Lettera a Bush su Israele, Arafat e la guerra al terrorismo
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Onorevole George W. Bush Presidente degli Stati Uniti Washington, D.C.
Signor Presidente,
ci rivolgiamo a voi per ringraziarvi della vostra leadership coraggiosa nella guerra contro il terrorismo e per offrire il no¬stro supporto incondizionato mentre continuate a proteggere la sicurezza e il benessere degli americani e di tutte le persone al mondo che amano la libertà.
In particolare, gradiremmo encomiarvi per il vostro atteg¬giamento risoluto nell'appoggiare il governo israeliano men-tre intraprende l'attuale campagna per sconfiggere il terrori¬smo. Israele, una democrazia liberale sotto ripetuti attacchi di assassini che colpiscono civili, ha adesso bisogno del sup-porto leale che merita. Questo supporto, inoltre, è essenziale per la sopravvivenza di Israele quale nazione libera e demo¬cratica, poiché solo gli Stati Uniti hanno il potere e l'influenza necessari a fornire un'assistenza significativa al nostro alleato assediato. E con i ricordi brucianti degli attacchi terroristici dell'11 settembre ancora nei nostri cuori e nelle nostre menti, noi americani dovremmo essere particolarmente ansiosi di mostrare con i fatti e con le parole la nostra solidarietà a un'altra vittima della violenza terroristica.
Nessuno dovrebbe dubitare che gli Stati Uniti e Israele ab¬biano un nemico comune. Siamo entrambi bersagli di quello che avete correttamente chiamato l"`Asse del Male". Israele viene attaccato in parte perché è nostro amico e in parte perché è un'isola di principi liberali e democratici (principi ame¬ricani) in un mare di tirannia, intolleranza e odio. Come ha fatto notare il segretario della Difesa Rumsfeld, Iran, Iraq e Siria sono impegnati a "ispirare e finanziare una cultura di omicidi politici e attacchi suicidi" contro Israele, proprio co-me hanno sostenuto campagne terroristiche contro gli Stati Uniti nel corso degli ultimi vent'anni. Avete dichiarato guerra al terrorismo internazionale, signor Presidente: Israele sta combattendo la stessa guerra.
Questa fondamentale verità ha importanti implicazioni per il processo di pace in Medio Oriente, perché uno dei nodi della rete terroristica è costituito da Yasser Arafat e i leader dell'Auto¬rità Palestinese. Sebbene le voci critiche negli Stati Uniti, in Eu¬ropa e nel mondo arabo suggeriscano che voi e la vostra ammi¬nistrazione siate in parte responsabili per il mancato progresso politico tra Israele e i palestinesi, si sbagliano. Come ha recentemente affermato il segretario di Stato Powell, la crisi attuale non nasce "dalla mancanza di una via politica verso il progresso" ma dal "terrorismo [...] terrorismo nella sua forma più cruda". Quel terrorismo è stato appoggiato, istigato, ospitato e in molti casi diretto da Arafat e i suoi principali luogotenenti. Arafat ha di-mostrato più e più volte di non poter prendere parte a una solu¬zione pacifica del conflitto Israele-Palestina. Lo ha dimostrato nel luglio 2000, quando ha rifiutato l'offerta di pace più generosa della storia da parte di Israele; lo ha dimostrato nel settembre 2000, quando ha lanciato la nuova Intifada contro Israele; e lo ha dimostrato di nuovo nelle ultime due settimane quando, no¬nostante l'aiuto che gli avevate offerto attraverso il vicepresiden¬te Cheney, ha dato la sua approvazione ad alcuni dei peggiori at-ti di violenza terroristica contro cittadini israeliani.
E vero che gli Stati Uniti devono giocare un ruolo di primo piano in Medio Oriente e, potenzialmente, nella risoluzione del conflitto tra Israele e i palestinesi. Ma è importante che le negoziazioni non siano il prodotto del terrorismo o non siano condotte sotto la minaccia di un attacco terroristico. Ciò in¬vierebbe ai nostri avversari il segnale pericoloso che gli stati civilizzati non hanno il coraggio necessario a lottare contro il terrorismo in tutte le sue forme.
