì dal New York Times, Joseph Biden, senatore del Delaware, ha scritto che l’idea è “di mantenere un Iraq unito, ma procedendo ad un ampio decentramento, dando a ciascun gruppo etno-religioso la possibilità di governarsi in modo autonomo, affidando al governo centrale la cura degli interessi comuni.”
Un documento del 2012 della Defense Intelligence Agency: l’Occidente favorirà il successo dello Stato Islamico, “per isolare il regime siriano”
Estratto:
E’ possibile realizzare un principato salafita, riconosciuto o meno, nell’est della Siria (Hasaka e Der Zor), che è esattamente quello che vogliono le forze che sostengono l’opposizione
(…)
ISIS potrebbe anche dichiarare uno Stato islamico, unendosi ad altre organizzazioni terroriste in Iraq e in Siria, cosa che porrebbe in grave pericolo l’unità dell’Iraq e la protezione del suo territorio.
Settembre 2015 – Il capo dei servizi di informazione: l’Iraq e la Siria non possono sopravvivere in quanto Stati.
L’Iraq e la Siria sono stati forse fatti definitivamente a pezzi dalla guerra e dalle tensioni settarie, ha dichiarato giovedì il responsabile della Defense Intelligence Agency, con una franchezza poco abituale nell’amministrazione Obama.
“E’ difficile rimettere insieme i pezzi”, ha dichiarato il luogotenente-generale Vincent Stewart nel corso di una Conferenza dell’industria, parlando dell’Iraq e della Siria, grandi porzioni del territorio dei quali sono state conquistate dallo Stato Islamico.
Il piano statunitense è stato da sempre quello di creare uno Stato sunnita nell’ovest dell’Iraq e nell’est della Siria. Che tale entità sia uno Stato islamico salafita o altro, sembra non avere alcuna importanza per gli esperti statunitensi di politica estera come il vice presidente Joe Biden.
La guerra che Obama ha dichiarato contro lo Stato Islamico non è quindi stata mai seria. E’ solo una scusa per potere continuare a ingerirsi in Iraq e in Siria e favorire la programmata scissione. Ma, sia che i tattici statunitensi sottovalutino i pericoli come quello dello Stato Islamico, sia che sostengano altri paesi, o che li creino di punto in bianco, tutto questo favorisce comunque lo sviluppo del terrorismo internazionale.
La reticenza degli Stati Uniti ad attaccare lo Stato Islamico non è passata inosservata:
La coalizione internazionale fa finta di battersi contro i terroristi in Medio Oriente – Ministro degli affari esteri russi
“Purtroppo, tutte le iniziative della coalizione internazionale contro il gruppo terrorista dello Stato Islamico assomigliano più a manifestazioni di intenzione, ad una specie di simulazione di attività antiterrorista”, ha dichiarato (il portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Maria Zakharova) nel corso di una intervista al canale televisivo Rossiya 24.
@Hayder_alKhoei
Un comandante peshmerga, parlando delle attività di approvvigionamento di ISIS lungo la frontiera tra Siria e Iraq: “La coalizione può agevolmente vederla. Perché non fanno niente?”. Io non lo so.
Un agente giordano dice di vedere dei convogli di ISIS attraversare la frontiera tra l’Iraq e la Siria quasi quotidianamente. “Ma non siamo autorizzati al colpirli”.
Gli Stati Uniti, e la loro coalizione di Stati che sono contemporaneamente contributori e simpatizzanti di ISIS, non hanno alcuna voglia di distruggere l’entità dello Stato Islamico. E anche adesso, che le conseguenze potenzialmente catastrofiche della sua crescita si fanno sempre più evidenti, continuano a fare finta di non vedere. Sono altri, allora, che devono prendere la cosa in mano con determinazione.
@MicahZenko
Solo nella giornata di ieri, gli aerei siriani hanno lanciato 25 attacchi aerei contro obiettivi dell’ISIS. Nel corso dell’ultima settimana (12-18 settembre), la coalizione guidata dagli Stati Uniti ne ha lanciati in tutto 26.
