Il doppio gioco di Recep Tayyip Erdogan
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Il doppio gioco di Recep Tayyip Erdogan
Ahmed Bensaada
L’appartamento che avevo preso in affitto per il mio soggiorno a Istanbul era al quarto piano di un vecchio ma nobile palazzo costruito sulla cima della collina di Galata. La posizione era strategica: a pochi minuti dalla celebre piazza Taksim e dalla effervescente e insonne avenue Istiklal. Ma lo spettacolo più sorprendente si offriva quando si apriva la finestra di una delle camere. Con un solo sguardo era possibile abbracciare tutti i gioielli architettonici del quartiere Sultan Ahmet e poi la curva del famoso Corno d’oro. Alla fine del giorno una particolare illuminazione trasformava il paesaggio in un quadro d’autore ornato da innumerevoli minareti aguzzi e slanciati verso il cielo. E’ vero che Istanbul, polmone economico del paese, respira la prosperità e il successo. A cavallo tra Asia ed Europa, questa città è la vetrina di una Turchia in piena crescita.
Tuttavia la mia reale fascinazione per questa città e questo paese ha rapidamente ceduto il passo ad uno scetticismo scaturito da due episodi rivelatori.
Il primo è stato la prima volta che mi sono connesso ad internet. Avendo ricevuto una mail che mi invitata a guardare un video su Youtube, quale non è stata la mia sorpresa nel constatare che l’accesso al sito era stato vietato dal 2007, per una decisione di giustizia. Il motivo: “diffusione di clip irriverenti nei confronti del fondatore della Repubblica turca, Mustafa Kemal Ataturk” (1). E’ vero che il divieto è stato revocato nel 2010 (2) ma, nel marzo 2011, la piattaforma “Blogger” è stata anch’essa bandita dalla rete (3)
Il secondo episodio che mi ha visto testimone si è svolto sull’avenue Istiklal, in una sera di fine settimana. Mentre questa arteria vitale brulicava di gente, un uomo lievemente brillo si è avvicinato a due giovani ragazze, facendo loro delle avance insistenti, ma senza toccarle. La scena non è sfuggita a due uomini in borghese (probabilmente dei poliziotti) che camminavano tra la folla. Aggredito manu militari, il poveraccio ha cercato di dibattersi in qualche modo. Qualche decina di secondi dopo è arrivato un furgoncino della polizia e l’individuo è stato pestato in pubblico e gettato dentro come un oggetto. Dopo un momento di curiosità, i passanti hanno continuato la loro passeggiata e il loro parlottare, come se la scena cui avevano assistito fosse normale.
E’ possibile che l’indiscutibile successo economico non sia stato accompagnato da progressi nel campo della libertà di espressione e dei diritti delle persone? E’ pensabile che l’arrivo al potere degli islamisti dell’AKP (Adalet ve Kalkmma Partisi, o Partito della giustizia e dello sviluppo) possa allo stesso tempo avere dato un formidabile slancio all’economia (11% di crescita nel primo trimestre 2011) (4) ed essere in ritardo sul tema delle libertà fondamentali dei cittadini?
Erdogan, il Padishah
Recep Tayyip Erdogan, l’attuale primo ministro della Turchia e presidente dell’AKP, è stato sindaco di Istanbul dal 1994 al 1998. Si è guadagnato in questo modo il rispetto degli Stambulioti migliorando considerevolmente i servizi (distribuzione dell’acqua e dell’elettricità) e lottando contro la corruzione, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Padishah” (sultano) della città. (5,6).
