Il futuro di Israele negli occhi dell’Iran
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Sayed7asan, 19 ottobre 2015 (trad. ossin)
Verso una terza intifada: perché Israele non ha alcun futuro in Medio Oriente
Il futuro di Israele negli occhi dell’Iran
Salah Lamrani (Sayed Hasan)
Il 9 settembre 2015, Sayed Ali Khamenei (nella foto di lato), la Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, ha riaffermato l’inalterabile determinazione del suo paese a liberare la Palestina, e a porre fine al sedicente Stato di Israele, l’ultima colonia nel mondo (dimenticando il Sahara Occidentale, ndt), tanto barbara quanto anacronistica. Ha dichiarato che, nonostante l’accordo sul nucleare, sarebbe illusorio e suicida per chiunque riporre la minima fiducia negli Stati Uniti, il Grande Satana e nemico dei popoli, peggiore dello stesso diavolo, la cui natura è tale, che essi non potrebbero in alcun modo rinunciare alle loro politiche imperialiste, e devono quindi essere sempre considerati come nemici coi quali ogni negoziato o contatto è vietato. Non è il linguaggio del fondamentalismo religioso, ma quello della lotta dei popoli per la loro autodeterminazione, e Che Guevara e Hugo Chavez non hanno usato espressioni diverse per descrivere l’Impero USA. L’Iran non può e non deve contare che sul suo sviluppo e sul suo popolo per difendersi dalle minacce e dalle aggressioni straniere, ha detto.
Per ciò che concerne Israele, l’entità sionista, Sayed Khamenei ha previsto che, nel giro dei prossimi 25 anni, essa sparirà dalla carta del Medio Oriente, confermando la posizione e il punto di vista tradizionali della Repubblica Islamica, sintetizzati nella famosa formula dell’Imam Khomeini del 1979: “Israele è un tumore canceroso che deve essere eliminato”. Di fatto, dal trionfo della Rivoluzione islamica, l’Iran è sempre stato il ferro di lancia e il principale pilastro e sostenitore della lotta armata contro Israele, fornendo una assistenza illimitata alle fazioni della Resistenza palestinese e libanese e allo Stato siriano, in tutti i campi e in tutti i modi possibili (finanziario, militare, diplomatico e con assistenza tecnica e addestramento), e dichiarando a più riprese che avrebbe fornito il proprio aiuto a tutti i paesi e a tutte le forze desiderose di combattere contro Israele. Nel novembre 2014, in piena guerra contro Daech (il sedicente Stato Islamico) e nel pieno dei negoziati nucleari con il P5+1, Sayed Khamenei ha esplicitamente affermato la necessità di armare i Palestinesi di Cisgiordania al fine di aprire un nuovo fronte contro Israele e di procedere alla liberazione dei territori occupati. Contemporaneamente, Sayed Hassan Nasrallah, il Segretario Generale di Hezbollah, ha detto cose simili a proposito del Golan siriano, dove una presenza armata di Hezbollah e dei Guardiani della Rivoluzione Islamica dell’Iran al più alto livello è stata confermata nel gennaio 2015. E proprio dopo la conclusione dell’accordo sul nucleare, Sayed Khamenei ha confermato questa posizione, dichiarando che l’aiuto dell’Iran alla lotta armata contro Israele non è negoziabile e potrà solo aumentare, giacché il Comando dei Guardiani della Rivoluzione ritiene che i responsabili e gli interessi israeliani non dovranno sentirsi sicuri in nessuna parte del mondo. Insomma, sia con le parole che con i fatti, è difficile concepire un livello più alto nell’impegno a distruggere lo Stato di Israele.
Naturalmente Netanyahu ha manifestato la disperazione del suo paese nel discorso tenuto il 1° ottobre all’ONU, interamente dedicato all’Iran. Per quanto le sue accuse di intenti genocidi siano insensati (Israele è nata, ha vissuto e scomparirà esattamente come l’Algeria francese, con i coloni che se ne andranno in quell’Occidente che tanto li ama, e solo le popolazioni locali avranno subito un genocidio), il suo intervento grottesco e la sua battaglia di sguardi durata oltre 45 secondi hanno dimostrato in modo eloquente le paure legittime e viscerali dell’illegittimo Stato ebraico, l’esatto alter ego dello Stato Islamico. Il linguaggio del corpo e la (mancanza di) carisma dell’uno e dell’altro sono rivelatori: sia Daech che Israele subiranno la stessa sorte, vale a dire (felicitiamocene) l’estinzione. E l’Iran gioca un ruolo di primo piano nelle due linee del fronte contro il terrore fanatico, nell’interesse superiore dei popoli della regione.
