Sarkozy riabilita l'OAS
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Il Primo ministro accusa: Sarkozy vuole riabilitare l’OAS
Algeria, 3 maggio 2007 – AFP (traduzione a cura di Ossin)
In un intervista al giornale Le Monde, pubblicata giovedì, il primo ministro algerino Abdelaziz Belkhadem accusa Nicolas Sarkozy di voler riabilitare l’ Organisation de l’Armée Secrète (OAS).
Secondo Belkacem, il candidato UMP alle presidenziali vuole “riabilitare l’OAS”, organizzazione creata nel 1961 che aveva tentato, ricorrendo soprattutto ad atti terroristici, di opporsi all’indipendenza dell’Algeria.
“L’OAS – secondo Belkhadem – era un’organizzazione criminale, un’organizzazione terrorista dello stesso di tipo di Al Qaida oggi. In un certo senso è stata un precursore di Al Qaida”.
L’OAS, organizzazione politico-miltare fondata dagli ultras dell’Algeria francese, aveva compiuto attentati e assassinii alla cieca e tentato perfino di uccidere il generale De Gaulle.
A fine aprile, il quotidiano Le Monde aveva dato conto di una lettera di Sarkozy ad alcune associazioni di rimpatriati francesi d’Algeria, nella quale affermava di non voler “cadere nella demagogia del pentimento”.
Sarkozy si augurava che “alle vittime francesi innocenti” della guerra d’indipendenza e “soprattutto le vittime del 26 marzo 1962” si riconoscesse la qualifica di “morti per la Francia”.
Quel giorno del 1962, l’esercito francese aveva sparato sulla folla durante una manifestazione dell’OAS ad Algeri, provocando una cinquantina di morti.
“Noi conserviamo nella memoria tutto quanto è stato detto in Francia – ha spiegato Belkhadem, che è anche segretario generale del Front de Libération Nazionale (FNL) – Noi non abbiamo dimenticato niente e secondo noi non si può parlare di aspetti positivi della colonizzazione”.
Belkhadem si era già opposto ad una legge francese nel 2005, un articolo della quale – successivamente abrogato – celebrava gli “aspetti positivi” della colonizzazione. E non si stanca di domandare un “pentimento” della Francia per il suo passato di antica potenza coloniale (1830/1962), una idea, questa, respinta con forza da Sarkozy.
Sarkozy agli africani: «Non ci servite»
da Il Manifesto del 20 maggio 2006
Parigi - Viaggio disastroso per il ministro dell’interno francese Nicolas Sarkozy in Mali e soprattutto in Benin, se visto da un’ottica internazionale. Tanto più per un politico che aspira a diventare presidente della repubblica. E tuttavia per gli occhi miopi del ministro francese il viaggio è stato positivo. Pur parlando in Africa, si è infatti rivolto soprattutto all’elettorato francese più reazionario per «spiegare» a Bamako e Cotonou la nuova legge sull’immigrazione che porta il suo nome e che è passata questa settimana all’Assemblea nazionale.
Sarkozy vuole presentarsi come l’uomo politico che parla senza peli sulla lingua, come il «popolo». Detto fatto. Di fronte a un pubblico ostile, a Bamako, giovedì sera, ha riassunto il suo pensiero: «La Francia, economicamente, non ha bisogno dell’Africa». Poi, sempre più nervoso, ha affermato: «la colonizzazione è il passato. Non ascoltate coloro che esonerano l’Africa dalla responsabilità del suo sotto-sviluppo». Per Sarkozy la nuova legge «non è per nulla xenofoba». La Francia «non può essere il solo paese al mondo a non decidere liberamente chi vuole sul proprio territorio». Per Sarkozy, «se a partire dal momento in cui viene pronunciato il termine immigrazione, si viene considerati razzisti, allora Le Pen ha ancora dei bei giorni di fronte a sé».
Questo linguaggio brutale, fatto apposta per sedurre l’elettorato francese reazionario, nasconde l’intenzione di rovesciare la politica africana di Chirac, la «franceafrique» dei toni paternalisti e della corruzione che in realtà sta perdendo pezzi da tutte le parti. Via i complessi di colpa, via «i vecchi demoni del paternalismo e dell’assistenza», via la menzogna che la Francia e l’occidente saccheggiano le materie prime africane. Sarkozy vuole «maggiore efficacia» nelle relazioni internazionali.
Ma né a Bamako né a Cotonou questa visione è condivisa. Sarkozy è stato accolto da manifestazioni ostili, soprattutto in Benin, al grido di «razzista fuori! non ti vogliamo in Benin», «Sarkozy razzista», «Sarkozy-Hitler», «Sarkozy-nazi», «feccia di carne di maiale».
L’«immigrazione scelta», che Sarkozy ha imposto con la nuova legge, è una filosofia che viene rifiutata in Africa. Ne spiega le ragioni Albert Tévoedjré (su Liberation.fr), consigliere del nuovo presidente del Benin, Thomas Yayi Boni, il quale ha scritto al ministro francese una lettera aperta per denunciare la legge sull’immigrazione, che prende come «bersaglio gli africani»: «Abbiamo diritto alla Francia a causa dei sudori di tutte le servitù, a causa del sangue versato in comune per tutte le libertà, della nostra lingua comune, dell’eccezione culturale rivendicata assieme, dell’economia della tratta da compensare».
Secondo Tévoedjré, la legge «suggerisce che un muratore nero non può integrarsi bene come un idraulico polacco». Per il consigliere del presidente del Benin, l’intenzione è «eliminare l’immigrazione africana», scremando le società dei migliori, dei più qualificati, che possono servire alla Francia.
Sarkozy esce a pezzi dal viaggio «pedagogico» in Africa. Il primo ministro del Mali ha affermato di «comprendere le ragioni dei suoi compatrioti» che rigettano la sua legge Sarkozy. Per paesi come il Mali o il Benin, l’emigrazione è quasi l’unico orizzonte possibile, vista la disoccupazione che colpisce più della metà della popolazione attiva. In Francia vivono circa 200mila maliani (Montreuil è considerata la seconda città del Mali, dopo Bamako), di cui la metà con la doppia nazionalità, 50mila residenti legali e 50mila clandestini.
Anna Maria Merlo
[ sabato 20 maggio 2006 ]