“Per il buon governo, soprattutto per i lavori di recupero urbano avviati durante il suo mandato di sindaco di Istanbul”, ha ricevuto un riconoscimento dal Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani. (7)
Nel corso di un meeting nel 1998, Erdogan recitò un poema considerato sovversivo e contrario allo spirito laico del kemalismo, l’ideologia fondatrice della Turchia moderna di Mustafa Kemal Ataturk. Eccone un estratto: “I minareti saranno le nostre baionette, le cupole i nostri elmi, le moschee saranno le nostre caserme e i fedeli i nostri soldati”. A causa di ciò venne destituito dalle sue finzioni e condannato a dieci mesi di prigione (ma ne sconterà solo quattro) (8). Bisogna precisare che all’inizio Erdogan era stato il capo dei giovani del Milli Gorus, un movimento islamista turco antioccidentale, nazionalista e teoricamente jihadista (6)
Erdogan fonda l’AKP nel 2001, partito che vince le elezioni legislative del 2002, alle quali egli non può partecipare a causa della condanna. Tuttavia, cambiata la legge, riesce a farsi eleggere in una elezione supplementare nel 2003. Appena arrivato in Parlamento, viene nominato Primo Ministro e lo resterà per tre mandati successivi.
Alla testa dell’AKP e del governo turco, il “Padishah” riesce a varare diverse importanti riforme, tra le quali: l’autorizzazione all’uso della lingua curda nei media, l’abbassamento dell’età per essere eletti (da 30 a 25 anni), l’abolizione della pena dio morte, ecc. (5)
Tuttavia, dopo un certo tempo, cominciano a farsi sentire voci discordanti su Erdogan e sul suo stile di governo. Si evidenziano il suo autoritarismo, i suoi attacchi ai giornalisti (9) e la “putinizzazione” del regime (6). Infatti ciò che è assolutamente da sottolineare in questo capo carismatico è la sua capacità di fare il doppio gioco: l’arte di predicare, a seconda delle circostanze, una cosa e il suo contrario.
Erdogan e le libertà fondamentali
Ergendosi pubblicamente a cantore della laicità, della democrazia e delle libertà, il bilancio di Erdogan lascia perplessi, è il meno che si possa dire.
Due articoli pubblicati meno di un mese fa trattano della “democrazia turca in pericolo (10) e della “svolta liberticida turca” (11). Si apprende che numerosi giornalisti ed universitari sono stati incriminati e arrestati per aver fatto conferenze su argomenti controversi della storia o della politica turca. Vi si può leggere: “La persecuzione del Potere contro i media indipendenti che osano affrontare i temi della situazione curda o dello strapotere dell’AKP è diventata grave, come ha sottolineato anche Reporters sans frontières in un comunicato del 26 ottobre”. E anche: “Dal 2009, quasi 8000 persone sono state arrestate per fatti relativi alla libertà di espressione. In questo la Turchia di Erdogan rivela il suo vero volto, quello di un Potere che ha sempre meno da invidiare al regime dei generali degli anni 1980. Niente a che vedere in ogni caso con la democrazia islamica tanto vantata in queste ultime settimane”.
L’apertura di un processo, il 22 novembre 2011, contro i due famosi giornalisti Nedim Sener (premiato nel 2010 dall’Istituto internazionale della stampa) e Ahmet Dik ha visto la mobilitazione di circa 200 giornalisti e difensori dei diritti umani, che reclamavano la loro liberazione. I due giornalisti sono accusati di avere aperto nel settore media della rete “Ergenekon”, organizzazione sospettata di preparare un colpo di stato militare contro il governo Erdogan. Bisogna notare che N. Sener ha pubblicato un libro sull’uccisione di un giornalista nel quale criticava l’inchiesta di polizia. Ahmet Sik, dal canto suo, si è visto sequestrare gli appunti per ordine del tribunale: lavorava ad un saggio sulla infiltrazione della polizia da parte degli ambienti islamisti. Alain Franchon, giornalista e direttore editoriale de Le Monde, commenta così la vicenda: “Insieme ad altri, Sik e Sener hanno condotto delle inchieste che imbarazzavano il governo: corruzione, affari, penetrazione di ambienti islamisti nella polizia. Danno fastidio. Come decine di altri giornalisti, anch’essi imprigionati, nel momento in cui il Potere porta avanti una campagna di intimidazione contro tutti coloro che osano criticarlo”. (12)
A questo proposito, Johann Bihr di Reporter sans frontières (RSF) ha dichiarato che “una settantina di giornalisti sono attualmente in prigione in Turchia e almeno 15 o 20 di essi lo sono per la loro attività giornalistica”. (13)
