Omosessuali in Africa
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Omosessuali in Africa
In Africa l’omosessualità è illegale in 29 paesi per gli uomini e in 20 per le donne. La situazione legale riflette la forte omofobia che spira nel continente e che è ben documentata dai discorsi di Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe, Nujoma, presidente della Namibia o del presidente Musevini, dell’Uganda. Ma le organizzazioni per la difesa dei diritti dei gay e delle lesbiche possono anche vantarsi di alcuni significativi passi avanti. e lesbiche sono visibilmente presenti e contribuiscono al dibattito nazionale.
Sudafrica
C’è una situazione simile a quella dei paesi europei. Non solo l’omosessualità è legale e visibile, ma esiste anche una legislazione nazionale che proibisce qualsiasi discriminazione determinata da ragioni di orientamento sessuale.
Recentemente è stata approvata una legge che autorizza matrimoni tra persone dello stesso sesso (Civil Union Act). Il primo matrimonio è stato celebrato il 1 dicembre 2006 a George tra Vernon Gibbs e Tony Halls. Altre due coppie si sono sposate nei giorni successivi, a George e a Johannesburg, quest’ultimo matrimonio celebrato in forma religiosa.
Zimbabwe
Il presidente Mugabe ha avuto molti meriti nel processo di decolonizzazione del suo paese, ma è decisamente omofobo. Sostiene che l’omosessualità non è un fenomeno africano, ma una degenerazione frutto dalla decadenza dei paesi occidentali. In Zimbabwe l’omosessualità è illegale e alcune persone sono state perseguitate e punite a causa del loro orientamento sessuale, compreso l’ex presidente Canaan Banana. Per contro esistono diverse organizzazioni di gay e lesbiche molto attive, che hanno promosso un dibattito pubblico sul tema, anche se non troppo produttivo. Queste organizzazioni hanno intentato, con alterni risultati, diverse azioni giudiziarie contro il governo.
Namibia
La situazione legale è assai confusa. La ILGA (International Lesbian and Gay Association) la definisce “incerta”, a causa delle contraddittorie prese di posizione da parte delle istituzioni. Nell’aprile del 1999, un rappresentante del Ministero dell’Interno, Jeremiah Nambinga, tentò di criminalizzare l’omosessualità, considerandola un peccato. Questo proposito tuttavia non ebbe risultati. Il 25 giugno La Corte Suprema, giudicando su un caso concreto, affermò che alle coppie di lesbiche devono essere riconosciuti gli stessi diritti delle coppie eterosessuali e che una lesbica straniera aveva il diritto di restare in Namibia con la sua compagna.
Alcuni esponenti del governo, tuttavia, continuano a rilasciare dichiarazioni improntate a una forte omofobia, come quelle del settembre 2000 del Ministro dell’Interno, Jerry Ekandjo, davanti alle nuove reclute della polizia, che ha invitato a “eliminare” i gay e le lesbiche “da tutto il territorio della Namibia”. Ciononostante alcune organizzazioni di gay e lesbiche sono visibilmente presenti e contribuiscono al dibattito nazionale.
Uganda
L’omosessualità è illegale ed è perseguitata in modo grave. Nel settembre 1999 il presidente Yoweri Museveni esortò la polizia ugandese a localizzare e attaccare gli omosessuali. Nell’ottobre del 1999 cinque membri di una organizzazione nata poco prima, Right Companion, sono stati arrestati e tradotti in una “casa di sicurezza”. Uno degli attivisti è stato violentato due volte e tutti sono stati picchiati, secondo quanto riferisce il sito web gay sudafricano The Mask.
Dopo di allora, gli attivisti hanno continuato a essere perseguitati e, nel giugno del 2000, la polizia ugandese ha assassinato un membro di Lesgabix, un gruppo di gay e lesbiche di Kampala. Tuttavia, anche dopo questi fatti così gravi, sono apparse diverse altre organizzazioni di gay e lesbiche, il che dimostra che si sta producendo un cambio di mentalità nell’opinione pubblica e che i luoghi comuni cominciano a essere messi in discussione.
Cameroun
Situazione caratterizzata da gravissime violazioni dei diritti umani nei confronti di gay e lesbiche.
Il 21 aprile 2005, gendarmi della brigata di Nlongka hanno arrestato 17 uomini in un night club che si riteneva essere frequentato da gay e lesbiche. L’arresto è stato assai pubblicizzato, sia sul giornale Mutations, che dalla televisione (quella nazionale e il secondo canale), che hanno diffuso le immagini dei giovani dopo l’arresto. Gli 11 uomini che sono rimasti in prigione erano quelli troppo poveri per pagare i soldi necessari a essere rilasciati, o per pagare un avvocato. Molti di loro sono stati anche abbandonati dalle famiglie, dopo l’ampia pubblicità data alla vicenda.
