Egitto: elezioni presidenziali molto influenzate
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Egitto: elezioni presidenziali molto influenzate
Ahmed Bensaada (27 giugno 2012)
Il 24 giugno 2012 Farouk Sultan, presidente della Commissione per le elezioni presidenziali egiziane, ha annunciato la vittoria di Mohamed Morsi, un anno, quattro mesi e tredici giorni dopo che la piazza aveva cacciato Mubarak.
Candidato della potente confraternita dei Fratelli mussulmani, ha sconfitto al secondo turno Ahmed Chafik, ex militare e, soprattutto, ultimo primo ministro di Mubarak, all’esito di un processo elettorale che si è prolungato non meno di un mese.
Piene di colpi di scena degni delle migliori “mousselssalates” (1), le elezioni hanno tenuto col fiato sospeso una popolazione divisa nella dolorosa scelta tra uno stato religioso e uno stato militare, dopo che la “terza via” del campo democratico era già stata espulsa dal paesaggio politico, tanto dalla imparzialità delle urne, che da abili accordi politici.
Il primo turno
Nonostante il conflitto incessante tra i differenti attori della vita politica e i militari che detengono le redini del potere in Egitto, il processo di democratizzazione delle istituzioni del paese sembrava procedere a ritmo serrato.
Dopo l’elezione dei membri del Parlamento, largamente ma democraticamente dominato dagli islamisti, tredici candidati erano in lizza per succedere a Mubarak, ultimo presidente della prima repubblica egiziana. Certamente agli occhi dei superstiziosi il numero 13 non ispirava niente di buono, ma comunque solo due ne sarebbero rimasti dopo il primo turno. I militanti “filo-democratici” speravano nella vittoria di uno dei loro tre candidati (Hamdine Sabbahi, Abdel Moneim Abou El-Foutouh e Khaled Ali) (2) o almeno in uno scontro epico al secondo turno tra uno di loro e il candidato dei Fratelli mussulmani. In effetti, dopo molti tentennamenti, la confraternita aveva deciso di partecipare alle elezioni presentando il suo numero due ed eminenza grigia, il ricchissimo Khairait El-Chtaer. Ma, essendo stato quest’ultimo dichiarato ineleggibile a causa di un precedente penale durante l’ancien regime, i Fratelli mussulmani hanno ripiegato su un altro candidato di minore rilevanza, Mohamed Morsi.
Un’altra opzione, venuta fuori dagli arcani libri degli istituti di sondaggio, prevedeva piuttosto un duello tra l’islamista moderato Abdel Moneim Abou El-Foutouh (espulso dalla confraternita) e il “fouloul” (3) riconvertito in “rivoluzionario” Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba (4).
Ma niente di tutto questo è accaduto: l’outsider Ahmed Chafik è venuto a mescolare le carte. Anche se è considerato come la quintessenza del “fouloul”, questo non gli ha impedito di realizzare un inatteso exploit: classificarsi secondo dopo Morsi (sostenuto dall’impressionante macchina elettorale della confraternita), con appena 260.000 voti in meno!
Da piazza Tahrir si sono levate voci di brogli elettorali, nonostante che alla vigilia dell’annuncio dei risultati tutti avevano concordato nel dire che le elezioni erano state libere e trasparenti.
Ed è a partire da questo momento che una serie di avvenimenti è venuta a ricordarci che l’istaurazione della democrazia in un paese, anche se toccato dalla grazia della “primavera”, si scontra sempre sia con l’inerzia del sistema, sia con la sua sbalorditiva propensione a voler “guidare” il cambiamento. La ventina di giorni che ha separato i due turni dell’elezione presidenziale è stata ricca di episodi che, lungi dall’essere anodini e occasionali, hanno avuto un innegabile impatto sull’orientamento del voto al secondo turno.
L’intervallo tra i due turni
Prima di tutto c’è stato il processo di Mubarak e dei suoi accoliti. Nonostante l’ex rais sia stato condannato all’ergastolo, la piazza ha considerato la sentenza clemente, dal momento che era stata chiesta la pena di morte. Ma ciò che ha veramente inasprito gli animi è stata l’assoluzione dei suoi due figli e di sei ex alti responsabili della sicurezza del regime deposto.
Ci sono stati inviti a manifestare e piazza Tahrir si è nuovamente riempita. Il giudice è stato gratificato di ogni nome e i militari accusati di proteggere i foufoul e di tradire la “rivoluzione”.
