Ventinove giorni
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Ventinove giorni
Il lavorio politico e diplomatico è oggi approdato ad un risultato positivo.
Il Congresso spagnolo ha discusso la proposta di mozione presentata dal PSOE sul caso Haidar e che, attraverso l’inserimento di diversi emendamenti negoziati con i gruppi di Izquierda Unida, ICV, PNV e il Gruppo misto, è diventata un buon testo.
La mozione è stata infine approvata col solo voto contrario del Partito Polare. Essa chiede al Regno del Marocco di permettere, “senza dilazioni, il ritorno immediato” di Haidar e la restituzione “dei suoi documenti e del passaporto marocchino”, confiscati a Laayoune. E dunque è sparito ogni riferimento alla proposta iniziale del PSOE, di offrire all’attivista lo statuto di rifugiata o la nazionalità spagnola. Al suo posto si impegna il governo ad aumentare la pressione diplomatica sul Marocco per il ritorno puro e semplice dell’attivista a casa sua e la restituzione alla stessa dei suoi documenti, ciò con riferimento a quanto disposto dall’articolo 12, comma 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, laddove afferma che "Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato del diritto di entrare nel proprio paese".
A ciò si aggiunge l'esigenza che all'attivista saharawi "vengano restituiti i documenti ed il passaporto marocchino”, sequestrati all’aeroporto di Laayoune, e che venga rispettata “la sua dignità e il suo diritto di tornare accanto alla sua famiglia".
La mozione impegna il Governo ad una gestione della crisi “al massimo livello”e tale riferimento, secondo il deputato di Izquierda Unida Gaspar Llamazares, dovrebbe aprire la strada alla possibilità di un intervento anche del Re di Spagna, cosa che il governo non intende invece consentire.
Referendum ed autodeterminazione
Altro punto politicamente assai importante della mozione approvata oggi è il recupero della tradizionale posizione del Parlamento spagnolo in tema di Sahara Occidentale, con l’esplicito riferimento al diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, da realizzare attraverso un referendum. Così il testo finale esorta il governo a "continuare a rispettare le risoluzioni adottate dal Congresso, nel senso che lo status definitivo del Sahara occidentale sia conforme al diritto internazionale e sia il risultato del libero esercizio del diritto del popolo saharawi all'autodeterminazione attraverso il referendum, secondo quanto stabilito dalla Carta delle Nazioni Unite e dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza ".
Nell’ambito della gestione diplomatica da seguire “per sostenere i diritti della signora Aminatou Haidar di libera circolazione e di residenza” il documento sollecita “la mediazione attiva del Segretario Generale delle Nazioni Unite”, così come del suo inviato per il Sahara Occidentale e dell’Ato Commmissariato per i diritti umani. Inoltre il congresso chiede l’ampliamento del mandato della MINURSO (Missione internazionale dell’ONU per il Referendum in Sahara Occidentale) perché vi sia incluso anche il monitoraggio del rispetto dei Diritti Umani.
La questione degli accordi commerciali
Tutto bene, dunque. Salvo che sul punto cruciale, quello che avrebbe assicurato una pronta capitolazione del Marocco, il PSOE ha posto un veto insuperabile. Così la mozione approvata non contempla in alcun modo la proposta di Izquierda Unida e di altri gruppi, di accompagnare le pressioni diplomatiche sul Marocco alla sospensione del suo statuto di associazione con l’Unione Europea. Di fronte al muro opposto dal PSOE, i gruppi proponenti hanno preferito ritirarla, pur di giungere ad un voto comune su un testo che, comunque, contiene molte proposizioni positive.
Il Parlamento Europeo e i timori del Marocco
Si prepara intanto una risoluzione urgente del Parlamento Europeo sul caso Haidar, attesa per giovedì prossimo, e il Marocco ha messo le mani avanti, avvertendo che una risoluzione "sbilanciata" creerebbe "un problema molto grave" nelle sue relazioni con l’Europa.
"Mi auguro che il Parlamento europeo resti fedele alla tradizione storica dei grandi popoli e delle grandi nazioni europee, che non sono mai cadute in questo tipo di trappole e capisca che, se c’è un paese che costituisce un elemento chiave non solo della regione del Maghreb ma di tutto l’Eurospazio del Mediterraneo, quello è il Marocco ", ha detto il ministro delle Comunicazioni Khalid Naciri.
Comparendo brevemente davanti ai media spagnoli, il portavoce del governo ha anche detto che il Parlamento Europeo, "che rappresenta la legittimità democratica e la volontà dei popoli d'Europa, ha interesse ad aiutare il Marocco a costruire la sua democrazia, non a creargli degli ostacoli”.
Ed ha aggiunto: "L'Unione europea, che è governata da gente seria, sa che il suo interlocutore nella regione è il Marocco, non altri avventurieri", riferendosi all’ Algeria ed all’indipendentista Fronte Polisario, accusandoli di manipolare l'attivista.
Secondo il ministro, Haidar, che oggi conclude il suo ventinovesimo giorno di sciopero della fame nell’aeroporto di Lanzarote, "sta seguendo le istruzioni che il Polisario ha dato e cerca di danneggiare la Spagna, cosa che è molto scioccante, perché si tratta di un paese che non le ha fatto assolutamente nulla".
Ha aggiunto inoltre che il Marocco è "inorridito" nel constatare che l'attivista mira anche a "destabilizzare il suo paese, perché non solo è marocchina, ma nemmeno proviene dal Sahara, bensì dalla provincia di Tata (circa 400 chilometri a nordest di Laayoune)”.
"E 'importante che il popolo spagnolo lo sappia e per questo siamo profondamente arrabbiati. Lei non ha un motivo legittimo o sacro da difendere," ha detto Naciri a Rabat.
Il portavoce del governo ha inoltre rilevato che anche se "c'è un problema umanitario, il Marocco non ne porta alcuna responsabilità", che deve essere attribuita invece “all'Algeria ed al Fronte Polisario, che sono quelli che la spingono al suicidio".
Intanto Aminatou si sente "molto debole"
Nel pomeriggio Aminatou Haidar e uscita qualche istante dal suo rifugio nel parcheggio degli autobus dell’aeroporto di Lanzarore, per respirare un po’ d’aria della sera. Era su di una sedia a rotelle ed era circondata da diverse donne saharawi. Ai giornalisti che le chiedevano come si sentisse dopo quasi un mese di sciopero della fame, l’attivista ha per la prima volta ammesso di sentirsi "molto debole, molto debole". E lo ha detto con un filo di voce.