La marcia verde
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TelQuel, numero 403
Il dossier segreto del Sahara
Il 6 novembre 1975 comincia ufficialmente la Marcia Verde. Più di trenta anni dopo, grazie alla progressiva declassificazione degli archivi, si comincia a ricostruire meglio la pianificazione e le ripercussioni di questo avvenimento senza equivalenti nel mondo. TelQuel ha avuto accesso ai memorandum dei negoziati diplomatici svoltisi tra il segretario di stato nordamericano, Henry Kissinger, nel periodo 1974-1976. Essi apportano nuovi lumi sulla natura delle relazioni marocco-algerine, sulla psicologia dei grandi protagonisti della Marcia Verde, e su molte altre cose ancora.
“I Marocchini si ricorderanno a lungo di questa epopea gloriosa realizzata da circa 350.000 volontari appartenenti a diversi ceti sociali e provenienti da tutte le regioni del regno, che hanno risposto all’appello di iniziare questa Marcia per liberare il Sahara dal giogo dell’occupante spagnolo con delle “armi” pacifiche, come la bandiera nazionale, il Corano e l’attaccamento ai valori della pace per difendere i loro diritti denegati”. E’ con queste parole che, dopo più di 30 anni dai fatti, la stampa ufficiale commemora l’anniversario della Marcia Verde. Vale a dire l’ampiezza dl successo di Hassan II, che aveva pensato ai minimi dettagli. Come la cifra di 350.000, che è essa stessa simbolica: rappresenta il numero dei nati in Marocco nel 1975, vale a dire l’equivalente di tutta una generazione della gioventù del paese, ciò che lo stesso Hassan II ha definito “la messe solenne che Dio ci dona per riportare alla patria una terra che non abbiamo mai dimenticato”.
Guerra fredda e decolonizzazione
Nel 1975 la situazione del Sahara spagnolo non lascia più molte persone indifferenti. Come in altri punti caldi del pianeta, anche qui è in gioco la ripartizione tra aree di influenza della guerra fredda, con un rischio di effetto domino. L’Algeria, con legami sia con i Non allineati, che con il blocco sovietico, ha scelto il campo opposto a quello del Marocco, che invece è dalla parte dello zio Sam. All’epoca, tutti sanno che un sostegno troppo visibile dell’una o dell’altra grande potenza (Stati Uniti e Urss) innescherebbe quasi automaticamente una spirale di guerra. Così, nelle sue memorie, Daniel Patrick Moynihan, rappresentante degli USA all’ONU durante la crisi del 1975, mette a paragone le storie parallele di Timor est e del Sahara Occidentale: “La Cina ha sostenuto il Fretilin in Timor, ed ha perso. Nel Sahara spagnolo, la Russia ha altrettanto chiaramente sostenuto l’Algeria ed il suo movimento, conosciuto sotto il nome di Polisario, ed ha perso. In tutti e due i casi, gli Stati Uniti auspicavano una soluzione come quella che si è realizzata ed hanno lavorato in questo senso”. E’ dello stesso Moynihan che si deve questa boutade che spiega l’antibolscevismo che regna negli Stati Uniti: “Se l’URSS prende piede in Sahara, presto la sabbia non sarà più sufficiente”.
