L'amministrazione Trump ci porterà la guerra?
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Intervento, 25 aprile 2019 - Da quando il signor MAGA (soprannome di Trump, ndt) è entrato alla Casa Bianca, mi ha meravigliato il livello di pura stupidità e, francamente, di immoralità manifestato da questa amministrazione...
The Unz Review, 10 aprile 2019 (trad.ossin)
L'amministrazione Trump ci porterà la guerra?
The saker
Da quando il signor MAGA (soprannome di Trump, ndt) è entrato alla Casa Bianca, mi ha meravigliato il livello di pura stupidità e, francamente, di immoralità manifestato da questa amministrazione. Obama era quasi altrettanto incompetente e diabolico, ma Trump ha veramente portato un cambiamento qualitativo in quello che potremmo genericamente definire «il QI medio della Casa Bianca». La cosa migliore che si possa dire a proposito di Trump, è che la stupidità può essere una cosa buona ma, ahimè, può essere anche estremamente pericoloso, ed è quanto sta accadendo. Basta scorrere questi titoli recenti:
Devo ammettere che quest’ultimo è il mio preferito, davvero! Quant’è fico! Gli Stati Uniti minacciano un paese membro della NATO di fargli la guerra – è quanto le «conseguenze devastanti» significano in linguaggio diplomatico.
Pompeo – certamente uno degli idioti più diabolici e deliranti dell’amministrazione Trump – tentava probabilmente di imitare il modello che ispira questa amministrazione, vale a dire quello di Bibi Netanyahu, che una volta ha perfino minacciato di fare la guerra alla Nuova Zelanda – sì, lo so, non parlava di «vera» guerra, ma ha utilizzato un linguaggio guerriero che, nella migliore delle ipotesi, è qualcosa di irresponsabile per un uomo politico.
Sarebbe tutto molto divertente se non fosse che gli Stati Uniti sono già impegnati in una campagna militar-terrorista segreta contro il Venezuela: la rivoluzione Guaidó, che il governo Maduro è riuscito a sventare – almeno fino ad oggi – cosa che non fa che rendere Pompeo ancora più furioso. Inoltre il fatto che l’esercito statunitense non sembra avere il coraggio di avviare un’invasione terrestre non significa per niente che non possa avviare un’operazione di bombardamenti e di missili, come in Kosovo e in Libia, contro il Venezuela.
La guerra segreta contro il Venezuela si trasformerà presto in conflitto aperto?
Quelli che ora pretendono che tre battaglioni di difesa aerea russi S-300 – equipaggiati con la versione di esportazione del S-300VM, l’« Antey-2500 » – o addirittura migliaia di MANPADS di fabbricazione russa possano fermare gli Stati Uniti non capiscono nulla della guerra in generale e delle operazioni di difesa aerea in particolare. Si limitano solo a prendere qualche cifra relativa, nel caso di specie, alle capacità teoriche degli S-300 venezuelani, per poi calcolare il numero di aerei/missili che questi sistemi potrebbero in teoria abbattere. Ma non è così che funzionano le difese anti-aeree.
Nota a margine :
Non mi dilungherò in spiegazioni dettagliate in proposito, il mio amico Andrei Martyanov potrebbe farlo molto meglio di me. Dirò solo che per essere davvero efficace qualsiasi sistema di difesa aerea deve essere 1) multilivello e 2) integrata. Inoltre le pseudo-analisi sopra menzionate trascurano sempre l’importanza di tutti gli altri fattori, prendendo solo in considerazione il numero e le caratteristiche dei missili stessi. Ma in realtà, la guerra elettronica, l’integrazione della rete, il trattamento del segnale, i sistemi di gestione del combattimento, ecc. giocano un ruolo assolutamente cruciale nella difesa aerea. Perfino misure miranti a trarre in inganno (come i «carri armati» gonfiabili o gli «aerei» di legno) possono incidere considerevolmente sui risultati (come è accaduto in Kosovo e in Iraq). Lo stesso vale per le operazioni aeree offensive, ovviamente. Quindi nessuna valutazione di un eventuale attacco aereo statunitense contro il Venezuela si può fare senza una analisi delle capacità, dell’addestramento, delle procedure, ecc. degli Stati Uniti. La verità è che ciò che gli esperti militari chiamano «conta dei fagiolini» [comparazione quantitativa dei materiali], è qualcosa che fanno solo i falsi esperti. Da un punto di vista militare, è assolutamente futile e inutile.
