I troppi muri di Israele
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Israele respinge gli immigrati africani
di Ben Lynfield - Al Masry Al Youm (Egitto)
La barriera lungo il confine con l’Egitto è una delle tante misure previste dal governo israeliano per bloccare flussi migratori. Che secondo Tel Aviv sono una minaccia per il paese
I muri alla frontiera sono l’ultima mania scoppiata in Medio Oriente. Il 9 gennaio il governo israeliano ha approvato la costruzione di un sistema di recinzioni e dispositivi elettronici di protezione lungo i 266 chilometri del confine con l’Egitto. L’obiettivo è impedire l’ingresso nel paese dei profughi africani (in particolare sudanesi, eritrei ed etiopi) che secondo le autorità sono una minaccia per Israele.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la recinzione servirà a contrastare il rischio di attentati terroristici, ma ha anche ammesso che il principale obiettivo è fermare il flusso di africani in cerca di asilo. “La protezione delle frontiere è una misura strategica per mantenere la fisionomia ebraica e democratica dello stato d’Israele”, ha detto Netanyahu.
Sudanesi ed eritrei sono la maggior parte dei circa ventimila richiedenti asilo che hanno raggiunto Israele attraverso l’Egitto dal 2005, ma sono in aumento anche gli immigrati provenienti da Ghana e Kenya.
La recinzione, che costerà circa 400 milioni di dollari, sarà completata entro due anni e sarà formata da uno spezzone di sessanta chilometri a sud dell’area di Rafah e un altro della stessa lunghezza a nord di Eilat. Il tratto intermedio, considerato poco soggetto alle infiltrazioni a causa del terreno accidentato, sarà protetto da apparecchi elettronici. Questo giro di vite contro il flusso migratorio prevede di intensificare la collaborazione con le forze di sicurezza egiziane: i soldati israeliani useranno dei bengala luminosi per aiutare i soldati egiziani a localizzare gli infiltrati. Netanyahu dice che i richiedenti asilo potranno continuare a raggiungere Israele anche dopo la costruzione della barriera, ma gli attivisti per i diritti umani sono scettici e temono che i profughi respinti da Israele muoiano alla frontiera . Secondo Amnesty International, tra il 2008 e il 2009 i soldati egiziani hanno ucciso 39 profughi che cercavano di entrare in Israele.
Chi bussa alla porta
Shlomo Brom, ex funzionario dello stato maggiore dell’esercito, dice che la recinzione supportata da un adeguato dispiegamento di uomini, sarà quasi impenetrabile: “Il muro rallenta l’attraversamento del confine e dà alle forze sul campo il tempo di agire”. Il governo israeliano sostiene che i richiedenti asilo sono in realtà immigrati in cerca di lavoro e di una vita migliore. La retorica della “marea africana” che rischia di invadere il paese si addice perfettamente all’immagine dello “stato più minacciato del mondo”, come l’ha definito il premier Netanyahu. Il governo, infatti continua a fare leva sulle paure dei cittadini. Tzahi Hanegbi, presidente della commissione affari esteri della Knesset, ha detto a radio Israele che il muro è necessario. Gli oppositori del governo, invece, sostengono che il pericolo demografico sia un’invenzione: il paese rilascia ogni anno 120 mila vista ai lavoratori stagionali. Il problema nasce del fatto che Israele vuole assolutamente mantenere la maggioranza ebraica. “Il governo non vuole profughi e dimentica che anche noi siamo stati profughi e abbiamo bussato alle porte degli altri”, dice Zahava Galon, ex deputato del partito progressista Meretz.
Finora Israele ha concesso lo status di rifugiati a circa seicento persone arrivate dal Darfur. Però ha anche emesso ordini di espulsione per altri richiedenti asilo che, non potendo lavorare legalmente, sono costretti a lavorare in nero.
La costruzione del muro, comunque, non è l’unica misura prevista,: il governo si prepara a far approvare in Parlamento una legge sui “respingimenti coordinati” dei profughi in Egitto. E la stessa legge prevede condanne di sette on cinque anni per gli immigrati irregolari e per gli israeliani che offrono aiuto e ospitalità.