Hugo Chavez, la morte di un grande
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Recherches Internationales, marzo 2013 (trad. Ossin)
Hugo Chavez, la morte di un grande
Xavier Calmettes (*)
Il Venezuela seppellisce oggi uno dei leader più importanti di questo avvio del XXI° secolo. L’uomo ha monopolizzato il dibattito politico venezuelano e latino-americano per più di 20 anni. Detestato dalla élite, adorato dalla classi povere, Hugo Chavez non lasciava nessuno indifferente. Il suo percorso personale ha contribuito a costruirne il mito.
Una vita movimentata
Nato da una famiglia dello Stato di Barinas, si arruola nelle forze armate, fa una carriera non facile fino a diventare tenente-colonnello. Ammiratore di Simon Bolivar, il liberatore della Grande Colombia dal giogo spagnolo, crea nel 1983 nelle forze armate il Movimento Bolivariano 200. Questo movimento di ispirazione nazionalista sarebbe stato certamente destinato all’anonimato, se non fosse nato mentre si approfondiva una grave crisi economica, sociale e politica. Incapaci di risolvere i problemi economici della società venezuelana, le élite della IV repubblica tentano di attuare riforme di carattere neo-liberale che falliscono l’obiettivo di rilanciare l’economia. Crescono le diseguaglianze, il Venezuela si impoverisce, il PIL si riduce, e il FMI chiede misure per ridurre il deficit pubblico. Il popolo resta elettoralmente fedele ai due partiti storici della IV repubblica (Accion Democratica e COPEI), fino a quando Carlos Andres Pereza (candidato di Accion Democratica) viene eletto presidente. Questi promette durante la campagna elettorale di varare una politica economica simile a quella che aveva realizzato nella precedente presidenza negli anni 1970. Ma, una volta eletto, aumenta le tasse, il prezzo della benzina e taglia le spese sociali. Quando queste riforme entrano in vigore, scoppiano violente manifestazioni e sommosse in tutto il paese: è il caracazo.
Viene fatto intervenire l’esercito, che spara sui manifestanti. Il bilancio è di 300 morti secondo la polizia, 3000 secondo le associazioni. Hugo Chavez rifiuta di sparare e prepara un colpo di stato contro questo governo che giudica oramai illegittimo.
Il 4 febbraio 1992, Hugo Chavez si trova alla testa delle truppe ribelli che tentano di prendere d’assalto il Palazzo presidenziale, ma l’insurrezione fallisce. Chavez si assume la responsabilità del rovescio e dichiara che “gli obiettivi che si erano fissati non erano stati raggiunti, per il momento”. Viene imprigionato ma, dopo il caracazo, il popolo venezuelano non crede più nella politica delle sue élite. Il “Per il momento”, pronunciato dal tenente-colonnello diventa una parola d’ordine per tutti gli oppositori della IV repubblica. Quando Hugo Chavez viene liberato dopo avere espiato la condanna inflittagli per il mancato sollevamento, Carlos Andres Perez viene destituito per corruzione. La non partecipazione di Hugo Chavez non impedisce la disfatta alle elezioni presidenziali del 993 di Accion Democratica e del COPEI. Il nuovo presidente, Rafael Caldera, sotto la pressione dell’opinione pubblica, libera Hugo Chavez. Quest’ultimo incarna allora le speranze di tutta una nuova generazione di venezuelani che aspirano al cambiamento.
Le elezioni del dicembre 1998 sono un trionfo per il nativo di Barnes, col 56 % dei suffragi espressi al primo turno, Hugo Chavez diventa capo dello Stato. L’attività legislativa e costituzionale è intensa: nello spazio di due anni un referendum, una nuova costituzione e una nuova elezione presidenziale. L’esercito è mobilitato per dare aiuto alle urgenze sociali, viene votata una riforma agraria per distribuire le terre incolte ai piccoli contadini, gli utili della compagnia petrolifera nazionale ridistribuiti per lo sviluppo del paese. La gestione del Presidente Chavez viene plebiscitata e quest’ultimo diventa il dirigente democratico meglio eletto di questo inizio del XXI° secolo con il 59,6% dei suffragi espressi.
Tripudio popolare a Caracas per la vittoria di Chavez
Tuttavia questa gestione non piace a tutti. I padroni venezuelani si mettono in sciopero nel dicembre 2001, poi tentano un colpo di stato l’11 aprile 2002. Le emittenti televisive private trasmettono immagini truccate che mostrano dei supposti chavisti sparare su una manifestazione pacifica dell’opposizione, mentre l’emittente pubblica, la venezoelana, controllata dai partigiani di Chavez viene oscurata dall’opposizione.