Signor Presidente, gli Stati Uniti non possono più adottare la politica di sollecitare e ancor meno fare pressioni su Israe¬le perché continui a negoziare con Arafat, non più di quanto saremmo disposti a ricevere pressioni per negoziare con Osama Bin Laden o il mullah Omar. Gli Stati Uniti non devono neppure fornire assistenza finanziaria a un'Autorità palesti¬nese che funge da ruota nell'ingranaggio del terrorismo me¬diorientale, non più di quanto approveremmo il fatto che altri forniscano assistenza ad al - Qaeda.
Gli Stati Uniti devono invece appoggiare in toto Israele nel suo sforzo di sradicare le reti terroristiche che minacciano quo¬tidianamente le vite dei cittadini israeliani. Come le nostre campagne in Afghanistan e altrove, neppure il compito di Israele sarà semplice. Non sarà condotto a termine rapidamen¬te o agevolmente. Ma con forza d'animo, da parte nostra e del suo popolo, Israele può riuscire a ridurre il rischio di futuri at-tacchi terroristici contro di sé e contro di noi. E così facendo, daremmo al popolo palestinese l'occasione che non ha avuto fi¬nora sotto il governo di Arafat: l'opportunità di costruire un go¬verno e una cultura politica che non sposino le aspirazioni na¬zionali e religiose dei palestinesi con gli attacchi suicidi.
Inoltre, signor Presidente, vi esortiamo ad accelerare i pia¬ni per destituire Saddam Hussein in Iraq. Come avete detto, quanto più Saddam Hussein rimane al potere tanto più si av¬vicina il giorno in cui i terroristi non avranno solo gli aerei con cui attaccarci, ma anche armi chimiche, biologiche o nucleari. E ormai risaputo che Saddam, insieme all'Iran, è un finanzia-tore e un sostenitore del terrorismo contro Israele. L'Iraq ha dato in passato rifugio a terroristi come Abu Nidal e intrattie¬ne rapporti con la rete di al - Qaeda. Se non attacchiamo Saddam Hussein e il suo regime, il danno che i nostri amici israe¬liani e noi stessi abbiamo sofferto fino a questo momento po¬trebbe un giorno non apparire che un preludio a orrori molto più grandi. Crediamo inoltre che il percorso più sicuro verso la pace in Medio Oriente non risieda in una politica di eccessive concessioni a Saddam e ad altri tiranni locali, ma in un rinno¬vato impegno da parte nostra a far nascere la libertà e forme di governo democratico nel mondo islamico, come voi stesso avete suggerito nel vostro Discorso sullo Stato dell'Unione.
Signor Presidente, in quel discorso avete avanzato una vi¬sione veramente persuasiva di un mondo di pace, libero dalla minaccia del terrorismo, dove prospera la libertà. La forza di quella visione sta nella sua chiarezza morale e nella sua coe¬renza. Nella guerra al terrorismo, non possiamo condannare alcuni terroristi mentre sosteniamo che altri sono partner po¬tenziali per la pace. Non possiamo aiutare alcuni alleati sotto assedio, mentre esortiamo altri a compromettere la loro sicu¬rezza fondamentale. Come avete eloquentemente dichiarato: "I nostri nemici inviano i figli di altri in missioni di suicidio e omicidio. Abbracciano la tirannia e la morte come un credo e un ideale. Noi siamo per una scelta differente, fatta molto tempo fa, il giorno della nostra fondazione. Oggi lo affermia¬mo di nuovo".
La lotta di Israele contro il terrorismo è anche la nostra lot¬ta. La vittoria di Israele è una parte importante della nostra vittoria. Per ragioni morali e strategiche, dobbiamo restare a fianco di Israele nella sua lotta contro il terrorismo.
Sinceramente,
William Kristol
Ken Adelman
Gary Bauer
Jeffrey Bell
William J. Bennett
Ellen Bork
Linda Chavez
Eliot Cohen
Midge Decter
Thomas Donnelly
Nicholas Eberstadt
Hillel Fradkin
Frank Gaffney
Jeffrey Gedmin
Reuel Marc Gerecht
Charles Hill
Bruce P. Jackson
Donald Kagan
Robert Kagan
John Lehman
Tod Lindberg
Rich Lowry
Clifford May
Joshua Muravchik
Martin Peretz
Richard Perle
Daniel Pipes