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La triste verità è che, in assenza di un sistema di difesa aerea integrato a diversi livelli come quello della Russia, le operazioni di difesa aerea si trasformano generalmente in un semplice gioco di numeri: numero X di missili difensivi contro numero Y di missili attaccanti. Tenete presente che una EW [guerra elettronica] efficace – SEAD in particolare – ridurrà sensibilmente l’efficacia delle difese anti-aeree. Lo stesso vale, qualsiasi sia il numero degli Su-30, o perfino degli Su-35, che la Russia potrà fornire al Venezuela.
Ora guardate una carta geografica e vedete voi stessi: il Venezuela si trova letteralmente nel cortile degli Stati Uniti – almeno da un punto di vista militare – e gli Stati Uniti possono portarvi enormi quantità di tutto ciò che vogliono: missili, bombe, aerei SEAD, ecc.) per la guerra. E non solo, ma i Venezuelani non dispongono di vere opzioni di contrattacco, e questo significa che lo zio Shmuel [zio Sam] può lanciare tutti i missili che vuole per settimane e mesi senza mai dover temere un contrattacco.
Sono solo i fattori politici a proteggere il Venezuela contro un attacco manifesto degli Stati Uniti, e non i fattori militari. Questi ultimi non sono ovviamente irrilevanti e io ne ho parlato qui. Sul piano militare, il Venezuela è un bersaglio facile che potrebbe forse essere capace di dissuadere un’operazione di terra, ma non può fare niente contro le capacità d’attacco degli Stati Uniti, almeno se condotto con determinazione. Contro un finto attacco, come quelli fatti da Israeliani e Stati Uniti in Siria, i Venezuelani potrebbero probabilmente ridurre significativamente il numero di bombe e di missili statunitensi che colpiscono il bersaglio. Ma è tutto quanto possono ragionevolmente sperare.
Che dire della Siria?
Certamente gli Anglo-sionisti hanno perso la prima fase di questa guerra, ma non sono disposti a farsene una ragione. Quindi, adesso hanno ridefinito il loro vecchio obiettivo di «nuovo Medio Oriente dal quale l’animale Assad deve essere cacciato» in un nuovo «Non permetteremo mai che la pace torni in Siria». Non una vera strategia, ma è sufficiente per gli Israeliani, ed è tutto quanto conta davvero per Trump o i suoi burattinai. Non voglio qui parlare dettagliatamente della Siria, ma il semplice fatto che Pompeo profferisca minacce contro la Turchia la dice lunga. La reazione turca era abbastanza prevedibile: il vice presidente turco, Fuat Oktay, ha dichiarato: «Gli Stati Uniti devono scegliere. Vogliono restare nostri alleati o rischiare di perdere la nostra amicizia unendo le loro forze a quelle dei terroristi per indebolire la difesa del loro alleato della NATO contro i loro nemici?».
Vedete quanto si vogliono bene ?!
Sì, sono solo parole, e la Turchia resta sotto l’occupazione della NATO e del CENTCOM – che gli Iraniani hanno molto logicamente dichiarato organizzazione terrorista! - Tuttavia, tra S-400 e F-35, il problema curdo, l’appoggio continuo della CIA a Fethullah Gülen [avversario di Erdogan esiliato in USA, ritenuto ispiratore del recente tentativo di colpo di Stato, NdT] o il fatto che la UE – sotto controllo statunitense – non abbia mai accettato l’adesione della Turchia, tutto ciò crea un contesto potenzialmente esplosivo, che anche una piccola scintilla potrebbe incendiare.