Le strategie in campo
Se il momento è quello dell’equilibrio tra le superpotenze, esso è anche quello delle ultime decolonizzazioni africane. La Spagna ha mantenuto un piede nel Sahara. Ma nel 1965 le Nazioni Unite si pronunciano per la prima volta sulla necessaria decolonizzazione del territorio. Un anno più tardi, l’ONU chiede che si realizzi un referendum di autodeterminazione. Il tempo della presenza spagnola sul suolo africano è oramai contato. Il Marocco, l’Algeria e la Mauritania affilano le loro armi, seguendo da vicino l’evoluzione giuridica del dossier. Quando la Corte internazionale di giustizia, adita dal Marocco, rende un parere che riconosce dei legami di sottomissione tra le popolazioni saharawi e i sultani marocchini prima della colonizzazione spagnola, Hassan II pensa di avere ottenuto una firma in bianco. Da parte algerina, si preferisce insistere sulla necessità di un referendum di autodeterminazione, raccomandato sia dall’ONU che dalla Corte internazionale di giustizia. Da parte mauritana ci si contenta di sostenere le rivendicazioni del Marocco sulle zone che avevano dei legami storici ed etnici con il regno, e di beneficiare della reciprocità marocchina. Come se niente fosse, il giorno stesso del verdetto della Corte internazionale di giustizia, Hassan II annuncia, in un discorso televisivo alla nazione, ch’egli stesso guiderà 350.000 civili marocchini, riuniti in una Marcia Verde pacifica e senza armi fino a Laayoune.
La Spagna si ritira
Al momento della Marcia Verde, il generale Franco è morente. Nella relazione fatta sulla sua esperienza in Sahara, André Lewin, portavoce dell’ONU incaricato di una missione diplomatica nei confronti di Franco, lo descrive così: “Molto debole, smagrito, la mano tremante mentre beve il suo bicchiere di Xeres o sfoglia distrattamente il suo dossier, ma ancora fermo nei suoi atteggiamenti e nelle parole, strettamente fasciato nella sua uniforme di apparato diventata troppo grande per lui”. E continua: “Io fui impressionato di sentire quest’uomo, al potere da quasi quaranta anni. – un potere conquistato esattamente con l’aiuto delle truppe che all’epoca stazionavano nel Sahara spagnolo e alle Canarie -, dichiarare con un velo di dispiacere nella voce che ‘se queste popolazioni non vogliono più la Spagna, è chiaro che la Spagna deve andarsene’”. Lo stato di salute di Franco è stata senz’altro un’opportunità per Hassan II. Anche se il caudillo era già deciso ad abbandonare il Sahara, l’arrivo di Juan Carlos sul trono cambia completamente le cose. Egli prende l’interim fin dal 30 ottobre, ad una settimana dalla Marcia Verde, prima ancora della morte ufficiale di Franco. Un mese più tardi, il ritiro spagnolo dal Sahara già ampiamente avviato, il ministro degli affari esteri del nuovo re è incaricato di negoziare col segretario di stato nordamericano, Henry Kissinger. Il verbale dell’incontro rivela che la Spagna ha tentato di ottenere un segnale forte da parte degli USA, in segno di amicizia verso i nuovi dirigenti spagnoli, desiderosi di abbandonare la neutralità franchista e allinearsi al blocco dell’ovest: se la Spagna lascia l’Africa, è per meglio ricollocarsi in Europa con l’obiettivo di entrare nella NATO.
La missione Waldheim
Qualche giorno prima della Marcia Verde, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kurt Waldheim, incarica il suo portavoce, André Lewin, di una missione quasi impossibile: convincere Hassan II, già entusiasta del suo grande progetto, di rinunciare alla Marcia verde. Nella bisaccia però Lewin non ha quasi niente: un piano che risponde quasi interamente alle esigenze algerine e che non ha dunque quasi nessuna speranza di essere accettato da Hassan II. “(Il re) mi ha ricevuto, era visibilmente teso, febbricitante, ma il suo sguardo brillava di una fiamma interiore e di una grande vivacità, si ricorda Lewin. Portava una vestaglia scura. Tendendomi la mano, abbozzò un sorriso, dicendomi che aveva accettato di incontrami, nonostante il suo stato, la stanchezza e i molteplici impegni, in segno di considerazione per le Nazioni Unite”. Dopo questo colloquio, Lewin resterà a lungo colpito dalla fermezza di tono di Hassan II. Il monarca gli avrebbe in effetti spiegato sostanzialmente che, se le Nazioni Unite avessero tentato di interferire, avrebbero ostacolato la marcia della Storia e ne avrebbero dovuto sopportare le conseguenze. Nella peggiore delle ipotesi, Hassan II si è detto pronto a lasciare l’ONU, a pretesto del carattere pacifico dell’impresa. Così facendo, egli fingeva di ignorare che in quello stesso momento le Forze armate reali (al comando di un certo Ahmed Dlimi) già stazionavano nel Sahara. Obiettivo: rendere sicuri ed occupare una serie di obiettivi strategici, ma anche lanciare una vera operazione militare contro il giovanissimo Fronte Polisario.