Quello che rende questa previsione più pertinente che mai e che, come dice Sayed Khamenei, i popoli arabo-mussulmani si sono risvegliati, e l’ultimo complotto fomentato contro la sovranità delle Nazioni del Medio oriente, vale a dire Daech, si rivela come lo strumento stesso della sua rinascita. Gli Stati Uniti e Israele sono oggi più che mai considerati come la fonte stessa del male nella regione e nel mondo, e coscientemente o inconsciamente, lo slogan “Morte a Israele” (e “Morte agli USA”), per quanto nel passato prerogativa delle masse sciite (dall’Iran all’Iraq, passando per il Libano e lo Yemen), è profondamente radicato nel cuore dell’immensa maggioranza degli Arabi, dei mussulmani, degli oppressi e dei sottomessi, e di ogni uomo, donna e bambino nobile e libero attraverso il mondo, che lo scandiscono sempre più apertamente. L’Iran e Hezbollah hanno dimostrato, ancora una volta, che essi sono maestri nell’arte di trasformare le minacce in opportunità.
Si può avere una dimostrazione di questo sentimento negli innumerevoli video di masse che danno fuoco, non solo alle bandiere israeliane (e USA) in tutto il mondo (ivi compresi degli ebrei nella stessa Israele, per coloro che volessero abbaiare all’antisemitismo), ma anche, in un modo meno spettacolare ma forse più rivelatore, nelle interviste raccolte da un anno nelle piazze arabe (Tunisia, Egitto, Libano, Palestina, ecc) ai passanti cui si pone la domanda: “Dove si trova lo Stato di Israele”, alla quale spesso essi rifiutano di rispondere, considerando una simile domanda come un affronto. Essi protestano che non esiste niente che possa considerarsi uno Stato di Israele, ma solo una entità sionista usurpatrice che occupa il territorio della Palestina, ed è destinata a sparire in un prossimo futuro, secondo tutte le leggi umane e sovrumane – si possono infatti citare le Nazioni Unite, la Ragione, la Storia, la Demografia, la Morale, la Giustizia, ecc. E senza il minimo dubbio possibile, queste si imporranno a tutti, come l’indipendenza dell’Algeria francese si è imposta all’esercito, ai coloni e al popolo francese incredulo, nonostante avessero respinto l’ineluttabile esito del conflitto, come fosse inconcepibile e criminale, fino agli ultimi istanti, tanto la loro coscienza era – per riprendere le parole di Jaures – “falsata dall’abitudine dell’oppressione”, ma che hanno dovuto alla fine – come naturale – adeguare i loro concetti alla realtà. E si deve dunque registrare che, oltre al punto di vista dell’Iran, la sua stessa retorica ha contagiato l’insieme del mondo arabo e islamico, per la semplice forza della sua verità, della sua giustizia e della sua esemplarità.
Radio Trottoir: I sentimenti della piazza araba (Tunisia): “Dove si trova lo Stato di Israele’”
A Tunisi l’11 agosto 2014
Al Cairo, il 5 ottobre 2015
Alla fine, l’illusione che faceva considerare l’Arabia Saudita nell’ottica ingannevole di “Culla dell’Islam” e di “Custode delle due Moschee”, oltre al preteso ma inesistente conflitto tra sunniti e sciiti, è stata smascherata come una impostura, e i popoli arabi e mussulmani vedono sempre più chiaramente il regime saudita per quello che è sempre stato, cioè un cavallo di Troia dell’egemonia occidentale, una eresia, l’origine e il sostegno del terrorismo e lo stesso cancro dell’Islam. Daech infatti non ha niente a che vedere con gli insegnamenti dell’Islam, ma tutto a che vedere con Muhammad b. Abd al-Wahhab e la dinastia dei Saud, del quale quest’ultima applica alla lettera i principi. Prima dell’ingerenza occidentale, il mondo arabo sapeva come comportarsi con il loro predecessore e ispiratore, Ibn Taymiyya, una figura oscurantista e astiosa molto marginale che ha passato la gran parte della sua vita dove doveva, cioè in prigione. E senza il diretto intervento dell’imperialismo britannico, il regime saudita non avrebbe mai potuto prosperare nel XX° secolo, il paese sarebbe ancora conosciuto col nome di Hijaz, e le dottrine wahhabite non avrebbero potuto essere propagandate in tutto il mondo grazie all’inesauribile forza di persuasione dei petro-dollari. Non esiste una rivalità sunnita-sciita, ma solo una guerra wahhabita contro l’Islam tradizionale, e una lotta tra le forze dell’imperialismo e la Resistenza. Ma gli odierni sviluppi nella regione, soprattutto in Yemen, dove l’Arabia Saudita e i suoi alleati stanno subendo cocenti rovesci e incontrano una disfatta umiliante (come avevano previsto Sayed Khamenei e Sayed Nasrallah), e in Siria, dove i loro agenti stano per essere sradicati dalla comune offensiva dell’Esercito regolare siriano, dell’Iran, di Hezbollah e della Russia, la caduta della dinastia dei Saud è ineluttabile. Ad essa seguirà la liberazione di tutti i territori occupati da Israele (Golan, Cisgiordania, Galilea…), della quale l’eliminazione di Daech costituisce una prefigurazione, in qualche modo una prova generale, la distruzione ultima dello Stato di Israele e la fine della sedicente Pace Americana o piuttosto dell’Era del terrorismo imperiale, al quale succederà un mondo multipolare dove, almeno, queste forze malvage spariranno. E’ solo una questione di tempo e, se dio vuole, potremmo assistervi ancora vivi.