D’altronde la classifica mondiale RFS 2010 pone la Turchia in una posizione poco invidiabile in materia di libertà di espressione: 138° su 178. E’ collocata molto dietro a paesi che non condividono il boom economico turco, come la Tanzania (41) e il Burkina Faso (49) o il Senegal (93). Considerato un “paese sotto sorveglianza” nella categoria “nemici di internet”, RDF spiega la pessima collocazione della Turchia “con la frenetica moltiplicazione delle inchieste, arresti, condanne di giornalisti. Tra essi molti media e professionisti, o curdi o che hanno trattato la questione curda”. (14)
Infine la consultazione dei rapporti annuali di Human Rights Association mostra che il numero dei casi di tortura e di maltrattamenti in Turchia è passato da 876 casi nel 2002 (data di arrivo al potere dell’AKP) a 1835 nel 2009 (vale a dire più del doppio) (15)
Erdogan e Israele
Quando nel 2009 Erdogan abbandonò arrabbiato una discussione col presidente israeliano a Davos, è diventato istantaneamente l’eroe degli arabi e dei mussulmani. Io stesso gli ho dedicato un articolo elogiativo, vantando l’audacia e la bravura dell’azione di rottura in favore del popolo palestinese che aveva appena subito il massacro di Gaza da parte dell’esercito israeliano (16). Successivamente l’episodio della flottiglia della libertà che è costata la vita a 9 cittadini turchi nel 2010 ha inasprito le relazioni tra i due paesi ed attualmente è in vigore uno stato di quasi rottura delle relazioni diplomatiche.
Ma quali sono veramente le relazioni tra Erdogan e lo stato sionista?
Di fatto la posizione di Erdogan nei confronti di Israele era chiara fin dalla sua ascesa al potere. Contrariamente al suo predecessore islamista Necmettin Erbakan, egli non contestava l’alleanza del suo paese con Israele. (17) Ricordiamo che nel 1996 Erbakan aveva rifiutato di ratificare un accordo di cooperazione con Gerusalemme e tentò di sospendere le manovre navali turco-israeliane, contro il parere dei militari.
Il riconoscimento di Israele da parte della Turchia non è di ieri. E’ stato addirittura il primo paese mussulmano ad averlo fatto fin dal 1949, ciò che ha fatto dire a Noémie Grynberg: “… da quasi 60 anni, i due paesi intrattengono relazioni diplomatiche e cooperano in numerosi ambiti. Israele e la Turchia condividono molti interessi comuni: economici, energetici, strategici, militari, politici” (18)
Quanto ad Erdogan, ha largamente favorito e dinamizzato le relazioni tra i due paesi. Tra il 2002 e il 2009, la maggior parte dei gruppi israeliani hanno rafforzato la loro presenza in Turchia e i contratti bilaterali hanno toccato i 2,5 miliardi di dollari. Parallelamente l’esercito israeliano ha attivamente contribuito alla modernizzazione delle forze armate turche, in particolare l’aviazione. (19)
Altre “incongruenze” sono da segnalare nell’attuale politica turca nei confronti di Israele. La prima, pubblicizzata, riguarda l’accettazione nell’ottobre 2011 dell’aiuto israeliano durante il recente terremoto che ha colpito la regione turca di Van. La seconda, passata sotto silenzio, è relativa all’incendio del Monte Carmelo, in Israele. La Turchia aveva inviato due aerei per spegnere l’incendio nel dicembre 2010, mentre le relazioni “ufficiali” erano al punto più basso. (20)
Ma il gesto che ha più fatto piacere ad Israele è stata la decisione turca di accogliere l’istallazione antimissilistica USA che la NATO sta dispiegando in Turchia per contrastare eventuali attacchi iraniani. (12) Inoltre, secondo il giornale turco Hurriyet, i dati raccolti dai radar saranno trasmessi direttamente agli Israeliani, decisione che ha rallegrato Ehoud Barak, ministro israeliano della difesa. “La Turchia non sta diventando un nemico di Israele”, ha dichiarato. In proposito, un alto dirigente USA ha riconosciuto che “il dispiegamento dello scudo antimissile costituisce la più grande cooperazione tra la Turchia e gli Stati Uniti degli ultimi venti anni” (21). La recente collocazione di droni USA Predator in Turchia e l’imminente vendita di elicotteri d’attacco per la guerra contro i separatisti curdi del PKK (Partiya Karkeren Kurdistan o Partito dei Lavoratori del Kurdistan) (22) costituisce certamente una forma di ringraziamento per la collaborazione turca nella questione dello scudo antimissile.