La vittoria di Hassan II
Alla fine solo qualche migliaio di patrioti (sui 350.000 marciatori verdi) lasciarono gli accampamenti di Tarfaya e di Tan Tan per percorrere una distanza di 15 chilometri nel deserto prima che giungesse l’ordine di ripiegamento da parte di Hassan II, che negoziava dietro le quinte con gli Spagnoli. Il 9 novembre, in un discorso pronunciato ad Agadir, il Re mette fine alla Marcia verde: “La Marcia ha compiuto la sua missione, raggiunto i suoi obiettivi, e realizzato quello che noi e i nostri amici ci attendevamo. Occorre dunque, caro popolo, che ognuno ritorni al suo punto di partenza, per muoversi adesso in un altro modo e con nuovi metodi”. La vittoria di Hassan II è stata soprattutto quella di avere evitato il peggio nel momento in cui il ministro algerino degli affari esteri, Abdelaziz Bouteflika, denuncia il rischio di una degenerazione della situazione, addirittura di un genocidio. Al rischio di guerra con l’Algeria si aggiungeva quello di perdite civili a causa dei campi minati dagli Spagnoli in previsione del loro ritiro. La vittoria di Hassan II è stata ugualmente simbolica: con un incredibile colpo di poker ha anche rafforzato il suo trono e si è circondato di un’aura di invincibilità.
“Allora, pensa che abbia avuto ragione ad agire in questo modo, convinto che ciò fosse per il bene del mio popolo?” domanda Hassan II a Lewin, una volta terminata la Marcia verde. Risposta: “Sire, io penso che lei riuscirà nell’immediato a fare ciò che può apparire come uno straordinario colpo di poker, e che l’avvenire prossimo le darà ragione, ma molti principi saranno invocati e molte forze si coalizzeranno per impedirle di consolidare il suo successo e tenteranno di fargliela pagare. Il rischio per lei si situa a più lungo termine. Avrà allora i mezzi per farvi fronte?” Da meditare.
Il furore di Boumedienne e Bouteflika
Il fatto è che la collera dei dirigenti algerini è al suo culmine. Gli archivi di Kissinger mostrano la determinazione del negoziatore Bouteflika, che accusa il suo omologo USA di avere appoggiato la Marcia verde. Nel dicembre 1975, rimprovera a Kissinger, con un linguaggio assai poco diplomatico, di non avere messo il Marocco sotto embargo, di averlo soprattutto rifornito di armi e dollari. Il segretario generale dell’ONU si fa portavoce verso Kissinger della tensione estrema che regna nei due campi: “La tensione è al suo culmine e questo comporta delle difficoltà a discutere con calma della situazione. Lo stesso re è molto emozionato (…) Ora la reazione del presidente Boumedienne è serissima. Io non l’ho mai visto tanto furioso e incontrollabile come adesso”. In definitiva, se la Marcia verde è stata un successo per Hassan II, i governi che si sono succeduti in Algeria gli rimproverano, senza dirlo esplicitamente, che non è stata una vittoria condivisa. E’ stato senza dubbio escludendo Boumedienne dal patto con il presidente mauritano Ould Daddah, che Hassan II si è procurato il “migliore nemico” che è sopravvenuto: il dinosauro Bouteflika che perpetua oggi il rancore algerino.
