Analisi, gennaio 2014 - Nel 1648 entrava in vigore il "Codice Nero" della schiavitù nelle colonie francesi. Stabiliva che gli schiavi non avevano alcun diritto, salvo quello a "due vasi e mezzo di farina di manioca" alla settimana. Analizzando le disposizioni del "Codice Nero" e lo stato degli attuali rapporti tra Africa ed ex potenze coloniali, si scopre che nulla è in realtà cambiato...



Cameroonvoice.com, 15 gennaio 2014 (trad. ossin)


Codice nero: dal neo-colonialismo al neo-

schiavismo


Cheik Diabate (*)



L'Africa, questo continente tanto appetito e tanto disprezzato, darà tutto  all'Occidente per "due vasi e mezzo di farina di manioca"! (cfr. articolo 22 del "Code noir" di Colbert)


Illudendosi che quell'odioso sistema dello schiavismo fosse stato abolito, il continente nero ha subìto sul suo proprio suolo un secolo di colonizzazione, con il seguito di segregazione, lavori forzati e discriminazioni (Codice dell'indigenato).

Dopo 4 secoli di schiavismo a partire dal 1648, data di entrata in vigore del Codice Nero, fino al 1848, data dell'abolizione dello schiavismo nelle isole francesi, e dopo ancora un secolo di colonizzazione, gli anni 1960 sono apparsi come quelli della liberazione per buona parte della colonie francesi d'Africa. I paesi colonizzatori, indeboliti da due guerre, avevano deciso di dare con la mano destra l'indipendenza che si sarebbero ripresi con la mano sinistra, attraverso gli accordi di cooperazione (Carta dell'imperialismo).

Cinquanta anni dopo, queste ex potenze coloniali, scosse da una serie di crisi finanziarie una più acuta dell'altra, sembrano pentirsi delle indipendenze concesse e di ogni altra forma di autonomia. Si assiste quindi alla messa in atto di nuovi schemi di appropriazione dell'Africa da parte dei suoi ex coloni. Tutte le attuali azioni degli Stati occidentali sembrano essere ricalcate sul “Codice Nero” e sembrano condurre  il continente africano verso una spirale neo-schiavista con il sostegno di qualche "affrancato". Intendiamo per "affrancati" tutti quei funzionari piazzati o cooptati alla testa degli Stati per soddisfare gli interessi occidentali a detrimento dei reali bisogni della popolazione. Esaminiamo l'essenza del codice nero e i suoi sessanta articoli e le sue similitudini con le pratiche attuali degli Stati occidentali in Africa, con l'appoggio dei loro "affrancati".


Articolo 1
Vogliamo che l'editto del defunto Re di Gloriosa Memoria, nostro onorevolissimo signore e padre, del 23 aprile 1615, sia eseguito nelle nostre isole; pertanto ingiungiamo a tutti i nostri ufficiali di cacciare dalle nostre dette isole tutti gli ebrei che vi abbiano fissato la loro residenza, ai quali, in quanto nemici dichiarati del cristianesimo, comandiamo di andar via nel termine di tre mesi a partire dal giorno della pubblicazione del presente, sotto pena di confisca dei corpi e dei beni.

Oggi in Africa coloro che devono essere cacciati non sono gli Ebrei ma i Cinesi. Si fa di tutto per impedire  all'Africa di accogliere i Cinesi. Peggio, i partenariati strategici interafricani e la cooperazione Sud-Sud sono considerati come una forma di emancipazione e dunque temuti e dunque da bandire.


Articolo 2
Tutti gli schiavi che si trovano nelle nostre isole saranno battezzati e educati nella religione cattolica, apostolica romana. Ingiungiamo agli abitanti che acquistano dei negri appena arrivati di darne avviso nel termine di una settimana ai governatori e agli intendenti delle dette isole, a pena di ammenda da stabilirsi, e questi ultimi daranno gli ordini necessari per farli battezzare e istruire in un tempo conveniente.