Pedro Carmona, capo della fedecameras (l’associazione che raggruppa le principali imprese venezuelane), si autoproclama Presidente della Repubblica, abroga la Costituzione e destituisce Hugo Chavez. In tutto il paese vi sono massicce manifestazioni per reclamare il ritorno del Presidente costituzionale. Sotto la pressione dei manifestanti e di una parte dell’esercito, Pedro Carmona deve ritirarsi dopo 48 ore di governo.
Il Presidente legale torna acclamato da una folla immensa che scandisce il suo nome. Nonostante ciò, il movimento popolare che permette a Hugo Chavez di tornare al potere è assai poco menzionato nella stampa internazionale. Infatti, l’uomo che viene descritto da questi media assomiglia a un dittatore paranoico che il quotidiano Libération del 7 dicembre 2007 non esiterà a paragonare a Muammar Gheddafi, Bachar Al-Assad o Idriss Deby. Se Hugo Chavez viene spesso preso in giro per i suoi discorsi tranchant, come quello all’ONU del 20 settembre 2006, quando ha definito George Bush “diavolo”, i suoi discorsi vengono anche esagerati e deformati dalla stampa. Così l’accusa di antisemitismo, ricavata da una frase troncata e modificata di un discorso pronunciato il 24 dicembre 2005 nello stato di Miranda.
Un bilancio impressionante
Hugo Chavez, sapendo di non poter contare sull’appoggio delle classi economiche dominanti emerse nella IV repubblica, che hanno tentato di rovesciarlo, attua delle riforme strutturali di lotta contro la povertà. Nello spazio di tre anni, e malgrado uno sciopero degli addetti alle industrie petrolifere guidato dagli ex golpisti in seno alla PDVSA (compagnia petrolifera nazionale), Hugo Chavez realizza importanti riforme sociali. Le missioni Robinson, Ribas, Sucre, Barrio Adentro, Vuelvan Caras, Madres del Barrio, portano scuola, sanità, formazione professionale e aiuti alimentari in luoghi fino ad allora abbandonati dai poteri pubblici. Tre anni dopo lo sciopero petrolifero, il tasso di mortalità infantile dei bambini sotto i 5 anni si riduce dal 22,40% al 17,03% (INE, 2011), il tasso di povertà dal 62,1% al 36,3% (INE, 2011) e l’analfabetismo virene eliminato. Al livello internazionale, vengono firmati degli accordi di cooperazione con altri paesi latino-americani sulla base dei principi dello scambio equo di risorse. L’Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America, l’ALBA, creata nel 2004 per iniziativa di Cuba e del Venezuela, si allarga alla Bolivia, al Nicaragua, all’Equador e a qualche isola delle Antille. Conseguenza di questi successi, il Presidente viene eletto al primo turno nell’elezione del 3 dicembre 2006 con quasi il 60% dei suffragi espressi, un record assoluto dopo 7 anni di governo. Niente sembra allora poter fermare la macchina elettorale chavista.
E tuttavia, il 2 dicembre 2007, il Presidente venezuelano conosce la sua prima sconfitta elettorale. Il referendum che doveva modificare la costituzione per edificare un regime socialista e sopprimere ogni limite al numero di mandati presidenziali per lo stesso candidato viene respinto col 50,7% dei suffragi espressi. Nel novembre 2008, le elezioni regionali sono una relativa sconfitta per le forze chaviste, raggruppate dal 9 marzo 2008 in seno al PSUV (Partito socialista unificato del Venezuela). Se i chavisti conservano la maggioranza delle regioni, le opposizioni ne guadagnano 4. Il prezzo dei prodotti petroliferi, dal quali il Venezuela resta fortemente dipendente, diminuisce a causa della crisi economica mondiale. La corruzione o le disfunzioni di talune missioni portano con sé una riduzione della popolarità del governo.
Hugo Chavez rilancia allora i programmi sociali, le missioni bolivariste e aumenta il salario minimo venezuelano. L’elezione del 2012 mostra che, nonostante la malattia, Hugo Chavez resta popolarissimo. La morte del Presidente venezuelano lascia un paese segnato da un decennio di trasformazioni sociali e politiche che il suo successore dovrà continuare senza la legittimità storica e carismatica dell’ex leader bolivariano. Nessun dubbio che l’appello delle forze armate e di Nicolas Maduro all’unità segnala anche la volontà del PSUV di evitare che un partito eteroclita, tenuto insieme dal carisma di Chavez, si divida in diverse tendenze.
Nell’ora in cui il Venezuela seppellisce l’uomo che ha segnato la politica latino americana per quasi 14 anni, è verosimile che la personalità tutelare di Hugo Chavez segnerà ancora durevolmente la politica di questo paese nei prossimi decenni.
(*) Collaboratore della rivista Recherches Internationales
Il presidente Hugo Chavez non ha avuto buona stampa neppure in Italia. Leggi:
Il film del Corsera