Massacro davanti al Ministero marocchino dell'educazione nazionale
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Demain online, 20 dicembre 2013 (trad. Ossin)
Massacro davanti al Ministero marocchino dell'educazione nazionale
Mohamed Midaoui (*)
Giovedì, 5 dicembre 2013, sono stato testimone di un "massacro" di professori che protestavano contro la politica di esclusione portata avanti dal Ministero dell'Educazione nazionale marocchina. Questi professori non facevano altro se non rivendicare il loro diritto alla promozione e ad un diverso inquadramento professionale, così come era accaduto per le precedenti promozioni, quando sono stati caricati dalla polizia.
La manifestazione pacifica dinanzi alla Direzione delle Risorse umane del ministero a Rabat era composta da più di 6000 persone. E' stata ferocemente repressa con un selvaggio intervento delle forze di repressione. Un inaudito scatenamento di violenza poliziesca abbattutosi su pacifici manifestanti, uomini e donne.
Diverse decine di persone sono state ferite, 10 delle quali gravemente, soprattutto alla testa. A questo deve aggiungersi il comportamento bestiale di un funzionario delle Risorse umane che ha fatto intenzionalmente violenza a due professori.
Ne è seguita un'ondata di arresti e di denunce giudiziarie. Otto professori, tra cui una donna, sono stati arbitrariamente arrestati. E con questi si arriva a 25 persone fermate dall'inizio delle manifestazioni.
Queste persone, durante la detenzione, sono state vittime di atti di tortura e altre forme di maltrattamenti, nella indifferenza generale...
Questo comportamento delle autorità è una flagrante violazione dei diritti dell'uomo. Non fa altro che confermare la politica terrorista adottata dal governo nei confronti delle rivendicazioni sociali e salariali e conferma le tare di un sistema nel quale i diplomati vengono collocati sul gradino più basso, contro la stessa idea che occorra sacralizzare il sapere, da considerare come una risorsa preziosa nel processo di sviluppo.
Vengono in mente quei manifestanti che si danno fuoco contro un governo che resta sordo a ogni forma di rivendicazione, per quanto legittime e giuste esse siano.
Le minacce non sono però capaci di mettere a tacere le voci della resistenza e gli insegnanti restano in mobilitazione malgrado le intimidazioni delle autorità.
Perché le loro richieste sono legittime e la loro lotta è giusta.
(*) Professore