Crisi Siriana
L’indifferenza selettiva
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Crisi siriana, agosto 2017 - Il catastrofico numero di vittime civili a Mosul non sembra interessare molti giornalisti e politici nel mondo. La cosa è in terribile contrasto con l’indignazione espressa da tutti durante i bombardamenti di Aleppo est, ad opera del governo siriano e delle forze russe a fine 2016 (nella foto, la distruzione di Mosul ovest)
The Independent, 21 luglio 2017 (trad. Ossin)
L’indifferenza selettiva
Patrick Cockburn
I civili di Mosul si sono trovati di fronte a un paradosso da Comma 22: le forze della coalizione guidate dagli Stati Uniti li invitavano ad abbandonare le posizioni dell’ISIS prima dei loro bombardamenti; ma ISIS minacciava di morte chi intendeva abbandonare queste posizioni
Tra parentesi deve notarsi che nessun capo di Stato o vedette di Hollywood en manque di pubblicità ha protestato contro il massacro degli abitanti di Mosul da parte della coalizione a guida USA. Ricordate la straordinaria mobilitazione contro gli attacchi aerei di Siriani e Russi contro i terroristi di Aleppo est? Ricordate il piccolo Omran Daqneesh, salvato nelle macerie? Ricordate i famosi Caschi Bianchi, amici degli sgozzatori di bambini, che facevano gli eroi per salvare le vittime dei bombardamenti?
Il catastrofico numero di vittime civili a Mosul non sembra interessare molti giornalisti e politici nel mondo. La cosa è in terribile contrasto con l’indignazione espressa da tutti durante i bombardamenti di Aleppo est, ad opera del governo siriano e delle forze russe a fine 2016.
Hoshyar Zebari, capo curdo ed ex ministro iracheno delle Finanze e degli Affari Esteri, mi ha dichiarato nel corso di un’intervista la settimana scorsa: «I Servizi di informazione curda stimano che più di 40.000 civili siano rimasti uccisi dall’enorme potenza di fuoco utilizzata dalla Polizia federale, dagli attacchi aerei e anche da ISIS».
Il reale numero di morti rimasti sepolti sotto i mucchi di detriti nella parte ovest di Mosul è ignoto, ma tocca probabilmente le decine di migliaia, al contrario delle stime assai più basse fornite in precedenza.
La gente fatica a comprendere perché il numero di morti a Mosul sia stato così alto. Un rapporto meticoloso ma terrificante di Amnesty International (AI) dal titolo «Ad ogni costo: la catastrofe civile nella parte ovest di Mosul» fornisce una spiegazione corretta e neutrale.
Non fornisce le cifre esatte dei morti ma, a parte ciò, conferma molte delle cose dette dal signor Zebari, soprattutto gli spaventosi danni provocati del fuoco durato cinque mesi senza interruzioni, dell’artiglieria e dei razzi, in una zona circondata e zeppa di civili che non potevano scappare.
Tuttavia nemmeno questo basta a spiegare davvero il massacro incredibile che vi è stato. Parecchi assedi, nel corso dei secoli, hanno provocato terribili perdite civili, ma da uno specifico punto di vista, l’assedio di Mosul è stato diverso da tutti gli altri: qui ISIS, il movimento più crudele e violento del mondo, non voleva assolutamente rinunciare ai suoi scudi umani.
Anche prima dell’attacco delle forze governative irachene appoggiate dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, che ha avuto inizio il 17 ottobre dell’anno scorso, ISIS aveva ammassato molti civili in città e non permetteva loro di fuggire per mettersi al sicuro. Quelli che sono riusciti a raggiungere i campi profughi fuori Mosul hanno detto che ISIS aveva dispiegato cecchini e collocato mine e imboscate per impedire agli abitanti di scappare.
Determinato a conservare ad ogni costo le sue centinaia di migliaia di scudi umani, ISIS li ha ammassati in spazi sempre più ristretti, mano a mano che le forze governative avanzavano. Le pattuglie di ISIS dicevano che avrebbero ucciso chiunque uscisse dalle case. Hanno saldato porte metalliche alle case per mantenervi dentro gli abitanti, e hanno impiccato ai pali dell’elettricità quelli che tentavano di scappare, lasciando i loro corpi marcire appesi.
«Mano a mano che ISIS perdeva terreno durante la battaglia, le zone controllate da ISIS si riempivano ancor più di civili», spiega il rapporto di Amnesty International. «I residenti di Mosul hanno detto ad Amnesty International di essere stati costretti ad ammassarsi nelle case a gruppi da 15 a 100 persone, coi loro familiari e vicini».
Sono stati proprio questi gruppi le vittime della massiccia potenza di fuoco delle forze governative. In molte strade, tutte le case sono state distrutte e non è stato addirittura possibile entrare in alcuni quartieri gravemente colpiti, perché ogni accesso era bloccato dalle rovine, da crateri di bombe e vetture bruciate.