Per potere liberare Gerusalemme… i popoli arabi devono prima liberare Riyadh
Decenni di umiliazioni, di torture, di brutalità, di distruzione e uccisioni di massa e di pulizia etnica, inflitti in modo indiscriminato da Israele al popolo palestinese e ai paesi vicini, hanno reso impossibile qualsiasi coesistenza tra Arabi e Israeliani nella regione. Israele è nata ed è vissuta con la spada e con la spada perirà, perché non avrebbe potuto sopravvivere se non in quanto invincibile e temuta, ma è stata oramai vinta e umiliata più di una volta. E, come ha ricordato Sayed Hassan Nasrallah, lo stesso Ben Gurion, il fondatore dell’entità sionista usurpatrice, ha predetto che Israele sarebbe sparita dopo avere perso la sua prima guerra. Non essendo riuscita a spezzare lo spirito di resistenza del popolo palestinese e l’indefettibile attaccamento degli Arabi e mussulmani alla loro causa, e avendo subito una serie di rovesci e sconfitte umilianti a partire dal 25 maggio 2000 e il 14 agosto 2006, fino alle guerre di Gaza del 2008-2009, 2012 e 2014, il progetto coloniale sionista è condannato, senza alcun dubbio. Del resto, qualsiasi entità coloniale e razzista non ha altra alternativa se non di regnare con pugno di ferro o sparire, e “lo Stato satanico di Israele”, per riprendere l’espressione di Norman Finkelstein, non costituisce un’eccezione. E ancora, per quanto una simile possibilità non possa e non debba prodursi, e non si produrrà, anche se – per qualche assurda ragione – ai coloni israeliani fosse offerta la possibilità di restare dopo l’ultima disfatta militare di Israele, una immensa maggioranza di essi rifiuterebbe e se ne andrebbe di sua spontanea volontà, piuttosto di dover vivere su un piano di parità con gli Arabushim (espressione ebraica peggiorativa e razzista che indica gli Arabi), senza parlare poi di essere governati da loro, proprio come fecero i pied-noir di Algeria, che non erano certo minacciati di olocausto. Era nel 1979 o nel 1982 che occorreva essere visionari per prevedere tutto questo.
Un piccolo candido Stato che aspira solo a vivere in pace coi suoi vicini
Speriamo di assistere davvero ad una terza intifada in Palestina e che, come ha previsto Sayed Khamenei, gli Occupanti non abbiano un solo giorno di pace e di sicurezza. Speriamo che il popolo palestinese capisca che non è possibile, né auspicabile alcun negoziato con Israele, che rinneghi e si liberi dei suoi leader corrotti, collaborazionisti e indegni, e si getti in pieno nella resistenza armata, seguendo l’esempio e gli inviti di Hezbollah nel 2000 e 2006. Dobbiamo avere fede e fiducia, e prepararci a gioire.
Coraggio signor Netanyahu! Per quanto i terroristi di Tsahal (l’esercito israeliano, ndt) non siano intrepidi come quelli di Daech, non sarà necessario respingervi in mare. Sayed Hassan Nasrallah ha promesso che nella prossima guerra che cambierà la faccia del Medio Oriente, solo le navi che si avvicineranno alla Palestina occupata saranno prese di mira, mentre quelle che si allontaneranno (piene di coloni israeliani che tornano alle loro case) non saranno disturbate, Ma anche se si fosse costretti a gettarvi fuori bordo, i suoi simili sanno benissimo in quale momento occorre abbandonare la nave in pericolo e sono dei nuotatori eccellenti.