Macron e l'Internazionale del profitto contro la democrazia
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Intervento, 9 gennaio 2018 - questi ricchi non credono alla democrazia, non vi hanno mai creduto e mai vi crederanno. Ve ne parleranno talvolta, loro e i loro lacchè ronfanti faranno finta di difenderla, ma sarà solo per tranquillizzarvi, perché invece preparano nuove offensive (nella foto, Hiroshima)
In cauda venenum, 9 gennaio 2018 (trad.ossin)
Macron e l'Internazionale del profitto contro la democrazia
Bruno Adrie
Mi domando se i nostri contemporanei abbiano preso coscienza del fatto che non viviamo più in democrazia. Mi domando se abbiano compreso che i nuovi comunicatori non credono più alla democrazia, non più di quanto ci credano i loro padroni che che li incaricano e li dirigono dalle loro isole fortunate cosparse d'oro e palme da cocco al vento. Per quanto mi riguarda, penso che per capirlo, occorra definitivamente assumere il punto di vista dei ricchi, con il loro approccio alla politica vista come scienza e pratica di dominio. Mi sembra indispensabile cogliere la loro intima convinzione, questa convinzione che non esprimono abbastanza ma tradiscono coi loro atti che, messi insieme pezzo a pezzo, ne definiscono nettamente i contorni affilati.
Ma ci sono le elezioni, li si sente rispondere, prova che la libertà esiste, che il popolo può ancora scegliere, allontanare i tiranni quinquennali e gli impostori interinali dal Parlamento e dai ministeri. Grazie al suffragio universale, li si può scacciare, si possono informare gli elettori, mostrare loro quali minacce incombono, ed essi sceglieranno, inevitabilmente, il candidato buono, il nemico dei ricchi che i ricchi, che rispettano i risultati, lasceranno governare ed abrogare le “riforme” neoliberiste che ci hanno servito da più di un decennio. Allora, di colpo, sotto i loro occhi rossi di rabbia impotente, crollerà il loro progetto, come un castello di carte: sarà la fine di Maastricht, di Lisbona, dell’Europa, della NATO, del CICE, dell'evasione fiscale, della corruzione, delle connivenze, delle porte girevoli, del nepotismo e della massoneria. Si vareranno imposte obbligatorie e progressive, si decreterà l'eguaglianza per davvero, si elimineranno gli intrallazzi, si crocifiggeranno i profitti indebiti, se ne approfitterà anche per riprendersi i 62 000 euro in eccedenza al ministro del Lavoro di un governo che è insieme sciocco e presuntuoso che fa le fusa strusciandosi sugli stivali insanguinati del capitale.
Io non credo che le cose andranno così. Non credo nemmeno che in Francia il popolo dei pensionati, dei piccoli proprietari, dei titolari di piccole rendite e degli arrivisti che si considerano dei vincenti (gli elettori di Macron) voterà un giorno per colui che, in qualche modo, avrà il merito di assomigliare ad una alternativa possibile. E se pure accadesse, anche se tutti questi ignoranti diplomati e soddisfatti si mettessero, come per incanto, a guardare e pensare e a voler cambiare le cose, non li lascerebbero fare. Avete visto che cosa è successo in Honduras, prima con Manuel Zelaya, poi, da ultimo, quando i risultati elettorali non erano convenienti per l'élite? Avete visto come, in Brasile, Dilma Rousseff è stata destituita da un'assemblea golpista dominata dai profittatori e dagli schiavisti? Avete capito quali difficoltà sono state quelle di Hugo Chavez e di Nicolas Maduro, che hanno incontrato nel seno stesso dello Stato venezuelano – e della società PDVSA che gestisce la produzione di petrolio nazionale -, le resistenze che gli spiriti semplici e poco informati si sarebbero attesi venissero piuttosto dall'estero? Allende l’aveva peraltro detto al mondo intero, che realizzare una rivoluzione nel quadro di una struttura politica borghese era quasi impossibile. In ogni caso, non glielo hanno fatto fare in Cile e lui è caduto nel suo palazzo, suicidato secondo i giornali, che non hanno detto da chi…
Ecco perché mi sembra urgente cominciare a pensare come loro, come i ricchi che cospirano, che complottano, che ordiscono piani dai loro castelli, i loro uffici e i loro yacht presto supersonici. Ecco perché è importante capire che, per loro, la democrazia è già morta, che essa non è altro, oggi, che uno scheletro sbiancato e una statua di gesso che circondano il cadavere dei sogni infantili di una popolazione che dovrà accettare, i ricchi non hanno dubbi in proposito, di essere asservita, di essere schiacciata e, quando sarà necessario, di essere sterminata. Perché i ricchi che, in Francia, hanno già all'attivo tanti successi – ricordiamo uno dei più belli, l'adozione a Versailles, il 4 febbraio 2008, del Trattato di Lisbona, solo tre anni dopo il ‘no’ francese al Trattato detto Costituzionale -, questi ricchi che appartengono all'Internazionale in smoking che manovra i suoi fili dalla sua costellazione di banche, di fondi di investimento e di club privatissimi, questi ricchi che non dubitano assolutamente delle loro future vittorie contro le casse degli Stati e le tasche dei salariati, questi ricchi cospiratori che tessono complotti mentre ci ingiungono di non credere alle teorie dei complotti, questi ricchi che hanno deciso di sottomettere il mondo e di ricavarne rendite per l'eternità – non hanno forse predicato la fine della storia per bocca di uno dei loro rappresentanti? – questi ricchi non credono alla democrazia, non vi hanno mai creduto e mai vi crederanno. Ve ne parleranno talvolta, loro e i loro lacchè ronfanti faranno finta di difenderla, ma sarà solo per tranquillizzarvi, perché invece preparano nuove offensive, perché non abbandoneranno mai le loro politiche della porta aperta, i loro progetti di invasione globale che, avvolta negli stracci del diritto e di una buona coscienza diventata comica a forza di essere mimata con la poca serietà che conosciamo, è diventata la mondializzazione, una mondializzazione che si fa scienza, che si fa imparziale e che ha eletto domicilio nei manuali scolastici.
Le rovine della democrazia assomigliano a quelle di Dresda, di Hiroshima o di Mosul e quelli che si aggirano tra esse senza vedere che la città è morta avrebbero senz'altro da guadagnare a capire bene, a cogliere bene, a intuire bene il progetto distruttore menato a tambur battente dall'Internazionale del profitto.
E' urgente entrare nella testa dei ricchi e capire quanti passi sono avanti a noi. Perché i ricchi vivono già nel futuro che stanno confezionandosi. E le nostre lamentele sono solo scoppiettii che li infastidiscono un po', molto, con passione, e che vorrebbero cancellare per poter tranquillamente ascoltare in high fidelity, la lussureggiante e proficua filarmonica che è già al culmine nelle loro cuffie futuriste.