Nel giugno del 2005, l’IGLHRC e “Derrière le Masque”, un’organizzazione sudafricana per la difesa di gay e lesbiche, hanno avviato una campagna internazionale di pressione, ma il governo del Cameroun ha sempre rifiutato di liberare i prigionieri.
Durante la detenzione l’accusa è arrivata al punto di ordinare un esame medico per stabilire se essi avessero avuto rapporti omosessuali.
Il processo è stato fissato il 17 marzo 2006, a distanza quasi di un anno dai fatti, con gli imputati ancora in stato di detenzione. Giusto alla vigilia del processo due di loro sono stati rilasciati per mancanza di prove. Nel corso dell’udienza, l’accusa non ha presentato alcuna prova e nessun testimone, così il processo è stato rinviato al 21 aprile. Anche nel corso di questa udienza, l’accusa non ha presentato alcuna prova e alcun testimone, così il giudice Tonye ha dichiarato non luogo a procedere per mancanza di prove.
Nonostante ciò, i nove non sono stati liberati, ma riportati nella prigione di Kondeguì a Yaoundé e sottoposti, il successivo 12 giugno, a un altro processo nel corso del quale sette di loro sono stati condannati per sodomia alla pena di dieci mesi di prigione. Sono stati poi liberati perché avevano già scontato ben più di un anno di prigione.
Uno degli accusati aveva dovuto essere trasportato in aula, perché qualche giorno prima era stato vittima di una violenta aggressioni omofoba da parte di altri detenuti.
L’art. 347 del codice penale camerunense punisce “chiunque abbia rapporti sessuali con una persona del proprio sesso” con una pena da 6 mesi a cinque anni di prigione e con una ammenda da 20.000 Fcfa a 200.000 Fcfa (da 31 a 305 euro).
Il processo è stato accompagnato da un clima di forte omofobia, con la pubblicazione sui giornali addirittura di liste di omosessuali presunti.
Successivamente un altro grave episodio. Tredici studentesse (di età dai 16 ai 22 anni) del collegio Eyengué Nkongo di Deido Plage a Douala sono state espulse con privazione del diritto all’educazione, dopo che il consiglio disciplinare aveva concluso che erano lesbiche. Su richiesta di un parente, quattro di loro sono state arrestate, detenute nella prigione di New-Bell a Doula e condannate, l’8 giugno 2006, a 3 anni di prigione con pena sospesa, dei quali sei mesi saranno applicati, se esse praticheranno atti lesbici durante il periodo di “probation”. Sono state altresì condannate a un’ammenda di 25.000 Fcfa (38 euro).
Rwanda
Il progetto di nuovo codice penale, attualmente in discussione, contiene molti aspetti positivi, in particolare l’abolizione della pena di morte, ma prevede anche la criminalizzazione dell’omosessualità, finora legale nel paese. Questa disposizione compare all’art. 160 della versione francese e all’art. 158 di quella inglese del progetto di codice penale attualmente visibile sul sito internet del ministero della giustizia.
Nigeria
La Camera dei rappresentanti della Nigeria ha in discussione un progetto di legge che vieta le relazioni omosessuali e il matrimonio tra persone dello stesso sesso. In particolare è prevista una pena di cinque anni di prigione per gli omosessuali che si sposino e per chiunque celebri o favorisca o incoraggi una tale unione.
Il progetto di legge è stato fortemente criticato dal Parlamento europeo e da esponenti dell’ONU.
Africa mediterranea
Nella maggior parte dei paesi dell’Africa sub-sahariana l’omosessualità continua a essere un tema tabù per il grande pubblico. Nell’Africa mediterranea, d’altro canto, si praticano politiche concrete contro l’omosessualità per la maggior parte fondate sulla legge della sharìa. L’omosessualità così è proibita nella maggior parte dei paesi del Nord Africa e del Vicino oriente.
Egitto
In Egitto l’omosessualità non è reato, ma le autorità puniscono ugualmente i diversi, appellandosi alle leggi sul buon costume. Il risultato è che il paese è uno dei peggiori della regione sotto il profilo del rispetto dei diritti umani. I processi si susseguono con condanne severissime, perfino ai lavori forzati; sono soprattutto contro egiziani poveri che non hanno modo di difendersi. Si registrano anche alcuni episodi di detenzione arbitraria.
