Il razzismo e le urne vuote
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Intervento, 16 febbraio 2018 - Sono i cittadini, correttamente informati, a dover scegliere e a doversene assumere la responsabilità. E’ questo l’unico vero rimedio al razzismo, e anche alla disaffezione verso il voto...
Corriere del Mezzogiorno (Editoriale), 14 febbraio 2018
Il razzismo e le urne vuote
Nicola Quatrano
Ha ragione Mario Rusciano ad ammonire contro la “piaga dell’astensionismo”, ma è difficile che venga ascoltato finché c’è questa legge elettorale. E’ un meccanismo farraginoso creato per meschini calcoli della vigilia (rivelatisi poi errati), che non consente al cittadino di votare per chi desidera. Alcuni amici per esempio, delusi da Renzi, mi dicono che voteranno per Emma Bonino. Ma la cosa non è così semplice. Il loro voto andrà davvero all’esponente radicale solo se la sua lista supererà il 3%. In caso contrario, sarà un voto per Renzi. E anche il metodo di formazione delle liste e il gioco delle candidature multiple sono meccanismi subdoli che possono stravolgere la volontà dell’elettore, stornando la scelta di un candidato ritenuto meritevole a favore di altri, sconosciuti e magari non apprezzati, a discrezione dei capipartito.
Difficile, dunque, appassionarsi al voto. E difficilissimo orientarsi tra le offerte politiche, tutte più o meno ricche di insulti verso gli avversari, ma povere di contenuti, ed elusive dei veri temi sul terreno. Osservava Paolo Macry sul Mattino (eh sì, Il Corriere del Mezzogiorno dà nomi e cognomi ai propri virgolettati) che “da dieci giorni la politica italiana è ostaggio di Pamela Mastropietro e Luca Traini”. Due fatti di cronaca diventati paradigma e recinto entro il quale si mima e si soffoca l’attuale dibattito sull’immigrazione, tra i fautori di un astratto “Prima di tutto gli Italiani”, e quelli di un dovere di accoglienza declinato in termini altrettanto astratti.
Nel frattempo l’ISTAT pubblicava il suo rapporto 2017 sul calo demografico della popolazione, e pochi sembrano essersi accorti che è proprio su questi dati che il predetto dibattito andrebbe sviluppato, più che sui fatti di Macerata. I dati parlano di un ulteriore calo delle nascite e dell’invecchiamento della popolazione, fenomeni che al Sud sono visibili anche ad occhio nudo, nei tanti borghi spopolati, abitati solo da vecchi e prossimi a sparire. Nel mezzogiorno, poi, il calo demografico dovuto alla caduta del tasso di fertilità è aggravato da una minore speranza di vita (che vede la Campania all’ultimo posto) e ad una persistente emigrazione. L’ISTAT si è limitata a registrare la situazione al momento, ma altri istituti specializzati, sulla base di simulazioni comparate, prevedono, di qui al 2080, addirittura un dimezzamento della popolazione autoctona e la desertificazione dii ampie aree del mezzogiorno, un processo che solo un proporzionale innesto di immigrati potrebbe compensare.
E’ questa la verità che bisogna dire agli elettori. Chi si batte contro “l’invasione” deve spiegare bene che cosa si propone. Sogna davvero un paese di 25 milioni di abitanti, per lo più vecchi concentrati nelle aree urbane, economicamente in declino e senza welfare? E, dall’altra, anche i fautori di un’accoglienza dei buoni sentimenti dovrebbero precisare le loro proposte. Non so se i dati delle simulazioni vadano presi alla lettera, ma certo una immigrazione tanto massiccia da operare, in poco più di sessanta anni, il ricambio di metà della popolazione non è qualcosa che possa essere governata con gli slogan, o affidandosi alle dinamiche spontanee e ai volontari delle ONG. Qui ci vuole programmazione e governo, quello serio. La coabitazione, il confronto tra culture diverse, la paura dell’altro non sono invenzioni di Salvini, magari lui le strumentalizza ma esistono davvero. E una politica degna di questo nome dovrebbe avere il coraggio di avviare un grande dibattito nazionale, perché tutti capiscano che la vera alternativa è tra un paese vecchio e povero e un paese composto per una metà da immigrati.
Sono i cittadini, correttamente informati, a dover scegliere e a doversene assumere la responsabilità. E’ questo l’unico vero rimedio al razzismo, e anche alla disaffezione verso il voto. In mancanza, le elezioni saranno un altro esercizio vuoto, e i seggi potrebbero rivelarsi più spopolati di certi borghi del mezzogiorno.