Quattro domande al Sindaco
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Intervento, 13 marzo 2018 - Di fronte alla situazione disastrosa dei conti pubblici della città di Napoli, le chiacchiere non servono a niente. E non basteranno Varoufakis, Hamon, e altre vedette d’antan a nascondere la realtà (nella foto, udienza della Corte dei Conti)
Corriere del Mezzogiorno (editoriale), 13 marzo 2018
Quattro domande al Sindaco
Nicola Quatrano
Yanis Varoufakis, alle elezioni greche del 2015, ha raccolto meno del 3% con la sua “Unità Popolare”. Benoit Hamon, candidato del Partito socialista francese (quello, per intenderci, di Mitterrand), ha raccolto alle presidenziali il 6,3%, il peggiore risultato della storia (contro il quasi 20% di Melanchon). Luigi De Magistris ha ottenuto ottimi risultati personali, ma le liste che ha più o meno sostenuto (Rivoluzione Civile, DemA, Potere al Popolo) vantano risultati più che modesti. Tutti costoro, più altre schegge provenienti da vari paesi europei, si sono incontrati sabato a Napoli per lanciare candidature comuni alle europee. Auguri ! “Il Signore prima li fa e poi li accoppia”, potrebbe dirsi. O meglio: “Dio acceca quelli che vuole perdere”, tanto è insensata l’idea di mettere in campo, con simili forze, nientedimeno che un “grande movimento di liberazione europeo”.
Intanto Podemos (che è in calo di consensi ma non cieco) si è sfilato, preferendo dialogare con gruppi più consistenti, come la France Insoumise di Melanchon e Die Linke tedesca, cui forse si unirà anche la piccola pattuglia nostrana di Potere al Popolo. Il nuovo soggetto rivoluzionario che parte da Napoli ha dunque l’aria un po’ desolata di un cimitero degli elefanti, di una coalizione di fallimenti, di un ospizio per “rivoluzionari” in pensione. E non porta bene nemmeno che parta da Napoli, con l’amministrazione comunale sull’orlo del fallimento.
A salvarla non basterà certamente l’ottimo slogan del “debito ingiusto”, che pure sembra bucare il video. Decisamente ben studiato, non potrà reggere alla prova dei fatti, come ha capito Roberto Fico quando ha detto: ”Certo sono debiti del 1981 e la cosa fa incazzare, ma la questione poteva essere trattata diversamente”. Prima di lui, lo avevano già detto anche i consiglieri comunali del M5s. E perfino chi, come me, non è né economista né ragioniere è però in grado di porre alcune questioni.
Prima. Non è solo il debito del Consorzio Cr8 la causa del disastro attuale, dovuto per molta parte a quella che la Corte dei Conti chiama la “incapacità strutturale di riscossione” del Comune. D’altronde il quadro globalmente fallimentare è dimostrato dal concordato preventivo dell’ANM, dalle dimissioni di Ciro Maglione (in seguito a contrasti col Sindaco?), dalla vendita dei gioielli di famiglia (come la quota Gesac) e perfino di veri e propri Beni Comuni, come la rete del gas.
Seconda. Il debito con il Consorzio Cr8 di quasi 120 milioni sarà pure vecchio, ma è in gran parte composto da interessi passivi, maturati anche dopo il 2011. Quando il M5s dice che “vi sono stati degli errori”, credo si riferisca proprio al modo in cui è stato gestito. Era proprio necessario intentare una causa disperata? Non è per nulla pacifico che il debito sia attribuibile al Governo, visto che gli immobili sono di proprietà comunale. C’era comunque spazio per una transazione, pare che nel 2016 si potesse chiudere la vertenza con 40 milioni. Perché non lo si è fatto?
Terza. Un debito può anche essere ingiusto, ma deve comunque essere iscritto in bilancio. Poi si farà causa, si cercheranno mediazioni o accordi, ma intanto deve essere iscritto. Ed è esattamente questo che la Corte dei Conti contesta, è questa la ragione (attribuibile esclusivamente all’amministrazione De Magistris) della ulteriore sanzione di quasi 120 milioni, che basterebbe da sola a chiudere la partita.
Quarta. La Corte dei Conti ha detto che il Comune, inserendo il debito in bilancio, avrebbe dovuto prendere atto di trovarsi in una situazione tecnica di dissesto. E’ per questo che ha omesso di iscriverlo? Si è trattato di un “trucchetto contabile”?
Sono domande cui sarebbe meglio rispondere, invece di minacciare una improbabile mobilitazione, addirittura la “più imponente del dopoguerra”, contro il “debito da voltastomaco”. Le chiacchiere non servono a niente. E non basteranno Varoufakis, Hamon, e altre vedette d’antan a nascondere la realtà.