Liberato il rapper Lhaqed
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L’Express, 13 gennaio 2012 (trad. Ossin)
Liberato il rapper Lhaqed
Arrestato con l’accusa di lesioni personali ai danni di un oppositore del movimento 20 febbraio, Lhaqed è stato liberato giovedì, dopo quattro mesi di carcere
Dopo quattro mesi di carcere, Mouad Belghouat, un giovane rapper marocchino di 24 anni, noto per le sue canzoni di contestazione al potere reale, è stato liberato giovedì dal tribunale di Casablanca. Il rapper era detenuto dal 10 settembre con l’accusa di avere aggredito un contro-manifestante. “Il tribunale l’ha condannato a quattro mesi di reclusione per lesioni personali, ma l’ha assolto dall’accusa di minacce”, ha precisato il suo avvocato Omar Ben Jelloun.
Sostenuto dal Movimento rivoluzionario
IL processo davanti al Tribunale di Casablanca, dopo diversi rinvii, è cominciato martedì alle 18 ed è andato avanti tutta la notte fino all’alba di mercoledì. Uno degli avvocati di parte civile aveva denunciato i testimoni a discarico di essersi accordati su una versione dei fatti di comodo. “Secondo questi testimoni, che sono tutti amici di Mouad, sarebbe stato proprio il mio cliente a chiamare l’ambulanza ed ha poi fatto finta di cadere per essere soccorso. Pensano in questo modo di aiutare il loro amico”, ha detto.
Mouad Belghouat, soprannominato Lhaqed, che vuole dire in arabo “arrabbiato”, è uno dei più famosi cantanti del Movimento del 20 febbraio, un movimento che rivendica profondi cambiamenti politici, l’eliminazione della corruzione ed una monarchia parlamentare sul modello spagnolo. Dopo il verdetto, centinaia di giovani contestatori del Movimento hanno manifestato davanti al tribunale scandendo slogan di sostegno al rapper.
Un rapper impegnato per il suo popolo
“Non mi hanno intimidito. Viva il popolo. Il mio rap è un impegno a favore del popolo e dei suoi problemi. Le nostre rivendicazioni sono enormi”, ha dichiarato il cantante uscendo di prigione. “Bisogna redistribuire le carte, ci sono troppe ingiustizie. Hanno formato un nuovo governo, ma i ladri continuano a restare impuniti. Bisogna farla finita con tutta questa gentaglia”, ha aggiunto con un tono arrabbiato come le sue canzoni.
Molto ascoltate nelle reti sociali, le canzoni di Lhaqed sono critiche nei confronti della monarchia marocchina e parlano delle ingiustizie e delle diseguaglianze sociali. Una delle più conosciute critica apertamente il re Mohammed VI e denuncia le sue ricchezze. Nato in un quartiere popolare di Casablanca, Mouad Belghouat prima di essere arrestato lavorava come magazziniere.
www.libe.ma, 13 gennaio 2012
L’avvocato di El Haked proporrà appello
Mustapha Elouizi
L’ultimo episodio del feuilleton giudiziario di Mouad, alias Lhaqed, il giovane artista rapper sostenitore del Movimento del 20 febbraio, ha avuto luogo martedì 10 gennaio a Casablanca. E’ stato condannato alla prigione ferma, la cui durata è stata però commisurata al periodo di carcerazione preventiva già sofferta. Il suo avvocato ha annunciato l’appello.
Accusato di aggressione contro un personaggio conosciuto per la sua appartenenza ad un gruppo di “giovani Realisti”, Mouad, i suoi amici, i suoi compagni, i suoi fan denunciano una vicenda montata di sana pianta.
L’udienza che è cominciata verso le 19, è stata tra le più lunghe degli ultimi mesi. Una lunga notte che si è conclusa intorno alle 6 del mattino del successivo 11 gennaio. L’esame dei testimoni è stato spettacolare. Il presidente non voleva che si parlasse del Movimento del 20 febbraio, né dei “Giovani Realisti”. Gli avvocati di Lhaqed, soprattutto Maitre Naima Ghellaf hanno insistito e l’hanno avuta vinta verso la fine.
Arrestato dopo una rissa, che la sua difesa definisce una “mascherata montata di tutto punto da noti personaggi”, Mouad è, secondo i suoi amici, “un pacifista conosciuto e riconosciuto e non ha mai cercato di fare danno a nessuno”. Il capo di imputazione mossogli è una falsa aggressione contro un individuo noto come “informatore della polizia e baltagi (sottoproletario assoldato per realizzare provocazioni contro gli attivisti del Movimento 20 febbraio)… Quest’ultimo, che sarebbe stato in coma per 45 giorni, è comparso tuttavia al processo in ottimo stato di salute!
I fatti? Una vera e propria mascherata, spiega un amico di Mouad. Hammouda Dali, detto Taliani, era andato in macchina nel quartiere Oukacha, uno dei quartieri nei quali è più presente il Movimento del 20 febbraio, e dove abita il giovane Mouad, per fare una provocazione. Avrebbe, secondo alcune testimonianze, tentato di convincere il cantante ad abbandonare il Movimento, promettendogli anche un compenso. Alla risposta negativa, ha cominciato ad insultarlo, chiamandolo “traditore”. I due giovani sarebbero venuti alle mani, se altri non si fossero interposti. Allontanato da un gruppo di giovani, Dali è andato a “cadere in coma” trenta metri più avanti. Il colmo è che l’ambulanza è arrivata solo 5 minuti dopo questa messa in scena. La versione di Taliani è completamente diversa. “Mouad ed un altro amico – dice – mi hanno violentemente picchiato, fino a farmi andare in coma”. La domanda che sorge spontanea è: perché hanno liberato l’amico di Mouad?