La Repubblica autonoma dell’ammuina
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Intervento, aprile 2017 - Il paradosso è che, alle sensate considerazioni dell’assessore, non ha però fatto riscontro analoga chiarezza da parte del sindaco, Luigi de Magistris, trinceratosi dietro fumose quanto enfatiche proclamazioni. Che è come dire: anche quando si dispone di argomenti, non si resiste alla tentazione di fare ammuina (nella foto, palazzine dello IACP, a Napoli, trasformate in piazze di spaccio)
Corriere del Mezzogiorno (editoriale), 4 aprile 2017
La Repubblica autonoma dell’ammuina
Nicola Quatrano
Ha senz’altro ragione Aldo Trione, quando invoca un sussulto d’orgoglio per salvare Napoli riscoprendo il valore dell’etica pubblica. E cose non molto diverse ha detto, con perfida lucidità, Gennaro Ascione, osservando come vi sia in fondo una singolare coerenza tra la «storiella» di Napoli Città Autonoma e l’avvilente stato dei servizi comunali — la «storiella» declinandosi in sostanziale non governo. «Se l’interesse fosse la città», conclude il perfido Ascione (Gennaro), forse ci si comporterebbe in modo diverso, magari — aggiungo io — impegnandosi in un’azione di risanamento che non penalizzi le fasce più deboli, con tagli al welfare, aumenti tariffari per servizi che restano indecenti, e l’abbassamento della soglia di esenzione fiscale. Un’azione di risanamento che non ricorra, nella città dei Beni Comuni, all’idea di privatizzare risorse strategiche come la rete del gas, e pensi piuttosto a mettere in campo procedure che consentano di riscuotere le multe, o la Tarsu (non pagata da almeno 40.000 famiglie). Ma chissà, forse l’impegno antievasione non si concilia troppo con il laissez faire bottegaio della proclamata Repubblica autonoma dell’Ammuina!
«L’ammuina» è un male contagioso, colpisce anche certe voci critiche. Mi riferisco alla protesta della Comunità ebraica, contro la concessione della sala consiliare al comitato napoletano per il Bds (Boycott, Divestment and Sanctions). Non ho per nulla apprezzato il tentativo di interdire a Matteo Salvini di parlare in strutture di proprietà comunale, mi pare quindi irricevibile la pretesa di negare spazi a un importante movimento internazionale contro l'occupazione israeliana, che si ispira alla positiva esperienza del boicottaggio contro il Sudafrica dell’apartheid, negli anni 1980.
E una certa «ammuina» caratterizza anche a mio parere la recente polemica suscitata dalla vicenda del trasferimento degli abitanti delle Vele di Scampia in fase di abbattimento. Ha destato scandalo che tra essi figurassero anche famiglie di pregiudicati, come quella di Davide Francescone, indagato per l’omicidio del povero Antonio Landieri, e più d’uno ha gridato a gran voce che il Comune non dovrebbe assegnare le sue case ai camorristi. Ma, a leggere bene i fatti, si scopre che le cose sono piuttosto diverse da come vengono presentate: primo — come ha chiarito l’assessore Enrico Panini — in questa occasione non si trattava di «assegnare» un alloggio popolare, ma di «trasferire» la famiglia già assegnataria, da un appartamento in via di abbattimento ad uno sostitutivo. Il caso denunciato, poi, lascia perplessi anche nel merito: Davide Francescone infatti risulta allo stato solo indagato per l’omicidio di Landieri, non essendo stato condannato nemmeno in primo grado, e addirittura l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata annullata dal Tribunale del riesame. Dunque, secondo i critici, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto togliere la casa ad una famiglia cui era stata già regolarmente (si presume) assegnata, gettandola letteralmente in mezzo alla strada, in virtù del fatto che uno dei suoi membri è sospettato di un grave reato.
Capisco bene la preoccupazione di cui si è fatto portavoce Isaia Sales, che nei nuovi alloggi non si riproduca la situazione di predominio e controllo criminale che una frangia di boss della droga era riuscito ad imporre nelle vecchie Vele. Questione della massima importanza e ottima intenzione, ma la si può mai perseguire discriminando le famiglie sulla base di sospetti o perfino di pregiudizi? Meglio, credo, mettere in campo efficaci strumenti di corretto governo della cosa pubblica. Attraverso, per esempio, una continua vigilanza che impedisca l’occupazione abusiva degli alloggi, o consenta di allontanare coloro che li abbiano effettivamente trasformati in empori della droga come a Rione Traiano, dove praticamente tutte le piazze di spaccio sono ospitate in locali di proprietà dello Iacp. No ai pregiudizi, quindi, sì a provvedimenti sanzionatori in presenza di riscontrate anomalie.
Il paradosso è che, alle sensate considerazioni dell’assessore Panini, non ha però fatto riscontro analoga chiarezza da parte del sindaco, trinceratosi dietro fumose quanto enfatiche proclamazioni: «Gli uffici comunali hanno svolto un lavoro che è entrato nella storia di questa città… Siamo una casa di vetro. Andiamo orgogliosi del fatto che in un contesto difficile e con leggi complicate abbiamo gestito in piena trasparenza e correttezza le assegnazioni». Che è come dire: anche quando si dispone di argomenti, non si resiste alla tentazione di fare ammuina.