Fate voi stessi il paragone: in un anno di “lotta contro l’ISIS” questa coalizione di 60 membri ha effettuato tra i 6000 e i 7000 attacchi aerei, la maggior parte contro obiettivi minori. Da marzo (circa 6 mesi), la coalizione statunitense-saudita ha realizzato circa 25.000 attacchi aerei in Yemen.
Rassegna stampa iraniana – 18 settembre 2015
Un po’ di tempo fa, il comandante iraniano a capo delle operazioni contro lo Stato Islamico, il generale di brigata Qassem Suleimani, ha trasmesso alla direzione militare della Federazione Russa un rapporto sullo stato degli eserciti iracheno e siriano e sulla situazione sul campo. Ha chiesto ulteriori aiuti. Lo Stato Islamico ha reclutato qualcosa come 2.500 combattenti russi, soprattutto Ceceni. Il rientro di questi combattenti in Russia potrebbe portare ad una recrudescenza degli attacchi terroristi contro lo Stato russo. E’ questo pericolo che obbliga la Russia ad agire.
Quattro aerei da caccia russi trasferiti in Siria: ufficiale statunitense.
“La Russia ha trasferito 4 aerei da caccia in una base aerea siriana, dove ha rafforzato la propria presenza nel corso delle ultime settimane. La cosa allarma Washington, ha dichiarato venerdì un responsabile statunitense.
Unità di élite russe impegnate a Zabadani, Homs, Hama e Aleppo
di Elijah J.Magnier
Al-Rai ha saputo che “forze speciali da combattimento russe sarebbero giunte ad Hama, Aleppo, Homs, Damasco, oltre a Zabadani, per analizzare, partecipare e dare consigli sul programma di operazioni militari, e proporre futuri piani di combattimento. Tali forze speciali partecipano alle decisioni operative e, prossimamente, altre forze speciali russe e unità di soldati russi saranno dislocate nei campi di battaglia di tutta la Siria, dovunque sia necessario”.
Si tratterà del più ampio intervento militare russo all’estero dopo quello dell’Afghanistan del 1979.
Un altissimo grado dell’esercito che si trova nei pressi di Zabadani ha dichiarato: “Sono presenti delle piccole unità da combattimento russe e, in particolare, una unità di tiratori scelti che chiamiamo ‘unità Ivan’, una unità di ricognizione, una da combattimento in zone urbane, ed una unità equipaggiata con missili sofisticati, nella zona di operazioni sotto il comando dell’esercito siriano”.
La Russia – e l’Iran – sono determinate ad intervenire attivamente. La Cina potrebbe aggiungersi a questa coalizione, essendo interessata a interrompere il reclutamento da parte dello Stato Islamico di separatisti uiguri che la Turchia lascia passare attraverso il suo territorio per raggiungere il califfato. I recenti sviluppi hanno già costretto gli Stati Uniti ad ammorbidire la sua posizione tradizionale, che conosciamo a memoria, secondo cui “Assad se ne deve andare”, prima che qualsiasi vero negoziato possa anche solo cominciare.
Kerry ha dichiarato che “Assad deve andarsene”, ma ha aggiunto che è possibile una certa flessibilità quanto ai modi e al momento della sua uscita di scena.
“E’ un po’ che stiamo dicendo che non deve essere necessariamente il primo giorno, il primo mese, o altro”, ha precisato.
“o altro…”
Previsione: Bachar el-Assad sarà ancora presidente della Siria quando Barack Obama non sarà più presidente degli Stati Uniti.
Ma questa è solo una parte del problema. La vera questione è di sapere se gli Stati Uniti sono pronti a rinunciare al loro progetto di “principato salafita”, per frazionare la Siria e l’Iraq, e a cominciare a battersi seriamente contro lo Stato Islamico. L’alternativa per gli Stati Uniti e i loro alleati è di utilizzare lo Stato Islamico per creare un altro Afghanistan, un altro pantano per le truppe russe che vi sono state dislocate. Ma bisognerà allora fronteggiare simili eventuali conseguenze: un altro 11 settembre. Quale decisione prenderà Obama o chiunque altri muova i fili al posto suo?