Questa decisione ha sorpreso sia l’Iran che la Russia. Il primo ha avvertito che attaccherà le istallazioni turche in caso di minaccia (23). La seconda ha dichiarato pensava di istallare i propri missili in direzione del sito antimissilistico turco. (24)
La politica turca di “zero problemi con i vicini” ha ricevuto così un grave colpo. E non è l’unico.
Erdogan ed il neo-ottomanismo
Creando la Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk non ha solo sotterrato l’impero ottomano, ma volto anche le spalle al Medio oriente. “Signori e cittadini!... Sappiate che la Repubblica turca non può essere il paese degli sceicchi, dei dervisci, dei discepoli, degli adepti. Il cammino più dritto è quello della civiltà”, diceva. Questa situazione ha prevalso con tutti i suoi successori ed è proseguita fino alla presa del potere da parte dell’AKP, che tende a realizzare un riposizionamento geostrategico, ma senza mai rinunciare al sogno di vedere un giorno la Turchia entrare a far parte dell’Unione Europea. La scenata di Erdogan a Davos è stato certamente un atto altamente simbolico di questa nuova apertura, ma probabilmente anche un gesto simbolico dal sapore populista. Questo mutamento di direzione turco nei confronti dei paesi dell’ex impero ottomano si spiega col fiasco del panarabismo, “la debolezza del blocco arabo che si disputa la leadership (Egitto, Arabia Saudita e Siria), il fallimento del progetto USA del grande Medio Oriente rimodellato, la quasi inesistenza dell’Europa nella regione e le difficoltà attuali del regime iraniano” (25)
Il mutamento di rotta della politica estera della Turchia è stato avviato da Erdogan, ma ha subito un’accelerazione con l’arrivo di Ahmet Davutoglu, un professore assai rispettato, nominato ministro degli esteri nel maggio 2009. Soprannominato “Mister Zero Problemi”, dalla stampa anglofona, egli predica la dottrina dello “zero problemi” coi vicini. Questa politica di apertura verso il mondo arabo-mussulmano, chiamata “neo-ottomanismo”, segna un notevole mutamento rispetto all’ideologica kemalista. La recente partecipazione della Turchia ad un forum arabo-turco organizzato in Marocco, a margine di una riunione della Lega araba, dedicata alla Siria, ne è un esempio.
E tuttavia la Turchia continua ad avere relazioni privilegiate con gli Stati Uniti, è membro della NATO, del Consiglio d’Europa e continua sempre a bussare alla porta dell’Unione Europea. D’altra parte Erdogan non aveva citato proprio Ataturk, nel 2002, la sera stessa della prima vittoria dell’AKP? (17)
Erdogan e la “primavera araba”
E’ stato probabilmente la chiara osservanza della politica dello “zero problema” coi vicini che ha motivato la relativa indifferenza di Erdogan all’avvio delle rivolte della piazza araba. Infatti è stato solo ai primi del febbraio 2011, tra la fuga di Ben Ali e quella di Mubarak, che egli ha manifestato il suo sostegno ai manifestanti arabi. Qualche giorno dopo, però, attenuò la sua timida dichiarazione, “affermando che non aveva la minima intenzione di immischiarsi negli affari interni dei paesi arabi” (26)
Anche il suo coinvolgimento nella guerra civile libica fu preceduta da lunghe esitazioni, fino a quando si è deciso di “seguire” la Francia e la Gran Bretagna.