Documenti inediti. Gli archivi di Kissinger
Rapporti confidenziali di missioni diplomatiche e rendiconti di discussioni col suo staff, gli archivi di Kissinger sono una vera miniera d’oro. Abbondano di “citazioni” che gettano nuova luce sulle strategie perseguite, Da Senghor ad Hassan II, passando per Bouteflika e Waldheim, questi archivi declassificati ma inediti mostrano allo stesso tempo il doppio gioco USA, la determinazione algerina a contrastare le ambizioni marocchine, e l’opportunità colta dalla Spagna per allinearsi alla NATO. Il tutto nel contesto della Marcia verde, sullo sfondo della guerra fredda. Bocconi scelti, saporiti ed esclusivi.
Incontro Kissinger/ Cortina y Mauri del 9 ottobre 1974 a Torrejon, in Spagna
Il ministro degli affari esteri di Franco rimprovera a Kissinger di favorire le mire marocchine sul Sahara. La risposta del segretario di stato USA è sferzante
Kissinger: Noi non abbiamo alcuna opinione sul Sahara spagnolo. Le ho già detto in privato che, da politologo, l’avvenire del Sahara spagnolo non mi appare molto brillante (…) Il mondo può sopravvivere senza il Sahara spagnolo. Non farà parte dei paesi che forniranno grandi contributi (…). C’è stato un periodo della mia vita nel quale non sapevo nemmeno dove si trovasse il Sahara, e non ero meno felice di oggi.
Cortina: Prima che si scoprissero i fosfati!
Incontro Hassan II/Kissinger del 15 ottobre 1974 al Palazzo reale di Rabat
Un mese dopo l’azione proposta dal Marocco dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia di La Haye sui legami storici di sottomissione tra il Sahara spagnolo ed il Regno alawita, Hassan II cerca il sostegno USA
Hassan II: Da parte nostra sarà accolta ogni soluzione pacifica con molta gioia, dal momento che risponde ai nostri obiettivi di sicurezza. Noi non chiediamo ai nostri amici di prendere partito o di emettere giudizi su chi ha ragione e chi torto. Noi chiediamo loro solo di studiare le proposte fatte dalle due parti e di sostenere la proposta più realista. La proposta marocchina di adire la Corte internazionale di giustizia è a nostro avviso nello stesso tempo realistica, e giuridicamente e politicamente corretta. Secondo il grado di condivisione da parte degli USA del nostro punto di vista, chiediamo loro di intervenire a favore della legge, dell’uguaglianza e dell’avvenire. Perché, siamo obiettivi, la Spagna resterà geograficamente là dove si trova e il Marocco là dove si trova. Il risultato è inevitabile. Dunque se possiamo risparmiarci uno, o due, o tre anni di tensione, questo sarebbe bene.
Kissinger: Io sono certo che Sua Maestà lavorerà, durante il summit (summit dei paesi arabi in corso a Rabat in quei giorni) nella direzione di una realistica possibilità di pace, e ciò mi rassicura. Io posso assicurare a Sua maestà che il suo ragionamento e le sue suggestioni avranno grande influenza sulle nostre azioni quando ritornerò dopo il summit di Rabat. Per ciò che concerne il Sahara spagnolo, io sono rimasto molto impressionato dalla dichiarazione di Sua Maestà (del 20 agosto). Gli USA auspicano una soluzione consensuale del problema. Il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia è uno sbocco costruttivo. Noi vorremo consigliare vivamente ai nostri amici spagnoli di optare per una soluzione consensuale.
