La rivoluzione araba si porterà con sé il regime di Ali Abdallah Saleh?
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Belaali.over-blog.com, 28 marzo 2011
Yemen: la rivoluzione araba trascinerà via con sé il regime di Ali Abdallah Saleh?
di Mohamed Belaali
Il vento di rivolta che soffia fortissimo sul mondo arabo rischia di trascinare con sé il regime di Ali Abdallah Saleh. Ogni giorno a Sanaa, a Aden, ad Al Mukalla e in tutte le città dello Yemen, i manifestanti gridano: “Il popolo vuole rovesciare il regime”. Ali Abdallah Saleh, alleato degli Stati Uniti in quella che viene chiamata “la lotta contro il terrorismo”, concetto ereditato dall’amministrazione Bush, sta per essere gettato nella spazzatura della storia, come lo sono già stati prima di lui Ben Ali e Mubarak?
La posizione geostrategica dello Yemen inquieta Washington. La sua vicinanza a regimi come il Sultanato di Oman e soprattutto l’Arabia Saudita, in piena fase di successione e dove nell’est del paese si registrano alcune timide contestazioni, preoccupa seriamente gli Stati Uniti. Ma lo Yemen è anche lo stretto di Bab al-Mandab che controlla l’ingresso nel mar Rosso e soprattutto lo stretto di Aden che separa il continente africano da quello asiatico e che per questo costituisce un’importantissima via marittima per i commerci mondiali: “Circa 22.000 navi mercantili lo attraversano ogni anno, trasportando quasi l’8% del commercio mondiale, in particolare il 12% del petrolio e dei prodotti finiti dell’Estremo Oriente verso l’Europa”. Vale a dire che lo Yemen rappresenta un interesse strategico evidente per gli Stati Uniti. E questo spiega il silenzio imbarazzato di Washington sulla rivolta popolare in corso in questo paese.
Dopo il massacro del 18 marzo 2011 che ha provocato, secondo AFP, cinquantadue martiri caduti sotto il fuoco dei partigiani di Abdallah Saleh e 126 feriti, Barack Obama ha dichiarato: “Io condanno fermamente le violenze che oggi vi sono state in Yemen” ed ha esortato “il presidente Saleh a mantenere la promessa di autorizzare le manifestazioni a svolgersi pacificamente”! Ma non si parla di intervento militare “per assicurare la protezione dei civili” e rovesciare il regime come in Libia. In Yemen, come in Bahrein, le popolazioni che manifestano pacificamente contro dei regimi dispotici e corrotti possono farsi massacrare dalle autorità locali o dagli eserciti stranieri sotto lo sguardo benevolente delle borghesie occidentali.
Abdallah Saleh è al potere ininterrottamente dal 1978: prima presidente dello Yemen del nord, poi dello Yemen riunificato nel 1990 ed infine presidente della Repubblica dello Yemen dal 1994. Da questa data, Abdallah Saleh dirige il paese col pugno di ferro appoggiandosi sui membri della sua famiglia, sul partito – il Congresso Generale del Popolo (CGP)- e naturalmente sulle forze armate. Tuttavia, dopo la riunificazione del 1990, in Yemen vi era stata “una vera e propria esplosione democratica (…) Erano comparsi una quarantina di partiti che coprono tutto lo spettro immaginabile della vita politica. Erano apparsi quasi 130 quotidiani e settimanali, alcuni si segnalavano per il tono estremamente critico nei confronti del governo”. Ma è stato un brevissimo periodo e, dal 1991, il clima è nettamente degradato. Le tensioni tra nord e sud si sono esasperate e nel 1994 è scoppiata una guerra civile vinta dal nord diretto da Abdallah Saleh.
Oggi le fondamenta del regime si sgretolano uno dopo l’altro. Le riserve e i proventi del petrolio diminuiscono. Abdallah Saleh non ha più i mezzi per comprare i suoi oppositori come per il passato. La corruzione e il nepotismo sono parte integrante della politica del regime. La priorità di Abdallah Saleh non è mai stata lo sviluppo del paese. La sua prima preoccupazione è quella di restare, a qualsiasi costo, al potere. Lo Yemen resta uno dei paesi più poveri, non solo del mondo arabo, ma del mondo intero.
Le defezioni nell’esercito si contano a decine. Il generale Ali Mohsen al-Ahmar, mezzo fratello del presidente, e il generale Nasser Ali Chouabi si sono uniti la movimento popolare.
Gli sceicchi delle tribù, come l’assai influente Sadek Al Ahmar, ed alcuni dignitari religiosi hanno anch’essi abbandonato Ali Abdallah Saleh.
E tuttavia venerdì 25 marzo 2011 il regime è riuscito a mobilitare decine di migliaia di sostenitori. Il presidente può ancora contare su diverse tribù, come quella di Dhamar o di Al Baida. L’apparato di sicurezza, pazientemente costruito, continua a sostenerlo. Ma per quanto tempo?
Ali Abdallah Saleh, come tutti i dittatori, si aggrappa con tutte le sue forze al potere. E’ la sua ragion d’essere! Qui il potere non è un mezzo, ma un fine in sé: il potere per il potere. Ma questo potere mostra, di giorno in giorno, delle crepe più o meno larghe. Lo Yemen, come gli altri paesi arabi, è toccato da questa immensa e profonda aspirazione a cambiare regimi che hanno fatto il loro tempo. Non sono più storicamente attuali. Sono regimi che costituiscono un vero e proprio ostacolo allo sviluppo economico, sociale e politico. Devono sparire. Le strade della Storia non tornano mai indietro. Il vero posto di Ali Abdallah Saleh, come quello di tutti i despoti arabi, non è al vertice dello Stato, ma al fianco di Ben Ali e Mubarak, vale a dire nella spazzatura della storia.