L’esitazione era comprensibile, in considerazione degli scambi commerciali con questi paesi, scambi tanto importanti che 26.000 turchi vi si trovavano residenti. Ma un’altra ragione, questa più “sentimentale”, può ipotizzarsi: il 1° dicembre 2010 Erdogan era stato insignito a Tripoli del premio Gheddafi per i diritti dell’uomo, assegnatogli dal colonnello Gheddafi, vale a dire appena qualche mese prima dell’impegno della Turchia in favore dei ribelli del Consiglio nazionale di transizione libico (CNT), che hanno finito con l’assassinare selvaggiamente la “guida” libica. (27)
Il 3 luglio 2011 il capo della diplomazia turca, Ahmet Davotoglu, riconosceva il CNT, gli offriva un prestito di 100 milioni di dollari e assumeva il controllo della banca turco-libica A&T Bank, di cui la Libyan Foreign Bank possiede circa i 2/3 delle quote.
“Mister Problemi zero” si apprestava a seppellire per la seconda volta la su apolitica di buon vicinato.
Pragmatico e desideroso di mantenere un tasso di crescita a due cifre, Erdogan effettuò, tra il 12 e il 16 settembre, un viaggio nei paesi della “primavera araba”: L’Egitto, la Tunisia e la Libia. Era accompagnato da un’imponente delegazione composta da 280 uomini d’affari, sette ministri e numerosi consiglieri. Senza stati d’animo, il neo-ottomanismo passa necessariamente per il business. (28)
Il coinvolgimento della Turchia negli avvenimenti siriani è ancora più spinoso trattandosi, in questo caso, di un vero vicino col quale divide una frontiera, una storia ed un contenzioso territoriale.
Il riavvicinamento tra Siria e Turchia si è realizzato nel 2004 nel corso di una visita ufficiale di Bachar El-Assad che Erdogan considerava, fino a poco fa, come un amico personale. Questa visita fu seguita dalla firma, nel settembre 2009, di un accordo di cooperazione bilaterale e l’istituzione di un Consiglio di cooperazione strategica (25). Il conflitto territoriale concernente la provincia di Hatay, attualmente in territorio turco, ma rivendicata dalla Siria, ha costituito il pomo della discordia tra i due paesi. Ironia della sorte, è in questa provincia che migliaia di rifugiati siriani sono attualmente acquartierati, sotto protezione turca.
Come nel caso libico, la decisione di rompere il dialogo e di sostenere gli insorti non è venuta da sé. E’ stata assunta il 21 settembre 2011 negli Stati Uniti, dopo un colloquio col presidente Obama ed in “accordo” con l’amministrazione USA. Meno di un mese dopo, Davutoglu incontrò ufficialmente a Istanbul il Consiglio nazionale siriano (CNS), organismo che rappresenta le diverse correnti dell’opposizione siriana e che comprende anche dei curdi siriani (29). Strano spartito quello suonato da “Mister problemi zero”, che ospita dei curdi siriani “ribelli” al governo siriano e che ha bombardato, per una buona parte di tutto lo scorso anno, i Curdi del PKK, “ribelli” al governo turco.
Il ruolo attivo della Turchia nella destabilizzazione del governo siriano e nell’aiuto incondizionato ai dissidenti siriani si fa di giorno in giorno più concreto. Giacché un intervento della NATO sotto l’egida dell’ONU non è possibile a causa dei veti russo e cinese, si va preparando un’altra soluzione. Infatti degli ufficiali francesi della DGSE (Direction générale de la sécurité extérieure) ed inglesi del MI6 (Servizio di informazioni esterne) si trovano attualmente in Turchia, nella regione di frontiera con la Siria, per formare i primi contingenti dell’Esercito siriano libero alla guerriglia urbana. D’altra parte il traffico di armi alle frontiere con la Siria è tollerato, se non favorito, dai Francesi e dai Turchi (30).
E’ chiaro che Erdogan ha condotto il suo paese sulla via della prosperità economica e gli ha assegnato una indubbia importanza geostrategica. E’ tuttavia occorre ammettere che tutto questo è stato possibile praticando una politica del “doppio gioco”. Predicare la libertà di espressione e perseguitare i giornalisti: lanciarsi in una diatriba contro Israele e continuare, di soppiatto, a commerciare con questo paese; predicare una politica di “buon vicinato” e lavorare per la destabilizzazione dei vicini: proclamarsi neo-ottomanista e continuare ad essere kemalista; voltarsi verso oriente continuando ad intrattenere relazioni privilegiate con l’Occidente (soprattutto gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna); considerare gli autocrati arabi come degli amici ed accettare i loro premi, non esitando a lasciarli cadere quando si tratta di fare una scelta di campo. E’ chiaroveggenza, realismo politico o opportunismo? Lascio a voi le conclusioni.