E’ altrettanto chiaro che gli Stati Uniti e Israele continueranno a lanciare attacchi aerei, a commettere omicidi, ad appoggiare i gruppi terroristi takfir, ecc. in Siria nel prossimo futuro. Il fumoso famoso ritiro di Trump dalla Siria si risolverà come tutte le altre sue promesse, buttato giù nel dimenticatoio. Quanto agli Israeliani, è per loro assolutamente vitale – per ragioni psicologiche e ideologiche – continuare a sovvertire non solo la Siria, ma tutto il Medio Oriente. Inoltre non dobbiamo mai dimenticare l’obiettivo ultimo di Israele: utilizzare gli Stati Uniti per distruggere qualunque paese osi resistere all’aggressione israeliana. E in cima a questa lista c’è ovviamente l’Iran.
Detto altrimenti, e più semplicemente: non vi sarà pace in Medio Oriente finché la Palestina resterà occupata da una banda di delinquenti razzisti, per i quali il disprezzo verso il diritto internazionale, o perfino verso le norme fondamentali del comportamento civile, è totale, almeno quanto la loro propensione all’uso della menzogna e della violenza per soggiogare la regione e, alla fine, l’intero pianeta. Ovviamente la Russia e la Cina faranno quanto possono, e anche l’Iran, ma non sarà probabilmente sufficiente ad ottenere una pace durevole – le recenti dichiarazioni israeliane di un’annessione ancora più ampia della Palestina sono indicatori di ulteriori rischi.
La verità è che, se l’Impero non è in grado di piegare la volontà del popolo siriano, dispone però di sufficiente forza per impedire che si consolidi la pace in Siria.
O dell’Iran?
Chissà? Si possono prevedere le azioni di un attore razionale. «Razionale» implica un grado minimo di intelligenza e buon senso. Il problema è che non possiamo essere certi dell’intelligenza delle persone attualmente in servizio al Pentagono, mentre possiamo essere assolutamente certi che gli Israeliani siano assolutamente folli e deliranti – come lo sono sempre i razzisti. Fino ad oggi gli Israeliani non sono riusciti a convincere gli Stati Uniti ad attaccare l’Iran. C’era chiaramente gente intelligente e sana al Pentagono – nella tradizione dell’ammiraglio Fallon – ma, a questo punto, siamo certi che non siano stati tutti epurati – o corrotti – dal regime neocon?
Nota a margine:
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Quando parlo della stupidità dei dirigenti statunitensi, non lo dico per insultarli. Uso l’espressione in termini diagnostici: sono persone semplicemente poco intelligenti. Leggete l’eccellente articolo di Dmitry Orlov dal titolo «La nave USA dei folli fa acqua?» per un’ottima discussione sul ruolo sempre più importante che gioca la stupidità nelle azioni dell’Impero. E non è solo Orlov a pensarla così. Oramai la maggior parte dei Russi è convinta che la stupidità e la flagrante incompetenza abbiano un ruolo decisivo nelle decisioni prese dagli Stati Uniti. Se non fosse per i rischi concretissimi che questa situazioni porti ad una guerra, i Russi si divertirebbero molto per l’incompetenza dei leader della «nazione indispensabile»…
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Vedendo che, almeno finora, gli Stati Uniti non hanno voluto prendersi il rischio di un’aggressione militare contro il Venezuela, non posso immaginare che qualcuno al Pentagono o al CENTCOM abbia lo stomaco di lanciare una guerra contro l’Iran. Ma, ancora una volta, questo suppone che ci sia intelligenza e sanità mentale, cosa che non è scontata quando si parla del signor MAGA e degli Israeliani.
La Corea del Nord? L’Ucraina? La Libia? Il paese X?
Nell’analisi strategica, non bisogna mai dire mai, ma io ritengo che le probabilità di un attacco militare statunitense su vasta scala contro la Corea del Nord, o l’Ucraina, o la Libia o il paese X – sostituite voi la X con un nome a vostra scelta – sono scarse. Francamente è un treno che ha già lasciato la stazione. Certo, parlare di «paese X» è abbastanza vago da restare una possibilità, almeno sul piano teorico – può darsi che venga fuori un’altra piccola «Grenada». Per riprendere le parole immortali di Michael Leedens «Sbattetelo contro il muro, solo per mostrare la mondo che parliamo di cose serie» – dopo tutto è quello che quel grande eroe statunitense – Reagan – ha fatto [l’invasione di Grenada] dopo che gli USA erano dovuti scappare dal Libano [nel 1983]. Ma, a meno che l’amministrazione Trump non tocchi nuovi livelli di incompetenza, di arroganza e di follia, non riesco a capire dove lo zio Shmuel potrebbe decidere di «restaurare la democrazia».