Per spersonalizzare gli Africani appena sbarcati sulle, per loro sconosciute, terre d'America e per impedire loro di ricorrere alle loro pratiche religiose e culturali per paura che riuscissero a liberarsi dalla tutela dei loro padroni, gli schiavisti hanno avuto l'ingegnosa idea di servirsi di una interpretazione della Bibbia, secondo cui i Neri discenderebbero da "Cham", maledetto da Noè e condannato da dio alla schiavitù, e la loro unica possibilità di salvezza eterna era nell'alienare la propria libertà ai padroni bianchi. La spersonalizzazione era una condizione necessaria per l'alienazione dello schiavo.

Gli articoli 3 e 14 del codice nero sono dedicati alla pratica religiosa dello schiavo per evitare ogni possibile scappatoia a sé e ai suoi figli. Dopo la crisi degli anni 1980, l'Africa è stata invasa da ogni sorta di Chiese. Il marketing religioso ha sostituito l'obbligo di adesione. Le credenze ancestrali, descritte come animiste, sono presentate come partiche selvagge e senza senso. Tutto è messo in opera per convincere i più increduli e reticenti a fare la buona scelta per non vivere l'inferno sulla terra. Le sale di cinema, i luoghi di lavoro, le pubbliche piazze e le case private si sono trasformate in luoghi di culto. La musica e i film religiosi completano l'arsenale di propaganda. C'è perfino un rischio di esclusione sociale per coloro che non fanno una scelta. L'obiettivo è chiaro: dare una interpretazione biblica alla sfortuna dell'Africa, guidata dai suoi figli "maledetti da dio", e preparare gli spiriti ad accettare il ritorno dei padroni.


Articoli 15 e 16
Proibiamo agli schiavi di portare armi offensive o grossi bastoni, sotto pena di fustigazione e di confisca delle armi a profitto di chi le troverà, con la sola eccezione di coloro che sono mandati a caccia dai loro padroni, e che saranno in possesso dei loro documento o marchi conosciuti.
Proibiamo allo stesso modo agli schiavi che appartengano a diversi padroni di riunirsi insieme di giorno o di notte col pretesto di matrimoni o altro, sia nelle proprietà di uno dei padroni che altrove, e ancor meno nelle grandi arterie stradali o in luoghi appartati, sotto pena di punizione corporale che non potrà essere inferiore alla frusta e alla marchiatura col fuoco; e in caso di frequenti recidive e altre circostanze aggravanti, potranno essere messi a morte, a discrezione dei giudici. Ingiungiamo a tutti i nostri sottoposti di saltare addosso ai contravventori, di arrestarli e condurli in prigione, anche se non siano ufficiali e anche se non vi sia alcun mandato.

I due articoli di sui sopra mirano a  privare di qualsiasi diritto pubblico e civile lo schiavo e di privarlo di ogni mezzo di difesa, in modo che abbia come unico suo protettore il padrone, sotto pena di punizione corporale o di morte. La protezione del padrone gli sarà accordata come contropartita della sua sottomissione. L'articolo 17 completa l'arsenale giuridico della repressione.

Oggi in Africa gli eserciti nazionali vengono progressivamente sostituiti dagli eserciti dei paesi colonizzatori, sotto le insegne dell'ONU, per la difesa del territorio o la protezione della popolazione civile. In un contesto di insicurezza generalizzata da conflitti interni alimentati, con armi e finanziamenti, dai paesi colonizzatori. L'esercizio dei diritti civili e politici è diventato rischioso e vietato di fatto. I contravventori sono portati al cimitero, in prigione, in esilio o subiscono trattamenti inumani e degradanti.


Articolo 28
Dichiariamo che gli schiavi non possono possedere nulla ; e tutto ciò che dovesse pervenire loro da imprese o liberalità di altre persone o altro, a qualsiasi titolo, sarà acquisito in piena proprietà dai loro padroni, senza che i figli degli schiavi, i padri e le madri, i parenti e chiunque altro possano pretendere nulla per successione, atti tra vivi o a causa di morte; atti che dichiariamo nulli, con tutte le promesse e obbligazioni che possano essere state fatte, in quanto atti posti in essere da persone incapaci di disporre e contrattare.

Gli articoli 18,19,20, 21 vietano l'esercizio di attività commerciali, salvo il caso in cui ne siano stati incaricati dal padrone.

L'articolo 28 sottrae allo schiavo la proprietà di qualsiasi bene a profitto del padrone, anche quelli ottenuti dall'esercizio di imprese o per liberalità di altre persone.

