Il razzismo in Israele: Forever Pure
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evemkytyn.com, 23 ottobre 2019 (trad. ossin)
Il razzismo in Israele: Forever Pure
Eve Mykytyn
Forever Pure, un avvincente documentario di Maya Zinshtein attualmente disponibile su Netflix, parla della stagione 2012-3 della squadra di calcio israeliana Beitar. Nel 2005, Arcadi Gaydamak, un miliardario nato in Russia e riconosciuto trafficante d'armi, acquistò la squadra e la utilizzò come strumento di propaganda nella sfortunata campagna elettorale del 2008 per l’elezione a sindaco di Gerusalemme (ottenne meno del 4% dei voti). Nel 2012 Gaydamak portò la squadra in Cecenia per un incontro amichevole. Prima del viaggio, uno dei giocatori manifestò qualche preoccupazione: "ci saranno musulmani lì che ci odiano". Invece, ciò che li attendeva in Cecenia era un pareggio, un banchetto e un ballo con canzoni israeliane. Un funzionario ceceno ha detto che voleva sviluppare legami con Israele, secondo gli insegnamenti del suo profeta che sosteneva doversi "stabilire rapporti economici con gli ebrei, non ucciderli".
Forse sull’onda di questa entusiastica accoglienza, Gaydamak ingaggiò 2 giovani calciatori ceceni nella sua squadra, all’epoca l'unica squadra di calcio della lega israeliana che non aveva mai avuto un giocatore arabo musulmano. I tifosi della Beiter accolsero i giocatori ceceni, fin dalla prima partita, con grida e insulti: "guerra" e "morte agli arabi". All'inizio i ceceni sembrano sconcertati, uno disse: "qualcuno dovrebbe spiegare loro che non siamo arabi". Anche sua madre lo rassicurava ingenuamente: "fate in modo di giocare bene, e dopo i tifosi vi adoreranno".
La squadra prende il nome dal movimento Beitar, un movimento sionista revisionista che combatté con Irgun contro il mandato britannico. Tra i tifosi della squadra c'è un gruppo ultras di destra, per lo più composto da ebrei della classe operaia Mizrahi (arabi) chiamati "familia" che considerano la squadra come propria. Politici come Lieberman e Netanyahu assistono regolarmente alle partite di Beitar, corteggiando i tifosi della squadra, uno dei quali vanta: “Oggi siamo noi il paese. Quelli che un tempo erano gli Israeliani di secondo rango, oggi sono diventati quelli più importanti".
Mentre l'ostilità nei confronti dei giocatori musulmani cresceva, alcuni israeliani dicevano al regista che la familia costituisce solo una piccola percentuale dei tifosi di Beitar. La familia manifestò davanti alle case dei giocatori e degli allenatori e ad un certo punto gridò perfino oscenità e minacce al presidente, inclusa una reiterata minaccia di violentare la figlia di 6 anni.
Allo stadio Teddy di Beitar, la familia innalzò un enorme striscione che recitava "Beitar Forever Pure" (Beitar pura per sempre). Il presidente della squadra chiese tolleranza, affermando che gli ebrei non dovrebbero innalzare manifesti di questo tipo, dato il parallelismo tra quanto vi era scritto e il razzismo che gli ebrei hanno affrontato. La reazione di Gaydamak al palese razzismo della familia fu di affermare che egli aveva ingaggiato i giocatori ceceni, non per le loro abilità calcistiche, ma per "mostrare questa società (Israele) com'è davvero".
Quando si apprese che i sospetti degli attentati di Boston sarebbero stati ceceni, la familia proclamò il boicottaggio di Beitar. Lo stadio, solitamente pieno con decine di migliaia di persone, si ridusse a contenere solo poche centinaia di spettatori. Alcuni della squadra si chiesero cosa fosse successo a tutti gli israeliani che dicevano che i razzisti erano solo un piccolo gruppo. Gli uffici di Beitar e il suo museo dei trofei, che fanno spesso da sfondo alle foto di bar mitzvah (la festa per il raggiungimento della maturità, ndt), vennero distrutti da una bomba.
La pressione esercitata sulla squadra era evidente e un giocatore il cui fratello faceva parte della familia aderì al boicottaggio. Distratto e sfiduciato, Beitar cominciò a inanellare una lunga serie di sconfitte in campo.
Alla fine della stagione, la familia sospese il boicottaggio per una sola partita; l'ultima partita cruciale, ironia della sorte contro l'unica squadra araba della lega israeliana, per la qualificazione o la retrocessione. Dopo un pareggio favorevole a Beitar, la stagione terminò e i ceceni tornarono a casa. Gaydamak cedette la proprietà, dando letteralmente via Beitar. L'anno seguente il manager e il presidente furono licenziati e il giocatore che si era unito al boicottaggio diventò il più giovane capitano della lega.
Come coda degna di questa storia, nel 2018 il proprietario di Beidar, Moshe Hogeg, ingaggiò un giocatore nigeriano di nome "Ali Mohammed". Quando la familia iniziò a protestare, scandendo slogan del tipo "Mohamed è morto" e "Ali è morto", Hogeg pretese scuse e minacciò azioni legali. Alla fine la familia decise di accettarlo, pare perché si seppe che Ali Mohamed era cristiano, pretendendo tuttavia "che il suo nome venisse cambiato, perché al Teddy Stadium non dovesse mai risuonare il nome di Mohamed".
"Forever Pure" è stato in parte finanziato dal " New Israel Fund" un partito liberale, che utilizza il suo sito Web per affermare che i toni si sono attenuati e che il razzismo è stato espulso dai campi di calcio. Altri potrebbero essere meno ottimisti.
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