Crisi Siriana
Dodicesima settimana dell’intervento russo in Siria: Zag!
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Crisi siriana, gennaio 2016 - Nel resoconto della settimana scorsa sull’intervento militare russo in Siria ho scritto che Kerry (nella foto) ha sempre perso tutti i negoziati che ha avuto con i Russi e che ormai si è fatto la fama di dire una cosa all’estero ed esattamente il suo opposto una volta rientrato negli Stati Uniti...
sakeritalia.it, 26 dicembre 2015
Dodicesima settimana dell’intervento russo in Siria: Zag!
The saker
Nel resoconto della settimana scorsa sull’intervento militare russo in Siria ho scritto che Kerry ha sempre perso tutti i negoziati che ha avuto con i Russi e che ormai si è fatto la fama di dire una cosa all’estero ed esattamente il suo opposto una volta rientrato negli Stati Uniti. Anche questa volta gli Americani non hanno cambiato il loro modo di fare, con la differenza che è stato Obama in persona a dire, ancora una volta, che Assad se ne deve andare, inducendo qualche commentatore a parlare di “Schizofrenia della Casa Bianca”. Altri hanno comunque fatto notare che questo potrebbe essere semplicemente un tentativo di salvare la faccia. Personalmente credo che entrambe le spiegazioni siano corrette.
John Kerry
Non c’è dubbio che Obama sia un Presidente straordinariamente debole ed anche ignorante. Il personaggio ha dato prova di non avere prospettive e di non capire (la complessità) delle relazioni internazionali, la sua cultura è minimale, mentre la sua arroganza sembra essere infinita; è tutto aspetto e niente sostanza. Questa, negli Stati Uniti, è la giusta combinazione per vincere un’elezione presidenziale, ma una volta alla Casa Bianca, è anche la ricetta per un disastro. Quando una simile non-entità viene messa a capo dell’esecutivo, i diversi settori dell’apparato governativo non ricevono un messaggio univoco sulle linee della politica ufficiale e, come risultato, tendono a fare di testa propria, senza preoccuparsi troppo di quello che potrebbe dire POTUS. Il recente articolo di S. Hersh “Militare a militare” è un valido esempio di questo fenomeno. Essendo debole e mancando della capacità di prevedere gli eventi (o anche solo di capirli), la maggior preoccupazione di Obama è quella di celare le proprie limitazioni e perciò finisce con il ricadere nel più vecchio dei trucchi politici: dire alla gente quello che essa vuole sentirsi dire. La stessa cosa vale anche per Kerry. Entrambi dicono una cosa davanti alle autorità russe o durante un intervista con un giornalista russo ed esattamente l’opposto ad un reporter americano. Un tale tipo di “schizofrenia” è perfettamente normale, sopratutto negli Stati Uniti.
Per usare un espressione coniata da Chris Hedges, gli Stati Uniti sono un “Impero dell’illusione”. La società americana ha una tolleranza apparentemente infinita per la menzogna, almeno fino a quando essa riesce a mantenere una parvenza di verità. Questo è vero a tutti i livelli, dal cibo che gli Americani mangiano, al modo in cui si divertono, ai politici che eleggono, fino alla presunta invincibilità dell’esercito pagato con le loro tasse. E’ tutta un’unica, gigantesca bugia, ma a nessuno importa, basta che questa sia una menzogna piacevole ed emotivamente rassicurante. Nel contesto siriano, una tale capacità di ignorare la realtà fa sì che si sostenga il terrorismo in nome della democrazia, che si faccia una campagna (militare) anti-Daesh che, come risultato, ne incrementa le conquiste territoriali, che si accusi Assad dell’uso di armi chimiche ed ora la politica dell’”Assad può rimanere, ma se ne deve andare”. Questa capacità di scollegare completamente la retorica dalla realtà può talvolta avere anche effetti positivi. Per esempio, anche se questa settimana abbiamo visto uno “Zag!”, in termini di retorica, dall’amministrazione americana, questo non significa necessariamente che gli Stati Uniti debbano continuare con i tentativi di rovesciare Assad. Tuttavia è anche vero l’opposto. Il fatto che gli USA abbiano detto che Assad può rimanere non implica in nessun modo la cessazione di tutti gli sforzi per rovesciarlo.
In conclusione: si, questa settimana c’è stato sicuramente uno “Zag!”, ma solo con il tempo si potrà sapere di che consistenza è lo zag di cui stiamo parlando.
In questo contesto, raccomando caldamente un recente articolo di Alexander Mercouris dal titolo: “La diplomazia russa ha vinto il mese scorso una terna di Risoluzioni al Consiglio di Sicurezza che danno un decisivo vantaggio alla Russia”, che spiega come la Russia sia passata da un successo all’altro al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Quello che importa in questo caso è che, dopo ognuna di queste risoluzioni volute dalla Russia, il numero di opzioni a disposizione degli Stati Uniti diminuisce gradualmente. Un altro fattore che fa calare le possibilità degli Americani è costituto dai successi tattici dell’esercito siriano, che fa progressi lenti ma costanti. L’intensità degli attacchi aerei russi sul Daesh comincia a farsi sentire e i Siriani stanno lentamente avanzando su tutti i fronti. Il crollo del Daesh non si è ancora verificato, ma se i Siriani continueranno ad avanzare così come hanno fatto fin’ora, la loro offensiva finirà con il raggiungere il punto critico in cui i loro piccoli successi (tattici) avranno un effetto qualitativo (operativo) e il Daesh inizierà a collassare. Naturalmente i terroristi del Daesh potranno sempre trovare scampo in Turchia, Giordania, Iraq e altrove ma l’impatto psicologico di una sconfitta del Daesh in Siria sarà enorme.
Fino ad ora non ci sono segnali di una possibile invasione turca nella Siria del nord, nessun indizio che qualcuno stia ancora pensando di imporre una “no-fly zone” e, a parte l’uccisione di Samir Kuntar in un attacco aereo israeliano, sembra che gli S-400 stiano avendo l’effetto deterrente desiderato.
In altre parole, mentre i leaders americani hanno la mente obnubilata dalle loro stesse illusioni, gli eventi sul terreno stanno, lentamente ma inesorabilmente, rinforzando e validando la posizione russa, sia militare che morale.
Nel frattempo i Siriani cristiani che seguono Calendario Gregoriano, stanno celebrando il Natale nelle strade di Latakia, un chiaro segno che esiste una Siria multiconfessionale e che essa ha un futuro.