L’amministrazione «antisemita» di Trump potrebbe scrivere la parola fine alla soluzione dei due Stati
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Middle east eye, 9 dicembre 2016 (trad. ossin)
L’amministrazione «antisemita» di Trump potrebbe scrivere la parola fine alla soluzione dei due Stati
Nafeez Ahmed
Se Trump escluderà ogni prospettiva di nascita di uno Stato palestinese, come temono alcuni iniziati di Washington, potrebbe seguirne una sollevazione – e la fine di qualsiasi forma di sicurezza per Israele
Secondo una recente nota di informazione politica, pubblicata da un gruppo di iniziati bene introdotti a Washington, il neo presidente Donald Trump potrebbe mettere da parte ogni prospettiva di Stato palestinese indipendente e sovrano – paradossalmente con l’appoggio degli «elementi radicali antisemiti di estrema destra» presenti nella sua base elettorale.
La nota di informazione, pubblicata lunedì scorso, è stata redatta da Lara Friedman, ex agente del Servizio esterno degli Stati Uniti, che ha partecipato al secondo round di negoziati in Israele e Palestina. Secondo questa nota di informazione, Trump potrebbe approvare la soluzione di «un solo Stato per Israele», sostenuta dall’amministrazione di destra di Benjamin Netanyahu.
La radicalizzazione dell’establishment
La nota d’informazione conclude che, con l’amministrazione Trump, quello che è stato il consueto «impegno degli Stati Uniti, almeno a parole, per una soluzione negoziata a due Stati, al conflitto israelo-palestinese, è oramai profondamente incerto».
La soluzione a due Stati è conforme al diritto internazionale dal 1967 e alla risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questa risoluzione esige che Israele liberi i territori occupati nel 1967.
Però, dal momento che il processo di pace in Medio Oriente si trova in una situazione di impasse, la nota riferisce che si è fatto strada un nuovo «zeitgeist» tra i lobbisti di Washington, «propenso ad un mutamento radicale della politica statunitense per le colonie».
Si tratta infatti di orientamenti che ritengono che gli Stati Uniti non debbano opporsi alla costruzione illegale di colonie israeliane nei territori occupati:
«Questo zeitgeist sarà probabilmente accolto positivamente e fatto proprio dalla nuova amministrazione Trump che, secondo ogni verosimiglianza, farà prova di più simpatia per le colonie israeliane di qualsiasi altra amministrazione statunitense nel corso della storia».
L’occasione di modificare i dati sul campo
La nota d’informazione, pubblicata dall’U.S./Middle East Project (USMEP), è stata divulgata nello stesso giorno in cui alcuni deputati israeliani hanno deciso di appoggiare un controverso progetto di legge, mirante a legalizzare più di 4.000 colonie non autorizzate in Palestina.
«I fautori della linea dura in seno al governo israeliano considerano chiaramente l’arrivo dell’amministrazione Trump come una occasione per adottare sul campo delle novità che un tempo avrebbero potuto solo sognare», sottolinea la nota d’informazione.
L’USMEP è stato fondato nel 1994 dall’influente Council on Foreign Relations (CFR), ed è poi diventato un think tank indipendente nel 2006. Il presidente emerito attuale del gruppo è Brent Scowcroft, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Bush padre, e il suo consiglio di amministrazione internazionale è composto da un largo ventaglio di ex responsabili dei governi USA e israeliano. Scowcroft ha anche presieduto il Foreign Intelligence Advisory Board di Bush figlio e dato una mano al presidente Obama nella scelta del suo gruppo per la sicurezza nazionale.
Il fatto che una potente rete di iniziati di Washington si dimostri tanto preoccupata per gli orientamenti della politica di Trump in Medio Oriente la dice lunga sulla gravità della catastrofe che potrebbero causare.
Secondo la nuova nota di informazione dell’USMEP, «l’establishment politico di Washington per il Medio Oriente potrebbe anche vedere una nuova amministrazione Trump come l’occasione di modificare la politica statunitense, archiviando una serie di proposte di pace in Medio Oriente alle quali il governo di Israele si oppone nei fatti».
E favorendo piuttosto delle alternative «alla soluzione dei due Stati, in accordo con le posizioni di alcuni elementi della destra israeliana».
Questo nuovo orientamento comporterebbe la legittimazione dell’annessione israeliana di alcune parti della Cisgiordania e una «normalizzazione» delle relazioni tra Israele e il mondo arabo, senza risolvere il conflitto israelo-palestinese.
Gli antisemiti e l’estrema destra israeliana sono d’accordo!
«Simili orientamenti potrebbero essere recepiti dalla nuova amministrazione Trump, se essa sarà composta da quel tipo di persone che si sono impegnate nella sua campagna elettorale, molti dei quali sono pubblicamente contrari alla soluzione dei due Stati», scrive Friedman, l’autore della nota d’informazione.
Infatti, secondo il documento, si sarebbe saldata una strana convergenza di interessi tra la base elettorale nazionalista bianca di Trump e l’estrema destra israeliana, ciò che potrebbe rivelarsi catastrofico, non solo per i Palestinesi, ma anche per gli ebrei statunitensi.
La campagna elettorale di Trump ha cinicamente sfruttato «la crescita dell’antisemitismo negli Stati Uniti», sottolinea la nota d’informazione. Non è quindi un caso che, fino a questo momento, Trump non ha preso «con chiarezza le distanze dagli elementi antisemiti radicali di estrema destra che fanno parte dei suoi più ferventi sostenitori».
«L’illiberalismo che ha caratterizzato la campagna di Trump – e che costituisce una caratteristica di quelli che sono stati già incaricati delle funzioni più importanti nella sua amministrazione – entra chiaramente in contraddizione con il liberalismo ebraico statunitense», avverte Friedman.
Di conseguenza, il programma repubblicano del 2016 ha respinto, per la prima volta, la indicazione di Israele come un «occupante», omesso ogni menzione della soluzione a due Stati e non ha fatto nessuna distinzione tra le colonie e Israele.
Però l’estrema destra israeliana si inganna se pensa che la soluzione di «un solo Stato per Israele» funzionerà. Non funzionerà affatto.
Al contrario, sarà la prova per i Palestinesi che il «processo di pace» era nato già morto e contribuirà assai probabilmente a scatenare una sollevazione palestinese e a far venire meno la relativa sicurezza di cui oggi Israele gode.
Non stupisce che il capo dell’opposizione israeliana, Isaac Herzog, abbia descritto il nuovo progetto di legge come un atto di «suicidio nazionale».
- Nafeez Ahmed è un giornalista di investigazione e un autore di successo. Insegna all’università (è uno specialista delle questioni di sicurezza internazionale) quella che chiama la «crisi di civiltà». E’ stato premiato dalla organizzazione Project Censored nella categoria «Outstanding Investigative Journalism» («Giornalismo investigativo di eccellenza») per un reportage, pubblicato sul giornale The Guardian, sulla intersezione delle crisi globali di natura ecologica, energetica ed economica e dei conflitti e delle geopolitiche regionali. Ha scritto anche per The Independent, Sydney Morning Herald, The Age, The Scotsman, Foreign Policy, The Atlantic, Quartz, Prospect, New Statesman, Le Monde diplomatique e New Internationalist. Il suo lavoro sulle cause profonde e le operazioni segrete legate al terrorismo internazionale ha ufficialmente contribuito alla creazione della Commissione nazionale sugli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre 2011 e all’inchiesta del Coroner sugli attentati del 7 luglio 2005 a Londra.