(Dopo avere invitato Hassan II a visitare gli Stati Uniti, a nome del presidente Ford)
Noi non siamo in grado di eguagliare l’ospitalità di Sua Maestà, ma faremo del nostro meglio nei limiti del nostro paese sottosviluppato (sic)
Incontro Kissinger/Bouteflika del 17 dicembre 1975 nella residenza dell’ambasciatore USA a Parigi
Un mese dopo il successo della marcia verde, Abdelaziz Bouteflika si lamenta del sostegno USA al Marocco. E’ presente l’ambasciatore algerino (Sabbagh nel testo)
Kissinger: Io non capisco cosa voglia dire l’autodeterminazione per il Sahara. Possa capire ciò che significa per il Palestinesi, ma è un problema leggermente differente(…) Noi non abbiamo una posizione antialgerina. La sola questione era quanto investire. Impedire la Marcia verde avrebbe significato deteriorare completamente le nostre relazioni col Marocco, di fatto un embargo.
Bouteflika: Avreste potuto farlo. Avreste potuto bloccare gli aiuti economici e militari
K: Ma questo avrebbe significato la rovina totale dei nostri rapporti col Marocco
B: No, il Re del Marocco non si sarebbe mai alleato coi Sovietici.
K: Ma noi non abbiamo così tanto interesse per il Sahara.
B: Ma voi avete interessi in Spagna e in Marocco…
K: E in Algeria
B: E voi avete favorito solo uno.
K: Io non penso che abbiamo favorito una delle parti, abbiamo solo tentato di restarne fuori.
B: Il vostro ruolo non è mai potuto essere marginale o privo di interessi perché è evidente che c’era una cooperazione militare col Marocco. Di conseguenza non potete essere neutrali tra Marocco e Algeria. Dunque capisco che abbiate dovuto favorire, o dare l’impressione di aver favorito, il Marocco a cagione di ciò.
K: (a Sabbagh) Ma quello di cui il ministro degli Esteri si lamenta è che noi non abbiamo favorito l’Algeria. Per fare ciò avremmo dovuto capovolgere completamente le nostre posizioni (…) Lasciatemi pensare alla questione del referendum. Soprattutto se non è condizionato dal ritiro (dei marocchini) prima del referendum.
B: Sì, lei ha detto, se il ritiro non è una condizione per tenere un referendum. Ma la condizione è che vi siano sufficienti garanzie perché la gente possa decidere liberamente. Lei sa che si può ricorrente ad omicidi di massa. Noi non vogliamo problemi. Genocidio.
K: In Sahara?
B: Sono categorico. E’ un problema di interessi. Io non so perché la Mauritania voglia delle frontiere come quelle o perché l’Algeria debba avere paura. Non è una cosa ragionevole. Se il Marocco e la Mauritania si dividono il Sahara, questa non è politica.
Incontro Kissinger/Senghor del 1 maggio 1976 al palazzo presidenziale di Dakar
Qualche mese dopo la marcia verde, il segretario di stato USA si incontra col presidente senegalese, importante alleato africano. L’obiettivo è di trovare una soluzione al conflitto del Sahara che sia accettabile per l’Algeria.
Senghor: C’è una strada che soddisferebbe le opinioni dei popoli: una consultazione da farsi con l’ONU nel ruolo di osservatore. Per accettare il principio di un referendum di autodeterminazione. Dovrebbe essere organizzato parte dal Marocco e parte dalla Mauritania. Senza questa soluzione c’è il rischio di una guerra. All’inizio della conferenza afro-araba, qui a Dakar in aprile, abbiamo provocato delle discussioni tra i ministri degli affari esteri mauritano e marocchino. Glielo dico per dimostrarle che abbiamo lavorato. Ora per l’Algeria è questione di salvare la faccia.
Kissinger: L’Algeria accetterebbe una risoluzione organizzata da Marocco e Mauritania?
S: Se passasse sotto la supervisione ONU
K: Quale sarebbe lo sbocco?
S: Nella parte marocchina l’opzione di autonomia, quella mauritana preferirà senz’altro l’indipendenza. Due risoluzioni per l’ONU. Una parte (del Sahara) andrebbe al Marocco e l’altra sceglierebbe l’autonomia.
K: L’integrazione al Marocco?
S: Io penso di sì.
K: Ma l’Algeria non insisterà per ottenere tre opzioni: integrazione all’Algeria, integrazione al Marocco o indipendenza?
