Crisi Siriana
Siria: la battaglia di Aleppo
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Crisi siriana, marzo 2016 - Appaiono perfino dei segnali di scoraggiamento tra i ranghi di Daesh. La bestia rabbiosa rischia dunque di tornare alla ribalta attraverso gli attentati, come è avvenuto in Francia nel 2015 (nella foto, soldati dell’Esercito regolare di Assad)
Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 13 marzo 2016 (trad. ossin)
Siria: la battaglia di Aleppo
Alain Rodier
Nonostante il 27 febbraio 2016 sia scattato l’accordo di cessazione delle ostilità, i combattimenti continuano in talune regioni siriane, tra cui quella di Aleppo. Le forze lealiste, con l’appoggio di milizie governative delle Forze di Difesa Nazionali (FDN o Jiaysh Al-Shabi), di milizie irachene o afghane e di Hezbollah libanese, sono riuscite a conquistare molti villaggi a est della città, intorno alla base aerea di Kuweires, fino ad allora controllata dal gruppo dello Stato Islamico (IS). Congiuntamente alle Forze democratiche siriane (FDS), la cui colonna vertebrale è costituita dalle Unità di protezione del popolo (Yekineyen Parastina Gel, YPG) curde, sono riuscite inoltre a separare i bastioni tenuti dai ribelli a nord di Aleppo dalla vicina Turchia, interrompendo il “corridoio di Azaz” che porta alla città di Kilis, passando per il posto di frontiera di Oncupinar. E’ interessante rilevare che, sul fronte di Aleppo, alle FDS si sarebbero alleate alcune unità dei “ribelli” dell’Esercito Siriano Libero (ESL), tra cui quel che resta della coalizione Jaish Al-Thuwar (L’Esercito dei Rivoluzionari). Alcuni dei capi di questa colazione sarebbero stati addirittura tra i promotori della formazione delle FDS, l’11 ottobre 2015. Il paradosso sta nel fatto che alcuni movimenti ribelli moderati confluiscono nelle FDS, che godono dell’appoggio diretto di Washington nel nord-est della Siria, e dei Russi nella regione di Efrin, nel nord-est del paese. Ora, paradossalmente, le FDS combattono oggi gli stessi avversari del governo siriano!
Al momento i ribelli controllano ancora saldamente la provincia di Idlib. Restano dunque in diretto collegamento con la provincia turca di Hatay, situata più ad ovest. E’ da lì che passano i rifornimenti diretti ai ribelli della città di Aleppo. Da notare che alcuni missili suolo-aria portatili, specificamente di produzione nord-coreana (degli HT-16PGJ, simili agli SA-16 russi) sono comparsi per la prima volta sul terreno, e questo potrebbe cambiare le cose. D’altronde un MIG-21 è stato abbattuto a inizio marzo nella regione di Hama. Se si generalizzasse l’impiego di simili armi, ciò potrebbe complicare considerevolmente l’azione delle forze aeree siriane e russe.
A nord della provincia di Aleppo, lungo la frontiera turca, 19 formazioni ribelli si sarebbero unite in una coalizione chiamata “Faylaq Al-Sham”. A questa si sarebbero aggiunti un centinaio di transfughi di Daesh. Sono comparsi inoltre come per miracolo due nuovi gruppi dell’ESL (Esercito Libero Siriano) nella medesima zona: l’Ahfad Sallahudeen e il Liwa Al-Hamza (5a brigata). Si tratterebbe in realtà di combattenti che sarebbero stati inviati come rinforzo dalla vicina Turchia.
Nella stessa città di Aleppo continuano i combattimenti, soprattutto nel quartiere di Sheikh Maqsud, controllato da forze curde. Contro quest’ultime operano L’Emirato del Caucaso in Siria (ex-Jaish Al-Muhajireen Wal Ansar), Ansar Al-Islam e la brigata uzbeka Katiba Imam Al Bukhari, tre formazioni che dipendono più o meno direttamente da Al Qaeda “canale storico”. La parte ovest della città è complessivamente controllato dal Fronte Al-Nusra, da Jund Al-Aqsa, da Ajnad Al-Sham, da Jaish Al-Islam e dalla nuova coalizione “Jaish Halab”, agli ordini dell’ex emiro di Ahrar Al-Sham, Hashim al-Sheikh, alias Abou Jaber (1). Infine è presente anche l’Unione Fastaqem, composta da gruppuscoli islamisti radicali come il Liwa Al-Islam e la brigata turkmena Sultan Murat.
Vi è un motivo di grande inquietudine per le forze lealiste presenti nella regione. Esse vengono rifornite solo attraverso uno stretto corridoio che passa, da nord a sud, per Khanaser, Ithriya, Sheikh Hilal e quindi As San. Ripetutamente le forze di Daesh, talvolta insieme a Jund Al-Aqsa e Harakat Ahrar Al-Sham, sono riuscite a tagliare questo asse di rifornimenti, o all’altezza di Khanaser, o di Sheikh Hilal, ad una sessantina di chilometri a est di Hama. Peraltro ricognizioni aeree russe rivelano che Daesh preparerebbe una offensiva maggiore a partire dal suo bastione posto a est di Al-Salamiya. Le forze governative sono quindi impegnate nella messa in sicurezza delle loro posizioni nella regione per mantenere aperto questo asse vitale. Per questa ragione la 555° brigata della 4° divisione blindata, con l’appoggio delle FDS e della Liwa Al-Qods (brigata Gerusalemme) ha ripreso il controllo delle pianure intorno a Khanaser.
