Crisi Siriana
In Siria è finita la festa per i ciarlatani
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Crisi siriana, dicembre 2016 - Con l’imminente liberazione di Aleppo, il sogno dei ciarlatani della rivoluzione siriana si trasforma in incubo. Dopo anni di proclami roboanti sulla «imminente vittoria» degli insorti, questa avventura che di rivoluzione aveva solo il nome volge al disastro (nella foto, un tank nelle strade di Aleppo est)
Arrêt sur Info, 7 dicembre 2016 (trad. ossin)
In Siria è finita la festa per i ciarlatani
Bruno Guigue
Con l’imminente liberazione di Aleppo, il sogno dei ciarlatani della rivoluzione siriana si trasforma in incubo, con una velocità da inferno dantesco. Dopo anni di proclami roboanti sulla «imminente vittoria» degli insorti, questa avventura che di rivoluzione aveva solo il nome volge al disastro. Sta crollando dappertutto, sepolta dalle sue stesse macerie. Dopo le spacconate, ecco il fuggi fuggi! Sconvolti, coi capelli arruffati, i disperati del takfir trascinano fuori dai loro rifugi le loro carcasse stanche, per arrendersi uno dopo l’altro. Aleppo doveva essere la «capitale della rivoluzione siriana». Errore. Oggi è il cimitero di una contro-rivoluzione sponsorizzata da Riyadh. Fuggendo di fronte all’avanzata dell’esercito nazionale, i mercenari wahhabiti, oramai, hanno un’unica scelta: arrendersi o morire.
Un tank nelle strade di Aleppo est
Sancendo la sconfitta di una insurrezione teleguidata dall’estero, la disfatta di Aleppo chiarisce un enorme inganno. C’ è stato bisogno di sette anni di dolore perché questa tragedia, provocata e alimentata da una valanga di petrodollari in un contesto di crisi regionale, si mostrasse nella sua vera luce. Non era una rivoluzione, ma un’operazione fallita di «cambio di governo», voluta da Washington e i suoi alleati. Come ha ammesso la stessa Hillary Clinton, questa operazione è stata portata avanti utilizzando alcune organizzazioni terroriste la cui casa madre (Al-Qaeda) già era una coproduzione saudo-statunitense negli anni 1980. Al-Nusra, Daesh e consorti, a loro volta, sono stati posti a servizio di una strategia del caos che mirava a polverizzare gli Stati della regione a profitto di entità etno-confessionali, la cui frammentazione dovrebbe garantirne la docilità.
Ne è venuta fuori una sanguinosa farsa, oramai seppellita sotto le macerie di questa città martirizzata da una guerra impietosa, provocata dagli appetiti di dominio imperialista alleatisi col fanatismo sponsorizzato di disperati rincretiniti fino all’ultimo centimetro cubo dei loro cervelli. Il peggio non è mai garantito, si dice, ma si è comunque verificato tutto quanto era possibile, ivi compreso l’inimmaginabile! Come leader occidentali che pretendono di combattere il terrorismo mentre gli procurano armi in nome dei diritti dell’uomo. Potenza straniere che impongono un embargo sulle medicine a popolazioni civili colpevoli di non voler combattere il loro governo. Famiglie reali sanguinarie e debosciate che danno lezioni di democrazia mentre sponsorizzano il terrore. Intellettuali francesi che esigono come un imperativo morale il bombardamento di un paese che non ci ha fatto niente. E’ un triste privilegio, ma occorre riconoscere che il dramma siriano ha generato un impressionante florilegio di porcherie.
Chi si ricorda solo con quali accenti infiammati i cantori esagonali (dell’Esagono, ovvero della Francia, ndt) di questa rivoluzione-bidone ci hanno ripetuto per sei anni che una gloriosa insurrezione avrebbe abbattuto l’odiosa tirannia! Giorno dopo giorno, nascondevano dietro una cortina fumogena l’odio che ispirava loro questo Stato siriano, il cui solo torto era di restare in piedi di fronte alla coalizione predatrice delle potenze occidentali e delle petro-monarchie corrotte. Senza vergogna, coprivano col loro clamore menzognero, attribuendole ai soldati siriani che difendevano la loro patria minacciata, le atrocità commesse da bande criminali, la cui ambizione monomaniaca era di imporre la sharia wahhabita e liquidare le minoranze confessionali.