Chi non ha visto Mosul tende a pensare che siano stati gli attacchi aerei a provocare la gran parte delle distruzioni – e non è del tutto falso – ma il signor Zebari ha ragione quando dice che sono state le bombe e i razzi delle forze terrestri, soprattutto della Polizia federale, a provocare la maggior parte delle distruzioni e delle morti di civili.
Per convincersene, basta dare un’occhiata alle armi utilizzate dalle forze filo-governative: comprendono obici da 122 mm e 155 mm, ma anche razzi Grad di 122 mm, di cui è notoria l’imprecisione, e anche munizioni improvvisate (IRAM) fabbricate localmente, che possono colpire qualunque cosa.
Il lanciarazzi Grad è un’arma sovietica che risale a cinquanta anni fa e si compone di 40 razzi montati su di un veicolo che possono essere tirati in salve da cinquanta secondi. Le versioni precedenti di questa arma hanno avuto un effetto devastante sulla fanteria tedesca e le sue posizioni fortificate nelle trincee della Seconda Guerra Mondiale. I civili ammassati nelle fragili case di Mosul ovest avevano poche speranze di scampare.
La coalizione guidata dagli Stati Uniti ha dichiarato di avere evitato attacchi aerei sui luoghi in cui vi erano dei civili e che I loro aerei hanno lanciato manifestini per invitarli ad allontanarsi dalle posizioni di ISIS. Gli abitanti di Mosul lo hanno considerato come uno scherzo crudele, perché non avevano alcun luogo dove andarsene e perché ISIS sparava loro contro se tentavano di scappare.
Inoltre il sistema di difesa di ISIS si basava sul rapido spostamento dei suoi combattenti di casa in casa, utilizzando fori scavati nelle mura nei quartieri moderni di Mosul; e nella città vecchia, dove la maggior parte delle case ha delle cantine, ISIS ha collegato queste cantine con dei tunnel, per poter sparare e poi fuggire prima che la casa fosse distrutta, il più delle volte da bombe di 500 libbra.
«C’erano pochissimi combattenti di Daech (ISIS) nel nostro quartiere, ma ci hanno lo stesso scaricato addosso moltissime bombe», ha dichiarato Qais, 47 anni, un residente del distretto di Mosul al-Jadida. Ha calcolato tra 600 e 1 000 le persone rimaste uccise nel quartiere, e mi ha mostrato, sul suo telefono, le foto della casa che un tempo era vicino alla sua ed è ridotta adesso ad un ammasso detriti di mattoni. «Non c’erano combattenti di Daech in questa casa», ha detto. «Ma c’erano sette membri della famiglia Abu Imad, e cinque di loro sono rimasti uccisi insieme a due passanti».
C’è un’altra ragione che spiega la devastazione provocata dalla battaglia di Mosul ovest, ed è quanto accaduto durante i combattimenti a Mosul est, tra il 17 ottobre e il 24 gennaio. Il governo iracheno e gli Statunitensi si aspettavano una vittoria difficile ma relativamente rapida. Pensavano di poter conquistare l’intera città in due mesi circa (invece ci sono voluti nove mesi).
L’attacco dei quartieri della città posti a est del fiume Tigri era stato soprattutto realizzato dal Servizio di lotta contro il terrorismo, che è altamente qualificato ed esperto nella battaglia di strada. Gli attacchi aerei prendevano accuratamente di mira obiettivi selezionati e non venivano scatenati al primo segno di resistenza che le truppe di terra incontravano.
Questa tattica delle forze governative non ha funzionato. Alla fine sono riusciti a prendere Mosul est, ma dopo tre mesi di aspri combattimenti e a prezzo di pesantissime perdite nel Servizio di lotta contro il terrorismo (dal 40% al 50 %). Non potevano più permettersi di subire analoghe perdite a Mosul ovest, dove ISIS era ancora più profondamente asserragliata.
Quando è cominciato l’assalto a Mosul ovest il 19 febbraio, le forze filogovernative sono ricorse con maggiore facilità all’artiglieria, ai razzi e alla forza aerea. E a sostegno del Servizio di lotta contro il terrorismo, hanno mobilitato la Polizia federale e la Divisione per gli interventi di emergenza, entrambe meno esperte e più settarie. E anche il Servizio di lotta contro il terrorismo, avendo subito perdite pesantissime, ha perso ogni remora nell’utilizzazione della sua potenza di fuoco.
Perché non c’è stata alcuna protesta per la distruzione di Mosul ovest? Non c’è alcun dubbio che le perdite civili siano state massicce, anche se non ci sono dati certi sul numero esatto di morti.
La ragione principale di questa mancanza di indignazione è che ISIS viene percepito come un movimento intrinsecamente diabolico che doveva essere battuto, poco importa il numero di morti che ciò avrebbe provocato tra gli abitanti di Mosul.
E’ un argomento che si può capire ma che, considerato nel contesto, fa temere che l’Iraq non troverà mai pace.