Dagli anni 1990 la politica di privatizzazione e di liberalizzazione priva i popoli africani di ogni bene acquisito per esercizio di imprese o per liberalità. Gli accordi di cooperazione avevano già assicurato il controllo delle materie prime e delle riserve finanziarie. Così come non è permesso a uno schiavo di avere un reddito, non è possibile ai paesi africani di disporre del ricavato delle loro materie prime esportate.
Questi redditi vengono dichiarati beni appartenenti al padrone.

Assistiamo dunque, dal 1990, all'esclusione degli africani dalle attività del grande commercio e dell'industria per orientarli verso attività di sussistenza (lotta contro la povertà) assicurando loro “i due vasi e mezzo di farina di manioca”. L'articolo 22 è eloquente a questo proposito.


Articolo 22
I padroni sono tenuti a fornire per il nutrimento, ogni settimana, ai loro schiavi maggiori di dieci anni, due vasi e mezzo, misura di Parigi, di farina di manioca, o tre cassave, del peso almeno di 2 libbre e mezzo ciascuna, o altro equivalente, con due libbre di carne salata o tre libbre di pesce, o altro in proporzione: e ai bambini, dopo lo svezzamento e fino ai dieci anni, la metà dei viveri di cui sopra.

I padroni devono dunque fornire cibo ai loro schiavi. Il minimo strettamente necessario per mantenere la forza lavoro e assicurare la riproduzione di questa forza di lavoro, vale a dire la discendenza dello schiavo.

L'Africa, spogliata delle sue ricchezze da accordi di cooperazione e da una politica di privatizzazione, vive oramai solo dell'aiuto dei suoi padroni per pagare dei salari di miseria che assicurano appena i due vasi e mezzo di farina di manioca. La massa dei contadini che producono per il mercato internazionale riceve una remunerazione appena sufficiente per assicurare i due vasi e mezzo di farina di manioca.


Articolo 31
Gli schiavi non possono essere parti né stare in giudizio in materia civile, sia da attori che da convenuti, né costituirsi parte civile in materia penale, fatta salva la possibilità per i loro padroni di agire e difendere in materia civile e di perseguire in materia penale la riparazione delle offese e degli eccessi che possano essere stati commessi contro i loro schiavi.

Come lo schiavo non può ricorrere alla Giustizia, così le vittime di atrocità non possono investire direttamente la famosa Corte Penale Internazionale (CPI). Solo il loro padrone ha il diritto di farlo per conto loro. E' perciò che solo il Consiglio di Sicurezza, il procuratore della CPI e gli Stati (guidati da affrancati) possono investire la CPI. Evidentemente questi ultimi agiscono solo in nome degli interessi del padrone. I testi delle risoluzioni riguardanti paesi africani vengono decisi, scritti e depositati al Consiglio di Sicurezza dell'ONU dai paesi colonizzatori, senza alcuna partecipazione e nemmeno consultazione dell'Unione Africana (UA).


Articoli 32 e 33
Gli schiavi possono essere penalmente perseguiti, senza che i loro padroni siano parti, (salvo) in caso di complicità: gli schiavi saranno accusati e giudicati in prima istanza dinanzi ai giudici ordinari e, in appello, dinanzi al Consiglio sovrano, con la stessa istruttoria e medesime formalità delle persone libere. Lo schiavo che abbia picchiato il suo padrone, la sua padrona o il marito della sua padrona, o i suoi figli con conseguenti contusioni o versamento di sangue, o al viso, sarà punito con la morte.

La messa a morte politica o fisica di coloro che osano sfidare o ottengono delle vittorie democratiche sgradite ai loro padroni sono apparentate allo "schiavo che picchia i suoi padroni", questi trasgressori sono giudicati dal "consiglio sovrano", vale a dire da quello che ha assunto la forma della Corte Penale Internazionale o puniti con la pena di morte.


Articolo 38
Lo schiavo fuggitivo che sarà rimasto in fuga per un mese, a partire dal giorno in cui il padrone lo avrà denunciato, avrà le orecchie tagliate e sarà marchiato a fuoco sulla spalla; se egli recidiva un altro mese sempre dal giorno della denuncia, gli sarà tagliato il ginocchio e sarà marchiato a fuoco sull'altra spalla; e la terza volta, sarà punito con la morte.