Poi, due giorni prima dell’avvio del secondo turno, c’è stato il famoso episodio della legge “contro l’ostracismo politico” giudicata incostituzionale dalla Alta corte costituzionale. Si proponeva di escludere i foufoul dalle elezioni e in particolare Ahmed Chafik, nonostante fosse candidato al secondo turno. Ma che idea balzana di programmare un giudizio cosi importante tra i due turni di una elezione. Non sarebbe stato più intelligente e più professionale emettere un tale parere prima e non durante una elezione? E che cosa sarebbe successo se la candidatura di Chafik fosse stata eliminata dalle autorità di questa legge invece che da quella delle urne?
Pur dichiarandosi rispettoso della sentenza, Mohamed Morsi ha espresso la sua insoddisfazione nei confronti di essa dichiarando che “il popolo respingeva questa legge e non avrebbe permesso il ritorno al potere degli elementi dell’ancien regime” e affermando che l’ostracismo popolare è più forte di qualsiasi legge (5). Da notare che questa dichiarazione è completamente sbagliata se si consideri la percentuale di votanti per Chafik al primo turno.
Oltre a questa sentenza, la Alta corte costituzionale ha anche, trovandosi, disciolto il parlamento dominato dagli islamisti, ritenendo incostituzionale la legge elettorale delle legislative. C’ è stato dunque bisogno di sei mesi perché le autorità competenti si rendessero conto di un vizio giuridico nella legge elettorale e, come se la decisione non avesse già di per sé l’effetto di una bomba, è stato deciso di annunciarlo durante i due turni delle presidenziali.
I Fratelli mussulmani hanno allora gridato al “colpo di stato” militare, condannando severamente la decisione della Alta corte costituzionale, ritenendo che “le costanti minacce di sciogliere il Parlamento eletto da 30 milioni di Egiziani e di Egiziane confermano la volontà del Consiglio militare di appropriarsi di tutto il potere” (6)
Queste tre decisioni consecutive nel pieno di una elezione di questa importanza e le manifestazioni pubbliche che sono seguite hanno senz’altro prodotto l’effetto di turbare la serenità del processo elettorale, di seminare il dubbio tra gli elettori indecisi e dunque di influenzare l’esito dello scrutinio. Queste decisioni giuridiche hanno fatto pensare ad una certa frangia di elettori che l’ancien regime era ben radicato nelle istituzioni, che i fouloul “sopravvivevano” e addirittura “proliferavano” ancora in tutti i suoi ingranaggi, e che i militari non volevano “mollare” il potere.
Anche sul piano politico l’intervallo tra i due turni è stato assai animato.
Ricordiamo la strana decisione antidemocratica del campo “filo-democratico” quando, all’esito del primo turno, ha scoperto che, contrariamente a Chafik e a Morsi, le urne li avevano esclusi dalla corsa. Hanno chiesto allora l’interruzione del processo elettorale e la costituzione di un “Consiglio presidenziale” fantoccio costituito dai loro tre candidati sconfitti (Hamdine Sabbahi, Abdel Moneim Abou El-Foutouh e Khaled Ali) rivelando una singolarissima concezione della nozione di democrazia (7).
Da parte sua, Khairat El-Chater ha utilizzato l’arma della paura in una sensazionale dichiarazione al Washington Post: “Il popolo egiziano non accetterà Chafik come presidente. Fin dal primo giorno dell’annuncio, la gente vuole tornare in piazza Tahrir. Se la scelta del popolo sarà quella di protestare, noi ci uniremo ad esso. La prossima rivoluzione potrebbe essere meno pacifica e più violenta di quella che ha rovesciato Mubarak. Potrebbe essere difficile da controllare nelle piazze… Alcuni, non i Fratelli mussulmani, potrebbero ricorrere a nuove violenze e all’estremismo. Quando la gente si accorge che la porta del cambiamento pacifico è chiusa, è un invito alla violenza”, ha avvertito (8). Questa dichiarazione gli è valsa una denuncia con l’accusa di fomentare lo spargimento di sangue e la disobbedienza contro l’autorità dello stato (9).
Deve constatarsi che i Fratelli mussulmani, rappresentati dal loro numero due, hanno anch’essi una visione gretta della democrazia, ciò che costituisce un curioso punto in comune con il campo “filo-democratico”. Ma perché mai hanno organizzato le elezioni? Sarebbe stato sufficiente designare in segreto uno dei due candidati in modo che “l’anima della rivoluzione” fosse preservata.
Un anno, quattro mesi e tredici giorni dopo la caduta di Mubarak, i “rivoluzionari” hanno già dimenticato che la loro lotta mirava all’istaurazione di una vera democrazia arbitrata dalle urne.
