Il giorno dopo a Laayoune
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Laayoune, 17 - 18 dicembre 2009
L’aereo noleggiato dal Governo spagnolo per riportare a casa Aminatou Haidar ha dovuto fare il tragitto Lanzarote-Laayoune due volte. La prima infatti non ha ottenuto l’autorizzazione all’atterraggio e il pilota ha dovuto fare rotta sulle isole Canarie. Quando finalmente l'autorizzazione è giunta, erano trascorse due ore dalla partenza (Il tempo ordinario è di una mezzora di volo).
Le autorità marocchine dell’aeroporto non hanno chiesto alcun documento ad Aminatou, né le hanno sottoposto alcuna carta di sbarco (memori forse dello sfortunato - per loro - precedente del 14 novembre). Hanno solo controllato i documenti di viaggio di quelli che la accompagnavano. Dopo averle timbrato il passaporto, hanno consegnata alla sorella di Aminatou, Laila Haidar, il suo passaporto e quello di Aminatou.
Aminatou è tornata a casa. Su consiglio del medico, ha solo assunto dei farmaci e bevuto del the.
Il rientro di Aminatou Haidar a Laayoune è stato accompagnato da manifestazioni di giubilo da parte della popolazione saharawi. La città era completamente presidiata dalla polizia che impediva alla gente di avvicinarsi all’aeroporto. Le manifestazioni si sono quindi concentrate nel vecchio quartiere di Casa Piedra. Qui, se pure non si sono viste bandiere della RASD né cortei organizzati, c’erano tuttavia centinaia di persone che suonavano i clacson e gridavamo: “Viva i saharawi”, “Marocco via”.
Dovunque erano presenti reparti di polizia in tenuta antisommossa e la casa di Aminatou era circondata da agenti che hanno impedito a chiunque di avvicinarsi.
Denunce di aggressione
La tensione ha provocato diversi scontri con la polizia. Il Comitato per la difesa del diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, in un comunicato, ha accusato la polizia marocchina di aver proceduto a diversi “arresti illegali” e di avere aggredito diversi manifestanti.
Nel corso di una delle proteste due giornalisti spagnoli sono rimasti feriti dal lancio di una pietra alla testa. Nell’Ospedale Mulay Hasan Ben El Mehdi di Laayoune, dove sono stati ricoverati, un giovane saharawi ha denunciato di essere stato picchiato dalla polizia marocchina, procurandosi la frattura di un braccio..
I tumulti, col passare delle ore, sono scemati e la città è apparsa deserta e completamente controllata della polizia.
Venerdì 18 dicembre
La presenza massiccia della polizia intorno alla sua casa per tutta la notte ha consentito oggi una relativa calma. L’attivista sahrawi Aminatou Haidar, che non ha praticamente dormito, ha incontrato oggi a casa sua i giornalisti, con il sorriso sulle labbra. Ha dichiarato che lei non deve scusarsi con il re del Marocco.
L'attivista, accompagnata dalla sua migliore amica, El-Ghalia Dijmi (vice presidente della Associazione Saharawi delle Vittime di Gravi violazioni dei diritti dell'uomo), ha ringraziato per l'accoglienza riservatale ieri sera da centinaia di persone che sono scese per le strade senza paura e con grida che chiedevano l’indipendenza per il popolo saharawi. Un’accoglienza che – ha detto: "Mi ha commosso, ed è molto incoraggiante".
Aminattou, cha ha detto di sentirsi forte, si darà due mesi di tempo per riprendersi completamente, ma dice che continuerà la lotta fino alla fine. Il suo medico ha già iniziato a somministrarle del siero e poco a poco comincia ad alimentarla.
Il figlio minore, Mohamed El Kassimi, non si è separato mai da lei e si commuove ogni volta che sente parlare di sua madre. Dice che tutto ciò che ha fatto, lo sciopero della fame, ha una sola motivazione: la difesa del Sahara libero e la denuncia delle violazioni dei diritti umani "commesse dal Marocco in questa zona contro i saharawi".
Magnanimità e sconfitta
Mentre il Ministro degli esteri spagnolo, Miguel Moratinos, assicura che non è stata fatta alcuna concessione al Marocco in cambio della decisione di autorizzare il rientro di Aminatou, e si apprende che nella vertenza sarebbe stato decisivo un intervento del governo francese, la stampa marocchina di oggi tratta con imbarazzo l’esito della vicenda. Viene riportato solo un laconico comunicato della MAP (l’agenzia di stampa ufficiale) che comunica seccamente che il Regno del Marocco ha accettato le richieste venutegli da paesi amici di trattare la vicenda di Aminatou Haidar su di un piano di “magnanimità° e “strettamente umanitario”. Ed è per questo che ha “accolto” la richiesta di ritorno nel Regno di Aminatou Haidar, lasciando nel vago la provenienza di questa “domanda”. Che non viene certo da Aminatou, che ha sempre piuttosto “preteso” il rispetto dei suoi diritti.
Ecco come una disfatta politica può trasformarsi in atto di "magnanimità".