A proposito, ho dimenticato di dirvi che il mio viaggio sulle rive del Bosforo è andato molto bene. La Turchia è veramente un bel paese e, di questi tempi, nemmeno le più onniscienti sfere di cristallo potevano predire questa famosa “primavera araba”.
Montreal, 6 dicembre 2011
(1) Tom Zeller Jr, « YouTube Banned in Turkey After Insults to Ataturk », The New York Times, 7 mars 2007, http://thelede.blogs.nytimes.com/2007/03/07/youtube-banned-in-turkey-after-insults-to-ataturk/
(2) AFP, « YouTube bientôt accessible en Turquie », Le Figaro.fr, 30 octobre 2010, http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2010/10/30/97001-20101030FILWWW00435-youtube-bientot-accessible-en-turquie.php
(3) Le Monde.fr, « La plate-forme Blogger bloquée en Turquie », 4 mars 2011, http://www.lemonde.fr/technologies/article/2011/03/04/la-plate-forme-blogger-bloquee-en-turquie_1488224_651865.html
(4) AFP, «Turquie : croissance de 11% au T1 », Le Figaro.fr, 30 juin 2011, http://www.lefigaro.fr/flash-eco/2011/06/30/97002-20110630FILWWW00407-turquie-croissance-de-11-au-t1.php
(5) Élections en Europe, «Recep Tayyip Erdogan - Biographie », 29 mai 2011, http://www.electionseneurope.net/2011/05/recep-tayyip-erdogan-biographie.html
(6) Sophie Shihab, «Erdogan, l'homme du nouvel ordre turc », Le Monde.fr, 11 novembre 2011, http://www.lemonde.fr/idees/article/2011/11/11/erdogan-l-homme-du-nouvel-ordre-turc_1599162_3232.html
(7) ONU-Habitat, Conseil d’administration du Programme des Nations Unies pour les établissements humain, Rapport du Directeur exécutif, « Activités du Programme des Nations Unies pour les établissements humains », 21 janvier 2011,
(8) Etienne Copeaux, « Erdogan destitué et incarcéré », Esquisses sur la Turquie des années 90, 10 octobre 2011, http://www.susam-sokak.fr/article-esquisse-n-19-erdogan-destitue-et-incarcere-1998-1999-86268686.html
(9) Le Monde.fr, « Forces et faiblesses de l'AKP de Recep Tayyip Erdogan », 12 juin 2011, http://www.lemonde.fr/international/article/2011/06/12/forces-et-faiblesses-de-l-akp-de-recep-tayyip-erdogan_1534702_3210.html
(10) Ali Bayramoglu, « La démocratie turque en danger », Le Monde.fr, 11 novembre 2011, http://www.lemonde.fr/idees/article/2011/11/11/la-democratie-turque-en-danger-par-ali-bayramoglu_1602314_3232.html
(11) Hamit Bozarslan, Vincent Duclert et Ferhat Taylan, « Le tournant liberticide turc », Le Monde.fr, 11 novembre 2011, http://www.lemonde.fr/idees/article/2011/11/11/le-tournant-liberticide-turc_1602422_3232.html
(12) Alain Franchon, «Les tribulations d'un Turc dans le monde arabe », Le Monde.fr, 23 septembre 2011, http://acturca.wordpress.com/2011/09/23/les-tribulations-dun-turc-dans-le-monde-arabe/
(13) AFP, « Turquie: début du procès de deux journalistes jugés pour complot », L’Express.fr, 22 novembre 2011, http://www.lexpress.fr/actualites/1/economie/turquie-debut-du-proces-de-deux-journalistes-juges-pour-complot_1053864.html?actu=1,%201
(14) Reporters sans frontières, « Classement mondial 2010 », http://fr.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html
(15) Human Rights Association, « 1999-2009 comparative summary table », Human Right Violation in Turkey, http://www.ihd.org.tr/images/pdf/1999_2009_COMPARATIVE_SUMMARY_TABLE.pdf