Li abbiamo visti, li abbiamo ascoltati per lunghi anni, questi ciarlatani. I Jean-Pierre Filiu, François Burgat, Jean-Paul Chagnollaud, Pascal Boniface, Dominique Vidal, Ziad Majed, Romain Caillet, Bruno Tertrais e consorti intossicare l’opinione pubblica con le loro menzogne, rispettando scrupolosamente il capitolato d’appalto atlantista. Esperti in affabulazione, questi mitomani multicard hanno sputato sulla Siria, sul suo popolo, il suo esercito e il suo governo. Li hanno calunniati senza tregua, e ad essi facevano eco dei giornalisti la cui ignoranza è pari solo alla faziosità. Negando l’evidenza di un reclutamento mercenario internazionale finanziato dalle petro-monarchie, questi pseudo-progressisti si sono schierati, servilmente, dalla parte di un oscurantismo wahhabita al servizio dell’imperialismo occidentale. Dandosi delle arie, dispensavano lezioni di umanismo, mentre intrecciavano corone alle milizie mafiose e settarie che distruggevano la Siria. Distinguendo tra le vittime buone e le cattive, con la sinistra parlavano di diritti umani e con la destra sostenevano i torturatori takfiri.
Per incriminare il governo siriano e i suoi alleati, volevano arruolare al servizio della lor causa adulterata la sorte dei civili assediati ad Aleppo, ma omettendo di dire che l’80% di questi civili si trovavano nei quartieri protetti dal governo, e che gli altri, tenuti in ostaggio dagli jihadisti, venivano usati da questi gloriosi «rivoluzionari» come scudi umani. Volevano farci credere che l’aviazione russa bombardava gli ospedali di Aleppo, omettendo di dire che la maggior parte degli ospedali si trova ad Aleppo-ovest e subiva il fuoco incessante e assassino dei mortai “ribelli”. Orchestrando una indignazione selettiva fondata sulla permanente negazione della realtà, hanno accreditato questa monumentale truffa dei «Caschi Bianchi», brillantemente smascherata da una coraggiosa giornalista, Vanessa Beeley, che ha somministrato a questi bugiardi una lezione definitiva di onestà intellettuale e di probità professionale.
La riconquista della seconda città della Siria da parte dell’esercito nazionale non restituisce solo la speranza al popolo siriano, che comincia oramai ad intravvedere la fine del tunnel dopo tante sofferenze. Questa vittoria di un esercito in maggioranza composto da coscritti di confessione sunnita (come ha recentemente ricordato il geografo ed eccellente analista Fabrice Balanche) non smentisce solo il mito di una guerra confessionale inventato di sana pianta dagli istigatori wahhabiti. Questa riconquista spazza anche via con una grande ventata di aria fresca, in questo vittorioso mese di dicembre, i putridi miasmi lasciati nell’aria da sei anni di propaganda ad ampio raggio.
Orchestrata dai lacchè dell’imperialismo USA e dai kapò dell’oscurantismo wahhabita (che spesso si confondono), questa propaganda ha demonizzato il governo siriano attribuendogli la responsabilità dei crimini commessi dai suoi avversari. Ha anche demonizzato la Russia, il cui intervento militare in Siria – contrariamente a quella dei paesi NATO – rispetta il diritto internazionale e colpisce senza lesinare i terroristi di ogni risma. Bisogna vivere in Francia, questo paese di masochisti, per vedere impennarsi l’odio verso la Russia, con rara violenza, ogni volta che fa arretrare i terroristi. A ogni disfatta inflitta sul campo ai mandatari del massacro del Bataclan, i nostri ciarlatani esagonali, dal governo ai media, si disperano con clamori indignati!
Il dramma siriano è un catalizzatore. Mai dopo Vichy la nostra intellighenzia ha sguazzato tanto nel fango, mai ha sfidato tanto il disonore pur di celebrare lo spirito collaborazionista. Ma ecco, la ruota gira. Che cosa resta oggi del dogma interventista caro ai neocon, quando Donald Trump lo denuncia, o quando Vladimir Putin guida le danze in Medio Oriente e quando lo Stato siriano respinge i mercenari di Riyadh nella spazzatura della storia? Dubbiamente orfani, i ciarlatani del diritto umanismo (a geometria variabile) rischiano di perdere il loro eroe yankee, stanco di fare guerre stupide, e la loro fanteria mediorientale, fatta a pezzi da questo esercito siriano che disprezzano. Per i ciarlatani, decisamente, la festa è finita.
Bruno Guigue, è un ex alto funzionario, analista politico e con un incarico all’università di Réunion. E’ autore di cinque saggi, tra cui “Aux origines du conflit israélo-arabe, L’invisible remords de l’Occident”, L’Harmattan, 2002, e di centinaia di articoli.