Qualche scommessa su dove questa gente “indispensabile” ripristinerà la democrazia?
Conclusione: il Venezuela è ancora nel mirino o già sotto attacco?
Quando si ha a che fare con un’amministrazione disfunzionale in fase terminale come quella di Trump – basta fare il conto delle persone che sono state cacciate o che si sono dimesse! Ecco l’ultimo caso – dobbiamo supporre che sia capace delle azioni peggiori, più illogiche e perfino di azioni catastrofiche auto-distruttive. Un attacco manifesto contro il Venezuela rientrerebbe certamente in una simile categoria. Mettiamo dunque da parte tutte le dichiarazioni dei vari responsabili statunitensi – che si tratti di minacce o di blandizie – e guardiamo che cosa gli Stati Uniti stanno già facendo. Ebbene vediamo con chiarezza che gli Stati Uniti sono già impegnati in una guerra contro il Venezuela, anche se si tratta di una guerra principalmente segreta. Inoltre questa guerra segreta ha fatto cilecca, almeno fino ad oggi. Però, ed è ancora più inquietante, gli Stati Uniti hanno pagato un prezzo molto basso, addirittura nessun prezzo politico, per la loro aggressione totalmente illegale contro il Venezuela. Quindi la vera questione non è tanto capire se gli Stati Uniti decideranno di lanciare un’aggressione militare manifesta su larga scala contro il Venezuela, ma piuttosto se ci sono dei fattori che impediranno loro di farlo.
Mi viene in mente almeno uno di questi fattori: lo shock che inevitabilmente provocherebbe qualsiasi intervento militare «yankee» nell’opinione pubblica latino-americana, e le conseguenze ulteriori e potenzialmente gravi per le marionette statunitensi – alla Bolsonaro per esempio – e per vari regimi comprador – in Colombia per esempio – del continente sud americano. A parte questo, la mia maggiore speranza è che i fallimenti in Iraq, in Afghanistan e altrove serviranno a dissuadere i responsabili statunitensi dall’imbarcarsi in altri disastri militari.
Il tempo scorre e la gang neocon della Casa Bianca deve prendere una decisione in un senso o nell’altro – dare la colpa a qualcun altro: il popolo venezuelano; i Russi; i Cinesi; Hezbollah; l’Iran, i marziani ecc., e arrendersi o tentare un intervento militare sperando che le cose vadano meglio del solito.
Che ne pensate voi? L’amministrazione Trump ci porterà la guerra e, se sì, in quale parte del mondo?
PS. Rapido aggiornamento sull’Ucraina: né Poroshenko, né Zelenski hanno qualcosa che assomigli ad un programma politico reale (anche se Zelenski ha pubblicato un piano in 10 punti – che sciocchezza! – non vale la pena parlarne adesso). Poiché entrambi sono marionette degli Stati Uniti, la cosa non è un problema: le cose in Ucraina non cambieranno con le elezioni. La campagna elettorale di Poroshenko è debole, cerca di guadagnarsi la simpatia della popolazione di lingua russa – giunge perfino talvolta a parlare in russo, cosa che per lui è tecnicamente illegale! Ma è troppo tardi: lui e il regime che rappresenta sono detestati da tutti. Zelenski, per contro, fa una campagna elettorale assai dinamica ed efficace – soprattutto con video – e dice cose che Poroshenko non potrebbe mai dire. La maggior parte degli osservatori, compreso me, pensano che al secondo turno vincerà Zelenski. Il tempo stringe per Poroshenko, dovrebbe inventarsi qualcosa di drammatico, o dovrà andarsene. Quanto a Julija Vladimirovna [Tymosenko], sta chiaramente parlando con gente di Zelenski in vista di una coalizione parlamentare, alla Rada. Penso che questi negoziati resteranno segreti fino al secondo turno, quando nascerà una «coalizione di forze favorevoli ai seguaci di Zelenski» alla Rada.