Youssef Al-Qardaoui, l’illustre teologo qatariano di origine egiziana, ha aggiunto il suo tocco personale alla campagna elettorale, affermando che “far cadere Ahmed Chafik al secondo turno è un dovere religioso, legittimo ed etico” (10)
Sostenere Morsi sembrava normale per un militante dei Fratelli mussulmani di lunga data come lui, tanto più che era stato candidato alla carica di Guida suprema della confraternita anche se aveva garbatamente rifiutato (11). Ma ciò che è sorprendente è il fatto che lo stesso Youssef Al-Qardaoui, nel 2009, aveva insultato tutta la confraternita dopo che alcuni dei suoi protetti erano stati scartati da alcune promozioni all’interno della organizzazione: “Dopo la perdita di questi elementi riformatori, nella confraternita resta solo ‘la bestia morta per una caduta o morta per un colpo di corno e quella che una bestia feroce ha divorato’”, ha sbraitato (12). Questa citazione coranica (sura El Maida) è un’allusione a certe categorie di animali di cui è vietata la consumazione (non halal) secondo i precetti dell’islam. Bisognerebbe domandare al nostro imam a quale categoria appartiene Morsi, il membro della confraternita che ha sostenuto in questa elezione e che è diventato presidente dell’Egitto.
Il secondo turno
Il secondo turno delle elezioni presidenziali si è concluso il 17 giugno, ma i risultati ufficiali sono stati proclamati una settimana più tardi. Ciò non ha impedito a Morsi di dichiararsi vincitore fin dal 18 giugno e la piazza Tahrir ha vibrato al ritmo della vittoria del candidato dei Fratelli mussulmani. Questa disinvoltura ha provocato l’ira del campo di Chafik, che ha anche presentato un ricorso al tribunale amministrativo.
Il ritardo nell’annuncio dei risultati definitivi ha aggiunto tensione all’atmosfera diffusa dal momento che ognuno dei candidati rivendicava la propria vittoria.
Fonti bene informate hanno detto che Chafik ha incontrato separatamente Ann Peterson, l’ambasciatrice degli Stati Uniti al Cairo e l’ambasciatore inglese James Watt. I colloqui hanno trattato delle presidenziali e della reazione di Chafik in caso di vittoria di Morsi (13).
I risultati sono stati annunciati il 24 giugno: Morsi 51,73% (13,2 milioni di voti), Chafik 48,27% (12,3 milioni di voti) (14). Per la prima volta nella storia del paese, un civile, per di più islamista, è diventato presidente.
Nessuno ha denunciato frodi elettorali, contrariamente a quanto accaduto al primo turno, come se la sconfitta di Chafik fosse garanzia di elezioni pulite. Inoltre i magistrati che hanno supervisionato le elezioni sono stati lodati per la loro “professionalità”, mentre tutta la magistratura egiziana era un tempo vilipesa e accusata di connivenza con l’ancien regime.
Chafik, dal canto suo, si è felicitato con Morsi per la vittoria augurandogli “successo nel compito difficile affidatogli dal popolo egiziano” (15). Non osiamo immaginare quello che Morsi avrebbe fatto o detto in caso di vittoria di Chafik. Con le minacce di El-Chater e l’estrema “infiammabilità” di piazza Tahrir, le civiltà democratiche avrebbero certamente disertato l’arena politica.
Sul piano delle relazioni con gli Stati Uniti, molteplici segnali indicano che Morsi (ed El-Chater prima di lui) è stato il candidato su cui la diplomazia USA ha puntato. I numerosi incontri tra Morsi (che ha studiato in California) e alti responsabili USA ne sono testimonianza (16).
A proposito di El-Chater, egli aveva discusso della sua candidatura con l’influente senatore statunitense John McCain intorno al mese di febbraio 2012. Quest’ultimo aveva dato assicurazioni sul fatto che l’amministrazione USA non aveva alcuna obiezione alla candidatura di un Fratello mussulmano alla presidenza della repubblica egiziana (17).
E’ da notare che McCain è il presidente del Consiglio di amministrazione dell’International Republicain Institute (IRI), una organizzazione USA di “esportazione” della democrazia, filiale della National Endowment for Democracy (NED)
Precisiamo anche che l’IRI è una delle ONG che sono state accusate in Egitto di finanziamenti stranieri illegali e di ingerenza negli affari politici del paese (18).
