Venezuela: l'Eurasia si schiera contro l'egemonia statunitense
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Strategic Culture, 1 febbraio 2019 (trad.ossin)
Venezuela: l'Eurasia si schiera contro l'egemonia statunitense
Pepe Escobar
Russia, Cina, Iran, Turchia si stanno tutti muovendo per superare il petro-dollaro. Il Venezuela vuole unirsi a loro. Il dominio degli Stati Uniti sulla finanza mondiale è a rischio
La Guerra fredda 2.0 ha colpito il Sudamerica con un botto, collocando gli Stati Uniti e i loro lacchè contro i quattro pilastri fondamentali dell'integrazione in corso nell'Eurasia: Russia, Cina, Iran e Turchia.
Integrazione eurasiatica
È il petrolio, stupido. Ma c'è molto di più di quanto riesca a vedersi ad occhio.
Caracas ha commesso il peccato capitale ultimo agli occhi di Exceptionalistan; ha commerciato il petrolio bypassando il dollaro USA e gli scambi controllati dagli Stati Uniti.
Ricorda l'Iraq. Ricorda la Libia. Eppure anche l'Iran lo sta facendo. La Turchia lo sta facendo. La Russia è - in parte - sulla strada. E la Cina finirà per pagare tutte le risorse energetiche in petroyuan.
Quanto al Venezuela che ha adottato la petro cripto-valuta e il bolivar sovrano, già l'anno scorso l'amministrazione Trump aveva imposto sanzioni per espellere Caracas dal sistema finanziario internazionale.
Non c'è da stupirsi che Caracas sia sostenuta da Cina, Russia e Iran. Sono la vera troika hardcore - non la "troika della tirannia" psicotica di John Bolton - che combatte contro la strategia di dominio energetico dell'amministrazione Trump, consistente essenzialmente nel bloccare il commercio di petrolio nei petrodollari, per sempre.
Petro-dollari per sempre!
Il Venezuela è un ingranaggio chiave nella macchina. Lo psico assassino Bolton lo ha ammesso ed è registrato: "Farà una grande differenza per gli Stati Uniti sul piano economico se le compagnie petrolifere statunitensi potranno investire e produrre le potenzialità petrolifere del Venezuela." Non si tratta solo di lasciare che ExxonMobil prenda il controllo delle enormi riserve di petrolio del Venezuela, le più grandi del pianeta. La chiave è monopolizzare il loro sfruttamento in dollari USA, a beneficio di alcuni miliardari del Big Oil.
Ancora una volta, siamo alla maledizione del possesso di risorse naturali. Il Venezuela non deve poter trarre profitto dalla sua ricchezza alle sue condizioni; quindi, Exceptionalistan ha stabilito che lo Stato venezuelano deve essere distrutto.
Alla fine, tutto questo riguarda la guerra economica. Un segnale al Dipartimento del Tesoro statunitense che impone nuove sanzioni alla PDVSA che equivalgono a un embargo di fatto del petrolio contro il Venezuela.
Riedizione di guerra economica
Ormai è certo che a Caracas non c’è stata una rivoluzione colorata, ma un vero colpo di Stato promosso dagli Stati Uniti servendosi di élite compradore locali, installando come "presidente ad interim" un perfetto sconosciuto, Juan Guaido, con la sua obamiana immagine da chierichetto che nasconde però credenziali di estrema destra.
Tutti ricordano il ritornello: "Assad se ne deve andare". Il primo stadio della rivoluzione colorata siriana fu l'istigazione alla guerra civile, seguita da una guerra per procura attraverso mercenari jihadisti multinazionali. Come ha notato Thierry Meyssan, il ruolo della Lega Araba viene ora svolto dall'OAS. E il ruolo degli “amici della Siria” - oramai gettato nella spazzatura della storia - è stato preso dal gruppo di Lima, il club dei vassalli di Washington. Al posto di "ribelli moderati" di al-Nusra, potremmo avere mercenari colombiani - o varie specie addestrate dagli Emirati di "ribelli moderati".
Contrariamente alle false notizie dei media mainstream occidentali, le ultime elezioni in Venezuela erano assolutamente legittime. Non c'era modo di manomettere le macchine per il voto elettronico made in Taiwan. Il partito socialista al potere ha ottenuto il 70% dei voti; l'opposizione, parte della quale le ha boicottate, ha ottenuto il 30%. Una delegazione seria del Consiglio degli esperti elettorali dell'America latina (CEELA) ha detto per certo che l'elezione rifletteva "pacificamente e senza problemi, la volontà dei cittadini venezuelani".
Potrebbe aver contribuito l’embargo USA. Ma anche il governo di Maduro potrebbe essere stato estremamente incompetente nel non diversificare l'economia e investire nell'autosufficienza alimentare. I grandi importatori alimentari, speculando come se non ci fosse un domani, stanno facendo una strage. Tuttavia fonti attendibili a Caracas dicono che i barrios - i quartieri popolari - rimangono in gran parte pacifici.