Le Autorità di polizia perseguitano in tutti i modi gli omosessuali, perfino controllando internet. Gamal Aieed, avvocato e attivista per i diritti umani, ha denunciato l'esistenza di una “Internet police”, e il generale Ahmed Shehab ne ha dato conferma quando ha ammesso che «la Rete in Egitto viene strettamente controllata come le strade delle città». Un "controllo" che spesso diventa una vera e propria censura. Sono stati realizzati gruppi di cyberpoliziotti con la scusa di fermare i "criminali" del Web. Recentemente è finito in manette Andy Ibrahim Shoukri, studente di diciannove anni, accusato di aver creato allarmismo, con e-mail che riportavano la falsa notizia della presenza di un serial killer per le strade del Cairo. A fare maggiore scalpore, sono le "retate telematiche" di omosessuali (che si aggiungono alle numerose effettuate nelle Queen Boat sul Nilo). Gli agenti dell’unità speciale della polizia si nascondono dietro l’anonimato della Rete per contattare i cosiddetti "diversi", incontrarli e arrestarli.
Il 16 gennaio 2003 Wissam Tawfiq Abyad, un libanese di 26 anni, aveva un appuntamento al buio. Sul sito Gaydar.com aveva conosciuto Raoul, un ragazzo spagnolo. L'incontro era fissato nel quartiere di Heliopolis, al Cairo. Ma l’amico si è rivelato essere un poliziotto, Wissan è stato arrestato per “depravazione abituale” e le sue e-mail utilizzate come prova del reato. Il ragazzo è uno dei tanti caduti nella trappola digitale per gay. Da allora si ha avuto notizia di altri 15 casi simili che hanno coinvolto 21 persone, ma il numero forse è più alto.
Una delle prime operazioni di “adescamento” on line è stata quella che ha portato all'arresto di Zaki Sayid Zaki ‘Abd al-Malak. Il 25 gennaio 2002 l'uomo è stato condannato a tre anni di carcere, in base alla legge 10/1961, per atti abituali di depravazione contro la morale pubblica.
Anche se constantemente nel mirino della polizia, i gay continuano ad usare Internet per comunicare. Su Gayegypt.tk, ad esempio, un sondaggio chiede in che misura l'Egyptian National Human Rights Council - istituito per proteggere e promuovere i diritti umani in Egitto - possa tutelare gli omosessuali, mentre su Gayegypt.com gli utenti sono avvisati del rischio di incappare nella “sex police”. Ancora oggi, infatti, continuano gli adescamenti in Rete.
On line la censura non perseguita solo i gay. Una ricerca redatta da Privacy International e da GreenNet Educational Trust di Londra, denuncia gli attacchi alla libertà di parola su Internet, nel nome della lotta al terrorismo.
Caso emblematico è quello dell'ex webmaster del settimanale Al-Ahram Weekly, Shohdy Surur, prima persona al mondo finita in tribunale per aver pubblicato un poema su Internet.
Suo padre, l’attore e poeta Naguib Surur, prima di morire lo aveva avvisato sulle possibili dure reazioni del governo. Ma Shohdy ha voluto onorare il testamento paterno, pubblicando Ummiyyat, l'opera più famosa del genitore, sul sito Wadada.net. Nel poema, l’Egitto viene paragonato ad una prostituta, una metafora che già negli anni Settanta provocò l’intervento della censura, la stessa che trent’anni dopo ha colpito Shohdy.
Il tributo telematico, infatti, è costato a Surur un anno di lavori forzati (condanna sentenziata il 30 giugno 2002), per “possesso e distribuzione di materiale immorale, con l’intenzione di corrompere l'opinione pubblica”. Curiosamente, Wadada.net (creato per raccogliere l’opera di Naguib Surur e ospitato da un server statunitense) è stato on line circa tre anni, prima che le autorità si accorgessero dei versi incriminati e - fatto ancora più curioso - il poema è tuttora in Rete.
L'ex webmaster oggi è in esilio. Non sappiamo in quale angolo del mondo, ma sicuramente - come egli stesso ha affermato - è «felice di aver diffuso l’opera del padre».