L'esempio dei massacri di Beach (porto fluviale di Brazzaville) in Congo Brazzaville al ritorno dei rifugiati della guerra civile congolese, il congelamento dei beni dei rifugiati e il tentativo di assassinio dei rifugiati ivoriani in Ghana ne sono la migliore illustrazione.


Articolo 44
Dichiariamo gli schiavi beni immobili e come tali essi entrano nella comunione ereditaria, dividendosi in parti uguali tra i coeredi senza diritti di primogenitura, senza essere soggetti alla dote consuetudinaria, al prelievo feudale e di lignaggio, ai diritti feudali e signorili, alle formalità dei decreti, né alla legittima dei quattro quinti in caso di disposizione a causa di morte o testamentaria.

Nei paesi militarmente occupati, gli Africani hanno perso tutti i loro diritti civili e politici e sono diventati beni mobili della comunità internazionale. Il loro possesso, la loro annessione e la loro tutela dipendono dalla comunità internazionale. Questi paesi occupati non hanno dunque il potere di fissare i loro confini né di scegliere i loro leader. Questi ultimi essendo scelti tra gli "affrancati" dalla "comunità internazionale". Sono i padroni che dispongono degli Africani. Il padrone di un paese può sempre cambiare, in quanto i beni della comunità subiscono delle redistribuzioni a seconda degli avvenimenti, come alla Conferenza di Berlino del 1885. Non deve sorprendere dunque il fatto che la Francafrica coesista con l'Americafrica in quanto s può constatare l'attuale divisione dell'Africa a profitto del blocco atlantico, Stati Uniti in testa, che ha intenzione di dirigere le operazioni e assumere progressivamente il controllo dell'ex riserva francese, mantenendo alla Francia il ruolo di gendarme.


Articoli 56 e 57
Gli schiavi che siano fatti legatari universali da parte dei loro padroni o nominati esecutori dei loro testamenti o tutori dei loro figli saranno tenuti e considerati, li teniamo e li consideriamo come affrancati. Dichiariamo il loro affrancamento fatto nelle nostre isole, considerandoli come nati nelle nostre dette isole e dichiariamo che gli schiavi affrancati non avranno bisogno delle nostre lettere di naturalizzazione per goderne i vantaggi tra i sudditi del nostro regno, nelle terre e paesi sottoposti alla nostra obbedienza, anche se siano nati in paesi esteri.

Gli "affrancati", i "ragazzi tuttofare" sono coloro che vengono scelti dalla "comunità internazionale" per tenere al guinzaglio il popolo. Formattati nelle loro istituzioni, vengono imposti al comando dei nostri Stati con le "bombe democratiche", coi colpi di Stato, con ribellioni sanguinose o ancora a seguito di hold-up elettorali, mettendosi sotto i piedi ogni sovranità, vale a dire la costituzione.


Conclusioni
Rileggendo i sessanta articoli del "Codice Nero",  colpiscono le analogie tra quelli e i comportamenti non codificati degli attuali rapporti dell'Occidente con l'Africa. Si constata che lo spirito del "Codice Nero" continua a ispirare i rapporti tra l'Occidente e l'Africa, mutando la lettera a seconda dei mutamenti storici (codice dell'indigenato, carta dell'imperialismo, accordi di cooperazione). Non vi è alcun dubbio, come dicono i senatori francesi, che "l'Africa è il futuro della Francia". Questo futuro è in marcia, avendo come obiettivo, 5 secoli dopo, di riscaldare ancora una vecchia pietanza, riformulando il codice nero con nuove parole ma conservandone lo spirito autentico. Il neo-colonialismo è finito. Il neo-schiavismo è in marcia. Senza una risposta intellettualmente appropriata, l'Africa nera rivivrà le pagine più oscure della sua storia. In una economia detta mondializzata, a eccezione di qualche "affrancato", gli Africani saranno spogliati di tutto e confinati in qualche campo profughi, senza nemmeno poter beneficiare di quei famosi "due vasi e mezzo di farina di manioca"



(*) Cheik Diabate è insegnante ricercatore, Università del Colorado (USA)

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