S: Stiamo per discuterne
K: Sarebbe solo un SI o un NO all’integrazione?
S: SI o NO all’autonomia. Sotto il Marocco o sotto la Mauritania
K: Pensa di poterci riuscire?
S: Tenterò. E’ essenziale che non ci sia la guerra. Gli Algerini non esprimono le loro opinioni chiaramente. Non ho bisogno di ricordarle che se vi fosse una guerra l’Unione Sovietica interverrebbe e l’Ovest non potrebbe restarne fuori (…) La Nigeria e l’Algeria tentano di portare gli Arabi in Africa per distruggere la “negritudine”, per imporre l’imperialismo arabo(…)
K: Su quali paesi possiamo co0ntare?
S: La Tunisia, il Marocco, la Somalia…
Bouteflika, il nostro miglior nemico
“Enfant terrible” esclama Henry Kissinger verso Abdelaziz Bouteflika quando i due uomini si incontrano a Parigi, il 17 dicembre 1975, vale a dire poco più di un mese dopo la Marcia verde. Di fatto il ministro algerino degli affari esteri è stato preceduto dalla sua reputazione. È responsabile della diplomazia del suo paese da dodici anni e non ha ancora quaranta anni: fate i calcoli! Nel 1974 ha già presieduto l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, compito che ha svolto con abilità e vivacità. E’ che Bouteflika si sa da chi ha preso. Numerosi osservatori notano infatti la somiglianza di stile tra Hassan II ed il futuro presidente algerino: la stessa disinvoltura davanti alle assemblee straniere, la stessa facilità di rispondere ed una certa inclinazione per il lavoro diplomatico. Bouteflika si sarebbe ispirato ad Hassan II? Un’affermazione che egli smentirebbe certamente. Ma è certo che quest’uomo che diventerà presidente dell’Algeria nel 1999, qualche mese prima della morte di Hassan II, intrattiene una relazione passionale col Marocco, e forse ancor più con la sua monarchia. Tra i collaboratori vicini a Mohammed VI, si racconta che quando si informa del Re dai suoi collaboratori marocchini, Bouteflika usa sempre il rispettosissimo “sidna” (Padrone nostro). Dalle ultime notizia, risulta tuttavia che il presidente algerino sia l’avversario n. 1 del Marocco, soprattutto durante l’attualissimo affaire di Aminatou Haidar.
Conflitto del Sahara. Le date più importanti
16 dicembre 1965. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la sua prima risoluzione sul Sahara spagnolo e invita alla decolonizzazione
20 dicembre 1966. Per la prima volta l’Assemblea generale delle Nazioni Unite prevede l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione nel Sahara spagnolo
8 giugno 1970. Il Marocco riconosce ufficialmente la Mauritania.
10 maggio 1973. Creazione ufficiale del Fronte Polisario, che avvia la lotta armata contro la Spagna coloniale.
20 agosto 1974. Il governo spagnolo annuncia l’intenzione di organizzare un referendum di autodeterminazione. Hassan II si oppone a che sia prevista come opzione anche quella dell’indipendenza.
17 settembre 1974. Hassan II chiede l’arbitrato della Corte di giustizia di Le Haye sullo statuto giuridico del Sahara prima della colonizzazione spagnola.
23 maggio 1975. La Corte internazionale di giustizia rende il suo parere, riconoscendo legami di sottomissione tra la popolazione saharawi ed il Re del Marocco, prima della colonizzazione spagnola.
6 novembre 1975. Avvio ufficiale della Marcia verde
26 febbraio 1976. La Spagna si ritira dal Sahara. Proclamazione della Repubblica araba democratica saharawi (RASD), riconosciuta dall’Algeria il 6 marzo.