Questa vicenda, che aveva inasprito le relazioni tra Il Cairo e Washington, si è miracolosamente risolta dopo la visita in Egitto di un gruppo di senatori USA guidati da McCain. Al suo ritorno McCain ha dichiarato: “Siamo incoraggiati dal ruolo costruttivo svolto durante la scorsa settimana dai Fratelli mussulmani e dal loro partito politico, il Partito della libertà e della Giustizia. La loro dichiarazione del 20 febbraio (2012) è stata importante ed ha contribuito a risolvere la recente crisi (delle ONG)” (19).
Imbarazzata da questi sgraditi ringraziamenti, la confraternita ha tentato in qualche modo di smentire l’informazione.
Essendo di pubblica notorietà che McCain e il suo IRI sono stati coinvolti in tutte le rivoluzioni colorate e nel finanziamento per la formazione dei cyber attivisti arabi e soprattutto egiziani (20), la politica USA diventa limpida e dimostra fino a che punto la citazione del generale De Gaulle (“Gli Stati Uniti non hanno amici, hanno solo interessi”) sia di attualità. Nello spazio di 18 mesi. gli Stati Uniti si sono infatti mostrati esperti nell’applicazione di questa regola. Essi che avevano sostenuto Mubarak per tre decenni hanno finito per mollarlo a profitto dei giovani cyber attivisti del campo “filo-democratico”, che hanno formato e finanziato. Questi ultimi, che pure erano stati tanto lodati dal dipartimento di stato e che rappresentavano ai suoi occhi una gioventù progressista e piena di speranze, sono stati a loro volta mollati a profitto dei Fratelli mussulmani.
Questa ingerenza USA negli affari interni egiziani e nelle elezioni presidenziali non è passata inavvertita. Sameh Achour, il presidente del Consiglio di concertazione, l’ha denunciata notando che “l’intervento degli Stati Uniti non è la sola cosa inquietante, lo è anche l’assenza di ogni condanna di questo intervento da parte della forze civili” (21)
.
La presidenza di Mohamed Morsi pone importanti interrogativi cui non è facile rispondere.
Quali saranno i suoi rapporti con la Guida Suprema della confraternita che l’ha proiettato, grazie alla sua potente macchina elettorale, alla magistratura suprema? Come si comporterà nella sua qualità di “candidato di scorta” nei confronti di Khairat El-Chater? Quali saranno le sue prerogative in assenza di costituzione e dopo l’emanazione da parte del Consiglio supremo delle forze armate di una dichiarazione costituzionale complementare (solo qualche ora prima dell’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali) che limita significativamente i suoi poteri? Senza reale esperienza di potere, potrà reggere il confronto con l’egemonia dei militari? Quale sarà lo spazio per i copti e le donne nelle istituzioni, visto che era contrario al loro accesso alla presidenza egiziana (22)? Come inciderà la sua elezione sulle relazioni con Israele, paese che si è premurato di “rassicurare” durante il suo primo discorso da presidente, annunciando che rispetterà gli accordi tra il suo paese e lo Stato ebraico (23)? Avendo gli Stati Uniti apertamente sostenuto la sua candidatura, quale tipo di rapporto svilupperà con questo paese in un contesto di ridistribuzione delle carte nella regione?
Un anno, quattro mesi e tredici giorni dopo che la piazza ha cacciato Mubarak, l’Egitto vive sempre nella stessa incertezza.
Note:
1. Mousselssalates : serie televisive egiziane molto note nel mondo arabo
2. Ahmed Bensaada, « Egitto : la grande disillusione dei ribelli di piazza Tahrir », www.ossin.org, giugno 2012,
http://www.ossin.org/egitto/elezioni-presidenziali-rgitto-grande-disillusione-piazza-tahrir.html
3. Ex notabile del regime di Mubarak
4. Euronews, « Égypte: la violence s’invite dans la présidentielle », 29 maggio 2012, http://fr.euronews.com/2012/05/29/egypte-la-violence-s-invite-dans-la-presidentielle/