(16) Ahmed Bensaada, « La valse à quatre temps de Amr Moussa ou l'évanescence de l'arabité politique », Le Quotidien d’Oran, 12 février 2009, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=53:la-valse-a-quatre-temps-de-amr-moussa-ou-levanescence-de-larabite-politique-&catid=37:societe&Itemid=75
(17) L’Express.fr, «L'étrange M. Erdogan », 7 novembre 2002, http://www.lexpress.fr/actualite/monde/europe/l-etrange-m-erdogan_497634.html
(18) Noémie Grynberg, «Tayyip Erdogan : la Turquie laïque deviendrait-elle islamiste?», Noémie Grynberg.com, http://www.noemiegrynberg.com/pages/politique/tayyip-erdogan-la-turquie-laique-deviendrait-elle-islamiste.html
(19) Michel Gurfinkiel, « Turquie-Israël/ De l'alliance à la confrontation », Michel Gurfinkiel.com, 6 juin 2010, http://michelgurfinkiel.com/articles/298-Turquie-Isral-De-lalliance-a-la-confrontation.html
(20) Gérard Fredj, «Turquie - Israël : l'aide humanitaire aux cotés de ses ennemis », Israël Infos, 27 octobre 2011, http://www.israel-infos.net/Turquie--Israel--l-aide-humanitaire-aux-cotes-de-ses-ennemis-7145.html
(21) Infos d’Almanar, «Presse turque : la data du bouclier anti-missile sera transmise à…Israël », 8 octobre 2011, http://www.almanar.com.lb/french/adetails.php?eid=33626&frid=18&seccatid=35&cid=18&fromval=1
(22) Institut Kurde de Paris, « Des drones américains basés en Irak repositionnés en Turquie », 14 novembre 2011, http://www.institutkurde.org/info/depeches/des-drones-americains-bases-en-irak-repositionnes-en-turquie-3475.html?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter
(23) AFP, «L'Iran, si menacé, prendra pour cible la Turquie », Lalibre.be, 26 novembre 2011, http://www.lalibre.be/actu/international/article/702770/l-iran-si-menace-prendra-pour-cible-la-turquie.html
(24) Le Nouvel Observateur, «Medvedev: la Russie pourrait déployer ses missiles en réaction à la stratégie américaine en Europe », 23 novembre 2011, http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20111123.FAP8262/medvedev-la-russie-pourrait-deployer-ses-missiles-en-reaction-a-la-strategie-americaine-en-europe.html
(25) Jean-Baptiste Beauchard, « La Turquie ou le retour de l’Empire ottoman au Proche-Orient », Alliance Géostratégique, 15 mars 2010, http://alliancegeostrategique.org/2010/03/15/la-turquie-ou-le-retour-de-lempire-ottoman-au-proche-orient/
(26) Jean Marcoux, « L’expérience turque de transition politique, un modèle pour l’Égypte post-Moubarak ? », LeJMed.fr, 12 février 2011, http://www.lejmed.fr/spip.php?page=imprimir_articulo&id_article=895
(27) Daniel Pipes, « Erdogan accepte "le prix international Al-Kadhafi pour les droits de l'homme" », Daniel Pipes.com, 28 février 2011, http://fr.danielpipes.org/blog/2011/02/erdogan-prix-kadhafi
(28) Joséphine Dedet, « Printemps arabe : Erdogan superstar », Jeune Afrique, 21 septembre 2011, http://www.jeuneafrique.com/Article/ARTJAJA2645p010-011.xml0/
(29) AFP, «La Turquie a rencontré officiellement le Conseil national syrien », L’Express.fr, 18 octobre 2011, http://www.lexpress.fr/actualites/1/monde/la-turquie-a-rencontre-officiellement-le-conseil-national-syrien_1041732.html
(30) Claude Angeli, « Une intervention limitée préparée par l’OTAN en Syrie », Le Canard Enchainé, 23 novembre 2011.