Pagliacciata elettorale
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Pagliacciata elettorale....
Le elezioni di venerdì 25 novembre in Marocco hanno decretato la vittoria del PJD, il partito islamista moderato. Martedì scorso, il re Mohammed VI ha conferito l’incarico di primo ministro ad Abdelilah Benkirane, capo del Partito della giustizia e dello sviluppo (PJD). Secondo il Ministero dell’Interno marocchino, il tasso di partecipazione al voto è stato del 45%, inferiore dunque rispetto al 72% di partecipazione al voto referendario sulla nuova Costituzione, ma superiore al 37% delle ultime elezioni legislative. Il dato è importante per più di un motivo, uno dei quali è la valutazione del peso dell’opposizione. Perché quest’ultima, essenzialmente composta dalla sinistra marxista, settori islamisti e il Movimento del 20 febbraio, avevano dato indicazioni di boicottare il voto. Oggi questo dato ufficiale viene messo in dubbio dall’associazione islamista Al Adl Wal, che sul suo sito afferma che il tasso di partecipazione effettivo si situa intorno al 24,29%.
Demain online, 30 novembre 2011
Al Adl Wal Ihsane riferisce di un tasso di partecipazione del 24,29%
Badr Soundouss
In un comunicato pubblicato sul suo sito web, dal titolo “La falsificazione dei fatti non cambia la realtà”, l’associazione islamista Al Adl Wal Ihsane fornisce un dato di partecipazione alle elezioni legislative sostanzialmente diverso da quello del Ministero dell’Interno. Secondo la Jamaa, sarebbe del 24,29%, la metà di quello diffuso dal Ministero dell’interno, e “comunque calcolato sull’intero corpo elettorale che raggiunge il numero di 24.956.953 elettori”.
Secondo Al Adl, “questo prova la ferma volontà del regime di negare il diritto di cittadinanza a milioni di cittadini (11.481.518) e sanzionare il loro boicottaggio della pagliacciata elettorale in tutte le fasi successive all’iscrizione nelle liste elettorali”.
Al Adl spiega il suo ragionamento:
“Il tasso annunciato dal ministro dell’interno non riflette in alcun modo, come tutti hanno potuto constatare, la tiepida atmosfera che ha caratterizzato una campagna elettorale che non ha mobilitato più di 600.000 cittadini, a detta stesa del Ministero dell’interno, vale a dire il 2,4% della massa elettorale!! E ciò nonostante i fondi stanziati per i partiti politici (220 milioni di dirham) e la presenza negata degli oppositori nei media pubblici e ad onta delle campagne di denigrazione, di persecuzione e di arresti (più di 130 persone arrestate)”.
L’associazione dello sceicco Abdesalam Yassine definisce le elezioni di venerdì una “pagliacciata” che “si aggiunge alla commedia delle successive disavventure del Makhzen, giacché si tratta di elezioni anticipate alle quali è stato costretto per nascondere il crescente movimento popolare che si registra da un po’ di tempo nel nostro paese”.
In ultimo gli islamisti lanciano un messaggio all’estero “che deve rispettare la volontà del popolo marocchino e le sue aspirazioni alla libertà, alla giustizia e alla dignità, lontano da istituzioni formali prive di effettivi poteri e di rappresentanza reale”.
Si può ipotizzare che sia indirizzato alla Francia.
La linea del boicottaggio è stata lucidamente esposta nell’articolo che segue, a forma dell’oppositore marocchino Ali Lmrabet:
Demain online, 25 novembre 2011
Votare per chi e per cosa?
Ali Lmrabet
Dopo aver falsificato per decenni le elezioni in Marocco, ecco che il regime vuole che i Marocchini vadano a votare oggi 25 novembre per un nuovo Parlamento. Ma votare per chi e per che cosa?
Votare per chi, se il Palazzo è convinto che coloro che invita a votare siano degli incompetenti. Secondo la nostra “Porta Sublime”, l’inettitudine dei partiti politici, incapaci di gestire in modo soddisfacente gli affari di Stato, è la ragione per la quale essa continua a mantenere il proprio controllo assoluto sulle istituzioni del paese.
Quante volte abbiamo sentito dire che, se il re governa, è perché il Parlamento, il “circo” come lo ha definito un giorno Hassan II, è incapace di esprimere una vera maggioranza, idonea a guidare la nazione. “Non ci sono dei veri partiti politici in Marocco e il ricambio tarda e verificarsi”, gracchiavano ancora qualche settimana fa alcuni uomini del re parlando con parlamentari europei in visita a Rabat.
Se simili considerazioni non sono totalmente inesatte, ciò tuttavia non ha mai impedito che il Palazzo imbrigliasse i partiti, soprattutto quelli i cui discorsi, l’ideologia o le ambizioni non gli piacevano. Le formazioni politiche attuali sono frutto di decenni di una struttura autoritaria e manipolatrice che, oltre a falsificare i risultati elettorali, permetteva la corruzione e la compravendita dei voti negli appuntamenti elettorali. E questo non promette di cambiare.
Perché non ci troviamo di fronte ad una società, la marocchina, che è incapace di esprimere dei partiti efficienti e democratici. Siamo piuttosto di fronte al caso di un regime che non accetta di coabitare con un partito forte che potrebbe domani, in un avvenire prossimo o lontano, e sulla base del mandato ricevuto dagli elettori, contestare il potere assoluto della monarchia.
Votare per che cosa, se tutta questa pantomima di elezioni legislative, tutto questo teatro di ombre, ha il solo obiettivo di salvare il trono da una possibile accelerazione della storia che rischia di spazzare via tutti i regimi arabi.
Nel luglio scorso, per salvare il suo onnipotente bazar, il re Mohammed VI ha puntato tutto sulla riforma della Costituzione. Ma invece di mettere questa riforma nelle mani di un’assemblea costituente democraticamente eletta, la cui legittimità non sarebbe stata contestata da nessuno, ha preferito incaricare il suo primo consigliere (Mohamed Moatassim) e un professore costituzionalista vicino al Palazzo e diventato poco dopo a sua volta consigliere reale (Abdeltif Menouni) del rappezzamento della carta concessa ai Marocchini da suo padre.
Poi il sovrano ha messo in moto la macchina dello Stato per fare pressione sui cittadini e spingerli a votare in coerenza coi suoi disegni. Ha perfino fatto appello agli imam delle moschee, la maggior parte dei quali sono funzionari del Ministero per gli affari islamici, perché facessero propaganda per il “sì” alla nuova costituzione. Dimenticando così anche il divieto ch’egli stesso aveva imposto ai partiti politici di utilizzare la religione nello scontro politico…
Oggi, venerdì 25 novembre, il sultano ha gettato tutto il suo peso e quello del suo makhzen sulla bilancia per, ancora una volta, spingere i marocchini a partecipare allo scrutinio delle legislative.
Ma là c’è pericolo. Se il Ministro dell’Interno, vecchia volpe dell’inceppamento delle urne e dei guasti ai computer al momento della conta dei voti, non si muove, e se il “caro popolo” non ascolta la voce del “padre che lo ama” e resta a casa o continua a fare le proprie cose, Mohammed VI potrà stasera misurare l’ampiezza della sua popolarità. Tutti gli indicatori, stranieri e nazionali, segnalano un tasso record di astensione. Se essi saranno confermati, Mohammed VI avrà problemi col suo dirham. Sarà questa forse la “divina sorpresa”. che si attende da tanto.
L’inizio di una “nuova era”, una vera?