14 aprile 1976. Il Marocco e la Mauritania si accordano sulle frontiere saharaiane
10 luglio 1978. Colpo di stato in Mauritania. Il Fronte Polisario annuncia un cessate il fuoco con la Mauritania
10 agosto 1979. La Mauritania rinuncia alla sua parte di Sahara. Il Marocco l’annette quattro giorni più tardi
24 giugno 1981. Hassan II annuncia che il Marocco accetta l’idea di un referendum per l’autodeterminazione del popolo saharawi
12 novembre 1984. Il Marocco lascia l’Organizzazione per l’unità africana che ha accolto la RASD come nuovo membro
6 settembre 1991. Cessate il fuoco tra Marocco e Fronte Polisario
22 ottobre 1991. Avvio della MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum in Sahara Occidentale), ma il processo si incaglia nelle difficoltà del censimento
29 maggio 1996. Il censimento elettorale è sospeso
17 marzo 1997. James Baker, ex segretario di Stato USA, viene designato come inviato speciale dell’ONU per attivare il processo di pace
30 giugno 1999. Il nuovo Re, Mohammed VI, parla di un referendum “confermativo”
23 settembre 1999. Creazione del CORCAS (consiglio reale di consultazione per gli affari del Sahara).
20 giugno 2001. L’ONU propone una terza via e suggerisce di rinviare il referendum sullo statuto del Sahara
11 aprile 2006. Il Marocco propone alle Nazioni Unite un piano di autonomia per il Sahara
Galleria. I protagonisti
Hassan II
Nel 1975 Hassan II si gioca il tutto per tutto. E’ sfuggito qualche anno prima a due tentativi di colpo di stato, ed ha bisogno di un rilancio di immagine, sia sul piano internazionale che su quello interno. L’epoca della Marcia verde apre la strada ad un consenso nazionale sul tema della integrità territoriale marocchina. E coincide con l’imprigionamento di tutte le “pecorelle smarrite”, a segna l’inizio degli anni di piombo. Al fianco di Hassan II ci sono Ahmed Osman (Primo ministro), Ahmed Laraki (Ministro degli affari esteri) e Ahmed Taibi Benhima (ministro dell’informazione) che partecipano ai negoziati.
Houari Boumedienne
Presidente algerino dal 1965 alla sua morte nel 1978, Houari Boumedienne ha preso il potere dopo un colpo di Stato. Nel 1971 realizzò la nazionalizzazione degli idrocarburi. Dopo avere organizzato un summit dei Non Allineati nel 1973, ospita anche la prima conferenza dell’OPEP. E’ dunque circondato da un grandissimo prestigio quando partecipa ai negoziati sulla Marcia verde. All’epoca sembra avere privilegiato la soluzione di un referendum di autodeterminazione nell’ambito del quale i Saharawi avrebbero potuto scegliere tra tre sovranità marocchina, mauritana o algerina. Come portavoce, Boumedienne aveva un ministri degli esteri di livello: Abdelaziz Bouteflika, attuale capo dello stato.
Kurt Waldheim
Al momento della Marcia verde, Kurt Waldheim è segretario generale delle Nazioni Unite, posto che ha occupato dal 1972 al 1981. Tra il 1974 e il 1976, la gestione della questione saharaiana è stata una delle sue principali missioni. Elabora un piano (che porta il suo nome) nel quale si privilegia l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Quest’uomo dal passato controverso (è stato ufficiale dell’esercito nazista) cercherà di impedire ad Hassan II di fare la Marcia verde
André Lewin
Diplomatico francese, André Lewin è il portavoce del segretario generale dell’ONU dal 1972 al 1975. Nell’estate del 1975, viene incaricato da Kurt Waldheim di convincere Hassan II a rinunciare alla Marcia verde. Molti decenni dopo, Lewin ha raccontato in dettaglio come si svolse la sua missione. Si attribuisce soprattutto il merito di avere esortato Hassan II a fermare la Marcia verde dopo solo quindici chilometri, a qualche centinaio di metri dalle truppe spagnole, evitando così un bagno di sangue.
