Crisi Siriana
E’ la fine per lo Stato Islamico?
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Crisi siriana, novembre 2016 - Come ex soldato e corrispondente di guerra che ha coperto 14 conflitti, guardo tutto il bla bla bla mediatico sull’assedio che stringe Mosul, in Iraq, scuotendo la testa...
Oriental Review, 31 ottobre 2016
E’ la fine per lo Stato Islamico?
Eric Margoulis
Come ex soldato e corrispondente di guerra che ha coperto 14 conflitti, guardo tutto il bla bla bla mediatico sull’assedio che stringe Mosul, in Iraq, scuotendo la testa. Questa liberazione di Mosul, organizzata dall’Occidente, è una delle più grandi sceneggiate politico-militari che abbia mai visto
Lo Stato Islamico (IS), il difensore di Mosul, è solo una tigre di carta, gonfiato in modo spropositato dai media occidentali. IS è, come l’autore ripete da anni, una folla armata composta da giovani incazzati di 20 anni, da fanatici religiosi e di anarchici contemporanei. E’ guidato da ex ufficiali dell’esercito iracheno che hanno una esperienza militare.
Questi ex ufficiali di Saddam Hussein hanno, quale unico obiettivo, quello di vendicare la distruzione della loro nazione da parte degli Stati Uniti e il linciaggio del loro ultimo capo. La le truppe di IS non hanno alcuna formazione militare, sono poco disciplinate, dispongono di comunicazioni scadenti e di una logistica abbastanza disorganizzata.
Infatti lo Stato Islamico oggi corrisponde a quello che l’Impero ottomano chiamava basci-buzuk, un aggregato disparato di tagliatori di teste e di morti di fame mandati a punire e terrorizzare i nemici con la tortura, la rapina, il saccheggio e l’incendio.
Quello che mi ha sempre sbalordito della falsa guerra occidentale contro IS, è la sua natura indolente, la mancanza di slancio e le sue esitazioni. Secondo me IS è stata soprattutto utilizzata dagli Stati Uniti e dai loro alleati come un’arma che poteva essere rivolta contro il governo siriano – proprio come i mujaheddin afghani vennero utilizzati dagli Stati Uniti e dai Sauditi per rovesciare il governo afghano alleato dei Sovietici. Israele ha tentato la stessa tattica aiutando la nascita di Hamas in Palestina e di Hezbollah in Libano. Entrambi dovevano servire a dividere l’OLP.
Ma IS è anche un gruppo che intende punire l’Occidente e i Sauditi per l’immenso massacro che hanno inflitto al mondo arabo.
Le forze ausiliarie occidentali e curde stazionano ad un’ora e mezza di strada da Mosul e Raqqa, entrambe occupate da IS da più di un anno. In tutto questo tempo, l’aviazione militare occidentale, soprattutto statunitense, ha delicatamente bombardato tutto intorno a questi bersagli, facendo qualcosa che sembra soprattutto un tentativo di spingere IS ad allontanarsi dalle due città, e unirsi alle forze guidate dagli Stati Uniti per combattere il governo di Damasco.
Tenete presente che IS non ha mai attaccato Israele, mentre ha giocato un ruolo importante nella distruzione della Siria. Alcuni rapporti riferiscono che Israele fornisce un supporto logistico e medico ad IS.
L’assedio di Mosul viene raccontato dai media occidentali come una eroica Stalingrado bis. Non vi fate ingannare. A Mosul, IS dispone di 3000 o, al massimo, 5000 combattenti, provvisti di armi leggere, e a Raqqa forse ancora meno. I capi di IS se ne sono probabilmente scappati da parecchio. Hanno poche armi pesanti, nessuna copertura aerea, e scadenti strumenti di comunicazione. I suoi combattenti vestiti di stracci saranno presto a corto di munizioni e di esplosivi.
Almeno 50.000 soldati guidati dall’Occidente assediano Mosul, appoggiati da artiglieria pesante, batterie di missili, carri armati, veicoli blindati ed una straordinaria potenza aerea.
Le forze imperiali occidentali sono composte da combattenti curdi, da forze regolari e da forze speciali irachene, da Curdi siriani, da volontari iraniani e da almeno 5.000 uomini delle truppe da combattimento statunitensi, ri-battezzate consiglieri, e perfino da un piccolo numero di forze speciali francesi, canadesi e britanniche. Nelle retrovie, qualche migliaio di uomini delle truppe turche, appoggiati da blindati e dall’artiglieria, sono pronti a liberare l’Iraq, che un tempo faceva parte dell’Impero ottomano.
Per gli Stati Uniti, le attuali operazioni militari in Siria e in Iraq sono la realizzazione di un grande sogno imperialista: truppe indigene comandate da ufficiali bianchi, sul modello dell’antico Raj delle Indie britanniche. Washington ha addestrato, equipaggiato e finanziato tutti i suoi ausiliari indigeni.
IS si trova di fronte ad un pericoloso dilemma. Come movimento politico, è una soddisfazione quella di occupare la seconda più grossa città dell’Iraq. Ma come forza guerrigliera, non avrebbe dovuto insabbiarsi in una zona urbana dove è assai vulnerabile di fronte ad attacchi aerei mirati e all’assedio della città. E’ proprio quello che succede adesso.
Nella Mezzaluna fertile, zona pianeggiante e poco alberata, le forze terrestri sono assolutamente vulnerabili alla potenza aerea, come hanno dimostrato le recenti guerre israelo-arabe del 1967 e 1973 e la guerra d’Iraq del 2003. La dispersione e le tattiche di guerriglia sono le uniche speranze per le forze che non hanno copertura aerea.
Le forze di IS farebbero meglio a disperdersi nella regione e continuare i loro attacchi in modo sporadico. Altrimenti rischiano di essere distrutte. Ma siccome sono per lo più composte da fanatici sanguinari, è possibile che IS non tenga conto della logica e dei precedenti militarti e preferisca impegnarsi in un ultimo atto di resistenza tra le rovine di Mosul e Raqqa.
Quando questo accadrà, i leader occidentali faranno a gara per rivendicare la paternità della falsa crociata contro quella tigre di carta che è IS.
Articolo originale pubblicato sul blog dell'autore