Parallelamente a quella che possiamo chiamare la “battaglia di Aleppo”, le forze regolari siriani avanzano lungo l’asse Al-Salamiyah/Raqqa e, a metà marzo, si trovano a non più di una trentina di chilometri dalla base aerea di Taqba (Tabaqa), perduta nel 2014. L’emiro di Daesh al comando di questa zona sarebbe stato ucciso da sconosciuti a inizio mese. L’obiettivo di Damasco sembra chiaro: minacciare direttamente la “capitale” dello “Stato” islamico, Raqqa. Di fatto si tratterebbe verosimilmente di una manovra diversiva, l’obiettivo vero essendo piuttosto Palmyra e la Goutha-est a Damasco. Ciò in quanto un’azione di sfondamento su Raqqa allungherebbe troppo le linee logistiche delle forze impegnate in una simile operazione, rendendole vulnerabili alla controffensiva di Daesh, col rischio che possano venire tagliati i collegamenti con le retrovie. In effetti il gruppo Stato Islamico (IS) è lungi dall’essere stato vinto militarmente, ed è già impegnato in raid di questo tipo a sud di Aleppo, ma anche intorno ad Hama.
Il sostegno russo alle forze lealiste
Sul piano nazionale, è stato istituito uno stato maggiore congiunto. Esso è guidato dal colonnello-generale Alexander Dvornikov e dal capo di stato maggiore siriano, il generale Ali Abdullah Ayyoub. Essi sono in contatto permanente col generale dei pasdaran iraniani Key Parvar e col capo di Hezbollah libanese in Siria, Mosafa Bader el-Din.
Se la stampa parla tanto dell’appoggio aereo fornito dai Russi, molta minore attenzione viene rivolta all’aiuto fornito da Mosca alle truppe di terra. All’inizio del 2015, l’esercito siriano si trovava in una pessima situazione. Ciò a causa del fatto che il comando non era adeguato, una gran parte dell’armamento fuori uso per mancanza di manutenzione, e il coordinamento con le diverse milizie, soprattutto straniere, catastrofico. Forniture massicce di carri T-72B, di qualche T-90, di BMP-2, di pezzi di artiglieria – compresi degli TOS-1° - hanno consentito di colmare il deficit di armamenti. I “consiglieri” russi hanno nel frattempo riorganizzato le catene di comando e di logistica, oltre a tutte le trasmissioni. Hanno anche dato impulso alla formazione delle unità di base che oramai vengono impegnate in combattimento solo dopo un addestramento intensivo di non meno di tre mesi. Infine, sono adesso ufficiali russi che assicurano il coordinamento tra le diverse forze siriane, irachene, afghane e iraniane, ciò che non è sempre troppo apprezzato da questi ultimi che si sentono un po’ messi da parte e utilizzati come carne da cannone.
Conclusioni
Una grande stanchezza sembra aver preso tutti i protagonisti di questa guerra civile che si fa eterna. E’per questa ragione che su gran parte del paese regna una calma relativa. Qualche scontro si registra talvolta tra il Fronte Al-Nusra e i suoi alleati, come è accaduto nella provincia di Idlib dove ha colpito la 13° divisione dell’Esercito Libero Siriano (ESL) (2). Appaiono perfino dei segnali di scoraggiamento tra i ranghi di Daesh, che non riuscirebbe più a controllare tanto strettamente, come nel passato, le zone dove opera. Sarebbero peraltro frequenti le defezioni verso altri gruppi di ribelli. Alcuni combattenti abbandonano completamente la lotta e cercano rifugio in Turchia e forse in Europa. Ma la dirigenza di ISIS cerca di compensare i relativi fallimenti subiti nel suo feudo siro-iracheno, rafforzando la sua presenza altrove, come in Sinai, in Libia, in Tunisia, in Marocco, in Afghanistan, nel Caucaso, in Libano, in Giordania e in Estremo Oriente (3). La bestia rabbiosa rischia dunque di tornare alla ribalta attraverso gli attentati, come è avvenuto in Francia nel 2015.
Note:
1 – Oltre al movimento precedentemente citato, questa coalizione raqggruppa il Nur al-Din al-Zanki, il Suqour al Jabal (ESL), le divisioni 16° e 101° (ESL) e il Liwa al-Tawhid, anche chiamato il 1° reggimento.
2 – Il Fronte Al-Nusra ne ha approfittato per recuperare un certo numero di missile anticarro TOW, consegnati alla 13° divisione dagli Statunitensi.
3 – Il caso della Nigeria è un po’ a parte. Il gruppo Boko Haram, per quanto abbia giurato fedeltà ad Abou Bakr Al-Baghdadi, porta Avanti la sua guerra coi mezzi che gli sono propri. Per esempio utilizza delle donne (talvolta dei bambini) come kamikaze, cosa che Daesh non fa (ancora?)