Henry Kissinger
Segretario di stato USA dal 1973 al 1977, durante la presidenza di Gerald Ford e Richard Nixon, Henry Kissinger ha un profilo diplomatico di primo piano. All’epoca, pur difendendosi dalle accuse algerine di avere favorito il Marocco, sembra ritenere che il Sahara dovesse ritornare sotto sovranità marocchina. Gli archivi, recentemente declassificati, dei negoziati condotti sono in ogni caso una miniera di informazioni inestimabile sulla questione del Sahara e sulla Marcia verde
Francisco Franco
Il caudillo Franco sta molto male. Morirà d’altronde il 20 novembre 1975, vale a dire poco più di dieci giorni dopo la fine della Marcia verde. Sono dunque Carlos Arias Navarro, capo del governo, e Pedro Cortina y Mauri, ministro degli affari esteri, che devono gestire il ritiro delle truppe spagnole dal Sahara. Essi privilegiano in un primo tempo la soluzione di un referendum di autodeterminazione, prima che la morte di Franco e l’ascesa al trono di Juan Carlos non cambieranno la situazione.
Mokhtar Ould Daddah
La Mauritania, governata dal 1961 da Mokhtar Ould Daddah, è particolarmente interessata all’evoluzione della questione del Sahara, perché deve recuperarne una parte. Così appoggia la diplomazia marocchina. La sua entrata in guerra contro il Fronte Polisario condurrà al colpo di Stato del 1978, che scaccia Ould Daddah dal potere
L’eredità hassaniana
Oggi la Marcia verde appare come ciò che ha cementato la leggenda hassaniana: quella di un re visionario, dalla statura internazionale. Tuttavia se ciò che comunemente viene definito il “colpo di genio” di Hassan II ha incontestabilmente favorito il compito di Mohammed VI, l’ha anche terribilmente complicata. L’eredità della Marcia verde è duplice: sul fronte interno, Mohammed VI ha ereditato una classe politica interamente fedele alla sua causa, unificata dalla “causa nazionale”. Ma nello stesso tempo deve porre fine ad un conflitto che dura da 33 anni, come una spada di Damocle sulle nostre teste. Il rischio è niente meno che un regno amputato e,forse, un trono indebolito.
Di fronte a questo pericolo onnipresente, le opzioni strategiche sembrano ridursi. Dopo la politica di apertura verso il nostro vicino algerino (le famose “mani tese”) che ha condotto il Re ad Algeri e a chiedere la riapertura delle frontiere, e dopo la proposta di autonomia sotto sovranità marocchina, Mohammed VI ha platealmente alzato i toni. Il discorso del 6 novembre scorso non ha lasciato spazio agli equivoci: “Non c’è più spazio per l’ambiguità e la doppiezza: o il cittadino è marocchino, o non lo è (…)E’ il momento di essere chiari e di farsi carico dei propri doveri. O si è patrioti o traditori. Non esiste via di mezzo”. E’ tempo dunque oramai di fermezza.
Da parte algerina le posizioni non sono cambiate di una virgola: nemmeno un briciolo di distensione. Né sul Sahara, a proposito del quale Bouteflika viene accusato dai Marocchini di non fare il gesto necessario alla soluzione del caso di Aminatou Haidar, né sull’energia, altro motivo di screzio tra i due paesi. Bouteflika ha infatti avviato la costruzione di un oleodotto che collega il suo paese direttamente alla Spagna, senza più passare dal Marocco. Il conto alla rovescia è dunque cominciato prima che l’Algeria abbia materialmente la possibilità di chiuderci i rubinetti.
Nell’attesa , cosa possiamo sperare? Senza dubbio che l’Algeria sperimenti il piacere di un’alternanza alla marocchina, e che al nostro migliore nemico, il compagno Bouteflika, succeda una generazione meno hassaniana, e meno segnata dagli schemi della guerra fredda.
Souleimen Bencheikh