Contro l’asfissiante controllo poliziesco del web si sono elaborate vere e proprie strategie di libertà digitale. Li ha raccontati Ali Asali, uno dei fondatori di GayEgypt.com
Ali Asali dice che in Egitto l’uso del Web ha superato ogni realistica previsione se rapportato al generale livello di sviluppo economico del paese e al reddito pro-capite. Questa enorme diffusione di Internet è dovuta all’intervento del governo che sovvenziona l’uso della Rete per gli studenti e, paradossalmente, alla rigida censura che lo stesse autorità esercitano nei media tradizionali. Gli egiziani, infatti, sempre più spesso ricorrono ad Internet per leggere versioni integrali di articoli tagliati sui giornali o per conoscere resoconti di fatti del tutto sottaciuti o alterati nella loro veridicità. La censura colpisce la stampa, la televisione, il cinema quando affrontano temi sulla sessualità. Il risultato è che i gay egiziani si riversano sulla Rete per trovare un luogo dove poter discutere delle loro problematiche, così come fanno le donne che vogliono parlare dei propri diritti e denunciare soprusi.
“La sorveglianza sui contenuti dell’informazione colpisce anche Internet. Molti sostengono che proprio i siti radicali come il nostro si sono trasformati in strumenti che la polizia utilizza per catturare i gay. Ovviamente non è così. Sappiamo bene che le autorità sorvegliano la nostra sezione di “appuntamenti”, e per questo avvisiamo gli utenti del pericolo di essere adescati on line da agenti dell’ordine. Sempre sul sito, forniamo una serie di regole di comportamento nel caso di cattura: ad esempio, rifiutare di rispondere a qualsiasi domanda, e soprattutto non pronunciare mai la parola “yes”, perché potrebbe essere registrata come assenso nel contesto di una falsa confessione.
Fissiamo anche pseudo-appuntamenti che distraggono la cosiddetta “cybercop”, depistandola in luoghi lontani dai punti di ritrovo per omosessuali.
Abbiamo fatto anche di più. Due anni fa abbiamo pubblicato indicazioni su alcuni appuntamenti in codice: in realtà si trattava di semplici formule prese a caso da un libro, cui abbiamo sostituito qualche lettera per farle apparire come messaggi cifrati. Persino il quotidiano francese Le Monde dedicò un articolo ai "codici segreti", descrivendoli come un nuovo fenomeno che si stava diffondendo su GayEgypt.com. Il nostro obiettivo è stato così raggiunto: la “gay cybercop” era completamente assorbita nella decodificazione dei finti messaggi, e quindi ha interrotto la persecuzione degli omosessuali. Ancora oggi forse qualche unità delle forze dell’ordine sta cercando la chiave d’accesso di quei codici misteriosi”.
Tabella sulla situazione legale della omosessualità in Africa. (estratto da Afrol News)
País Lesbianas Gays
Argelia Ilegal Ilegal
Angola Ilegal Ilegal
Benín Ilegal Ilegal
Botswana No mencionado Ilegal
Burkina Faso Legal Legal
Burundi Ilegal Ilegal
Camerún Ilegal Ilegal
Cabo Verde Ilegal Ilegal
República Centroafricana Legal Legal
Chad Legal Legal
Comoros Legal Legal
Congo Brazzaville Legal Legal
Congo Kinshasa (DRC) No vlaro No claro
Costa de Marfil No mencionado No mencionado
Yibuti Ilegal Ilegal
Egipto No mencionado No mencionado
Guinea Ecuatorial No disponible No disponible
Etiopía Ilegal Ilegal
Eritrea Legal Legal
Gabón Legal Legal
Gambia No disponible No disponible
Ghana No mencionado Ilegal
Guinea No disponible No disponible
Guinea- Bissau No disponible No disponible
Kenia No mencionado Ilegal
Lesotho No mencionado No mencionado
Liberia Ilegal Ilegal
Libia Ilegal Ilegal
Madagascar No mencionado No mencionado
Malawi Ilegal Ilegal
Malí Ilegal Ilegal
Mauritania Ilegal Ilegal
Mauricio Ilegal Ilegal
Marruecos Ilegal Ilegal
Mozambique No mencionado Ilegal
Namibia Posición incierta Posición incierta
Níger No disponible No disponible
Nigeria No mencionado Ilegal
Reunión Legal Legal
Ruanda No mencionado No mencionado
Sao Tome y Principe Legal Legal
Senegal Ilegal Ilegal
Seychelles No mencionado No mencionado
Sierra Leona No mencionado No mencionado
Somalia No mencionado No mencionado
Sudáfrica Legal Legal
Sudán Ilegal Ilegal
Suazilandia Ilegal Ilegal
Tanzania No mencionado Ilegal
Togo Ilegal Ilegal
Túnez Ilegal Ilegal
Uganda No mencionado Ilegal
Zambia No mencionado Ilegal
Zimbabwe No mencionado Ilegal