5. Mahmoud Essouifi, « Morsi : Je respecte le verdict de la Haute Cour Constitutionnelle », El Wafd, 14 giugno 2012, http://www.alwafd.org/%D8%A3%D8%AE%D8%A8%D8%A7%D8%B1-%D9%88%D8%AA%D9%82%D8%A7%D8%B1%D9%8A%D8%B1/13-%D8%A7%D9%84%D8%B4%D8%A7%D8%B1%D8%B9%20%D8%A7%D9%84%D8%B3%D9%8A%D8%A7%D8%B3%D9%8A/225561-%D9%85%D8%B1%D8%B3%D9%89-%D9%86%D8%AD%D8%AA%D8%B1%D9%85-%D8%AD%D9%83%D9%85-%D8%A7%D9%84%D8%AF%D8%B3%D8%AA%D9%88%D8%B1%D9%8A%D8%A9-%D8%A7%D9%84%D8%B9%D9%84%D9%8A%D8%A7
6. Le Figaro.fr, « Égypte : le Parlement, dominé par les islamistes, dissous », 16 giugno 2012, http://www.lefigaro.fr/international/2012/06/16/01003-20120616ARTFIG00519-egypte-le-parlement-domine-par-les-islamistes-dissous.php
7. Ahmed Bensaada, « La piazza e la sua democrazia », www.ossin.org, giugno 2012, http://www.ossin.org/egitto/piazza-tahrir-elezioni-egiziane-gene-sharp.html
8. David Ignatius, « In Egypt, a sense of dread »,The Washington Post, 14 giugno 2012, http://www.washingtonpost.com/opinions/david-ignatius-in-egypt-a-sense-of-dread/2012/06/14/gJQAHVb2cV_story.html
9. Tarek Abbas, « Plainte accusant el-Chater de fomenter l’effusion de sang et la désobéissance contre le régime de l’État », El Watan, 21 giugno 2012, http://www.elwatannews.com/news/details/19125
10. Egypt Window, « Al-Qardaoui : Faire tomber Ahmed Chafik au second tour est un devoir religieux, légitime et éthique », 29 maggio 2012, http://www.egyptwindow.net/news_Details.aspx?News_ID=19706
11. Arabic News, « Qaradawe rejects post of Murshid of Muslim Brothers; does not want restrictions », 1 dicembre 2004, http://www.arabicnews.com/ansub/Daily/Day/040112/2004011217.html
12. Islam Today, « Al-Qardaoui: l’écartement d’Issam El-Aryane de la confrérie est une trahison », 24 ottobre 2009, http://islamtoday.net/albasheer/artshow-12-121680.htm
13. Bonjour Égypte, « Rencontre secrète entre Chafik et l’ambassadrice américaine », 22 giugno 2012, http://bonjouregypte.com/news.php?id=7134
14. Associated Press, « Égypte: Mohammed Morsi proclamé vainqueur de la présidentielle », Le Devoir, 24 giugno 2012, http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/353241/egypte-mohammed-morsi-proclame-vainqueur-de-la-presidentielle
15. L’Orient le jour, « Égypte : Le candidat vaincu Ahmed Chafik félicite son rival Mohamed Morsi », 25 giugno 2012, http://www.lorientlejour.com/category/Derni%C3%A8res+Infos/article/765257/Egypte_%3A_Le_candidat_vaincu_Ahmad_Chafik_felicite_son_rival_Mohamed_Morsi.html
16. Vedi la nota 2.
17. Mohamed Khayal et Ahmed Abdelhalim, « El-Chater a discuté de sa candidature avec McCain », Shorouk News, 2 aprile 2012, http://shorouknews.com/news/view.aspx?cdate=02042012&id=a6ac7d10-6cf5-4821-b2bb-aa2e0537f060
18. AFP, « Égypte: début du procès de membres d'ONG égyptiennes et étrangères », La Depeche.fr, 26 febbraio 2012, http://www.ladepeche.fr/article/2012/02/26/1292442-egypte-debut-du-proces-de-membres-d-ong-egyptiennes-et-etrangeres.html
19. Ahram Online, « Brotherhood denies McCain allegations it helped US NGO workers leave Egypt », 3 marzo 2012, http://english.ahram.org.eg/NewsContent/1/64/35900/Egypt/Politics-/Brotherhood-denies-McCain-allegations-it-helped-US.aspx
20. Ahmed Bensaada, « Arabesque américaine : Le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éditions Michel Brûlé, Montréal (2011) ; Éditions Synergie, Alger (2012).
21. Mahmoud Hussein, « Le Conseil de concertation dénonce l’ingérence américaine dans les affaires de l’Égypte », Youm7, 23 giungo 2012, http://www3.youm7.com/News.asp?NewsID=713939&
22. Henrik Lindell, « L'islamiste Mohamed Morsi, président de l'Egypte aux mains liées », La Vie.fr, 26 giugno 2012, http://www.lavie.fr/actualite/monde/l-islamiste-mohamed-morsi-president-de-l-egypte-aux-mains-liees-26-06-2012-28807_5.php
23. AFP, « Morsi dit qu'il respectera les traités internationaux de l'Égypte », La Presse.ca, 24 giugno 2012, http://www.lapresse.ca/international/dossiers/legypte-apres-moubarak/201206/24/01-4538000-morsi-dit-quil-respectera-les-traites-internationaux-de-legypte.php