In un paese dove un serbatoio pieno di gas costa ancora meno di una lattina di Coca-Cola, non c'è dubbio che la penuria cronica di cibo e di medicinali nelle cliniche locali abbia costretto almeno due milioni di persone a lasciare il Venezuela. Ma il fattore decisivo della crisi è stato l'embargo statunitense.
Il relatore ONU per il Venezuela, esperto di diritto internazionale ed ex segretario del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Alfred de Zayas, va dritto al punto: molto più che impegnarsi nella proverbiale demonizzazione di Maduro, Washington sta conducendo una "guerra economica" contro un'intera nazione.
È illuminante vedere come il "popolo venezuelano" veda la sciarada. In un sondaggio condotto da Hinterlaces prima del golpe/regime change dell'amministrazione Trump, l'86% dei venezuelani ha dichiarato di essere contrario a qualsiasi tipo di intervento USA, militare o meno,
E l'81% dei venezuelani ha dichiarato di essere contrario alle sanzioni statunitensi. Ecco sistemata l’interferenza straniera "benevola" a favore di "democrazia" e "diritti umani".
Il fattore Russia-Cina
Le analisi di osservatori informati come Eva Golinger e, soprattutto, il collettivo Mision Verdad sono estremamente utili. Quel che è certo è che, secondo il solito copione dell’Impero del caos, il programma USA, al di là dell'embargo e del sabotaggio, mira a fomentare la guerra civile.
Ambigui "gruppi armati" sono stati attivi nei barrios di Caracas, agendo nel cuore della notte e dando sostanza ai "disordini sociali" di cui si parla nei social media. Eppure, Guaido non ha assolutamente alcun potere all'interno del paese. La sua unica possibilità di successo è se riesce a installare un governo parallelo - incassando le entrate petrolifere e facendo in modo che Washington arresti i membri del governo con accuse inventate.
Indipendentemente dai sogni di neocon, gli adulti del Pentagono dovrebbero sapere che un'invasione del Venezuela può effettivamente metastatizzare in un pantano tropicale come il Vietnam. L'uomo forte brasiliano in attesa, il vicepresidente e generale in pensione Hamilton Mourao, ha già detto che non ci sarà alcun intervento militare.
Lo psicopatico assassino Bolton è ricorso al trucco dei "5.000 soldati in Colombia"; ma non avrebbero alcuna possibilità contro i 15.000 cubani che sono responsabili della sicurezza del governo di Maduro; I cubani hanno dimostrato storicamente che il loro compito non è quello di consegnare il potere.
Tutto torna a ciò che Cina e Russia potrebbero fare. La Cina è il maggiore creditore del Venezuela. Maduro è stato ricevuto lo scorso anno da Xi Jinping a Pechino, ottenendo ulteriori $ 5 miliardi di prestiti e firmando almeno 20 accordi bilaterali.
Il presidente Putin ha offerto il suo pieno sostegno a Maduro per telefono, sottolineando diplomaticamente che "le interferenze distruttive dall'estero violano palesemente le norme basilari del diritto internazionale".
A gennaio 2016, il petrolio si attestava a $ 35 al barile; un disastro per le casse del Venezuela. Maduro decise allora di trasferire il 49,9% di proprietà dello Stato della sussidiaria statunitense di PDVSA, Citgo, alla russa Rosneft, a garanzia di un prestito di soli $ 1,5 miliardi. Questo fatto deve aver provocato un’ira furibonda negli USA; quei russi "cattivi" erano ora in parte proprietari del principale bene del Venezuela.
Alla fine dello scorso anno, avendo bisogno di altri prestiti, Maduro ha concesso l'estrazione dell'oro in Venezuela alle compagnie minerarie russe. E c'è ben altro oltre l’oro: nichel, diamanti, minerale di ferro, alluminio, bauxite, tutti ambiti da Russia, Cina e Stati Uniti. Per quanto riguarda $ 1,3 miliardi di oro del Venezuela, dimenticatevi che siano rimpatriati dalla Bank of England.
E poi, lo scorso dicembre, è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso del Deep State; il volo amichevole di due bombardieri Tu-160 russi con capacità nucleari. Come osano? Nel nostro cortile?
Il piano energetico di Trump potrebbe in effetti prevedere l’inserimento del Venezuela in un cartello "Nordamericano-Sudamericano esportatore di petrolio" (NASAPEC), in grado di rivaleggiare con la storia d'amore OPEC + tra la Russia e la Casa di Saud.
Ma anche se ciò si realizzasse, e aggiungendo una possibile alleanza congiunta LNG tra Stati Uniti e Qatar, non vi è alcuna garanzia che sarebbe sufficiente per assicurare il predominio del petrodollaro - e petrogas - nel lungo periodo.
L'integrazione energetica dell'Eurasia tende a superare il petrodollaro; questo è il cuore della strategia di BRICS e SCO. Da Nord Stream 2 a Turk Stream, la Russia sta mettendo in piedi una partnership energetica a lungo termine con l'Europa. E il dominio petroyuan è solo una questione di tempo. Mosca lo sa. Teheran lo sa. Ankara lo sa. Riyadh lo sa.
Quindi, per quanto riguarda il piano B, neoconservatori? Pronti per il vostro Vietnam tropicale?