Ingerenze saudite nelle manifestazioni in Iraq
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almanarFrench, 5 ottobre 2019 (trad.ossin)
Ingerenze saudite nelle manifestazioni in Iraq
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Le manifestazioni che si stanno svolgendo dal 1° ottobre in Iraq, a prescindere dalla legittimità delle rivendicazioni, presentano segni di un’ingerenza straniera che si propone di sviarle dai reali obiettivi e seminare zizzania nel paese
L’Arabia saudita sembra svolgere un certo ruolo nelle violenze che si sono registrate, mentre i manifestanti si limitano a protestare contro la corruzione, i servizi pubblici scadenti e la disoccupazione.
E’ stato possibile rilevare questa ingerenza saudita nel mondo virtuale delle reti sociali. E, più precisamente, in Twitter.
Il 79% degli hashtag che riguardano l’Iraq, negli ultimi quattro giorni, quello in particolare #l’Iraq si ribella, proviene dall’Arabia Saudita, come dimostrano i rilevamenti di Hashtag analytics. Quelli che provengono dall’Iraq sono solo il 6%.
«Si tratta di un gruppo cybernetico, magari dei robot, che hanno diffuso dall’Arabia saudita e da altri paesi arabi questo hashtag per travisare gli obiettivi delle manifestazioni», commenta il sito online della televisione iraniana arabofona al-Alam.
Fuori l’Iran
Queste losche intromissioni sembrano avere avuto qualche presenza anche sul terreno. Alcuni manifestanti hanno scandito slogan ostili all’Iran, «Fuori l’Iran», invocando la cacciata degli stranieri. Mentre nulla hanno detto sugli Statunitensi che mantengono delle basi militari e dei soldati nel paese dall’invasione del 2003.
I sabotatori sparano in entrambe le direzioni
Altri segnali di ambiguità in queste manifestazioni: sulle 37 persone morte in quattro giorni in Iraq, 4 sono poliziotti, secondo l’AFP.
Il portavoce del ministro iracheno della difesa ha denunciato la presenza di persone infiltratesi nelle manifestazioni, e che hanno aperto il fuoco sia contro le forze dell’ordine, che contro i manifestanti.
«In diverse province, dei sabotatori hanno tentato di colpire le forze di sicurezza usando armi letali e sparando colpi d’arma da fuoco che hanno ferito molti di noi», ha rivelato il generale Tahsine al-Khafaji, secondo quanto riferito dai media iracheni.
«Nonostante questo, da parte nostra non si è risposto al fuoco e non si sono utilizzate armi. Ma questi infiltrati hanno aperto il fuoco sia sui manifestanti che sulle forze di sicurezza, mentre davano fuoco ai pneumatici. E questo noi non possiamo permetterlo», ha aggiunto.
Secondo quanto dallo stesso riferito, le principali vie di accesso alla capitale irachena non sono state chiuse, ma sono sotto sorveglianza. «Quelle che appaiono come maggiormente a rischio per la vita dei manifestanti sono le meglio sorvegliate», ha precisato.
Dei cecchini hanno ucciso 4 persone
Un’altra struttura di sicurezza ufficiale, il Security media center, ha da parte sua assicurato che 4 persone sono state uccise da cecchini in via Palestina e in piazza Al-Tayarane a Bagdad.
L’ex- Primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha anch’egli messo in guardia i manifestanti contro i tentativi di strumentalizzazione.
Coloro che aspirano alle riforme e che vorrebbero vedere accolte le loro legittime rivendicazioni dovranno agire con prudenza e guardarsi da chi intende strumentalizzare questo movimento di protesta», ha detto venerdì. Maliki è leader di un’importante coalizione parlamentare, lo Stato di diritto.
Uno dei più importanti gruppi presenti nel Parlamento iracheno, Sairoune, comprendente anche la corrente Sadrista, sembra anch’esso persuaso della presenza di questi sabotatori che tentano di «deviare la bussola dei manifestanti». Chiedendo al Primo ministro «un programma realista».
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