Mohamed Erraji: il blogger
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Cosa si rimprovera a Mohamed Erraji? Di avere stigmatizzato l’economia di rendita, tante volte condannata dallo stesso re? Lo Stato di diritto deve garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità nel beneficiare dei beni pubblici. E’ inconfutabile: la distribuzione di favori a piacimento del sovrano costituisce una ingiustizia economica flagrante. Di qui a dedurne che i Marocchini sono “un popolo di assistiti che non sono disposti a fare nessuno sforzo”, non c’è che un solo passo, tanto più che i professionisti delle elemosine reali impiegano una energia folle per riuscire a trovarsi lungo i percorsi di Mohammed VI e trasmettergli direttamente le loro doglianze. Ma va bene, la sfumatura è minima, e non invalida per niente il senso del messaggio: l’economia di rendita è un fattore di sottosviluppo. Su questo Mohamed Erraji ha cento volte, mille volte ragione.
Scrivere che “il re incoraggia il popolo all’assistenzialismo” non è mancanza di rispetto. È un’opinione politica. E è per questo che Mohamed è stato gettato in prigione. Questo si chiama delitto di opinione ed è insopportabile, inaccettabile. Quale messaggio il giudice di Agadir ha voluto inviare? Che ogni critica della politica reale è un sacrilegio in sé, anche se fondata e ragionevole? Questo sarebbe un grave arretramento rispetto al margine di libertà conquistato a caro prezzo dai giornalisti dopo l’ascesa al potere di Mohammed VI.
O forse, quello che si rimprovera a Mohamed Erraji è di aver citato Hassan III e Mohammed VII… In altri termini, d’essersi proiettato in un futuro lontano, dopo la morte del re attuale e anche del suo successore. Può ben essere che gli adulatori di Sua Maestà, guardiani del rispetto che gli è dovuto, vi abbiano visto un attentato alla “sacralità”, perfino all’”immortalità” reale… Se così è, è ancora più tragico.
Che la sorte di tutti i giornalisti e cronisti di questo paese sia affidato alle interpretazioni folli di cortigiani fuori del tempo, che non sanno distinguere tra realtà e simbolo, è assai inquietante per le nostre (fragili) libertà.